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Autore: Urban BlackWolf    24/12/2016    2 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Il mio piccolo grande amico

 

 

Bene Tenou... Vediamo di cosa siamo capaci, pensò la donna pagando ed uscendo dal taxi fermo davanti alla struttura bianca dalle grandi vetrate. Michiru le fece un cenno di saluto con la testa osservandola guardare la facciata. Una leggera smorfia e via, verso l'amica. Passo militaresco, zaino in spalla, sorriso leggermente tirato e lo sguardo di una persona che ha un bel po' di domande da fare.

“Ciao Giovanna. Scusa lo scarso preavviso con il quale ti hanno chiamata, ma il dottor Kurzh vuole parlarti.” Una carezza sulla spalla e Kaiou cercò di dissimulare l'ansia che aveva iniziato a provare dopo il ritorno alla clinica.

“Non importa, anzi. Devo ammetterlo Michiru. Credo tu abbia un bel po' di ascendente sulle zucche vuote. Sappiamo entrambe con quali argomentazioni mi hai convinta a venire a Zurigo, ma Haruka? O hai armi bene affilate o la sua reticenza nel non volere provare anche questa chance non era poi così tosta.” Disse mentre la seguiva all'interno.

Armi affilate? Si disse al ricordo di quello che la compagna era stata in grado di farle provare solo due ore prima. Ma naturalmente tacque. Ammise solo di non essere stata un gran che convincente, anzi tutt'altro, ma che al ritorno da una breve “escurzione” automobilistica, Haruka era andata nello studio del dottor Kurzh e come niente fosse gli aveva detto di iniziare a preparare il cocktail di farmaci per la chemio.

“Tutto qui?!”

“Non so cosa dirti. All'entrata in clinica mi ha dato un bacio e si è scusata per non essersi ricordata prima di una cosa molto importante. Poi è sparita.”

Giovanna si guardò allora alle spalle chiedendole dove fosse in quel momento. Il panico d'incontrarla le fece quasi puntare i piedi.

“Stai tranquilla è a fare un elettrocardiogramma al piano interrato. Non passa mai di qui per tornare ai piani delle camere, perchè c'è un ascensore diretto e più comodo sul retro della struttura. Comunque... sei proprio sicura di non volerla vedere? Ci vorrà ancora qualche ora prima che la terapia sia pronta.”

L'amica strinse le labbra cambiando discorso. Forse se ne sarebbe pentita, ma era troppo per lei.

“E ti ha detto quale cosa si era dimenticata?” Chiese fermandosi davanti alla porta dell'ascensore ad osservare la freccia rossa blincare verso il basso.

“Veramente no, ma penso sia riferito ad un sogno che ha fatto questa mattina su sua madre.”

“E questo famoso oncologo com'è?”

L'altra stirò le labbra affermando che era un bravissimo e stimato professionista, ma che per Haruka era solo un “belloccio pompato”. Il ting della campanella di piano e le porte metalliche si aprirono in simultanea. Michiru si bloccò di colpo al sorriso luminoso della sua donna. Haruka uscì dall'ascensore raddrizzando tutta la postura.

“Michi!” La salutò cingendole il fianco con un braccio.

“Amore?! Cosa ci fai nell'ascensore che porta alle stanze?!” Chiese l'altra sentendo una folata di corrente al suo fianco destro. Non staccando lo sguardo da quello della bionda intuì che Giovanna dovesse essere letteralmente schizzata via rifuggiandosi su per le scale.

Grazie al cielo il suo angelo aveva occhi solo per lei e non si era accorta di nulla. “Ho finito prima e ne ho approfittato per salire di sopra a trovare Mattias, ma pare che oggi stia talmente bene che e' andato al parco con i genitori.”

“Vuoi raggiungerlo?”

Haruka scosse la testa imbarazzata. Per quel giorno aveva dato tutto. Si sentiva esausta.

“Bene allora torniamo un po' in camera, vuoi?” Ed aspettando che le porte si riaprissero continuarono a parlare.

Accidenti a te Kaiou. Per un pelo non mi viene un infarto! Pensò Giovanna mentre iniziava a fare le scale ed il cervello memorizzava la voce dal tono profondo di sua sorella.

Certo che è alta. Non ha preso dalla famiglia Aulis. Certo che è bella... - sorrise sentendo nel petto un incomprensibile moto d'orgoglio - ...e testarda... e visto cosa vuol fare anche coraggiosa...

Fece lentamente le scale giungendo alla zona dove tutti i medici della clinica avevano gli studi. Guardò prima a destra, poi a sinistra, tanto per evitare di fare un nuovo incontro del Tenou tipo e sgattaiolando verso la porta che le era stata indicata dall'infermiera che l'aveva chiamata al telefono, bussò ed attese. Qualche secondo ed un uomo alto, dai capelli castano chiari e lo sguardo azzurro, le aprì.

Sorridendo schiuse le labbra per presentarsi, quando lui la bloccò prontamente. "Deduco che lei sia la signora Aulis? Benvenuta. Entri pure, io sono il dottore che ha in cura Haruka. Daniel Kurzh... è un piacere.”

 

 

Seduta a gambe accavallate sulla sedia, Giovanna non riusciva ad evitare di pensare a quante persone stava incontrando in quegli ultimi giorni, che avessero caratteristiche somatiche schifosamente affascinanti.

Ma guardatelo... è davvero belloccio. Sono convinta che Haruka non lo possa vedere, si disse mentre l'uomo rispondeva in lingua elvetica ad una telefonata. E' tanto perfetto da sembrare appena uscito da uno schermo ultrapiatto HD.

“Mi perdoni signora Aulis, ma non potevo esimermi.” Si scusò lui alloggiando la cornetta.

“Per carità dottore. Ho una cugina medico e so che la reperibilità è indispensabile per poter svolgere al meglio la vostra professione. Piuttosto..., mi tolga una curiosità. Come ha fatto a capire chi sono?”

Lui sembrò stupirsi, ma poi rammentando quello che gli aveva raccontato Michiru su le due sorelle, ammise con una leggera punta di noncuranza di non far caso alla sua spiccata dote fisionomista. “Dimenticavo. Una storia veramente particolare quella tra lei e Tenou. Non ha mai avuto modo di vederla altrimenti saprebbe che avete molti tratti somatici in comune. Stesso taglio del viso e degli occhi. Stesse orecchie piccole, stesso modo di aggrottare la fronte.... - Rise poggiando la schiena alla comodità della sua poltrona - ... proprio come sta facendo ora. E stesso sorriso. Anche se sua sorella non sorride poi un gran che. Almeno non con me.” Terminò.

Ma che cosa sei? Uno scanner! Certo che l'ho vista, ciccio. Dieci minuti fa. E non la conoscerò, è vero, ma lo sapevo che ad Haruka stavi sulle palle... "Con l'aiuto di diverse fotografie, la signora Kaiou ha provveduto a soddisfare ogni mia curiosità in merito, ma non mi sembra proprio di trovare molte somiglianze." E fu forse troppo fredda perché lui se ne scuso' immediatamente.

"Sono stato indiscreto, mi perdoni."

”Si figuri, non c’è problema.” Giovanna accetto' quel formalismo spicciolo, ma inizio' comunque a mettersi sulla difensiva modificando inconsciamente la postura, incrociando le braccia al petto nella convinzione via via sempre più marcata, che quell'uomo stesse prendendosi un po' troppe libertà.

“Bene, passiamo a cose più spiacevoli. Credo sappia già a cosa dovrà sottoporsi tra poco, giusto?!”

“ Mi sono informata, si. Un prelievo delle cellule presenti nel mio femore.”

“Esatto. Una volta estratte verranno trattate in laboratorio per poi essere iniettate nel corpo della signora Tenou. Non sarà un intervento lungo, ma non le nascondo che potrebbe avere qualche fastidio. Non dovrà muoversi per alcune ore ed e' per questo che la terremo qui per questa notte. Domani con calma, potrà essere dimessa, ma sempre sotto regime di assoluto riposo per almeno un altro paio di giorni. Le prescriverò degli antidolorifici e...”

La donna lo bloccò con un gesto della mano. Non gliene fregava nulla del suo di dolore, voleva sapere a cosa stava per andare incontro sua sorella. “Io la ringrazio in anticipo dottor Kurzh, ma sarei rimasta comunque accanto alla signora Kaiou, visto che è della vita di Haruka che si sta parlando. In più non mi servono antidolorifici. Mi serve solo sapere cosa le farete nelle prossime ore e cosa Michiru ed io dobbiamo aspettarci.”

“Bhè, non credevo volesse rimanesse visto che siete praticamente due estranee... Comunque, ecco come io ed i miei collaboratori intendiamo procedere.” E finalmente Giovanna si rese disponibile all'ascolto.

Il ciclo completo della chemioterapia consisteva in tre flebo, somministrate ognuna a due ore di distanza dalla precedente. Tutto il trattamento durava perciò sei ore trascorse le quali, si lasciava al corpo del paziente sufficiente tempo per riprendersi e poi si procedeva con l'iniettare le cellule staminali del donatore.

“Nel giro di poche ore dall'innesto, il corpo di Haruka dovrebbe iniziare a reagire.”

Giovanna continuò a guardarlo aspettandosi l'immancabile però.

“Devo però avvertirla che il cuore di sua sorella mal sopporta la chemioterapia. Le daremo degli integratori prima dell'inizio del trattamento e cercheremo di mantenere il regime cardiaco stabile durante tutto il tempo, ma non essendo mai arrivati alla terza flebo dobbiamo stare pronti ad ogni eventualità. In più signora Aulis, lei ha superato l’età per essere una donatrice ed in più non c’è stato il tempo per farle assumere trattamenti che ci permettessero di fare aumentare le sue cellule staminali. Perciò... - conclude distaccato - ... non sappiamo cosa aspettarci.”

“Insomma, mi sta dicendo che potrebbe essere un salto nel buio?!” Domandò rendendosi finalmente conto di quanto tutto fosse complesso.

”Ogni caso è un salto nel buio, ma si, la situazione di sua sorella è parecchio complicata.”

”Ma allora visto l’azzardo, per avere più possibilità perché non aspettare ancora un po’? Magari con un altro donatore Haruka avrebbe più chance.”

“No. Visto l’aggravarsi delle condizioni di Tenou, non abbiamo più tempo. Lei rappresenta comunque il miglior donatore possibile e l’anzianità delle sue cellule è l’ultimo dei nostri problemi.”

“Perciò non potete prevedere cosa aspettarvi? Non cerchi di indorarmi la pillola, dottore. Sappiamo tutti cosa potrebbe succedere, altrimenti Haruka non sarebbe stata tanto reticente. Se il suo cuore stava per cedere alla terapia che le avete fatto qualche mese fa, quando lei era più forte, motivata e psicologicamente più pronta, cosa le fa pensare che questa volta andrà diversamente?” Era lo stesso pensiero che la bionda aveva cercato di far capire alla compagna.

“Nulla.” Ammise massaggiandosi il mento.

“Incoraggiante!” Una rasoiata che l'uomo accolse mal volentieri.

“Guardi signora Aulis è tutto quello che questa struttura all'avanguardia può offrirvi. Sto cercando di mantenere sua sorella in vita da settimane, a volte anche contro la sua volontà. Più di questo non saprei che fare.”

Giovanna si rese conto di avere esagerato e scusandosi cercò di rimediare ringraziandolo a prescindere dall'esito che il trattamento avrebbe avuto.

“Non si preoccupi signora Aulis, non importa. Il suo è un comportamento normalissimo per un parente. Adesso capisco cosa voglia dire il detto avere il sangue più denso dell'acqua. Prego, l'accompagno a fare i controlli di routine prima di procedere con il prelievo.” Disse alzandosi.

Uscirono sul piano e mentre Giovanna lo seguiva ribadì mentalmente il concetto; quell'uomo le stava proprio sullo stomaco.

 

 

Ho parlato con il dottor Kurzh. Sto andando a fare i controlli. Per ora tutto ok. Ps Mi sono quasi sfranta sui gradini per evitare che mi vedesse. Sei una pessima vedetta Kaiou. Ps2 Non per dire, ma è REALMENTE un belloccio pompato.”

Michiru rise mettendo via il cellulare dopo aver letto l'SMS di Giovanna.

“Che c'è? Perchè stai ridendo?” Chiese Haruka mentre stava finendo di appuntare su un foglietto alcuni numeri.

“Nulla. Un'amica molto spiritosa. Molto generosa e molto molto testarda. Andreste d'accordo.”

L'altra non badò al concetto porgendole il foglio. “Se non dovessi riuscire a vedere Mattias prima della chemio, glielo potresti dare tu? Sono i miei account e le pass per un paio di giochi."

“O Santo Dio, Haruka. Che cosa macabra.” Ringhiò Kaiou di rimando guardando in cagnesco il foglietto.

“Cos'hai capito! Non è nell'eventualità che crepi sotto le flebo. E' che sembra stare meglio e se dovesse essere dimesso mentre sono rinchiusa in intensiva... Lo sai che nessuno può entrare no?!”

Tornò a sedersi sul letto guardandola con un sorrisetto sornione. Quella giornata era stata proprio... gustosa. Michiru faceva sembrare tutto così bello. Anche e soprattutto quel tristissimo posto.

“Io entrerò con te.”

“Non credo proprio. Non alla terza flebo.”

“Lo so, ma resterò fin quando mi sarà possibile.” Era terrorizzata da quello che sarebbe potuto succedere da lì a qualche ora.

Haruka stirò le labbra immaginando mentalmente una schermata video con su scritto a caratteri cubitali: Kurzh VS Kaiou e se la rise. “Vorrei proprio non perdermi la sfida del secolo. Ma credo che sarò troppo impegnata a non schiattare per godermi lo spettacolo di te che scleri e lui che cerca di placcarti mentre ti butti tra le mie braccia sofferenti.”

“Ora stai esagerando Ruka. Non fare dello stupido spirito. Non riusciranno a tenermi lontana da te.”

“Un’ultima cosa Michiru; tu sai dove tengo il mio testamento, vero?” La baciò dolcemente sul collo, ma la compagna si irrigidì di colpo.

“Haruka!”

“No! Ora stammi a sentire!” Ma scattando la testa l’altra si sottrasse definitivamente.

“Ti prego! È già sufficientemente difficile così senza che tu ci metta sopra il tuo solito fatalismo. So già tutto. Me lo avrai ripetuto mille volte!”

“Ok! Ok. Non voglio discutere proprio ora. Mi fa solo stare tranquilla. E poi cosa credi ti possa lasciare a parte qualche debiticcio?”

“Stupida. Comunque durante la chemio sarò sempre li. Fuori dalla stanza. Ogni volta che vorrai.” Confermò Kaiou prendendole il viso tra le mani.

Quella si, era un buona prospettiva. Un altro bacio e Michiru si sistemò sulla sua spalla. Le pesava una domanda. Perchè era diventata tutto d'un tratto così ben disposta ad una terapia che aveva rifiutato con tutta se stessa fino a poche ore prima?

“Lo vuoi proprio sapere? Ti ho detto che ho sognato mia madre questa mattina, vero? Bene, durante il sogno, che poi è stato un misto tra un ricordo e un sogno vero e proprio, le ho detto una frase. Un concetto che da ragazzina era sempre stato il mio pensiero ispiratore e che pian piano ho perso. Le battaglie Michiru non si combattono... si vincono, o almeno si cerca di farlo in tutti i modi. Mi rendo conto che negli ultimi mesi mi solo lasciata andare. Come so che hai cercato di darmi la forza ed il coraggio per tornare a lottare per la mia vita. Ma è stata una me stessa bambina a ricordarmi come ci si batte veramente. Io non so se riuscirò a farcela o crollerò nel tentativo di svangarla, ma so che non voglio più restare qui ad autocommiserarmi facendo stare male anche te. Rivoglio la nostra vita e la rivoglio ora.”

Michiru ascoltò continuando ad accarezzarle il fianco. Da quando era iniziata tutta quella storia, Haruka aveva passato varie fasi della malattia. Le classiche. Dal diniego alla rabbia, dal patteggiamento all'accettazione, ma non aveva mai parlato di determinazione o di lotta. Carte queste che se lanciate sul tavolo del destino al momento giusto, avrebbero anche potuto fare la differenza.

Due colpi alla porta ed un'infermiera fece capolino.

“Haruka dobbiamo andare. Il dottor Kurzh vuole farti assumere degli integratori prima che il trattamento sia pronto.” Sparì aspettando nel corridoio.

“Se non dovessi passare il controllo anti dopping mi raccomando Michi..., testimonia che la colpa non è stata mia.”

Si alzò serenamente prima che la mano dell'altra si arpionasse alla sua.

“Haruka... - un bacio ed un'abbraccio fortissimo - Ti amo.”

 

 

La porta vetrata a scorrimento automatico le si richiuse dietro la schiena con un suono ovattato. Michiru sospitò girandosi verso Haruka salutandola con la mano. La terza flebo, la più violenta, stava per iniziare e da quel momento in poi nessuno, a parte i medici, avrebbe potuto accedere alla camera sterilizzata. Guardò quel “bozzolo” vetrato come a volerne trovare una falla d'accesso, soffermando lo sguardo sul perimetro di sterilizzazione formato dalla prima di due porte identiche poste a protezione della salubrità dell'ambiente interno. Era una camera ben progettata, dove sembrava essere stato messo tutto al posto giusto. Dal punto di vista medico la sua donna si trovava nel luogo più sicuro ed idoneo per poter essere curata, ma da quello umano, sembrava che fosse stata rinchiusa in una cella di un carcere di massima sicurezza.

“Posticino allegro! Ottimo gusto negli arredi. ”Ci aveva scherzato su Haruka durante la prima flebo.

L'ottimismo e la goliardia erano lentamente scemate nel corso della seconda, che pur facendo meno danno di quella alla quale si era già sopportata mesi prima, le aveva comunque preso a calci lo stomaco riducendola uno straccio. Crollata la pressione si era dovuta arrendere all'evidenza; la lotta, quella vera, non era ancora neanche in vista. E a Michiru non era stato concesso altro tempo. Ora doveva accontentarsi di guardarla da lontano, sempre che non fosse successo qualcosa e le veneziane non fossero state chiuse.

Sentendosi tutto il peso del mondo sulle spalle andò a sedersi su un divanetto nei pressi del corridoio. Da li non le avrebbe solo potuto aspettare.

 

 

“Haruka..., come andiamo?” Le chiese il dottor Kurzh notando il respiro troppo forzato.

“Una me...raviglia...”

“Non mi piace questo affanno. Infermiera, mi passi la maschera, ossigeno al 80%... Haruka cerchi di respirare più lentamente... Haruka... mi sente?! Haruka...”

 

Dovete schiodare da qui ragazzini... Non voglio ripeterlo due volte. Il campo serve a noi, perciò sparite o sono cavoli amari!”

Franz Weber pur non avendo la stoffa del leader, amava il comando ed il potere scaturito da esso e messo su un gruppo di dodici compagni, non avrebbe avuto remore a far sloggiare quattro dodicenni da nessun pezzo di terra della zona. Così vuoi il numero nutrito della “banda”, vuoi l'età degli oppositori, gli adolescenti provenienti dalle case a schiera della valle, in quel giorno di settembre avevano deciso che il campo dietro l'oratorio doveva essere loro. I bambini lo avevano capito e non rimaneva loro che temporeggiare con ogni sorta di arma diplomatica portata in dotazione.

Non me ne frega se oggi il campo è stato assegnato a voi. Dovete andare via e farlo prima di subito!”

Non fare il prepotente Franz. Perchè non aspettate la fine del nostro allenamento.” Cerco' di controbattere quello che fra i bambini sembrava fisicamente il più grosso.

E a quale scopo ciccione?! Fate schifo con la palla ai piedi e non siete neanche in grado di trovare altri giocatori per fare un'allenamento decente. Andatevene schiappe!” Ma proprio dopo quest’ultima minaccia una piccola voce andò alzandosi dal coro.

Lascialo idiota! Ha ragione!”

L'erede dei Weber comincio' allora a ridere prima ancora di vederla farsi largo tra i compagni.

Ma senti senti chi fa la voce grossa. Tenou! - Una spinta al ragazzino che si era opposto per lasciar spazio alla bambina che aveva appena parlato. - Anche tu a dettar legge... randagia?”

Franz, è stato Padre Angelo a dirci che potevamo allenarci a quest'ora. Finisci di comandartela e lasciaci in pace.”

Io non prendo ordini ne da te, ne da quell'italiano in gonna. Vedi perciò di stare zitta randagia, oppure oggi ce le prendi.” Minacciò borioso.

Ad Haruka l'essere additata come una randagia non dispiaceva affatto, perché in fin dei conti era un nomignolo che la rappresentava. Più propensa a starsene per conto suo, di tanto in tanto non disdegnava far branco con altri per giocare, ma dal carattere solitario e poco incline alle amicizie durature, per non dare pensiero alla madre, Haruka cercava comunque di tenersi sempre fuori dai guai, anche se spesso, come quel giorno, erano i guai stessi a venirla a cercare.

Sfoderando un gran sorriso, la bambina inizio' ad applaudire con provocazione. “Tu vorresti darmele? Ammetto di essere più piccola di te, ma sono più veloce e dovresti prima prendermi, Weber.”

Allora uno degli amici del ragazzo si avvicino' parlandogli all'orecchio."Avanti Franz, lascia stare. Lo sai che Tenou non ci sta tanto con la testa. E poi non vorrai mica picchiare una bambina.”

Hai sentito? - Urlò lui di risposta. - Vattene prima che dimentichi che sei una femmina!”

La testa bionda mossa lentamente in segno di diniego, le mani serrate a pugno e lo sguardo fisso su di lui.

Allora le vuoi proprio?! Bene... Vieni a prenderle, Tenou.”

Ed Haruka partì come una locomotiva a vapore. Convinta di potere avere la meglio grazie ad uno scatto da centometrista, dovette però ricredersi non appena il ragazzo le balzo' di lato sferrandole un calcio in pieno addome, più o meno all'altezza della milza. Inciampando la piccola rovino' a terra non potendo far altro che tenersi la parte colpita con le mani.

 

 

Strinse le lenzuola con tutta la forza che aveva, inarcando la schiena cercando di prendere più ossigeno possibile dalla mascherina. Sentiva la milza contrarsi come se fosse stata sul punto di esplodere. Era anche li che i suoi anticorpi si formavano ed era li che ora stavano morendo. O Signore... che dolore, pensò sentendosi in bocca il gusto dolciastro del sangue per poi tornare a scivolare nella semi incoscienza.

 

 

Sputando nella polvere del campetto da calcio un po' di sangue e saliva, era nuovamente in piedi. Tutto qui quello che quel teppistello sapeva fare? “Ti fai forte del nome che porti, ma sei solo patetico Franz.”Disse la piccola massaggiandosi il fianco sinistro mentre riguadagnava la posizione eretta.

Bada figlia di un emigrante! Gran parte dei vostri genitori lavora nella fabbrica della mia famiglia!”

E’ per questo che ti senti in diritto di fare quello che vuoi?!" Gli urlo' con dispezzo facendo un passo in avanti accorgendosi di aver lacerato i calzoni all'altezza del ginocchio. Ora anche se non le avesse beccate da lui, le avrebbe prese da sua madre. Poco male.

Ti ripeto che di qui io non me ne vado... Dovrai fare molto meglio di così per buttarmi fuori dal campetto!" Minacciò lei pulendosi la bocca con il dorso della mano per mostrargli poi il rosso del sangue.

Haruka sta zitta, non provocarlo.” Le consigliarono gli altri bambini indietreggiando di qualche metro. Non prevedevano nulla di diverso da una scazzottata e questo non piaceva. Ci sarebbero andati di mezzo tutti ed una volta scopertala, Padre Angelo avrebbe interdetto il campo per settimane.

Voi andate pure se vi tremano le gambe. Ci si batte anche se le speranze sono poche! Io non sono una vigliacca!E nuovamente alla carica.

Questa volta lo avrebbe atterrato colpendolo alle gambe azzerando così il vantaggio che aveva su di lei. Poi sarebbe stato coperto da una pioggia di pugni.

Lui si preparo' a riceverla e notando che per una frazione di secondo il suo sguardo aveva puntato ai suoi polpacci, non ci mise niente ad anticiparne la mossa. Avvertito sotto le ascelle il calore degli avambracci del ragazzo, Haruka non riusci' ad impedire che il mondo si capovolgesse tutto intorno a lei, ed aspettandosi il peggio, serrò gli occhi attendendo l'inevitabile impatto tra la sua schiena ed il terreno. Fu un attimo. Volando sopra la testa di Weber atterrò ad un paio di metri di distanza. Il respiro le si mozzò in gola ed ebbe l'impressione che tutto si fermasse, incluso il suo cuore.

 

 

Haruka gemette dal dolore. La spina dorsale iniziò a bruciarle diventando una serpentina arroventata. Era come se avesse ricevuto una badilata in piena schiena. Urlò serrando gli occhi non riuscendo più a prendere fiato. Una sensazione di soffocamento le contrasse i polmoni mentre la voce del dottor Kurzh le arrivava alle orecchie come un suono lontanissimo.

“Haruka, Haruka dannazione. Non molli proprio ora!”

Schizzata in piedi, Michiru riuscì a vedere solo le piastre del defibrillatore nelle mani dell'uomo. Poi le veneziane vennero chiuse facendole portare una mano alla bocca.

 

 

Alzati piccola italiana! Alzati mezzo sangue! Non fai più la fighetta ora?!” Cantileno' il ragazzo facendole cenno con le dita delle mani.

Weber basta..., così l'ammazzi!” Consiglio' uno dei suoi amici. Quel piccolo teppista non aveva il senso della misura.

Distesa tra la polvere del campo, Haruka si tenne il petto con la destra provando a far tornare normale il battito del suo povero cuore. Che dolore aveva alla schiena! Lo schianto era stato così violento che sentiva le gambe intorpidite e percorse da scariche elettriche.

Brutto bastardo... Che mi hai fatto?!” Mugolò non trovando la forza per rialzarsi.

Ti ho dato ciò che meriti! Così la prossima volta ci penserai due volte prima di fare la Robin Wood dei poveri!”

Non ci sarà una prossima volta! Tu ad Haru non la tocchi più! Mi sono spiegato?” Intimo’ una nuova voce.

Con la vista ancora un poco appannata Haruka guardò il ragazzino che aveva parlato frapporsi tra lei ed il capo banda. Sorrise nel riconoscerlo. Ci aveva messo anche troppo nel venirla ad aiutare.

“Possibile che fai sempre tardi? Non sta bene fare aspettare le donne.” Lo rimproverò riuscendo finalmente a girarsi su di un fianco.

Scusa Haru, ma anche io ho le mie battaglie da combattere e purtroppo non sempre vengono vinte.”

Franz agrottò le sopracciglia non riconoscendo assolutamente il bambino. Maglietta verde, calzoncini gialli ed un cappellino della Toro Rosso ben piazzato su una testa piena di capelli castani.

Chi cavolo sei tu?”

Quello che ti spacca il culo se ti azzarderai ancora a toccarla. Si da il caso che Haruka sia mia amica, come si da il caso che io conosca tuo padre e se non vuoi che gli racconti che ti sei messo a pestare una bambina dietro l'oratorio, sarà il caso che tu e la tua banda di sfigati vi togliate dalle palle.”

Stai bleffando!”Ma troppa sicurezza nelle parole del nuovo arrivato.

Mettimi alla prova, dai!” Disse porgendo la mano all'amica perchè si rialzasse.

Franz andiamocene. Se tuo padre lo viene a sapere...”

Ascolta il tuo amico bello. So quanto tuo padre possa essere cattivo quando impugna la cinta dei calzoni.” E bastarono quelle parole a far fare dietro front a Weber e a tutta la sua banda.

Allora Haru... , sono stato bravo?” Chiese sottovoce facendole l’occhiolino.

Lei si sentì issata dalla forte stretta dell'amico."Sei un grande Mattias! ma è proprio vero che il padre di Franz lo mena?”

Haru, non puoi immaginarti quante cose so... ora.”

Comunque per la cronaca... ce l'avrei fatta anche da sola!”

Non dire idiozie. Nessuno può farcela da solo.” E le strinse con maggior forza la mano.

 

 

La doppia porta a vetri si spalancò ed il dottor Kurzh ne uscì notevolmente provato. Andando lentamente verso Michiru si tolse guanti, mascherina e cuffietta gettandoli nel secchio predisposto per gli scarti ospedalieri. Aveva le braccia e le spalle che gli dolevano e adesso doveva spiegare a quella donna il perché. Inarcando debolmente le labbra in quello che era un mestissimo sorriso, iniziò col dirle che la terza flebo era finita e che ora Haruka si trovava in uno stato d'incoscienza dal quale solo lei poteva uscire.

“Venga a sedersi Michiru.” Un invito con un tocco gentile, ma avvertendo resistenza all’altezza dei reni si fermò cercando di tranquillizzarla.

“L'abbiamo persa un paio di volte. Il cuore ha ceduto e l'ho defibrillata. La seconda volta le ho praticato il massaggio cardiaco. Ora è stabile, ma non è fuori pericolo. Vorrei aspettare ancora qualche ora prima di iniziare con l'innesto. Vede, c'è una sacca perfetta, un momento ideale nel quale il corpo del ricevente si è parzialmente ripreso, ma è ancora vulnerabile per poter ricevere le cellule estranee senza attaccarle. Dobbiamo aspettare quel momento.”

Michiru chiuse gli occhi facendo un lungo respiro. Viva. Haruka era ancora viva.

 

 

La bionda sentì una mano piccola e calda stringere la sua. Aprì gli occhi facendo una fatica indescrivibile, come se fosse stato il gesto più complicato ed ingestibile del mondo. Fu costretta a sbattere le palpebre più volte, perchè aveva la vista annebbiata. In verità le sembrava che tutto il corpo fosse immerso in un fumo denso ed appiccicaticcio, di quelli che ti impediscono di respirare bene. Di quelli pesanti, opprimenti, uniti. Forse era per questo che aveva sul viso una maschera per l'ossigeno.

Non appena fu in grado di mettere finalmente a fuoco riconobbe colui che le stava stringendo la mano ed anche se i muscoli del braccio le tremavano, ricambiò la stretta. Era felice di vederlo. Lo aveva cercato tanto.

“Che... ci fai... qui?” Disse flebilmente spostandosi la maschera dal viso.

“Sono venuto a salutarti Haru. Torno a casa. “ - Disse Mattias guardandola fieramente. - “Senti tanto male, lo so, ma hai lottato bene. Lo sapevo che non eri una vigliacca.”

Avvertendo una delle tante fitte che le stavano prendendo a schicchere i nervi della spina dorsale in maniera quasi ritmica, lei gli fece un mezzo sorriso continuando a tenerlo per mano. Sapeva che la sua presenza avrebbe potuto ucciderla, ma francamente non le importava.

“Non credo di aver mai sofferto tanto, Matty. - Due lacrime di dolore le scivolarono dagli occhi. - Vorrei solo che finisse tutto.”

“Allora vieni con me.”

“Bella roba... Ma lo vedi come sono conciata?” Dovette rimettersi la mascherina.

“Lo so, non sono stupido. Lo vedo come stai, ma se vuoi io ti aspetto. Non appena sarai pronta usciremo ed in barba a tutti verrai da me.”

Le sarebbe piaciuto. Lui era Mattias; il suo piccolo, grande amico. “Sarebbe bello Matty, ma...”

“Ma?”

“Michiru. Non posso lasciarla sola.” Disse spostando lo sguardo dai suoi occhi azzurrissimi ai vetri oscurati della stanza. Sapeva che lei era li, dall’altra parte, a pochi metri.

Il bambino annuì puntando anch'esso lo sguardo aire veneziane. “L'ho vista. E' qui fuori. Va bene Haru, non ti aspetto, ma io devo andare.”

Con riluttanza le lasciò la mano facendo un passo indietro.

“Ciao Haru. Ci rivedremo un giorno. - Ma prima di voltarsi per uscire sorrise nuovamente. – Ascoltami, non fare la zuccona anche quando scoprirai chi è, intesi? Da ora in poi sarà lei che guarderà i films horror e giocherà alla PES con te. Anche se tra tutte e due non so chi faccia più schifo. Ciao Haru. E' stato bello essere tuo amico.”

Non capendo molto di ciò che il bambino aveva inteso dirle, lo salutò muovendo debolmente un paio di dita. “Ciao... Matty...” Ed Haruka sprofondò nel sonno senza sogni dell'incoscienza.

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve a tutti. Scrivo questo capitolo prima di Natale e ne prendo spunto per augurare a tutti un buon periodo. Per digerire una frittatina fatta d'impulso a cena, mi sono fatta un micro bicchierino di Mirto e perciò..., si... credo che alcuni tempi siano forzati o totalmente errati.

Essendo parecchio distratta rileggo spesso ciò che scrivo e se dovessi trovare macelli vari li correggerò prontamente.

Un bacio a tutti!!!

 

   
 
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