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Autore: Waterwall    23/12/2016    2 recensioni
E se la sorte dell'amore tra Oscar e Andrè cambiasse? Se ci fosse qualcosa che nessuno ci volesse mai dire? Magari un segreto che con la loro morte non è mai stato detto.
E se vi dicessi che sopravvivessero alla rivoluzione e il destino gli serbasse qualcosa di molto più grande?
Che Alain incontrasse l'amore della sua vita e che anch'esso nascondesse un segreto?
E che il conte di Fersen non fosse stato così santarellino come credevamo?
Se vi ho incuriositi leggete con un grandissimo "grazie" in anticipo!
Ps. L'ispirazione mi è venuta leggendo la oneshot di fuko chan "Il ricordo segreto" (se troverai mai questa fanfiction ti prego di dirmi qualcosa perchè sei bravissima *-*)
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Victor era appoggiato con la schiena su quella parete da minimo due ore, con la divisa cerulea senza la minima piega, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo perso nel vuoto.
Ormai da mesi pensava di lasciare quel suo incarico tanto ambito da quando aveva quindici anni.
Versailles era diventata pericolosa, Parigi lo era diventata, l'intera Francia lo era.
Ormai era anche ammalato di sifilide.
Maledetto quel giorno in cui Madamigella Oscar, ora Madam Grandier, l'aveva lasciato in mezzo a quel campo rossastro nella loro silenziosa passeggiata a cavallo. Maledetto in realtà ciò che aveva fatto lui subito dopo: uno del suo livello che se n'era andato a bere fino allo svenimento facendo anche un giro in un bordello.
Ma come aveva potuto?
Maledizione a lui stesso.
Almeno ora, per l'amor del cielo, avrebbe dovuto fare qualcosa di decente per sé stesso. Non avrebbe più dovuto mettere neanche un singolo piede in quel posto.
Sentì dei passi provenire lungo la Sala degli Specchi e si ricompose immediatamente, se qualcuno l'avrebbe visto in quel modo non sarebbe di certo stato un granché.
Si voltò a vedere di chi fossero e con sorpresa, davanti a lui vide il generale de Jarjayes venirgli pian piano incontro.
《 Generale! 》Victor fece il saluto militare.
Il vecchio uomo sorrise in un modo in cui, il soldato, non avrebbe mai pensato di poter vedere in vita sua.
《 Riposo, Girodelle. Non servono più questi atteggiamenti verso uno come me. 》
Il volto dell'uomo era stanco, le rughe erano molte e inchinò per un momento il capo come in cenno di saluto per continuare il suo cammino al di là della stanza.
《 Generale, come sta Madamigella Oscar? 》chiese in un attimo il giovane uomo.
Augustin si morse leggermente le labbra:《 Sta male conte ... Ed è anche in pericolo ... 》
Il militare sobbalzò: un ambo terribile aveva circondato Oscar.
Ma almeno doveva essere un po' felice, quando le aveva detto addio l'ultima volta ad Arras aveva un bellissimo pancione che la rendeva ancora più bella. Ora sarebbe stata sicuramente con quella creatura tra le braccia.
Già la immaginava, seduta su una delle poltrone di casa sua mentre allattava il suo bambino: lo immaginava uguale a lei.
《 Ma ha partorito? Il bambino come sta? 》
Gli sembrò che il generale quasi si sarebbe messo a singhiozzare per come disse con voce tremante:《 Non ce l'ha fatta ... È nato morto ... 》
Victor si sentì stringere il cuore in una terribile morsa.
Non sarebbe dovuto accadere, non a lei che era l'unica donna che amava.
Non sarebbe dovuta accadere a una creatura innocente come quella: un neonato.
Non un bambino, ma un neonato così fragile e puro.
《 M-mi dispiace ... Io ... 》
Augustin alzò una mano nel senso di tacere:《 Non occorre, ma se tu potessi fare la minima cosa almeno per salvarla sarei davvero felice. 》
Gli parlava con il cuore in mano.
Il vecchio uomo sapeva perfettamente che riuscivano a proteggersi egregiamente i suoi ragazzi, ma l'aveva capito da come aveva parlato Esperanza: non erano uomini qualunque quelli che erano sulle sue tracce.
Se avesse potuto muoversi in qualche modo avrebbe tentato di fare qualunque cosa pur di salvarla, ma era già con le mani legate.
Girodelle si avvicinò al generale facendo risuonare i tacchi sul parquet lucido della sala:《 Generale, spiegatemi la situazione. Cercherò di fare quel che posso. 》

***

Girodelle e Augustin erano lungo la via di casa Jarjayes, il primo in sella al suo destriero dun scuro mentre il secondo sedeva comodo al finestrino della carrozza spoglia di stemmi, per il pericolo delle strade in cui si passava.
Non erano riusciti a parlare di ciò che stesse accadendo alla nuova famiglia di Madamigella Oscar; il generale era stato chiamato da un pagio per andare a conversare con i sovrani di tutto ciò che era accaduto fino all'ultimo incontro con Oscar e Maria Antonietta.
《 Cosa cercavate di dirmi Generale? Ora dovremmo essere tranquilli. 》
Il generale si schiarì la voce e si sporse al finestrino spostando la tendina bordeaux con una mano:《 Capitano Girodelle, vedete, dopo quell'incontro acceso di molto tempo fa che abbiamo avuto, Oscar e tutta la famiglia è stata molto male. Oltre ai semplici battibecchi che si hanno normalmente, sono sopraggiunti vari problemi: Oscar e Andrè hanno perso loro figlio, il mio nipotino troppo piccolo per essere strappato alla vita e il caso ha voluto così che mia figlia si ammalasse nuovamente di tubercolosi; oltre a questo, sono sopraggiunti degli uomini che abbiamo scoperto che sono sulle traccia della madamigella che viveva con noi: Esperanza ... 》
Lo sguardo tra l'ardesia e il gridellino di Victor lo scrutò davvero preoccupato. Sperò con tutto il suo cuore che ciò che stesse per dire il generale non sarebbe equivalso alla possibile perdita di Madamigella Oscar in maniera permanente.
《 Conte ... forse io non dovrei raccontarvi tutto ciò. È pur sempre la donna che vi ha disonorato, che non vi ha accettato e, al suo posto, ha sposato un plebeo. Io medesimo vi ho cacciato dalla mia casa e ... 》
《 Non si preoccupi, generale - lo fermò Girodelle - Ho sempre molta stima nei suoi confronti e di sua figlia. 》
Augusti si sentì sollevato: odiava avere nemici, specialmente di quel genere.
Il capitano era un vero e proprio nobile francese a tutti gli effetti, fino a uno dei ricami della sua divisa: perfetto, certo, ma talmente nobile da poter essere malvagio.
Augustin era un bravo osservatore, dopo tutti quegli anni a Versailles era riuscito a comprendere "l'anima" delle persone con un semplice sguardo agli occhi; e quei occhi ardesia lo dicevano precisamente che tutto ciò che il facesse, avrebbe avuto sempre un secondo fine.
Il generale, chiedendo aiuto a lui, stava rischiando di rovinare gli equilibri che vi erano nella sua famiglia; ma un padre che aveva solo da recuperare l'amore non dato, cosa avrebbe mai potuto fare? L'unica cosa che era rimastogli era agire nell'ombra per essere la stessa ombra dei suoi figli.
Questa volta non avrebbe più agito tardi, lo avrebbe direttamente prevenuto.
Sapeva perfettamente che Oscar rischiava maggiormente sotto l'attacco degli uomini di cui parlava Esperanza che sotto le grinfie di Girodelle: sicuramente suo genero sarebbe stato in grado di far filare dritto uno come lui, senza scordare del commilitone Alain, che di umano aveva solo le sembianze, il resto era un intruglio tra un armadio a due ante e qualcos'altro di altrettanto grosso.
《 Siete preoccupato che la possano uccidere, non è vero? 》 l'uomo che aveva preso il posto di Oscar alla reggia di Versailles spezzò il fiume di pensieri che aleggiavano nella mente del generale.
《 Come avete detto? 》disse guardandolo Augustin, dopo aver leggermente scosso la testa.
《 Avete che madamigella Oscar venga uccisa insieme alla sua famiglia da quegli uomini. 》 disse nuovamente Girodelle mentre guardava la via di ciottoli che portavano alla magione de Jarjayes e il vento cominciava a portare indietro i suoi capelli castani.
Augustin si sistemò sul sedile della carrozza e rassegnato disse un roco "sì".
Victor piegò il lato destro delle sue labbra verso sinistra, in un piccolo risolino:《 Non vi preoccupate signor generale - iniziò mentre i cancelli del casato si cominciavano a intravedere come una minuscola chiazza stonata nella natura che gli accerchiava - Conoscendola sarà sicuramente in grado di cavarsela. 》
Augustin sospirò dandosi quasi dello stupido per tutto quello che aveva pensato:《 Avete ragione capitano Girodelle: ho cresciuto Oscar come un vero soldato, non mi dovrei preoccupare di una cosa simile. 》
《 Signor generale? 》 lo chiamò piano il giovane.
《 Sì, conte de Girodelle? 》
《 Aspettavate ospiti? 》
Il generale lo guardò interrogativo:《 Perché mi chiedete codesta cosa? 》
Girodelle:《 Dai cancelli stanno uscendo delle persone incappucciate. 》
Il tono sommesso e la dichiarazione di Girodelle gli fece perdere un battito e si affacciò dal finestrino abbastanza da poter vedere i cancelli.
Saranno stati sette, massimo dieci, e sicuramente erano quei uomini incappucciati che inseguivano la principessa Esperanza.
All'inizio sembrò che non facessero caso alla vicinanza sempre più minimizzata con la carrozza dove viaggiava il padrone di casa e sembrò che stessero decidendo sul da farsi, ma qualcuno che non era affatto incappucciato, piuttosto era vestito con un vestito alquanto chiaro, indicò terrorizzato le persone in avvicinamento e si videro correre via verso il lato sinistro del prato.
《 Vado a inseguirli. 》 sentenziò Victor pronto a spronare il cavallo.
《 Fermatevi. 》 lo richiamò il generale.
Girodelle lo guardò come sconcertato:《 Ma ... 》
《 Nessun "ma" conte; prima voglio vedere cosa vi facevano in casa mia. Ormai voglio essere sicuro prima di muovermi a sproposito. 》

***

《 Grazie al cielo, signore siete venuto! 》 Karine, una delle poche domestiche rimaste al servizio del casato, quasi si mise a piangere alla vista del padrone che fece accomodare velocemente insieme all'uomo che lo seguiva.
《 Dimmi, cos'è accaduto? 》 disse con fermezza il generale.
La donna sulla quarantina tirò su col naso:《 Oh signore, son venuti! Son venuti dei strani tizi con un cappuccio che gli copriva la faccia, tranne a una che a me, onestamente, pareva una signorina. 》
Augustin e Victor si scambiarono uno sguardo, dimostrando che il loro presentimento era vero:《 E dimmi - continuò il generale - cos'hanno fatto? 》
《 Oh signore - ricominciò lei tirando nuovamente su col naso - Hanno chiesto della cara madamigella Oscar, Andrè e degli altri che si erano fermati per la notte ... Io non volevo parlare, gli dissi semplicemente che se n'erano andati da giorni ormai ... 》
Il generale serrò gli occhi mentre Victor si avvicinò pericolosamente alla donna:《 E non hai proferito più parola, non è vero? 》
Karine abbassò lo sguardo verso il pavimento facendo notare dei fili bianchi e biondi che scivolavano dalla cuffietta bianca e cadevano sulle sue palpebre, non proferiva parola.
Girodelle le prese con forza le braccia:《 Parlate! Cosa avete detto? 》
《 Ecco ... 》 cercò di dire lei bloccandosi immediatamente dopo e inghiottendo un nodo amare.
Victor la scuotè deciso:《 Sto cominciando a perdere la pazienza! 》come se, in realtà, non l'avesse già persa.
《 Io ho - ricominciò Karine cercando di far tremare il meno possibile la voce - Ho detto che sapevo solo che stavano andando verso le Alpi... 》
《 Cosa? 》 disse con tono grave Augustin, precedendo Girodelle che aveva lasciato pesantemente la presa.
Il generale cercò in tutti i modi di non scomporsi più del dovuto: da quando con lui non c'era più Marie non era più tranquillo come prima; si sentiva sempre più solo e questo vuoto veniva ingrandito anche dalla lontananza della sua figlia più amata. E le persone che sono sole non devono far altro che cercare di creare un muro tra loro e il resto del mondo così nessuno si accorgerà del loro dolore e saranno finti invincibili.
Karine cominciò a piangere fortemente facendosi cadere a terra lasciando che il grembiule bianco sul vestito blu polvere si slacciasse al piccolo strattone del ginocchio sulla mattonella:《 Mi hanno minacciata, mi scusiate!Un coltello! Un coltello al petto mi hanno puntato e il core mi è arrivato su nella gola! 》
《 Quindi sono arrivati fin a questo punto ... - rifletté ad alta voce Augustin portandosi in principio il pollice e l'indice al mento per poi rendere un sospiro profondo, sistemarsi la giacca di seta bordeaux e dirigersi verso la porta a passo veloce - Karine, quando Madam Margueritte rientrerà da Versailles ditele che non so se riederò a casa. 》e prese tra le dita la maniglia dorata dell'uscio che portava alla piccola scalinata esterna di marmo bianco.
La domestica si alzò velocemente da terra, stringendosi il grembiule tra i palmi delle due mani e lo sguardo visibilmente preoccupato. Voleva proferire parola, ma Victor fu più veloce e quasi gli corse dietro:《 Generale de Jarjayes, cosa vorreste fare? 》
Lui lo guardò di sottecchi:《 Ripagare ciò che ho tralasciato per tutto questo tempo, accecato dal mio egoismo e dai miei sporchi desideri. 》
Girodelle non si diede per vinto e con la sua uniforme cerulea si avvicinò ancor di più all'uomo ormai anziano:《 Ma signore, è pericoloso! 》
Il generale sorrise amaramente:《 Non c'è da preoccuparsi per me: la mia vita è quasi giunta alla fine. Meglio morire per chi si ama che rimanere in vita e vedere chi si ama morire. 》
In quel momento gli occhi ardesia del capitano si abbassarono sul pavimento e cominciarono a cercare un appiglio, un aiuto: magari se fosse andato lui, Oscar sarebbe stata capace di amarlo più di Andrè. Le avrebbe potuto salvare la vita e sarebbe andato come i piani che erano stati annullati quasi un anno fa. Era uno stolto, ma non importava. Doveva giocare per bene le sue carte, quelle poche che gli rimanevano, e doveva solo pregare che l'amore l'avrebbe baciato una volta per tutte insieme alla fortuna ... anche se quest'ultima era più difficile trovarla.
《 Vado io - disse d'un fiato Victor e cercando dentro di sé una valida scusante - Voi siete troppo importante per Madamigella Oscar e se decidesse di tornare da chi potrebbe andare se non da voi, generale? 》
L'uomo si girò per metà verso di lui, facendo che i suoi occhi azzurri sfiorassero quelli del giovane; non proferì parola, aspettò delle altre da parte di Girodelle che cercò di manovrare ancora una volta la mente dell'altro:《 Lasciate che vada io, magari riuscirò a fare di più essendo che sono il capitano delle guardie reali e potrei reclutare alcuni soldati da portare con me. 》
Augustin sbuffò un attimo nel tentativo di bloccare una risata:《 Girodelle, siamo in rivoluzione! Come potete pensare di prendere degli uomini e, ancor di più, allontanarvi da Versailles talmente tanto da arrivare al confine con le Alpi? 》
Victor sogghignò:《 Non c'è da preoccuparsi per questo: esistono le scusanti. 》

***

《 Ci fermiamo qui. È già giunta la sera, faremo riposare i cavalli. Laggiù c'è una locanda. 》 disse Alain a gran voce verso la carrozza dietro la sua guidata da Andrè.
L'uomo dall'occhio verde cercò di mettere a fuoco una figura alquanto sfocata:《 Va bene. Fai strada tu. 》
L'omone annuì dando un colpo secco con le redini dei due cavalli portandoli sul vicolo sterrato che si divideva in due rami: uno che portava nella locanda e l'altro che portava alle scuderie.
Era il tramonto e l'erba sembrava infuocata mentre le nuvole sembravano batuffoli di cotone colorato di rosa insieme al cielo.
Oscar si affacciò dal finestrino della carrozza spostando una tendina, il vetro era stato distrutto dalla delicatezza di Alain nell'appoggiarsi con tutto il suo, non trascurabile, peso proprio lì; proprio nella pausa pranzo di qualche ora addietro.
Il ciuffo di Oscar che toccava l'aria dell'esterno divenne dorato mentre i suoi occhi divennero impossibili da descrivere tale era il colore che li avvolgeva.
Era stanca del viaggio, le gambe le dolevano insieme a tutto il resto del corpo e l'aria frizzantina che riusciva a respirare la faceva sentire meglio: i suoi polmoni quasi sembravano liberati da tutto, anche se sapeva perfettamente che era semplicemente una sensazione. I suoi occhi lapislazzulo era leggermente lucidi dalla stanchezza, ma rimaneva a guardare il paesaggio che si muoveva intorno a lei: la piccola parte di valle era circondata da alberi e colline, in lontananza si poteva sentire anche lo scorrere dell'Isère. Erano a La Tronche nel cantone di Meylan creato il 4 marzo di quell'anno; quella mattina erano partiti molto presto, appena fuori Lione: non volevano fermarsi dentro le città: meno occhi gli vedevano, più era meglio.
Ormai erano giorni che viaggiavano e dopo oltre cinque giorni di viaggio erano finalmente arrivati a quel punto.
Il viaggio era così lungo e più i giorni passavano, più Oscar aveva paura di non farcela: dal giorno della sua ricaduta non era difficile riposarsi, ma lo stress lo sentiva perfettamente.
Chiaro e lucido come una lama che trapassa le carni.
Aveva paura di non farcela fino alla Sicilia.
Ma fortunatamente c'era Andrè con lei che la rassicurava sempre, ogni giorno, anche se in realtà, dentro, aveva un grande peso. Lo vedeva fin troppo bene anche se lui diceva di non esser vero, lo vedeva perfettamente lei: il suo sguardo che era a pochi passi dall'essere totalmente spento lo gridava rumorosamente. Anche lui aveva perso un figlio, anche lui stava male, anche lui stava soffrendo, anche lui non avrebbe voluto far altro che piangere mentre l'abbracciava, malata per com'era.
Lo ammirava così tanto: con la forza di un leone affrontava silenziosamente quel forte dolore che distrugge anche le persone più insensibili.
Andrè, ogni notte, le ripeteva che sarebbe andato tutto a meraviglia, che per il suo compleanno sarebbero riusciti a festeggiare nella loro nuova dimora con una nuova parte della famiglia che sembrava allargarsi a macchia d'olio; Oscar sorrideva per rispondergli e non farlo allarmare, ma dentro sentiva sempre più vicino il freddo della morte che si dilaniava nella sua bocca con il sapore metallico del sangue.
Oscar si voltò nella direzione presa dalle carrozze potendo così scorgere la locanda e la stalla, almeno all'esterno.
La locanda era un grande chalet con una scritta ben dipinta sul muro bianco che alternava il legno sulla parte inferiore e la pietra sulla parte superiore; c'erano alcune luci provenienti dalle finestre che erano abbellite da qualche fiore; molte di più erano le luci che provenivano dall'entrata: molto probabilmente quella era una delle locande che servivano i passanti più lussuosi.
Meglio per loro, o almeno per lei ed Andrè che erano felicemente abituati a dei bagni caldi qualunque volta servissero.
La stalla era d'un'altra avvisaglia: era costituita da un legno talmente marcio e putrido che, ad Oscar, sembrava fosse un miracolo il fatto che riuscisse a non cedere; era aperta solo nel versante dell'entrata dove, a frenare la qualunque via di fuga delle bestie, vi erano dei blocchi a recinto; l'odore che "animava" la stalla sapeva prevalentemente di melma, polvere e muffa, solo in secondo luogo sopraggiungeva un lieve odore di fieno e mangime.
Oscar si rimise a sedere precipitosamente sul sedile, spostando la tendina e tappandosi il naso con il fazzoletto che teneva nella tasca della giacca bordeaux.
《 Dovrete cominciare ad abituarvi. 》 sussurrò piano Marie sistemandosi lo scialle viola dopo un lungo sonno.
La donna bionda la guardò un po' di traverso: perché? André non era un plebeo come tutti gli altri; come lei amava il profumo che si può sentire negli ambienti ed è sempre stato abituato quanto lei a delle stalle decenti e non putride come quella.
Marie la guardò con gli occhi leggermente gonfi dal sonno oltre le lenti, conosceva quello sguardo. Sapeva che non era uno sguardo cattivo, sul disgusto e il sorpreso.
Se fossero rimasti ad Arras non avrebbe osato dire certe parole, ma attraverso i racconti della madre di Andrè era riuscita ad immaginare un po' la terra che li avrebbe accolti ... e per Oscar poteva non essere di pieno gradimento.
《 Mi sono potuta immaginare il paesino dove ci stiamo dirigendo attraverso i racconti di mia nuora. Sono persone molto aperte e molto ospitali, ma il luogo sarà molto ... non abituale per voi madamigella Oscar, ecco. 》
Oscar abbassò il fazzoletto di seta bianca in modo da poter parlare cordialmente:《 Quindi è questa la vita che mi aspetta? 》
Lei abbassò lo sguardo fino al pezzo di seta che stringeva fortemente in un pugno.
Era abituata a un mondo pulito, luminoso, sgargiante, pieno di profumi e delicatezza, dove non c'era il pericolo di povertà e di poter pagare un medico quando si stava male. Neanche nella loro casa di Arras.
Andrè faceva un lavoretto nella casa del falegname che gli permetteva di essere abbastanza presente; poi era giunto suo padre e il generale non faceva mancare mai nulla.
Stava per iniziare una vita completamente differente ed ebbe paura a non riuscire a fare tutto ciò.
Qualcuno le avrebbe potuto suggerire di scappare: non era troppo tardi, non era nemmeno sposata.
Ma amava Andrè e questa era la cosa che le avrebbe fatto superare qualunque cosa.
《 Forse. 》rispose Marie.
Oscar sorrise leggermente:《 Cercherò di abituarmi al più presto. 》

La carrozza si fermò in un angolino buio.
Si sentirono i tonfi dei piedi dei due uomini che scendevano dalle carrozze per andare ad aprire gli sportelli.
《 Siamo arrivati! 》 il gran vocione di Alain si fece sentire perfettamente mentre apriva la portiera ad Esperanza gli diede un pugno in testa: 《 Alain! - cercò di sgridarlo a bassa voce - Non gridare che svegli il bambino! 》
L'uomo roteò gli occhi:《 Ma se Joseph sembra ogni volta che vada in letargo! 》
Mentre la portiera di Oscar veniva gentilmente aperta dal suo Andrè, non poté far a meno di ridere sotto i baffi.
《 Hai viaggiato bene? 》 chiese Andrè con amore, con la sua voce calda che le avrebbe dato il sapore di casa ovunque lei andasse e il suo, ormai unico, occhio verde smeraldo che con dolce affetto la invitava a prendergli il palmo arrossato e sudato dalle ore in cui stringeva le redini saldamente.
《 Sì Andrè, grazie. 》 rispose lei con la sua voce calma, quella tranquilla che si poteva sentire quando parlavano semplicemente fra di loro e non dovevano mostrarsi a terze persone.
Marie guardò silenziosamente la scena, sorridendo a cuore caldo.
Com'erano belli i suoi bambini.
Facevano i grandi, gli adulti.
Ma, in fondo, erano rimasti piccoli e pieni d'amore.
Le stava per sfuggire una lacrima, rimanendo al ricordo di quelle piccole pesti che correvano per tutto il palazzo Jarjayes e ridevano forte. Li ricorda ancora quando quelle risate arrivavano fino alla cucina e, anche se li sgridava, non poteva far a meno di sorridere. Sorrideva di gioia perché loro erano gioia e il padrone, questo, non lo vedeva. Se solo ora se ne accorgessero che sono rimasti tale cosa bella, Marie sarebbe sicura che si sentirebbero molto meglio.
Marie lo sa bene, loro sono ciechi, ma sa bene che sarebbero capaci di far cambiare il mondo.
《 Nonna - la chiamò Andrè - Vieni, dammi la mano che ti aiuto a scendere. 》
Com'era bello suo nipote, lo maltrattava senza volerlo, forse per abitudine, ma era cresciuto facendola essere fiera di lui. Se solo suo figlio avesse potuto vedere com'è diventato ora ...
Se solo sua madre sarebbe riuscita a vederlo ...
Come le mancavano ...
《 Nonna? 》 la chiamò Andrè.
Lei si riprese un attimo dai ricordi:《 Oh scusami Andrè: è la stanchezza. 》
Lui le sorrise con gentilezza:《 Non ti preoccupare: è comprensibile. 》

Uscirono dalle stalle putride e si avviarono verso il giardino verde ormai baciato dai raggi della luna argentata. Ognuno portava con sé una valigia con l'essenziale e con le monete che servivano per il viaggio.
Alain aprì la porta di legno della grande locanda con la spalla facendo sì che si mostrasse un'ampia sala con qualche persona seduta ai tavolini.
La sala era composta da un parquet sicuramente non lucido, ma non sporco; le pareti erano color panna con dei disegni di uomini e donne al lavoro che il tempo aveva leggermente sgretolato; la luce era abbastanza diffusa in tutta sala, dalla zona sulla sinistra dove si trovavano le scale che portavano ai piani superiori e dove al lato si trovava un bancone, fino alla zona sulla destra dove si trovavano dei tavoli e un altro bancone dove poter ordinare da bere.
Il gruppo entrò guardandosi attorno, accorgendosi che quello era il posto più decente in cui potessero dormire dopo aver lasciato il palazzo Jarjayes.
Andrè si avvicinò al bancone che si trovava accanto alle scale, posando la valigia al suolo e guardando in giro se ci fosse una macchia sfocata che potesse essere una persona.
《 C'è qualcuno che ci può aiutare? 》fece a bassa voce, quasi spaventato che i suoi compagni lo prendessero in giro se loro avessero visto una qualche figura che si trovava di fronte a lui.
Dall'altra parte una donna robusta sbucò da sotto la penisola, tutta affaticata col volto paonazzo e degli occhi castani e piccoli che lo scrutarono un attimo:《 Salve! Mi possiate scusare è che qui ci sono così tante cose che se, di tanto in tanto, non dessi una sistemata non so cosa potrebbe accadere! 》
Si ricompose un attimo sistemandosi la crocchia nera che, ammosciata, le tratteneva i capelli:《 Desiderate? 》
《 Vorremmo tre camere per una sola notte. 》
I piccoli e neri occhi della donna si sbarrarono un istante e le sue mani si misero a giocare con il grembiule che portava legato sui fianchi larghi:《 Oddio, non credo di avere tre camere, ma lasciatemi controllare. 》
La signora sparì nuovamente verso giù, nascosta dal bancone, seguita da un incessante rumore metallico e cartaceo.
Come era sparita riapparve, di nuovo paonazza come il fazzoletto rosso di Alain:《 Mi dispiace ne ho solo due a disposizione ... L'unico modo sarebbe che almeno tre persone dormano nella stessa camera. 》
L'occhio smeraldino incrociò lo sguardo blu di Oscar, mostrando la loro rassegnazione a un ennesimo giorno con la nonna che dormiva con loro; non che non volesse sua nonna, che se ne riguardasse, ma lui avrebbe voluto un momento per stare un po' da solo con sua moglie.
Oscar sospirò leggermente, ma si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla e sorridendogli amorevolmente:《 Non fa niente Andrè, vuol dire che avremmo più tempo per noi quando arriveremo nella nuova casa. 》
Lui, ora leggermente più tranquillo ma, con un nodo al cuore si lasciò rassegnato ad accennare un "sì" con la testa.
Andrè si girò verso la donna al di là del bancone polveroso di legno:《 Va bene, grazie. Mi può dare le chiavi. 》
La signora mise sulla mensola le due chiavi che già teneva in mano.
Senza dire nulla Andrè le prese porgendone una ad Alain a cui notò uno strano sguardo che concedeva al vuoto.
Così riprese la valigia che aveva posato al suolo e si avviò verso le scale seguito dal gruppo.
《 Le ultime due, vicino la finestra del primo piano! 》 disse a gran voce la donna prima che sparissero al piano superiore.
Lasciate le scale appiccicose, di cui Oscar ed Esperanza non avrebbero minimamente voluto sapere il motivo e da quanto non venivano almeno spazzate, arrivarono in corridoio spoglio con l'unico addobbo erano le porte che fredde celavano gli spazi notturni.
Fecero qualche passo in avanti verso la fine del corridoio dove vi era una finestra che dava sull'inizio della boscaglia, oltre le stalle costeggiate dal sentiero da dov'erano venuti.
Si sentì un tonfo rompere il silenzio gelante della sera.
Oscar e Andrè si girarono verso il resto del gruppo vedendo che Alain aveva, per sbaglio, urtato la valigia di Marron-Glacé facendogliela cadere sul pavimento.
Joseph aveva cominciato a piangere ed Esperanza cercò di cullarlo per farlo calmare e fare silenzio.
《 Scusate, colpa mia. 》 si affrettò a dire Alain mentre la raccoglieva da terra per risorgerla alla sua padrona.
Senza dire nulla la coppia ritornò sui suoi passi dove l'uomo quasi fu infastidito dal rumorio di alcuni bisbigli al loro retro.
In alcuni passi scricchiolanti arrivarono davanti agli usci cupi delle loro camere.
Andrè prese la chiave dalla tasca della giacca marrone e la fece scattare con un colpo secco nella serratura. Con una mano aprì completamente facendo spazio Oscar che attraversò la soglia per poi girarsi verso Marie.
《 Nonna - disse Andrè con la sua voce stanca - Vieni, così possiamo riposare tranquillamente. 》 ma la vide entrare nella stanza di Alain ed Esperanza.
《 Nonna, che stai facendo? 》 disse il nipote che non riusciva a trovare a una qualche spiegazione all'accaduto.
I tre sorrisero:《 Questa notte dormirò con loro. Anche voi avete bisogno di un po' di tranquillità. 》
Oscar e Andrè rimasero per un secondo immobili, a guardarli ad occhi sgranati ed increduli.
Quella notte loro sarebbero davvero rimasti da soli?
No, stavano facendo sicuramente uno scherzo di pessimo gusto per far sì che si potessero prendere gioco di loro.
《 Siete sicura? 》 riformulò Oscar cercando di sgamare l'intrigo.
《 Sicurissima, alla fine facciamo parte tutti di una stessa famiglia. 》
Erano entrambi esterrefatti, ma mai così felici.
Una notte.
Una notte sola dove uno poteva amare l'altro senza paura.
Una notte.
Una notte sola dove si potevano mostrare nudi davanti all'altro senza vergogna.
Sarebbe bastata.
Andrè cercò di trattenere il filo di gioia che gli percorreva la schiena facendogliela rabbrividire:《 V-Va bene, se per te va bene così. 》
Alain ed Esperanza entrarono nella camera:《 A domani ragazzi, buona notte. 》
《 Buona notte a voi. 》 disse con dolcezza Oscar.
Nanny salutò con amore la sua bambina dandole un bacio sulla fronte, poi si avvicinò ad Andrè a cui accarezzò con delicatezza il volto e cercò di sussurrargli all'orecchio:《 Mi raccomando di non fare le ore troppo piccole che domani, alle sette, dovremmo già essere in marcia. Se no assaggerete entrambi il mio mestolo. Chiaro, nipote screanzato? 》
Lui la guardò un attimo alquanto incredulo ma poi annuì con la testa cercando di trattenersi una risata mordendosi le labbra.
Così le porte si chiusero, facendo rimanere finalmente da soli i due compagni di vita.
La stanza era essenziale per ciò che serviva: un letto matrimoniale con una coperta nell'angolo destro della camera; di fronte esso, al muro sulla destra della porta vi era un armadio; avanti la porta, che era ad angolo retto, si trovava una sedia e un tavolino a cui accanto vi era un catino da camera di ferro battuto e la ciotola in rame. Così, a chiudere il giro, più avanti del catino c'era una grande finestra che dava sul bosco scuro e la pace assoluta.
Oscar e Andrè posarono le loro valigie sul tavolino per poi dirigersi verso la finestra per aprirla leggermente e far arieggiare lo spazio.
Senza dire una parola si tolsero le giacche per lasciarle sullo schienale della sedia.
Sembravano ritornati all'inizio, alla loro prima volta quando erano ignoranti l'uno del corpo dell'altra.
E così rimaneva il silenzio, gelato e metallico, al senso di gola secca.
Oscar era rimasta a sfiorare i cappotti disegnando cerchi invisibili sul tessuto, Andrè rimaneva a guardarla ai piedi del letto.
《 Abbiamo sperato tanto in un momento come questo - iniziò lei - E ora ci comportiamo come se tutto non fosse mai accaduto. 》 era un pensiero a voce alta, nulla di più.
《 È vero ... - disse Andrè abbassando lo sguardo al pavimento - Solo che a volte è come se avessi paura di poterti fare del male. 》
La donna non si voltò, non facendo vedere che aveva aggrottato le sopracciglia e con voce ferma continuò:《 Del male? Andrè perché pensi a una cosa simile? 》
Sentì il respirò del suo uomo lasciarsi andare per un istante:《 Non ricordi cosa stavo per farti quando mi dicesti che non ti sarebbe più servito il mio aiuto? 》
Oscar girò gli occhi:《 Ma Andrè ... 》
《 No Oscar, non era diverso. Io stavo per farti ancora più male di quel che già ti avevo fatto. 》 il tono di lui era più grave.
《 Bene, ma allora spiegami cosa c'entra tutto ciò con ora. 》
Andrè stava per rispondere qualcosa, ma rimase un attimo a riflettere capendo da solo che stava facendo lo stupido, che lo stress del viaggio si stava intromettendo fra lui e la sua amata.
Pian piano si avvicinò a lei per poi avvolgere la sua pancia con i suoi avambracci e affondare il volto tra il collo, la spalla e i boccoli di lei.
《 Scusami Oscar, è che siamo stanco. Non è da me comportarmi così. 》
Lei rilassò il volto in un sorriso e si girò verso di lui prendendogli il viso tra le mani che con le dita gli accarezzavano dolcemente le guancie:《 Non preoccuparti Andrè, nessuno di noi è in ottima forma. 》
《 Oscar - la chiamò lui piano, mostrando il suo occhio verde che brillava di lacrime che cercava di trattenere - Non è da me: ho voglia di piangere. 》
Lei sbarrò gli occhi:《 Perché, amore mio? Cosa succede? 》
《 Oh Oscar, vorrei che noi fossimo felici. Ma da quando io sono con te non più da semplice attendente sembra che tutto vada storto: forse è tutta colpa mia. 》lui riaffondò il viso tra la spalla e il collo di lei che si affrettò a stringerlo in un forte abbraccio:《 Non è vero Andrè, non è nulla colpa tua. Al contrario sembra che giri tutto per il verso giusto. 》
Quanto le faceva male vedere il suo compagno in quel modo, aveva sempre odiato vederlo piangere e aveva sempre cercato di fargli tornare il sorriso il prima possibile; ma quella volta era meglio lasciarlo piangere, lasciarlo sfogare. Lui le aveva sempre concesso di farlo: era ora di restituirgli il favore.
《 Non è vero Oscar, non dire certe menzogne. Non puoi dire che tutto va per il verso giusto. Oscar: noi abbiamo perso nostro figlio! Il segno che quella notte di luglio è esistita veramente, il segno del nostro amore. Non sai quanto lo desideravo quel bambino, quanto desideravo essere padre e ancor più essere il padre di tuo figlio. 》
Lei lo strinse ancora più forte, pregando nella sua mente che il nodo nella sua gola non sarebbe riuscito ad uscire.
Doveva essere forte per una volta, una volta sola.
《 Andrè ... - cercò di dire - Noi ... 》 sentì i singhiozzi di Andrè farsi sempre più forti e che ogni lacrima che scendeva le trafiggeva il cuore come una lama affilata.
Oscar respirò affannosamente per un attimo, guardando disperatamente la stanza buia alla ricerca di qualche soluzione finché come se si riprendesse in un momento. Così riprese con forza e determinazione il volto di lui tra le mani facendo sì che la guardasse fissa negli occhi:《 Andrè, basta! Ascoltami bene - la voce un po' più alta di quella che aveva tenuto fino ad allora e severa, quella del comandante - Noi saremo felici, ce la caveremo come abbiamo sempre fatto. Andrè: noi possiamo. 》
Lui non disse nulla, ma annuì velocemente col capo riuscendo a calmarsi sempre di più e riprendere lucidità.
《 Amore mio, siamo insieme: cosa può importarci di più? 》 gli accarezzò il viso passandogli le dita da sotto gli occhi sino al mento, asciugandogli le lacrime.
《 Sì, hai ragione. 》 disse lui facendo un piccolo sorriso.
Contenta del fatto di essere riuscita a rassicurarlo, Oscar gli strinse le mani e lo fece accomodare sulla sedia di legno.
Andrè sembrava un bambino che era appena stato sgridato: gli occhi gonfi e rossicci gli asciugava prepotentemente tamponandoli con il polsino della camicia mentre tirava sul col naso.
In quel momento, in quella serata, il bambino che avevano perso non li avrebbe dovuto attraversare più la mente. In quel momento il bambino da accudire con zelo e amore era il suo uomo, colui che amava tanto, colui che avrebbe amato per altri mille anni e anche di più se il tempo le avrebbe concesso di vivere talmente allungo.
Con sicurezza e affetto, Oscar aprì la spilla sul foulard bianco per posarla sul tavolo. Andrè, così la guardava con l'occhio rosso dalle lacrime seguendo ogni suo movimento come se fosse un bambino.
Che tenerezza le faceva il suo Andrè, ma non sarebbe mai stato solo: lei si sarebbe presa cura di lui.
Oscar sciolse il foulard e lo raggomitolò leggermente in un mano, così lo bagnò nella ciotola del catino e con mano gentile lo portò sulle gote di lui.
Lavò con zelo il volto del suo amato, rinfrescandolo e togliendogli la secca scia delle gocce. Passò un po' più forte, dopo l'ennesima volta di averlo bagnato, il foulard sotto gli occhi di lui costringendolo a stringerli un poco; poi, mentre il cuore di Andrè si scaldava teneramente, fece scivolare la stoffa bagnata lungo la guancia fino ad arrivare alla punta delle labbra: gli fece il solletico per sbaglio.
Lo sentì sbuffare un secondo per la sensazione e Oscar si sentì più sollevata, dopo aver leggermente allontanato il fazzoletto dal viso di lui. Così ritornò alla punta laterale premendola delicatamente, ma abbastanza da potergliela tirare un po' verso sopra.
Fu lì che Andrè sorrise.
Gli ricordava la loro infanzia, dove la sua amata odiava le lacrime e tirava spesso i lembi delle labbra per far sorridere lei e a volte anche la nonna.
Andrè fece caso al rompersi di mille maschere tra di loro che il tempo, assai antipatico e forgiatore, li aveva costruito ferramente.
La sua Oscar, al contrario di quel che voleva apparire, non era altro che una donna piena d'amore da dare e piena di gioia.
Sarebbe stata una madre fantastica, una perfetta nella sua imperfezione: poteva dare tutto l'amore che un bambino avesse avuto bisogno, un amore dolce ma giusto.
E lui, al contrario di quel che voleva apparire, non era altro che un ragazzo che cercava amore e qualcuno con cui condividere il tutto.
Non gli piaceva pensar di poter essere solo: lui odiava la solitudine.
Tornò a guardare il volto di Oscar, che in realtà non si vedeva visto che la luce lunare che filtrava dalla finestra le colpiva le spalle.
《 Oscar. 》 piano, caldo, gentile il richiamo verso di lei.
Lei si fermò un attimo, con la stoffa bagnata a mezz'aria:《 Sì, Andrè? 》
《 Grazie. 》così dolce la sua voce e il suo sorriso.
Oscar sorrise a sua volta e non rispose, si lasciò cadere il foulard sul parquet e con lentezza si avvicinò alle sue labbra fino a baciarlo con uno di quei baci docili, di freschi amanti che si conoscono la prima volta.
Andrè si alzò dalla sedia, continuando il tenero bacio tramutandolo in uno più deciso, più esperto. Quello di chi ama da sempre e non riesce più a tener dentro ciò che prova.
Così, con il piede in avanti, fece peso sul corpo di Oscar in modo da farla indietreggiare fino ai piedi del letto per poi farla cadere su di esso. Continuarono il loro incontro senza parole, non sarebbero servite a nulla; esistono dei momenti in cui il corpo può parlare di più della lingua ed esprimere maggiormente il sentimento che ti avvolge.
La mano di lui quasi tremava talmente era forte quell'emozione, cruenta, di quanto bramasse il suo corpo. Le accarezzò il viso di porcellana; sembrava come tirato o innervosito: anche lei forse aveva delle emozioni forti. Potevano essere le stesse sue?
André rimase a baciarle le labbra che stavano diventando roventi, roventi di tutto ciò che i loro corpi e i loro spiriti stavano urlando. Fece scivolare per della mano destra su tutta la curva del lato destro del corpo della sua amata fio ad arrivare allo stivale che levò dopo un paio di strattoni, così fece la stessa cosa dall'altro lato.
Oscar.
Lei era così diversa quando surriscaldava i suoi bassi istinti sotto il suo Andrè; nuda si mostrava pur avendo i tessuti che diventavano sempre più trasparenti avvolgerle l'esule corpo niveo, ma non più puro.
La si vedeva fare respiri profondi, qualcuno nervoso, alternando i baci ai morsi sulle labbra carnose e arrossate dell'altro, assaggiandosi a vicenda. La si vedeva mentre le sue guancie si arrossavano di porpora e i suoi occhi blu sembravano perdersi sempre di più nell'unico occhio smeraldo di Andrè che, ad ogni bacio datole, le rompeva un anello di quella catena che aveva avvolto il suo essere da anni.

Così il comandante Oscar si lasciava andare nell'abisso contorto che faceva riaffiorare dalle profondità il suo vero essere che urlava, strepitava cercando la libertà che solo ora poteva conquistare in una battaglia all'ultimo sangue con i lucchetti che le si erano stati messi da un educazione ferrea e imprescindibile.
Aveva tremato un attimo, disabituata, quando la mano calda di Andrè aveva sfiorato le sue costole nel toglierle la camicia di seta che non faceva altro che dare impaccio nel momento perfetto.
Lei fece la medesima cosa con la camicia di Andrè che, ormai da troppo tempo, copriva il petto di lui; la gettò sul pavimento appena finì di scompigliare i capelli mori, come in preda alla rabbia.
Andrè sembrava ad un passo dall'ansimare rumorosamente: il piacere, l'attesa, la rabbia, l'ardore, l'amore che gli circolavano nel sangue lo strano facendo sempre di più arrivare al punto di non ritorno alla follia; quella pura, quella la mattina seguente ti fa svegliare con il mal di testa e ti sembra di aver semplicemente fatto un sogno alquanto irrequieto.
Le passò le mani lungo la zona dorsale della schiena toccando i polpastrelli le bende che le serravano il seno in un nascondiglio perfetto; così mosse con zelo le dita in modo tale da lasciarlo allargare fino a cadere al suolo.
Finalmente Andrè poteva riassaporare l'irresistibile opportunità di toccare il corpo di Oscar senza dover indossare terribili maschere, pesanti e fastidiose. Ormai le stavano indossando da troppo tempo e non potevano posarle solo un minuto e questo perché non erano un momento soli.
La cosa esilarante era che erano scappati per rimanere uniti e, invece, si stavano dividendo sempre di più.
Andrè si stava per rimettere a pensare a quel fastidioso intruglio di vari pensieri, ma Oscar riuscì a riportarlo al presente intensificando un bacio passionale che li aveva salutati da tempo.
Così lo fece riperdere.
No nella passione, quella era solo una cornice a tutto.
Lo fece riperdere nell'amore, nel cuore che batteva forte e al profumo di dolcezza che gli aveva abbracciati come nella loro prima volta la scorsa estate.
Erano così sciocchi loro due, due bambini eterni che non avrebbero fatto altro che giocare per tutta la loro vita ad amarsi senza far caso che il mondo attorno era un brutto posto.
Loro aveva trent'anni passati ormai da molto tempo eppure sembravano due amanti alle prime armi presi da quell'amore fresco, frizzante come il vento che solitamente provano i ragazzini che sono appena entrati a far parte di quel mondo tutto distorto dove nulla ha senso.
Ad un tratto uno dei due spinse l'altro o forse furono entrambi, non si sa perché gli occhi di entrambi erano chiusi e caddero sul letto piegando le dure lenzuola e non ricordavo affatto quelle del palazzo Jarjayes.
E così tra il buio di una notte stellata e una candela spenta che creava ancora il fumo si amarono, dopo tanto tempo dicendo le più belle promesse d'amore mai sentite per poi dormire abbracciati come bambini.




 

Miei cari lettori,
Spero che mi possiate perdonare.
E' passato molto tempo dall'ultima volta, anche troppo ma la scuola, le cose che accadono il tempo spesso non sono a proprio favore.
Molti capiranno, altri no. Altri saranno messi a leggere queste righe che vi dedico a braccia conserte con una smorfia arrabiata sul volto a non capir nulla perchè sono troppo presi da loro per far caso a queste parole.
Ed è proprio questo il punto.
E' stato lungo il tempo, corto il capitolo che non è neanche uno dei migliori che ho potuto pubblicare forse è stato uno dei miei peggiori non c'è dubbio.
ma ho deciso di pubblicare non per il passatempo, ma perchè mi mancava da morire scrivere.
Spesso e volentieri speravo di tornare a casa, accendere il pc e dedicare anche solo un'ora a tutto questo. Ma c'era sempre lo studio dietro l'angolo che non mi permetteva neanche di leggere una pagina di un libro o ascoltare una canzone che mi piacesse.
Stavo male per questo perchè io adoro scrivere e ancor di più mi piace leggere le vostre recensioni. Non quelle "Bellissimo capitolooo, bravissimaa" ma quelle che arrivano e dicono che hanno provato qualcosa mentre leggevano o si sentivano loro perchè il contesto era simile a ciò che stavano vivendo.
Ed è questo il bello di scrivere su certi social.
Impari a far star bene le persone.
E a me mancava.
Scusatemi ancora.
Vi abbraccio forte ognuno di voi.
Vostra,

Alessia

P.S. Scusate se non ho nemmeno corretto gli errori.
   
 
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