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Autore: Urban BlackWolf    20/12/2016    2 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Voglio che tu mi senta

 

 

Haruka si aggrappò alla schiena di Michiru con maggior forza, come spinta dalla paura di perderla, come se credesse che quella pelle calda, quell'odore di mare proveniente dal profumo del suo collo, quell'altrettanto forte stretta, potessero dissolversi nella nebbia di una menzogna. La baciò la sua Michiru, con un ardore che non ricordava di avere mai posseduto, non vergognandosi di stare piangendo e di sentir piangere. Erano così intensi quegli attimi che avevano tanto bramato, che rimasero abbracciate per minuti interi, sentendo il bisogno di guardarsi, di accarezzarsi il viso per memorizzarne nuovamente le reciproche fattezze, come un imprinting già vissuto.

Michiru sotto il tocco delle dita aveva notato subito che la sua Ruka sembrava più fragile, ma la presa era sempre la stessa; salda, passionale, protettiva. Solo lo sguardo sembrava essere diverso, più maturo, come se la sofferenza e la solitudine di quelle ultime settimane l'avessero temprata a nuove e più profonde consapevolezze.

“Perdonami amore... Non avrei mai dovuto dirti quelle cose. Non sono vere, non...” Finalmente un macigno tolto dall'anima.

“Ssss... Sono io che ti devo chiedere perdono Michiru. Sono stata una bestia ingrata. Dopo tutto quello che hai fatto per me... Non meritavi che ti urlassi contro tutte quelle idiozie.” Ed Haruka si rituffò nell'incavo del suo collo respirando a pieni polmoni quell'ossigeno benedetto che era il suo odore.

Si erano lacerate nello stare lontane, sentendosi incomplete giorno dopo giorno, vivendo una vita a metà. Ora era così incredibilmente appagante lo stare nuovamente vicine, anche semplicemente nello stringersi e nel gurdarsi.

“Mi sono mancate le tue mani.” Sorrise Michiru nel sentire le dita della sua compagna premute ai fianchi.

“Mi sono mancate le tue labbra.” Rispose Haruka assaporandola nuovamente.

Si sdraiarono sul letto tenendosi strette. “Altro che biglietto aereo. Credo proprio che per questo regalo dovrò superare me stessa per sdebitarmi. A saperlo avrei fatto la stronza prima.” Disse la bionda avvertendo il peso della testa della compagna sul petto ed un colpetto sulla stalla subito dopo.

" Basta così Tenou! Non sei affatto divertente!"

" Hai ragione... I regali non necessitano di repliche." Sfotè guascona stringendosela forte contro.

Michiru non controbatè, chiudendo gli occhi si concentrò invece sul battito del cuore di Haruka. Mai le era sembrata musica tanto carnalmente perfetta.

Non ci sarebbe regalo più grande nel vederti riprenderti la vita che ti spetta, amina mia, le avrebbe voluto dire, ma non parlò, perchè ora, stretta tra quelle braccia, con l'orecchio teso al ritmo di quel tamburo vitale, le carezze gentili sulla carne smagrita dove si intravedevano le ossa sternali, le certezze di Michru iniziavano a farsi meno incrollabili. Così lasciò che una piccola tregua prendesse spazio tra le pieghe della sua convinzione, decidendo di godersi solo il momento. Ci sarebbe stato altro tempo per parlarne.

Iniziò a saziare la curiosità di Haruka che non capiva com'era riuscita a sganciarsi da un lavoro tanto impegnativo come quello del restauro di un quadro famoso.

“E' una pala lignea non una tela.- e al fa lo stesso, sempre stessa robba vecchia è, le lasciò un pizzico sull'addome continuando - hai ancora sufficiente carne Tenou. Non continuare a provocarmi.” E risero di gusto, perchè... Semplicemente risero.

”Ruka non ti nascondo di essere in ansia e di voler passare con te un po’ di tempo, ed è per questo che ho chiesto ed ottenuto un permesso.” Michiru iniziò a raccontare a grandi linee cosa si erano detti lei e il Cardinal Berti e di come, capendo il momento delicato che stavano affrontando le due donne, fosse stato estremamente generoso.

“Michi mia... generosa? Ti ha sbattuta in un convento ad ora et labora!” Giù risa fino alle lacrime.

“Ruka... non essere dissacrante. Sai quanto risparmieremo?!” Giù il finto broncino.

" Ti ci vedo sai? Suor Michiru reverendissima..."

" Guarda, sono proprio la persona meno indicata."

" Lo so, e' per questo che e' buffo. Comunque non devi essere in ansia. Te l’ho detto, non sto poi così male." Menti più a se stessa che alla compagna, perché le ultime analisi dicevano tutto l’opposto.

A quell’ennesima incapacità di guardare in faccia la realtà, Michiru non replicò. Andarono avanti così per più di un'ora, ridendo, scherzando, accarezzandosi l'anima con gli occhi e la pelle con le dita, com'erano solite fare da quando si erano incontrate la prima volta. Haruka che provocava e Michiru che se la coccolava di rimando. Ma nessuna delle due sentiva la forza o il coraggio per imbastire il discorso che poi era stato la causa scatenante di tutto; della loro discussione, del cercare una salvezza per la prima, del ritorno a Zurigo della seconda.

“ Michi.”

“ Dimmi amore...”

Haruka si alzò improvvisamente in ginocchio sul materasso sorridendo come una bambina. “Portami a fare una gita!”

“Che!?”

“Si dai. Prendi una macchina a noleggio ed andiamo da qualche parte. Al lago magari. Non sarà il tuo mare, ma sempre di acqua si parla. Dai... ti prego.” Haruka che la pregava. Aveva nello sguardo una luce fatalista che le gelo’ il sangue nelle vene.

“Non credo sia il caso. E poi dovremmo chiedere al dottor Kurzh...”

“Si lallero. Figuriamoci se quello psicopatico non avrà controindicazioni da sciolinare...” E tornando a distendersi accanto all'altra le alzò il braccio per sistemarsi nell'incavo ascellare. “Mattias ha proprio ragione. Si sta comodi così.”

“Mattias? Che ne sa il tuo amichetto di merende di come si sta accoccolati? Devo essere gelosa Ruka?” Chiese sorridendo maliziosa.

“Forse...” Le sussurrò all'orecchio prima di mordicchiarglielo.

Continuarono a parlare di tutto e di niente fino a quando Haruka non le crollò fra le braccia.

Michiru sospirò accarezzandole la frangia bionda. Quante le cose che non le aveva potuto dire. Importantissime. Fondamentali. Delicatamente tolse il braccio facendo attenzione a non svegliarla e legandole ad uno dei polsi il nastro azzurro per capelli che aveva deciso di mettersi quella mattina, scese dal letto dirigendosi verso la porta.

 

 

E fu camminando per i corridoi che lo vide. Lo riconobbe subito anche se Haruka lo aveva descritto con un semplice “ E' alto poco meno di te. Faccia furba. Occhi chiari ed intelligenti. Una gran pelata e guarda sempre tutto e tutti con avida curiosità. Gran cacasotto nelle prove serali di resistenza agli horror e notevole scassaballe quando cerco di rimorchiare.”

Si guardarono e si scambiarono simultaneamente un gesto d'intesa.

“Tu sei la ragazza di Haru!” Disse andandole incontro soddisfatto per l'intuizione.

“E tu devi essere Mattias. Il giovanotto con il quale si addormenta guardando i films.”

“Sai, devo farle compagnia, perchè ogni tanto Haru piange. Anche se non lo ammette."

Michiru strinse forte le mani che teneva in grembo avvertendo la gola chiudersi. Con la semplicità propria di ogni bambino, le graffiò involontariamente il cuore sottolineando la più cruda delle verità.

“Ti ho riconosciuta subito. Mi ha fatto vedere una tua foto.”

“Anche io ti ho riconosciuto, per via di questo.” Disse sfiorando la visiera del cappellino della Toro Rosso tralasciando tutto il resto della descrizione.

“Me lo ha regalato per il mio compleanno, ma... abbiamo litigato.”

Invitandolo con una carezza sulla schiena andarono a sedersi sulle poltrone del salottino presente sul piano.

“Perchè avete litigato?”

Mattias sembrò restio, ma poi le confessò che la colpa era di quella gran zucca vuota della sua ragazza e del suo rifiuto di fare la chemio, ammettendo anche di essere un po' geloso della fortuna che l'aveva colpita e di non sentirsi a posto con la coscienza per questo.

“Mia madre dice che l'invidia è una brutta cosa e che rende gli uomini cattivi. Io non voglio essere cattivo... - confessò con vergogna. - ..., ma è Haru ad essere stupida!”

Michiru gli sorrise accarezzandogli il mento. “Sai, ti confesso che anche io a volte sono invidiosa. Credo che sotto sotto un po' tutti lo siano. Ma l'inportante è non esserlo mai con cattiveria, perciò non preoccuparti. Tu vuoi bene ad Haruka, giusto?”

Un assenso convinto e l'altra continuò la sua talentuosa opera di persuasione. “ Visto?! E poi anche lei te ne vuole. E' molto affezionata a questo cappellino e se te lo ha regalato vuol dire che ci tiene veramente tanto a te.” Solo qualche tempo dopo Michiru avrebbe compreso la verità di quelle parole.

“ A eccoti Mattias. L'infermiera ti sta cercando per il prelievo.” Al suono di quella voce potente, il bambino balzò in piedi deformando il viso in una smorfia di disapprovazione. Guardando l'uomo alto dal camice immacolato e capendo perfettamente l'antifona, si rivolse a Michiru salutandola con la mano.

“ Puoi dire ad Haru che passerò a trovarla più tardi? E' stato un piacere." Disse per poi correre via.

“ Vai piano...” Si sentì urlare dietro dal dottor Kurzh rallentando, ma solo un pò.

“ Quanta pazienza. Devo ammettere che fra lui e la sua compagna non so chi sia il paziente più indisciplinato. Signara Kaiou, è un piacere rivederla. E' arrivata prima del previsto.”

Si scambiarono la mano ed iniziarono a parlare.

 

 

Si svegliò di soprassalto e d'istinto toccò il cuscino dov'era stata Michiru. Guardandosi intorno rimase interdetta per alcuni istanti, ma quando l'attenzione le cadde sul nastro che aveva legato al polso, capì che non era stato tutto un sogno ed odorandolo, si alzò dal letto infilandosi le pantofole e con rinnovata energia uscì. Camminò sino al punto dove la resepscionist stava accogliendo dei visitatori, li agirò e puntando decisa al blocco ascensori vide con la coda dell'occhio Mattias che schizzava come il vento verso la sua stanza.

Corre così solo quando lo spicopatico è sul piano, pensò aguzzando la vista. Poi li vide. Michiru ed il dottor Kurzh stavano in piedi nella zona ristoro, lui con su quell'aria da belloccio piacione e lei tranquillamente a suo agio.

Per istinto o chissà cos'altro, Haruka fece un passo indietro nascondendosi dietro l'angolo di un pilastro e con la schiena poggiata alla vernice verde acqua, vi rimase incollata per tutto il tempo della conversazione, guardandoli parlare.

“Allora siamo d'accordo dottore.” Terminò la donna porgendogli nuovamente la mano.

“Mi raccomando Michiru. Mi affido al suo senso di responsabilità.” Ed accomiatandosi con una forte stretta si allontanò con il suo solito incedere deciso.

Lei ne osservò le spalle fino a quando non lo vide entrare in un ascensore, poi alzando gli occhi al cielo scosse la testa incredula. Non sapeva affatto di avere come compagna una salamandra. Girò i tacchi andando verso la colonna ed una volta svoltata, afferrò la vita di Haruka attirandosela contro. Un bacio sulle labbra ed uno scappellotto subito dopo.

“Ahia, ma... perché?!” Lagnò Tenou massaggiandosi la nuca.

“Adesso ti sei messa anche a spiare? Ruka..., sei alta, bionda ed a volte hai le movenze di un puledro di fanteria. Non passi inosservata!”

“Non volevo... disturbare...” Borbottò prima che un secondo buffetto non le arrivasse sulla spalla.

“Non dire stupidagini! Piuttosto... è ancora valido l'invito per un'uscita in macchina?”

L'altra massaggiandosi la parte "lesa" sgrano' gli occhi incredula. Lo spicopatico in bianco le aveva dato il permesso?!

“Tre condizioni però. - Disse l’altra alzando le dita della destra. - La prima è che dovrai restartene in macchina. Niente scorribande. La seconda è che prima di uscire dalla clinica dovrai assumenre liquidi via endovena e la terza è che dovremmo portare una sacca di fisiologica per ogni evenienza.” Concluse prendendola sottobraccio trascinandola verso la camera.

“Tanto vale rimanersene in camera! E poi non voglio andare in giro con la canula nel braccio come se fossi una tossica. Mi vergogno!”

“Che problema c'è?! Ti metterai una camicia.”

" Michi..."

" Si amore?"

" Ti sei accorta che da quando sei arrivata non fai altro che prendermi a schiaffi?"

" Vorrà dire che te li meriti, Tenou."

 

 

Una Volkswagen giallo Daytona. Michiru non era riuscita a trovare una macchina meno appariscente. In realtà aveva smesso la ricerca innamorandosene appena vista. Da sempre la sua casa automobilisticha preferita, vedeva in quel Maggiolino uno dei veicoli più romantici che fossero mai stati prodotti. Quella particolare punta di giallo poi, era uno dei colori preferiti di Haruka. La scelta era stata perciò inevitabile. Lo sveva preso non decappottabile, per evitare al suo angelo il supplizio di non poter aprire la cappotta e godersi il vento che le avrebbe goduriosamente scarmigliato i capelli, ed aveva preferito un modello moderno, più comodo e confortevole. Ora, dopo aver costeggiato l'intero lago di Zurichsee ed aver apprezzato la bellezza dei castelli adagiati sulle sue rive, stavano correndo verso i campi e le foreste che lambivano la città, beneficiando del sole caldo e del cielo terso di settembre.

Non avevano parlato molto, volendo forse rimandare il più possibile l'inevitabile discorso sul trapianto che prima o poi avrebbero dovuto affrontare. Haruka si era persa nel guardare fuori dal finestrino tutta quella gamma di colori dei quali i suoi occhi erano stati privati per settimane, mentre Michiru continuava a tenere la strada diretta verso una meta immaginaria, portando il Maggiolino fuori dalla città, verso il rincorrersi dei campi, con in lontananza le vette alpine imbiancate dalle nevi perenni.

“ Un soldino per un tuoi pensieri.” Disse Kaiou dopo svariati minuti svoltando a sinistra per uscire dalla statale.

“ Come?”

“ A cosa stai pensando?”

La bionda sembrò rifletterci sopra poi le chiese di accostare appena possibile. Così arrivate alla fine di una strada mezza sterrata parcheggiarono. Le ruote scricchiolarono sul pietrame polveroso ed una volta che il motore venne spento, l'abitacolo s'immerse nel suono del vento tra le fronde, del cinguettio degli uccelli che le avevano scelte e dei loro respiri.

“ Stai male?” Chiese Michiru vedendola leggermente affaticata. Haruka scosse la testa continuando a guardare fuori. Allora l’altra capì. Puntando l'attenzione alla cucitura rossa del cuoio del volante attese con il cuore in gola.

“ Sarebbe ora di uscire allo scoperto, Kaiou...” Ma la bionda non avendo risposte continuò.

“ Non vuoi dirmi nulla? Non vuoi cercare di convincermi? Di dissuadermi dalla decisione che tutti state ostracizzando con così tanta forza?” Ancora silenzio.

" Non ho voluto fare questa uscita solo per cercare di togliermi da dosso l’odore della clinica, o di passare qualche ora con te, amore mio, ma anche e soprattutto per farti capire a che punto siamo arrivati. - La vide chinare leggermente la testa continuando a demente le mani arpionate al volante. - Vedo che hai capito. - Concluse Haruka rassegnata abbandonandosi al sedile ad occhi chiusi. - Non ci sono analisi o consigli medici che tengano. Solo io conosco realmente il mio corpo. Adesso sai perchè mi sto impuntando. Adesso ti è chiaro cosa mi stia passando per la testa da giorni." Tornò a guardarla iniziando ad accarezzarle la guancia con infinita dolcezza.

“ Io lo so che siete tutti convinti che sia una stupida zuccona ingrata, ma...”

“ Ma se non riesci a stare in una macchina per più di due ore senza avere l'affanno...” L'interruppe Michiru fissandola.

“ Come posso sperare di svangarla con una terapia che ha come unico scopo quello di distruggermi il sistema immunirario e che mi ha quasi uccisa quando stavo molto meglio di così?!" Domandò toccandosi il petto all’altezza del cuore prendendo l'ennesimo respiro.

E si: le carte erano ora sul tavolo, forse non tutte scoperte, ma il “gioco” era diventato sufficientemente chiaro. Michiru avrebbe voluto dirle che comunque valeva la pena provarci, che qualunque cosa fosse successa sarebbe stato meglio del non far nulla. Era stata convinta di quelle parole per giorni, settimane. ed avevano guidato tutto il suo operato. Le scelte fatte sin li. Ma non appena si erano riviste, era stato messo tutto in discussione dal peggioramento fisico che Haruka aveva avuto durante le poche settimane nelle quali non si erano potute vedere e adesso non sentiva più di avere sufficientemente cuore per chiederle nulla.

“ Ho tanta paura. Ma non posso costringerti a lottare solamente per me.” Ammise accarezzandole per un attimo il viso.

Ma la bionda non rispose, anzi, voltando la testa prese a guardare fuori. Assorta.

“ Cosa vuoi che ti dica Ruka? Cosa vorresti sentirti dire?” Chiese quasi disperata.

Qualche secondo poi la compagna sporgendosi iniziò a baciarle lievemente il collo.” Che mi ami...”

Michiru accettò quel gesto rimanendo però stupita. Non le aveva mai fatto una richiesta del genere. D'un tratto il contatto delle dita dell'altra sulla pelle dell'addome.

“ Cosa stai facendo?”

“Tocco la mia donna.” E si avvicinò di più.

“Non possiamo... Ruka... Fermati.” Soffio’ Kaiou cercando di farla ragionare.

“Ssss... Lasciami fare.”

“... Amore.”

“ Michi... – disse la bionda continuando a baciarla sul collo – ...potrò anche essere a corto di fiato, a un passo dal baratro e con le ore contate, ma non impedirò alle mie mani di farti sentire ancora il loro tocco. Voglio che tu ti senta amata. Fosse l'ultima volta,... voglio che tu mi senta.” Ed iniziando sapientemente a slacciarle i bottoni del vestito la bionda lasciò che le labbra tornassero ad assaporare il gusto cristallino della pelle del suo collo.

 

 

Giovanna inarcò la schiena lasciando che la cariola sversasse la terra all'interno della fioriera. Aveva trovato il modo migliore per non pensare. Un antisettico contro tutti i cantivi pensieri e l'angoscia che sentiva di stare provando. Il lavoro manuale. Quello pesante, quello sfiancante, quello logorante ed anche un po' ignorante. Solo mani, muscoli, calli e vesciche.

“ Sorella Giovanna, non stancarti troppo.” Le disse un vecchio cappuccino seduto all'ombra di una pianta con il suo breviario nelle mani. Lo sguardo beato ed un sorriso secolare sulle labbra.

Sorella Giovanna?! Pensò cercando di non sbottare a ridere, facendogli cenno di non preoccuparsi.

Ultimamente la mia vita è circondata da prelati e “abiti” di tutti i tipi. Non intendo pensare che sia un segno, perchè... Padre Santo... guarda pure altrove. E Via verso un nuovo carico.

D'improvviso la vibrazione del cellulare e la risposta al numero sconosciuto proveniente dalla città.

“ Pronto.” Disse sottovoce rimanendo in ascolto.

“ Si... sono io. Va bene. Chiamo subito un taxi. Il tempo di arrivare in clinica...”

   
 
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