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Autore: vero_bonnie    23/12/2016    6 recensioni
Un piccolo regalo di Natale per il fandom - in cui Dean si cimenta in cucina, Cas appende un paio di calzini sull'abete e Sam trova quei due disgraziati in posizioni compromettenti.
Spero che possa strapparvi un sorriso, anche se è una cosina di poche pretese. Buone feste!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Finché un angelo

 

« Pronto? »

« Dean ».

Un sospiro stanco. Castiel riusciva quasi a vederlo, Dean Winchester che si passa una mano tra i capelli, ad occhi chiusi, sulla pelle una barba ispida di qualche giorno. Si chiese per quanto tempo il cacciatore sarebbe ancora riuscito a sopportare quella vita.

« Dimmi, Cas ».

« Alcuni angeli mi hanno passato delle informazioni importanti sui demoni che stiamo cacciando », spiegò Castiel, la voce rotta dai brividi. « Ho una mappa dei loro spostamenti, che ci permetterà di rintracciarli », proseguì a fatica.

« Ottimo », replicò Dean dall'altra parte del telefono. Dopo una breve pausa riprese: « Cas, ti sento strano. Cos'è successo? »

Il moro trattenne un sospiro di esasperazione. Non era riuscito a controllarsi e Dean l'aveva scoperto. Quel maledetto corpo, così estraneo a lui, così umano...

« Niente. Non è successo niente »

« Castiel. Andiamo. Sei ferito? »

Lui si morse le labbra e si risolse a parlare. Sapeva che Dean era testardo, non avrebbe lasciato perdere. « Io... ho freddo ».

Alcuni attimi di silenzio. « Tu cosa? »

« Sono in mezzo a una tempesta di neve e non so come gestire questo corpo », spiegò Castiel, cercando di nascondere l'imbarazzo.

« Quel corpo va semplicemente coperto, razza d'imbecille », rise Dean nel suo orecchio. Castiel si chiese cosa ci fosse di tanto divertente nella periodica contrazione involontaria dei suoi muscoli, dovuta alla bassa temperatura, nel tentativo di favorire la circolazione del sangue. « Trova un posto al chiuso dove aspettare la fine della tormenta », continuò Dean. « E magari comprati un maglione: quel trench non è adatto all'inverno. In effetti è ora che rivoluzioni il tuo guardaroba ».

Castiel si sentiva sempre più confuso. « Ma io non possiedo un armadio, Dean ».

« Oh, per l'amor di Dio... »

« Mio padre non c'entra con questa faccenda », lo interruppe, stizzito. « In ogni caso mi trovo in mezzo ai campi del Nebraska, tra la Road 900 e la Road 1000: sono molto lontano da un qualsiasi posto al chiuso e, come sai, non sono più in grado di usare le ali ».

« Sei in mezzo al nulla durante una tempesta di neve proprio ora che sei diventato completamente umano? Ma che diavolo hai in testa? », esclamò Dean, improvvisamente preoccupato. « Non muoverti, vengo a prenderti. O meglio, muoviti sul posto, ché altrimenti quando arrivo trovo solo un maledetto ghiacciolo al gusto di angelo ».

 

L'abitacolo dell'Impala era piacevolmente caldo e Castiel si sentì bruciare la pelle quando si lasciò cadere sul sedile del passeggero, esausto. Dean lo osservò, serio, gli occhi verdi puntati fissi sul suo viso. « Stavi andando in ipotermia », gli fece notare con voce dura, a mo' di saluto. « Come ti è venuto in mente che darsi appuntamento con degli angeli in mezzo alla neve del Nebraska la vigilia di Natale fosse una buona idea? »

Castiel cercò di rispondere, ma si sentiva i muscoli bloccati e tutto ciò che riusciva a fare era battere i denti. Si limitò a guardare Dean, pregandolo in silenzio di non infierire, ma lui non sembrò cogliere.

« Sei diventato umano solo da poche settimane, Cas ». Lui abbassò lo sguardo. « Devi imparare ad occuparti di questo corpo perché ormai è tuo: Jimmy Novak se n'è andato da un pezzo, ci sei solo tu là dentro ».

« Lo so », riuscì ad articolare Castiel. « Ma è difficile. Essere umani è difficile ».

Lo sguardo di Dean sembrò addolcirsi un pochino. « Imparerai ».

Castiel sospirò, osservando la neve che turbinava appena al di là del parabrezza. « Siete deboli. Fragili. E le sensazioni... sentite tutto in maniera così intensa... è destabilizzante ».

« Ma ne vale la pena », affermò Dean. « Ricordi cosa ti ho insegnato, quando finalmente ti eri deciso a dirmi di aver perso completamente la Grazia? »

Castiel sentì d'un tratto una strana sensazione all'altezza dello stomaco, come se all'interno si fosse creata una voragine. Si chiese se si stesse sentendo male per essere stato esposto al freddo per troppo tempo: chissà quali reazioni poteva avere un corpo in quella situazione di pericolo.

Dean ridacchiò, percependo il suo disagio. « Cas, è solo sesso. E' una gran cosa e ti fa sentire fottutamente bene, ma è solo sesso. Devi rilassarti ».

Castiel teneva lo sguardo fisso sul vetro davanti a lui, senza vederlo.

« Ehi, guardami ».

L'angelo si sforzò di voltare la testa e incontrò gli occhi di Dean, stavolta sereni e verdi come un prato in estate. La sua mano si posò delicatamente sulla guancia del moro. « Cas, essere umani ti permette di provare sensazioni meravigliose. Non rimpiangere il volo, c'è molto altro al mondo che può compensare la perdita delle ali ».

Castiel non disse nulla, ma si accorse che la voragine nel suo stomaco sembrava essersi richiusa: ora tutto ciò che sentiva era un forte calore in viso e nel petto.

E una notevole pesantezza delle palpebre.

Dean sorrise. « Sei arrossito perché qua dentro fa un caldo della malora o per via di quello che sto dicendo? »

Ma non lo seppe mai, perché Castiel si addormentò ancora prima che lui potesse finire di parlare. Dean rimase a guardarlo per un momento, la mano sinistra ancora poggiata sul suo viso: passò lentamente i polpastrelli sulla pelle morbida e delicata delle palpebre, attento a non svegliarlo, e sulle labbra screpolate e livide di freddo. Si tolse la giacca e la posò sul corpo tremante di Castiel, poi smanettò sul cruscotto per alzare ancora il riscaldamento e finalmente ingranò la prima e partì.

 

Castiel aprì a fatica un occhio, poi l'altro, e li richiuse. Non voleva svegliarsi, voleva rimanere incosciente in quel torpore confortevole, in quel calore che sembrava cullarlo e sussurrargli parole di zucchero per farlo dormire.

In breve tempo, però, cominciò ad avere caldo. Troppo caldo.

Era normale, per reazione, dato che aveva passato tanto tempo al freddo, ma naturalmente lui non lo sapeva. Aprì gli occhi e scoprì di essere rannicchiato in una poltrona e avvolto in una coperta di pile che aveva lo stesso odore della pelle di Dean. Istintivamente ci immerse il viso e inspirò il profumo.

Poi sollevò la testa e si guardò intorno, cercando per l'appunto il proprietario della coperta. Castiel riconobbe il salone del bunker degli Uomini di Lettere, illuminato appena da poche candele poggiate sui mobili.

Ma c'era qualcosa di diverso, e quando la luce si accese Castiel capì: festoni e decorazioni natalizie erano appesi ovunque, sui muri e sugli scaffali delle librerie, le candele che aveva intravisto prima erano tutte rosse e in un angolo della stanza si trovava un piccolo abete, spoglio.

Dean spuntò dall'atrio salendo i gradini – era stato lui ad accendere la luce prima di entrare. Tra le mani teneva uno straccio da cucina e attorno al corpo portava un grembiule: Castiel lo trovò molto incongruo, ma non commentò. Si sentiva ancora troppo debole, per cui si limitò a guardarlo mentre lui lo raggiungeva.

« Ben svegliato. Stai meglio? »

« Sì, direi di sì. Adesso ho caldo », disse Castiel scostando a malincuore la coperta di Dean. Lui seguì i suoi movimenti con lo sguardo, attentamente, mentre il moro decideva di togliersi anche la giacca.

« Non credevo festeggiassi il Natale ».

Dean si riscosse e riportò lo sguardo negli occhi di Castiel. « Non lo festeggio, infatti », affermò, improvvisamente serio.

Castiel aggrottò le sopracciglia. « Hai decorato il bunker », gli fece notare.

Dean aveva l'aria di volerlo sbattere fuori nella neve. « Sì, ho decorato il bunker ».

Il moro lo osservò con la testa piegata leggermente di lato, come faceva sempre quando non capiva un comportamento tipicamente umano. « Dean, cosa c'è che non va? »

« Non c'è niente che non vada », sbottò lui, afferrando lo straccio e dirigendosi verso la cucina. Castiel si alzò e lo raggiunse, mettendosi di fronte a lui per sbarrargli la strada e poggiando le mani sulle sue braccia per trattenerlo. « Dean, devi smetterla di scappare. Affronta i tuoi demoni ».

Dean sospirò, lo sguardo a terra. « Non c'è niente che non vada, Cas. Davvero », ripeté, stavolta più calmo, la voce malinconica. Castiel attese, senza lasciare la presa. « Lo faccio per Sam », cedette infine il cacciatore.

Castiel inclinò di nuovo la testa. « Cosa intendi? »

« Quando eravamo piccoli, il Natale era una breve parentesi in cui ci era concesso di essere felici, durante la quale non dovevamo preoccuparci di lupi mannari, wendigo o vampiri. Era un momento solo nostro, perché papà era sempre a caccia. Per una sera all'anno potevamo essere bambini. E non cacciatori ».

Le mani di Castiel scivolarono lentamente lungo le braccia di Dean fino ad arrivare ai polsi: due dita si posarono su una vena e registrarono un battito cardiaco appena più veloce del solito.

« Crescendo abbiamo dovuto rinunciare anche a questo... tra le tante cose che abbiamo perso », continuò Dean, « ma quest'anno voglio regalare a Sam un altro Natale, il primo dopo anni, voglio dargli una scusa per non essere più un cacciatore, almeno per un giorno. Possiamo tornare bambini, Cas, possiamo tornare ad essere felici ».

Castiel intrecciò le proprie dita con quelle di Dean e si sporse leggermente per posare un bacio leggero sulle sue labbra.

« Allora avrete il vostro Natale. Vieni, ti do una mano ».

Dean ritornò in cucina mentre Castiel decise di occuparsi dell'abete. Naturalmente non sapeva nemmeno da dove cominciare, ma non lo disse a Dean: rovistò negli scatoloni in cui si trovavano le decorazioni, cercando di farsi venire un'idea, e alla fine si risolse ad arrangiarsi con ciò che trovava a portata di mano.

Dopo circa mezz'ora, Castiel aveva finito di addobbare l'abero e lo stava osservando, confuso e perplesso, quando iniziò a sentire un odore piuttosto sgradevole. Storse il naso – era la prima volta che l'olfatto lo infastidiva così tanto – e chiamò: « Dean! Che cos'è quest'odore? »

Il cacciatore comparve dopo un minuto, trafelato e palesemente irritato, con una teglia di biscotti in mano: erano completamente carbonizzati e la mancanza di una forma ben definita, con evidenti grumi di farina e unti di burro, li rendeva poco invitanti. « Non dire niente », gli intimò Dean, sottintendendo una minaccia.

Castiel represse un sorrisetto. « Credevo sapessi cucinare ».

Dean lo fulminò con lo sguardo. « Certo che so cucinare, genio. Ho sempre cucinato per Sam, ma solo i pasti normali che ci servono per sopravvivere. Perché credi che compri sempre la crostata pronta? »

Castiel stavolta sorrise davvero. « Ti aiuterò io. Mi ricordo ancora come funziona la materia a livello molecolare, per cui so come lavorare la pasta e quanto tempo cucinarla », e fece per dirigersi verso la cucina ma Dean lo bloccò.

« Ehi, un momento, anche tu hai decisamente bisogno di aiuto! », rise Dean, indicando l'albero che Castiel aveva appena finito di addobbare. Era la cosa più antiestetica che avesse mai visto: non avendo la minima idea di come andasse decorato un albero di Natale, Castiel ci aveva appeso sopra praticamente ogni cosa che era riuscito a trovare, tra cui anche un paio di calzini che Dean aveva lasciato in giro.

« Dovremmo invertirci i ruoli », propose Castiel, vagamente imbarazzato per questa ennesima dimostrazione di ignoranza in ambito umano.

« Sei adorabile quando mandi all'aria le cose, lo sai? », sorrise Dean, appoggiando la teglia di biscotti sul tavolo e avvicinandosi a Castiel.

« Tu non hai fatto molto meglio di me », gli fece notare lui, mentre Dean premeva il proprio corpo contro il suo e infilava le mani nei suoi capelli, facendogli inclinare la testa all'indietro per baciargli la gola.

Castiel era stato preso un po' alla sprovvista, ma subito reagì portando le proprie mani alla base della schiena di Dean per sciogliere il fiocco che chiudeva il grembiule; si separarono appena, per poterlo togliere, e appena questo fu a terra Dean tornò a premersi contro Castiel, facendolo indietreggiare, mentre si spogliavano a vicenda gettando le rispettive camicie in giro.

Presto Castiel sbatté con la schiena contro il muro, e Dean portò le mani sulla parete ai lati della sua testa con fare possessivo, mantenendo i loro bacini a contatto e succhiando avidamente il suo labbro inferiore, mentre Castiel iniziava ad ansimare. Sollevò lo sguardo in preda al piacere e si accorse che sulla sua testa pendeva un rametto verde.

« Dean... siamo sotto al vischio ».

« Già », mugugnò lui, continuando a lambire le sue labbra con la lingua, « chissà come ci sarà finito qua sopra ».

Castiel sorrise e Dean smise per un attimo di torturarlo per sollevare lo sguardo in quegli occhi blu così liquidi e vogliosi. « Non credevo avresti colto il significato ».

« Ho visto cosa si fa col vischio in un film sul Netflix », rispose Castiel, cercando di controllare la propria respirazione; il suo torace nudo si alzava e si abbassava più velocemente del normale.

« Ah », fece Dean abbassando un momento lo sguardo, ridendo soprattutto per l'attribuzione dell'articolo determinativo a “Netflix”. « Capisco ».

Si guardarono per un lungo momento, poi Dean prese la cravatta di Castiel, che aveva lasciato sul suo petto nudo, e tirò per avvicinarlo a sé: le loro labbra si incontrarono in un bacio casto, innocente, in completo contrasto con la situazione.

Le mani di Castiel accarezzavano la pelle liscia della schiena di Dean in movimenti lenti, fino a scendere alla cintura e infilarsi nelle tasche posteriori dei jeans. Le braccia di Dean spingevano ancora contro il muro, i bicipiti gonfi proprio ai lati del viso di Castiel.

Quando le loro bocche si separarono, Dean non si ritrasse ma rimase con la fronte contro quella di Castiel, le punte dei loro nasi che si toccavano.

« Dean ».

« Dimmi, Cas ».

« Mentre cercavo gli addobbi per l'albero, ho trovato quella statuina dell'angelo. Quella che apparteneva a Mary ».

Dean deglutì. Si trattava di un piccolo soprammobile di ceramica che raffigurava un angelo seduto, con le mani a reggere il mento e i gomiti poggiati sulle ginocchia piegate; sulla schiena aveva un paio di ali candide, spiegate dietro le spalle.

« Ogni sera, quando mi metteva a letto, mi diceva che gli angeli vegliavano su me e Sam », confermò Dean. « Ma io non ho mai creduto negli angeli... finché un angelo non ha creduto in me ».

Castiel portò entrambe le mani a racchiudere il volto di Dean, per posare poi un altro bacio sulle sue labbra. « Tua madre aveva ragione, Dean ».

 

Erano quasi le sei del mattino quando Sam aprì la porta del bunker, per poi richiudersela alle spalle. La sua giacca aveva una spolverata di bianco sulla schiena, dove si erano posati alcuni fiocchi di neve portati dal vento: per fortuna la tormenta si era spostata più a ovest, ed era già da qualche ora che non nevicava più con tanta intensità.

Sam sbatté con forza i piedi a terra per togliere la neve dagli scarponi, poi scese le scale ed entrò nel salone: si bloccò sulla soglia e osservò sospettoso le decorazioni natalizie appese ovunque e l'abete nell'angolo, chiedendosi cosa fosse successo in sua assenza per provocare una cosa simile. Ma poi si strinse nelle spalle, vinto dalla sonnolenza, appoggiò sul tavolo i libri che aveva preso in prestito il pomeriggio del giorno prima alla biblioteca e si avviò verso la sua camera strofinandosi gli occhi. Aveva decisamente bisogno di dormire, o perlomeno di stendersi per un po' – la notte con la bibliotecaria era stata davvero stancante.

Com'era sua abitudine, gettò un'occhiata all'interno della camera di Dean per controllare che fosse tutto a posto, ma quello che vide lo gelò sul posto. Rimase a guardare suo fratello avvolto nel lenzuolo che russava beatamente, con un cappello da Babbo Natale in testa e un braccio abbandonato sulla vita di Castiel, il quale dormiva su un fianco, la testa appoggiata sulla spalla di Dean proprio sopra all'impronta della sua mano.

Sam aggrottò le sopracciglia e una smorfia divertita si formò sul suo viso quando si accorse che entrambi erano coperti di glitter, neve finta e briciole di biscotto. Riusciva a immaginarli mentre si lanciavano gli addobbi di Natale come due ragazzini e si baciavano dopo essersi abbuffati di biscotti. Si lasciò sfuggire una risatina e si affrettò a chiudersi in camera prima che uno dei due si svegliasse.

Sam si disse che era ironico che il Natale fosse sparito dalle loro vite finché un angelo non era arrivato – ma si trovò a ringraziare Dio per quei due disgraziati che dormivano nell'altra stanza.

   
 
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