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Autore: Carme93    19/12/2016    0 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo venticinquesimo

Infrazione al Codice
 
Virginia osservò il luogo dove si trovava. Come ci era arrivata? Non riusciva proprio a ricordarselo. Per un attimo il mondo attorno a lei sembrò tremare, poi tornò fermo e più chiaro di prima nonostante continuasse a essere quasi completamente buio. Si appoggiò al muro dietro di lei, ma si staccò subito: era viscido e umido. Il suo cuore batteva all’impazzata. Il pavimento sembrava realizzato in blocchi di pietra sconnessa. Fece qualche passo incerto, non volendo inciampare. Cercò la bacchetta, ma si accorse di indossare pantaloni senza tasche. Perché indossava pantaloni e non la divisa? Impiegò diversi istanti a rendersi conto di essere in pigiama. Iniziò a spaventarsi: come era arrivata in quel posto? Ricordava di essere andata a letto… e poi? Era impossibile che si fosse smaterializzata o qualcosa del genere: nessuno poteva farlo dentro i confini di Hogwarts e comunque lei ancora non ne era in grado. Ancora una volta il mondo intorno a lei sembrò dissolversi. Stava sognando? Sì, non c’erano altre spiegazione. E quello era l’incubo peggiore che avesse mai avuto. Trattenne il fiato quando fu di nuovo capace di vedere qualcosa: era una stanza di pietra, fiocamente illuminata dalla luna che penetrava da dalle sbarre di legno. Era in una prigione, ma non fu solo quello a spaventarla: di fronte a lei vi era una figura nebulosa, che a tratti sembrava assumere forme femminili. Voleva scappare. La paura la invase e il mondo tremolò di nuovo.
«No! Ti prego non aver paura!» la voce supplichevole della figura la bloccò sul posto. Non sembrava pericolosa.
«Chi sei? Che vuoi da me?» chiese spaventata.
«Mi chiamo Afia. Ti prego, non aver paura. Non riesco a mantenere l’incantesimo stabile. È difficile».
Virginia tentò di riflettere, ma il suo cervello, unica cosa di sé di cui le piaceva vantarsi, sembrava essersi inceppato per la paura. «Che vuoi da me?» riuscì a stento a pronunciare.
«Aiuto» rispose semplicemente la figura, che per un attimo divenne più chiara. Sembrava quasi una bambina. «Siamo rinchiusi in un castello. Il castello dei Rosier. In Scozia. Ti prego, se puoi, aiutaci» disse con urgenza nella voce. «Non ho molto tempo e neanche abbastanza energia».
«Come faccio ad aiutarti?».
«Non lo so… devo andare… prendi questa…» disse rapidamente e le mise di forza una pietra nella mano. «Così quando ti sveglierai, capirai che non è stato un sogno… ti prego…».
Virginia aprì la bocca per dire qualcosa, ma tutto divenne buio. «Aspetta! Aspetta!» si ritrovò a urlare.
Aprì gli occhi di scatto, ma dovette richiuderli a causa di una luce intensa.
«Così l’accechi!» disse una voce che riconobbe come quella di Chantal White, una delle sue compagne di stanza. Riaprì gli occhi e vide che c’erano anche le altre ragazze e la fissavano tutte.
«Stai male?» chiese Carole Parker.
La ragazzina si passò una mano sul volto. Per un attimo pensò che fosse stato solo uno stupido incubo, poi si accorse di star stringendo qualcosa nella mano sinistra. Riconobbe la pietra che quella ragazza, Afia, le aveva dato e sobbalzò spaventando anche le altre.
«È calda» sentenziò Chantal dopo averle toccato la fronte.
«Vado a chiamare qualcuno» borbottò Carole, sparendo dalla sua visuale. Sentì a malapena la porta richiudersi alle sue spalle.
Che stava succedendo? Com’era possibile una cosa del genere? Come aveva fatto quella ragazza a superare le barriere magiche di Hogwarts? No, non era normale.
«Respira» le disse Chantal, riscuotendola. «Carole è andata a cercare aiuto».
Virginia saltò fuori dal letto prendendole di sorpresa e ignorò le loro proteste. Fece di corsa le scale fino alla Sala Comune e altrettanto velocemente quelle che portavano al corridoio del settimo piano dove si scontrò con qualcuno e cadde a terra.
«Virginia?!». La solita fortuna: aveva sbattuto dritto contro il professor Williams. «Carole, mi ha detto che stavi male».
Virginia accettò la mano che gli porse per aiutarla ad alzarsi e lo fissò per un attimo. Quella situazione aveva dell’assurdo. Era in pigiama, il suo pigiama con le puffole pigmee colorate, davanti a uno dei suoi insegnanti. E non uno qualsiasi, ma quello per cui fino a una settimana prima aveva avuto una cotta. E Williams stesso indossava il pigiama sotto il mantello scarlatto degli Auror. Probabilmente non si era neanche accorto di aver preso quello: dalla faccia sembrava ancora mezz’addormentato. Carole, accanto a lui, la fissava come se fosse matta. Le sue compagne non avevano un alto giudizio di lei, sicuramente aveva appena toccato il fondo.
«Stai bene?».
«Sì… le devo raccontare un sogno che ho fatto…» disse con urgenza nella voce. Williams si accigliò e Carole sembrò trattenere a stento una risata.
«Un sogno?» chiese perplesso Williams, probabilmente si stava chiedendo se avesse sentito bene.
«Sì. In privato, però» rispose, gettando un’occhiata eloquente a Carole.
«Vieni nel mio ufficio, allora» acconsentì.
Solo quando Williams le disse «Siediti vicino al fuoco», si rese conto di star tremando. «Grazie» mormorò, mentre egli riattizzava il fuoco nel camino. Il calore la tranquillizzò lievemente, lasciando spazio all’imbarazzo.
«Allora?» la sollecitò Williams.
Bisognava ammettere che di pazienza ne aveva, molti professori si sarebbero rifiutati di ascoltare alcunché se non a un orario appropriato. Appropriato era un aggettivo che la Shafiq adorava e abbondava nell’usarlo. Virginia gli raccontò il sogno, se così si poteva definire, tentando di ricordare ogni particolare. «Non sono pazza. La pietra è questa» concluse in tono supplichevole, mostrandogli la pietra, che aveva stretto per tutto il tempo.
Williams l’aveva ascoltata in silenzio per tutto il tempo e ora la scrutò con attenzione per qualche istante, poi chiamò: «Dick!».
Virginia sobbalzò quando un elfo domestico apparve.
«Il signore ha chiamato Dick?».
«Sì, Dick, per favore porta una tazza di thè alla signorina».
«Naturalmente, signore. Subito signore» rispose servizievole l’elfo e scomparve.
«Io non sono pazza» ripeté Virginia, credendo che non l’avesse creduta. «O almeno credo».
«No, non lo sei» dichiarò pensieroso Williams.
«Quindi qualcuno ha superato le barriere della Scuola?» chiese preoccupata Virginia.
«Non credo, lo sapremmo. Esistono magie più antiche però».
Dick riapparve e le consegnò una tazza di thè bollente e si profuse in mille inchini prima di tornare in cucina. Virginia osservò Williams: era cupo in volto e sembrava stesse riflettendo velocemente. Ad un certo punto evocò un patronus, che schizzò fuori dalla finestra così velocemente che Virginia non ebbe il tempo di riconoscerne la forma.
«Bene, se sei più tranquilla ti accompagno alla Torre».
Virginia lo fissò sorpresa per un attimo. «Veramente sono confusa».
Il professore annuì e fece un lieve sorriso. «Credo che la ragazza che ti ha chiesto aiuto debba essere una dei clandestini che gli Auror stanno cercando e…».
«Perché gli Auror?» lo interruppe Virginia.
«Perché vengono portati qui per farli combattere nelle file della Selwyn. Ho mandato un messaggio al Quartier Generale, loro verificheranno. Potrebbe essere un colpo grosso» spiegò Williams concitato.
«Ma come ha fatto?» chiese ancora perplessa Virginia.
«A entrare nei tuoi sogni e lasciarti una pietra? Non conosco l’incantesimo, ma in biblioteca troverai senz’altro informazioni sulla Scuola di Magia africana. Loro non mandano le lettere di ammissione via gufo, ma entrano nei sogni dei bambini e li lasciano proprio una pietra. Immagino che la ragazza che ti ha contattato abbia famigliarità con questo procedimento. Comunque non credo che sia così giovane come ti è sembrato. Si tratta di un incantesimo di una certa complessità che uno studente difficilmente riuscirebbe a realizzare».
«Spesso l’immagine era sfocata, sembrava quasi che la ragazza non sapesse usare bene l’incantesimo».
Williams fece un gesto vago con la mano come a dire che non aveva importanza. «Non possiamo far altro che aspettare. Hai altre domande?».
«Per ora no, signore».
«Se te ne vengono in mente altre, sai dove trovarmi. Magari non alle due di notte» disse con un lieve sorriso Williams.

*

«“In un tranello del diavolo formato gigante
nel verde folto
alla luce d’adamante
della luna, troverete
inesistente figura.
Afferrate, dunque, il fumo
se vi riuscite
acchiappate nessuna cosa e nessuno”» Benedetta lesse l’indovinello ad alta voce per l’ennesima volta.
«Non credo esista davvero un tranello del diavolo gigantesco. Per essere sicuri, comunque, potremmo chiedere a Paciock» commentò Robert.
«Secondo me è una metafora» disse Benedetta. «Ma a che cosa potrebbe riferirsi?».
 
«Dev’essere il luogo. L’indovinello che capitò a mio padre indicava il Lago Nero. Se hanno usato la stessa logica…» ragionò James.
 
«Non parla delle serre, vero?» provò Robert.
 
«Non credo. Insomma ci sono anche piante pacifiche» disse Benedetta.
 
«Zio Neville non glielo permetterebbe mai. Figuratevi, gliele distruggeremmo!» disse, invece, James facendo ridacchiare gli altri due.
 
«Facciamo che ci pensiamo su?» propose Robert. «Ho fame, scendiamo a fare colazione».
 
Si erano rintanati nella stanza di Albus, visto che lui e i suoi compagni erano già usciti mentre gli altri ragazzi del quinto anno se la prendeva fin troppo comoda.
 
«James!» lo chiamò subito Albus, appena si avvicinò al tavolo dei Grifondoro. I tre ragazzi si sedettero nei posti liberi vicino a lui.
 
«Che succede?» chiese James, percependo un’atmosfera diversa nella Sala: gli studenti, a gruppetti, erano chini sulla Gazzetta del Profeta.
 
«Stamattina presto papà e i suoi uomini hanno trovato una delle basi dei Neomangiamorte! Era qui vicino!» spiegò Albus, mostrandogli il quotidiano.
 
«Ottimo!» commentò James, mentre Robert si impossessava del giornale. «È una buona notizia, no?».
 
«A quanto pare sì. Hanno arrestato un bel po’ di mercemaghi e c’erano anche dei Neomangiamorte nel castello dei Rosier» rispose Robert, dopo aver letto parte dell’articolo. «Tuo padre, però, non ha rilasciato interviste ancora. In questo stesso momento starà interrogando gli arrestati».
 
«Scusami» mormorò una vocina vicina a lui e Robert fu costretto ad alzare gli occhi dalla gazzetta. Era una ragazzina minuscola, sicuramente del primo anno. «Non ho potuto far a meno di ascoltarti… Hai nominato i Rosier, vero?».
 
«Sì. Il castello, messo sotto sequestro dagli Auror all’alba, li apparteneva» spiegò Robert.
 
«Perché ti interessa?» gli chiese James, perplesso.
 
«Posso dirlo solo a te?» replicò titubante la bambina. James osservò gli amici sorpreso, ma annuì. Magari lo voleva dire a lui perché era un Prefetto pensò, ma come motivazione non teneva visto che lo era anche Benedetta. Si alzò e si allontanò dal tavolo, seguito dalla bambina, quel tanto che bastava per non essere ascoltati da nessuno.
«C’è qualcosa che ti preoccupa?» le chiese gentilmente.
 
«Sì. Tu sei il cugino di Louis Weasley, vero?».
 
«Sì» rispose James sorpreso. «Perché?».
 
«Perché sta spesso in compagnia di Pauline Rosier, anche se gli abbiamo detto che non è affidabile. Magari ci sbagliamo, ma insomma… tu sei più grande, te l’ho detto per questo… non voglio fare la spia o…» la ragazzina si bloccò imbarazzata.
 
«Come ti chiami?».
 
«Niki».
 
«Stai tranquilla, Niki. Voglio molto bene a Louis, gli darò un’occhiata, ma interverrò solo se lo riterrò necessario. Grazie di avermelo detto».
 
La ragazzina sorrise e corse di nuovo a sedersi al tavolo. James fece lo stesso e raccontò la breve conversazione agli altri.
 
«Magari non c’entra nulla quella ragazzina» tentò Benedetta.
 
«O magari sì, quindi dobbiamo stare attenti. Lou è molto ingenuo» disse James, lanciando un’occhiata eloquente ad Albus che annuì.
 
«Ragazzi, sono arrivate queste» disse Lily sedendosi vicino a James e porgendo una lettera ciascuno a entrambi i fratelli.
«È successo qualcosa?» chiese Benedetta.
 
«Niente di anormale. Teddy è tornato a casa per accompagnare Vic al San Mungo per l’ecografia e poi hanno cenato dai miei. Visto che c’era, ha fatto loro un resoconto di tutto quello che abbiamo fatto e non fatto da quando siamo rientrati» sbuffò James.
 
«Strano che non abbia mandato una strillettera. Le adora» borbottò contrariata Lily. «Se pensa che le sue parole mi colpiscano… bah ha sprecato pergamena e tempo… bene, ci si vede in giro…».
 
James e Albus ormai erano abituati al suo comportamento e non le dissero nulla, ognuno preso dai suoi problemi.
 
«Ma scusa, a te che hanno scritto?» chiese James ad Albus che aveva assunto un’espressione corrucciata.
 
«Teddy si è lamentato del fatto che ultimamente sono spesso distratto e arrivo tardi a lezione» sospirò Albus.
 
«Che idiozia» commentò Rose, riemergendo dal suo piatto strapieno di frittelle. «La verità è che li hai abituati troppo bene, appena sgarri un po’ si agitano tutti. Dovresti fare come me, così arriveranno a pensare che se non li arrivano lettere da Hogwarts devono esserne più che felici».
 
La sua asserzione suscitò varie risatine e James diede una pacca sulle spalle al fratello. «Su, non ci pensare. Lo sai che Teddy è severo. Merlino, alle volte sembra un vecchio e non un ragazzo di nemmeno trent’anni».
 
«Sì, ma avevo chiesto a mamma di spedirmi una cosa e non l’ha fatto, proprio perché dice che dovrei concentrarmi sulla scuola» disse Albus. «Vado, non vorrei arrivare in ritardo. Buona giornata».
 
*

«Allora che ne dici, Fred?». Louis pendeva letteralmente dalle labbra del cugino più grande, che ammirava per il suo talento in Pozioni.
 
«Mmm sembra corretta, ma non ho mai realizzato una pozione così complessa» commentò il ragazzo.
 
«Neanche per il concorso per il Miglior Giovane Pozionista?».
 
«No. Questa roba è illegale, Louis» ribatté lievemente scontroso Fred.
 
Il ragazzino rimase colpito dal suo tono, che gli parve quasi di rimprovero. «Sei arrabbiato?» chiese titubante. Era stato così sicuro di sé e così orgoglioso quando l’aveva chiamato per mostrargli il suo lavoro!
 
«No, ma non dovresti distillare pozioni non adatte alla tua età. Dovresti limitarti a quelle del primo anno. Senza contare che a quest’ora dovreste essere a letto» disse Fred e Louis per la delusione sentì le lacrime inumidirgli gli occhi. «Che direbbero i tuoi se lo sapessero? Lo sai che tuo padre è stato Caposcuola, vero? E voi altri non dovreste dargli retta quando sbaglia!».
 
Annika gli rispose con un’occhiataccia, Brian e Drew lo fissarono perplessi, mentre Louis recuperò la sua borsa e uscì dal laboratorio senza dire una parola.
«A me sembri un bell’ipocrita» commentò Annika prima di seguire gli amici.
 
*

«Secondo voi ci caccerà?» chiese perplessa Cassy.
 
«Mi ha detto che potevo fargli tutte le domande che voglio» rispose Virginia.
 
«Tu non tutti noi» borbottò Albus preoccupato. Virginia si era chiarita con lui e aveva smesso di evitarlo, fortunatamente il ragazzo non se l’era presa troppo e l’unica cosa che l’aveva infastidito particolarmente erano state le battute dei Serpeverde.
 
«Vi fate troppi problemi» commentò Rose per poi bussare alla porta senza dar loro il tempo di fermarla.
 
«Buonasera, professore» disse Rose con un ampio sorriso.
 
«Buonasera» replicò Williams, inarcando sempre di più il sopracciglio man mano che entravano tutti. «A cosa devo la vostra presenza?».
 
«Mi aveva detto che avrei potuto farle delle altre domande, se mi fossero venute in mente» disse timidamente Virginia.
 
L’insegnante annuì. «Hai raccontato ai tuoi amici del sogno?».
 
«Sì, ho pensato che non ci sarebbe stato nulla di male».
 
«No, hai fatto bene. Allora, prendete posto» li invitò Williams.
Rose, mentre gli altri sedevano sulle sedie, si buttò sul tappeto blu davanti al camino con un sorriso malandrino. «Quando mio nonno racconta le storie ci sediamo sempre sul tappeto davanti a lui».
 
Dorcas e Albus si trattennero a stento dal ridere, mentre James e Cassy ridacchiarono.
 
«Io non sono tuo nonno!» ribatté Williams, sedendosi ostentatamente dietro la scrivania e gettandole un’occhiataccia. «Comunque sedetevi dove volete».
 
Virginia e Cassy presero posto nelle sedie di fronte alla scrivania, mentre Albus e Dorcas si divisero una di quelle vicino al fuoco, l’altra la prese James. Infine Scorpius affiancò Rose. Frank per un attimo rimase l’unico in piedi, un po’ intimidito da quella situazione, ma James, senza molte cerimonie, lo tirò per un braccio e gli fece spazio sulla sua sedia. «Grazie» mormorò imbarazzato.
 
«Che cosa volete sapere?» domandò Williams.
 
«Quello che non c’è scritto sulla Gazzetta del Profeta» ribatté James con un sorriso angelico.
 
«Ossia tutto» chiarì Scorpius.
 
«Vi racconterò solo quello che potete sapere» replicò Williams. «Allora, Virginia vi ha raccontato del sogno e immagino anche del mio messaggio al Quartier Generale. Il Capitano Potter è stato immediatamente avvertito e ha organizzato una squadra. All’alba, con l’aiuto di validi spezzaincantesimi, ha superato le difese del Rosier Manor. Coadiuvati da un gruppo di agenti della Squadra Speciale Magica e dai Tiratori Scelti guidati da Terry Steeval hanno preso senza troppo problemi il controllo del castello e…».
 
«Professore! Lei non sa raccontare! Usa sempre lo stesso tono di voce! E poi si sforzi di aggiungere qualche dettaglio! Con chi hanno dovuto combattere? Quanti uomini erano? C’erano Neomangiamorte?».
 
«Io non ero presente! E se non vi va bene il mio tono, potete anche andarvene» disse indicando la porta.
 
«Rose!» urlarono James e Cassy. Erano gli unici che riuscivano davvero a frenarla almeno un po’. Scorpius ridacchiava e si beccò una gomitata dall’amica.
 
«Continui, professore, per favore» mormorò Virginia.
 
«Scusi l’interruzione» aggiunse Albus, ormai abituato alla lingua lunga di Rose.
 
Williams li osservò per un attimo come a soppesarli uno a uno, poi riprese. «Dicevo che hanno preso il controllo del castello senza troppi problemi. C’erano solo un paio di Neomangiamorte e poi un folto numero di Mercemaghi. Questa volta sono stati arrestati tutti. Nelle segrete del castello erano rinchiusi i clandestini provenienti dall’Africa. Gli uomini venivano addestrati a combattere, mentre le donne e i bambini venivano sfruttati a seconda delle necessità».
 
«E ora?» domandò Scorpius.
 
«Ora si è aperto un caso internazionale. La Confederazione Internazionale dei Maghi vorrà delle spiegazioni e probabilmente si riunirà in tempi brevi. Quale possa essere il risultato non lo so, ma se non troveremo una soluzione al più presto non ci sarà certo favorevole».
 
«Ma noi che c’entriamo? Mica li vogliamo i Neomangiamorte!» intervenne James.
 
«No, ma la colpa ricadrà comunque sul Governo Inglese. È responsabilità di ogni singolo Ministero mantenere l’ordine nel proprio territorio».
 
«E gli Africani?» chiese Albus.
 
«Anche loro avranno problemi, naturalmente» rispose Williams.
 
«La ragazza che mi ha contattato?» domandò Virginia. In fondo era quello che le premeva di più.
 
«Questa è la parte più interessante di tutte, devo ammetterlo. Oggi pomeriggio dopo essere stato al Quartier Generale, ho fatto un salto al San Mungo prima di tornare a Scuola. Ero curioso di conoscerla. Vedi, Virginia, avevi ragione nel dire che ti sembrava molto giovane. Non ha compiuto nemmeno quattordici anni».
 
«Ma lei aveva detto che solo un mago esperto avrebbe potuto compiere un incantesimo così complesso come quello di mandare messaggi nei sogni» disse confusa e stupita Virginia.
 
«Infatti sono rimasti tutti molto sopresi. Il Capitano Potter ha chiesto alla professoressa McGranitt di scrivere al Preside di Uagadou per avere informazioni su di lei. Sembra avere un enorme potenziale magico. Si chiama Afia Gamal. Ella stessa ci ha raccontato di essere riuscita a disarmare senza bacchetta una delle guardie e di averla Confusa per ottenere le informazioni che poi ha riferito a Virginia».
 
«Ci sta prendendo in giro, vero?» chiese James, dando voce allo stupore generale. «Una ragazzina non può disarmare senza bacchetta o peggio ancora Confondere qualcuno. È assurdo!».
 
«Lo so, ma è la verità. I miei colleghi le hanno somministrato del Veritaserum prima di interrogarla».
 
«E che altro è in grado di fare?» chiese Scorpius.
 
«Perché questo non è sufficiente?» ribatté Rose.
 
«È un animagus».
 
«Cosa?!» sbottò Rose che assunse un’aria contrariata.
 
«A quanto pare è normale per loro. Non vi dovete dimenticare che ogni popolo ha sviluppato capacità magiche e tradizioni diverse. Gli Africani sono molto versati nella Trasfigurazione Umana e gli Animagi non sono rari come qui. Inoltre non vi deve stupire nemmeno il fatto che Afia abbia compiuto magie senza bacchetta, perché essa è stata introdotta solo nel ‘900 in Africa».
 
«Perché è al San Mungo, signore?» domandò Virginia.
 
«Nulla di grave. Ha impiegato molta magia per compiere questi incantesimi e venivano trattati da elfi domestici. È una ragazza forte e si rimetterà rapidamente».
 
«E quando starà meglio la rimanderanno nel suo paese?».
 
«Il suo paese d’origine, Tristan de Cunha, è ormai in piena guerra civile. Sicuramente non la rimanderanno lì. È più probabile che ritorni nella sua Scuola».
 
«Dove si trova la Scuola di Magia africana?» chiese Albus.
 
«Nessuno lo sa con precisione. La maggior parte delle Scuole mantiene il segreto sulla sua collocazione, come se ciò contribuisse a preservare le proprie potenzialità magiche. Si dice che Uagadou si trovi sulla Montagna della Luna. Noi, però, non sappiamo dove sia. L’attuale Supremo Stregone della Confederazione Internazionale dei Maghi è un ex-studente di Uagadou: Babajide Akingbade».
 
«E noi come dovremmo comportarci?» mormorò Frank.
Tutti si voltarono verso di lui.
 
«A questo non ho risposta, mi dispiace. Temo che dovrete scoprirlo da soli» rispose Williams. «Se non avete altre domande è bene che andiate a cenare».
 
«Professore, le volevo chiedere se è obbligatorio partecipare al Club dei Duellanti» disse Albus, mentre tutti si avviavano verso la porta.
 
«Sei una rottura di boccini, Al!» sbottò Rose. «Ti ho detto che devi venire e basta!».
 
«Rose, dovresti tenere a freno la lingua! Almeno davanti agli insegnanti, insomma!» sbuffò Williams. «Cinque punti in meno a Grifondoro». Rose aprì la bocca per ribattere, ma James le tirò un calcio nello stinco. «E basta, Rose. Siamo quarti in classifica! Non possiamo permetterci di perdere altri punti!».
«Ti consiglierei di ascoltare James, Rose» dichiarò Williams guardandola male. «Albus, non so di cosa stai parlando. Quale Club dei Duellanti?».
 
I ragazzi si scambiarono una serie di occhiate come a chiedersi come e se dovevano rispondere.
«Il Club dei Duellanti… il foglio per le iscrizioni è apparso sulla bacheca di ciascuna Casa e inizia stasera…» borbottò Albus.
 
«Non se ne occupa lei?» chiese James.
 
«No. Camilla Smith, mi aveva chiesto di organizzarlo ma ho rifiutato perché non lo ritengo necessario».
 
«Come no?» domandò Scorpius con Rose che annuì al suo fianco. «È importante sapersi difendere, ce l’ha detto anche lei!».
 
«È vero, ma ritengo che le nostre lezioni siano sufficienti. Ho chiesto alla Preside di creare una Sala Duelli proprio per farvi esercitare, ma non ritengo che i ragazzini del primo anno siano pronti a imparare a duellare» spiegò Williams, poi aggiunse: «Per quanto mi riguarda nessuno vi obbliga ad andarci, Albus».
 
«Va bene, grazie, signore».
 
In quel momento qualcuno bussò alla porta. «Avanti» disse Williams. Albus e gli altri uscirono facendo entrare il professor Mcmillan che accompagnava Louis e quelli che sembravano tre dei suoi compagni di classe. James si fermò, dopo essersi scambiato uno sguardo eloquente con Albus e Rose. «James, vai» gli disse Williams.
«Sì, ma… mio cugino…» tentò, ben sapendo di non avere nessun diritto di rimanere lì.
 
«Di tuo cugino ce ne occupiamo noi» disse asciutto Mcmillan, facendogli capire che nessuna polemica sarebbe servita.
 
«Fred ha infranto il nostro Codice» gli sussurrò Louis, mentre usciva.
 
«Allora che succede?» domandò Williams dopo che James si fu chiuso la porta alle spalle.
 
«Ti presento la Società Alchemica Segreta» disse Mcmillan con un’ironia nella voce che non si estese all’espressione seria che aveva assunto. «Weasley, Robertson, Carter e Jordan hanno deciso di destreggiarsi nel campo dell’alchimia, ritenendosi all’altezza di Nicolas Flamel e di poter ricreare la Pietra Filosofale».
Williams in prima istanza rise e smise solo quando si accorse che il collega era rimasto serio. «Non stai scherzando?».
 
«No. Se vuoi dare un’occhiata al Laboratorio Alchemico, ti accompagno quando vuoi».
 
«Ce l’avremmo anche fatta, se Annika non avesse sbagliato la quantità di zolfo» sbuffò Louis.
 
«Sei un idiota Louis! Ne avrò messo sì e no qualche milligrammo in più!».
 
«E tu dici di essere brava in Pozioni!» la canzonò Louis. Annika gli rivolse uno sguardo ferito.
 
«Weasley, se fossi in te la smetterei. Siete tutti in guai grossi, indipendentemente dalla perfezione o meno del vostro esperimento» disse Mcmillan severo. «Quello che avete fatto non è adatto a degli studenti pronti per i M.A.G.O., figuriamoci per dei ragazzini! E poi dove gli avete presi gli ingredienti? Non si trovano nella dispensa degli studenti…».
 
Brian tenne gli occhi fissi a terra, consapevole che fossero in un bel guaio: non solo avevano creato una pozione illegale in ore proibite, ma avevano anche rubato.
 
«Non vogliono parlare, vedi, Maxi? Te li ho portati perché sono tuoi, ma farò comunque rapporto alla Preside. Avevo già denunciato la scomparsa di quegli ingredienti, perché, devo ammettere, ero certo che la colpa fosse di Travers».
 
«Va bene, grazie Ernie. Stai tranquillo, mi occuperò io di loro» replicò Williams. Prima di rivolgersi ai quattro ragazzini attese che il collega li lasciasse soli. «Pretendo una spiegazione» disse severo e tagliente. Nessuno rispose. «Non volete parlare? Non c’è problema, per quanto mi riguarda potete iniziare a preparare i bagagli. Andate».
 
«C-ci v-vuole e-espellere?» chiese balbettante Annika. Louis era completamente scioccato, così come Drew mentre Brian era sul punto di scoppiare a piangere.
 
«Se non volete collaborare, quella è la porta».
 
«Noi non volevamo fare nulla di male, professore. Sul serio» tentò Annika.
 
«Nulla di male, Annika? Siete abbastanza intelligenti da comprendere la gravità delle vostre azioni».
 
«La prego, non ci espella» proruppe Drew. «I miei non ce li hanno i soldi per mandarmi all’estero e mia mamma mi ucciderà». Disse l’ultima frase come se fosse un’improvvisa e scioccante rivelazione.
 
«Drew e Brian non c’entrano, professore» disse Annika. «Loro non hanno fatto nulla. Gli ingredienti li abbiamo rubati io e Louis e alla Pozione abbiamo lavorato solo noi due. Al massimo loro possono essere accusati solo di essere andati in giro dopo il coprifuoco».
 
«Mi spiegate perché?» chiese irritato Williams.
 
«Beh noi… e…» iniziò Annika, poi fissò Louis in cerca di aiuto, ma il ragazzino non sembrava in grado di aprire bocca. «Noi pensavamo di fare una cosa buona creando la Pietra Filosofale. Per aiutare a combattere i Neomangiamorte» mormorò allora.
 
«Non è compito vostro! E poi come credevate che la Pietra Filosofale potesse risolvere il problema? L’immortalità non esiste! Credo di aver sopravvalutato la vostra intelligenza!» sbottò il professor Williams tirando un pugno sulla scrivania, che li fece sobbalzare.
 
«Non è solo questo» sussurrò Louis. «Io credevo di esserne in grado e volevo dimostrarlo a tutti. Invece non è vero, mi sono sbagliato. Ho fatto solo guai e ora ce l’avranno tutti con me e loro non mi vorranno più come amico».
L’insegnante sospirò di fronte al pianto in cui scoppiò il ragazzino, anche perché in quel caso sembrava che non fosse solo la paura. La rabbia che si era impadronita di lui sembrò diminuire e si avvicinò a Louis. «Nessuno ti odia Louis e ne sei perfettamente in grado. Maghi dotati come te non ne nascono spesso. Hai il quoziente intellettivo più alto di tutta la Scuola e…» si bloccò come se gli fosse venuto improvvisamente in mente qualcosa e fece una carezza a Louis. «È anche colpa nostra. Il compito di un insegnante dovrebbe essere quello di guidare i propri studenti e dargli gli strumenti giusti per affrontare il mondo. Almeno è sempre quello in cui ho sempre creduto. Devo ammettere che è difficile questo lavoro, anche se non l’avrei mai detto se non avessi avuto l’opportunità di provarci. Ci siamo accorti tutti del tuo enorme potenziale, ma nessuno di noi ti ha trattato diversamente da un semplice primo della classe e invece ognuno di voi ha esigenze diverse. Vi chiedo scusa, in qualità di Direttore ho una doppia responsabilità nei vostri confronti e temo di aver commesso parecchi errori» fece una pausa e poi continuò con un mezzo sorriso. «Nessuno di voi sarà espulso stasera, ma sicuramente quello che è accaduto servirà da lezione sia a voi che a me».
 
«Ma la Preside?» chiese un po’ titubante Annika.
 
«Ognuno di noi si assumerà le sue responsabilità, Annika. Non ti preoccupare per la McGranitt, sono sicuro che approverà i provvedimenti che prenderò».
 
Brian si sentì decisamente più leggero comprendendo che non li avrebbe espulsi, ma lo conosceva abbastanza per sapere che non gliel’avrebbe fatta passare liscia. 
   
 
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