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Autore: Il_sogno_dei_fandom    26/12/2016    4 recensioni
Fu al compimento dei suoi dieci anni che Lucy Hearphilia, principessa del regno di Magnolia, credette di aver avuto tutto ciò che la vita poteva dare di buono: una casa spaziosa e accogliente, due genitori alati fantastici, ottimi compagni, incomparabili amici segreti e una meravigliosa amicizia con una creatura che sembra uscire da uno dei suoi libri di fiabe. E fu proprio allo sbocciare della sua fanciullezza che capì che questo suo idillo era solo un'utopia.
Abbandonata dal suo più fedele amico, distrutta per la perdita di quelle figure che l'avevano cresciuta e ignara dello scorrere inesorabile del tempo, Lucy si ritroverà ad affrontare la realtà del suo passato e di colui che le vuole distruggere la vita. Per far fronte a una guerra sanguinaria, Lucy sarà pronta a sacrificare qualsiasi cosa per impedire che coloro che ama vengano spazzati via da un mostro. Ma, come si dice, bisogna combattere il fuoco con il fuoco e, chissà, forse sarà proprio il fuoco a donarle speranza e un amore incondizionato che supera ogni frontiera.
Questa è la storia di due giovani provenienti da realtà che si erano toccate e divise più volte e che si uniranno ora e per sempre.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11 –La calma prima della tempesta.
 
Quella mattina Lucy si svegliò accaldata. Non capiva come potesse avere così caldo ma, dopo essersi stropicciata gli occhi, si accorse che sentiva un peso sopra la sua pancia. Lentamente si girò a pancia in su e, alzando di poco la testa, vide che sopra il suo stomaco c’erano due braccia. Completamente sveglia guardò a destra e a sinistra trovandosi Mirajane e Laxus profondamente addormentati così come tutti i suoi amici.
Le ci volle qualche secondo per ricordarsi della sera prima e un sorriso felice le solcò le labbra, sollevata di aver fatto finalmente pace con loro: sapere che i suoi amici resteranno al suo fianco la faceva sentire sicura e non avrebbe permesso a niente di rompere il loro legame. Lo sguardo però le cadde sul suo polso dove c’era il marchio nero e rosso che le aveva impresso Natsu solamente il giorno prima e le venne in mente, rivedendo i pensieri che le erano passati per la testa, che sapeva poco e niente sui draghi se non quelle due cose che le aveva confidato il bambino spiegandole di quel bizzarro simbolo di amicizia.

Un pensiero improvviso le sfrecciò nella mente frantumando la gioia che l’aveva risvegliata. Facendo il più piano possibile, sgusciò fuori dalle coperte e, stando attenta a non fare rumore, aprì e richiuse le ante del suo armadio e del passaggio che si trovava in esso. Percorse i bui corridoi di corsa diretta verso la biblioteca -Dovrà pur esserci qualcosa…- borbottò la bambina mentre frugava di corsia in corsia, di scaffale in scaffale alla ricerca di qualcosa con evidente affanno. La biblioteca di Magnolia era una delle più grandi esistenti nel continente e al suo interno ci si poteva trovare tutto su ogni disciplina, sport, religione o cultura presente nel mondo. Tutti i reparti erano di dimensioni notevoli e uno dei più grandi era quello sulla mitologia: sirene, fate, folletti, giganti, chimere, orchi, grifoni, fenici… c’era tutto quello che si voleva sapere su ogni creature –buona o cattiva che fosse- catalogato ordinatamente in ordine alfabetico dalla A alla Z in ogni lingua possibile, dialetti compresi.
Sorpassò le prime tre sezioni e si diresse decisa verso quella targata con la D trascinandosi dietro la scala. Salì su di essa e cominciò a ispezionare tutti gli scaffali, passando di libro in libro per trovare quelli sui draghi. Dopo aver passato le dracene e qualche altro animale, esultò quando vide la scritta ‘Draghi’ su dei volumi anche se aveva cantato vittoria troppo presto. Infatti, quando cercò di prendere il primo che le si era presentato davanti, si scontrò contro qualcosa e tutti i libri di quello scaffale caddero all’indietro alzando una nuvola di polvere. Lucy sgranò gli occhi prima di mordersi la lingua per non dire qualcosa di poco raffinato: ciò che aveva davanti era solo un cartonato che riproduceva fedelmente i libri che una volta erano stati su quegli scaffali.
Si stava giusto chiedendo se non fosse stato suo zio a farli sparire quando udì la voce di Mira che la chiamava. Allarmata, rimise a posto il cartonato, spinse via la scala e corse all’inizio della corsia stampandosi in faccia un’espressione assorta proprio quando Juvia la trovò. Una volta che apparirono tutti, la sua tata volle ovviamente sapere cosa ci faceva in biblioteca –Stavo andando a prendere un libro sui grifoni però mentre passavo mi sono accorta che non mi avete mai raccontato o letto nulla sui draghi e così volevo vedere se riuscivo a trovare un libro che ne parlasse.- rispose nel tono più innocente possibile. Quella poteva essere una buona occasione per capire come mai quando era piccola tutti parlassero male dei draghi, perché i suoi amici avevano guardato con odio Sting e Rouge e come mai Mirajane e Laxus temessero che potessero rapirla.
Appena aveva pronunciato la parola drago, tutti si erano irrigiditi e, se possibile, la sua tata era diventata più pallida del solito. Lucy finse di non accorgersene ma scorse i pugni chiusi di Laxus essere percorsi da silenziose scariche elettriche: non riusciva a vederli tutti però notò che Gray aveva la mascella contratta mentre Erza aveva in volto un’espressione terrificante, come quando le rubavano o schiacciavano una fetta di cheesecake. Lucy chiese fingendosi confusa –Ho detto qualcosa di male?- -Scusa Lucy, sono solo rimasta… sorpresa dalla tua risposta.- le disse titubante Mirajane una volta ripresasi –Comunque, non credo che troverai nulla qui. I draghi ormai si sono tutti estinti e con loro i racconti che li riguardavano sono bruciati nell’incendio che distrusse il palazzo anni fa. A quanto ne parlavano gli anziani, non erano poi creature così interessanti come di solito si crede, non avevano nulla di speciale che li distinguesse dalle altre creature.- aggiunse la tata con un sorriso tirato che non convinse per niente Lucy.

Ormai era chiaro che le stesse mentendo e la cosa irritò non poco la giovane principessa. Non avrebbe mai dubitato della parola di Sting e Rouge, credeva fermamente che un drago li stesse addestrando. A che altro collegare il disgusto che la gente riservava per loro? Non erano principi illegittimi, non erano dei furfanti, non avevano fatto nessun colpo di Stato, erano solo dei bambini suoi coetanei che venivano additati come pericolosi solo perché era una creatura leggendaria ad addestrarli. Inoltre, aveva visto con i suoi occhi Natsu trasformarsi in un drago ed era certa che le avesse detto la verità sul suo clan e sul suo status sociale. Il marchio che ormai era impresso sul suo polso destro non era una sua immaginazione, quello era il simbolo dell’amicizia di un drago.
Era chiaro che le stessero nascondendo qualcosa e lei avrebbe scoperto che cosa, dovesse scappare tutte le notti da palazzo per cercare nelle altre biblioteche se anche Natsu non le avesse dato tutte le risposte che cercava.
Sebbene fosse irritata dal comportamento dei suoi amici poche ore dopo aver fatto pace, si dipinse in faccia un’espressione accondiscendente e si fece portare via dalla biblioteca. Fecero colazione tutti insieme nel salone dato che suo zio era assente e in seguito si diressero in giardino per fare una lunga passeggiata. Lucy evitava ogni domanda che le rivolgevano su dove fosse stata e cosa avesse fatto ogni giorno da quando avevano litigato. Nascose il fatto di essere una maga, che le sue chiavi fossero magiche, che si era allenata lontano dal castello e che, ovviamente, aveva fatto amicizia con un drago che le aveva salvato la vita e le aveva fatto dono di un marchio impresso sul suo polso che loro non potevano vedere. Semplicemente, minimizzò la cosa dicendo che era sempre stata in compagnia di Zeus e Nyx: sapeva che non avrebbero indagato oltre perché era risaputo che i momenti passati con i pegasi dei suoi genitori erano molto preziosi per lei e che non li avrebbe mai raccontati tranne quando avrebbe deciso di farlo.

Rigirò così le domande e venne a conoscenza non solo dei pettegolezzi e delle voci di paese ma anche i movimenti delle gilde e dei lavori che si stavano svolgendo a Crocus, la magnifica capitale del Regno di Fiore, per inaugurare uno grandissimo stadio -chiamato Domus Flau- in cui avrebbero dato il via a un torneo annuale per dimostrare quale gilda fosse la più forte. Sebbene il progetto sarebbe stato terminato nell’arco di cinque anni, la gente stava già discutendo quale tra le tante gilde costruite in tutto Fiore fosse la migliore. Lucy, però, non aveva dubbi su quale fosse la numero uno: certo, sapeva che ce n’erano anche altre forti e talentuose -come Lamia Scale, Mermaid Heel, Blue Pegasus, Quatro Cerberus- ma nessuna avrebbe mai potuto competere con la gilda di Magnolia.

Fairy Tail.

Oltre a favorire il settore immobiliare con costanti ordini di tavoli e sedie, erano una gilda allegra e movimentata, sempre a combinare guai durante le loro missioni. Davano non pochi grattacapi al Consiglio della Magia avente sede ad Era che era sempre incerto se sciogliere definitivamente la gilda perché, sebbene ne combinassero di tutti i colori, avevano dei maghi eccellenti e promettenti che un giorno avrebbero potuto dare un contributo importante alla società. In più, il Master Makarov Dreyar era uno dei Dieci Maghi Sacri, un gruppo di individui con poteri sbalorditivi, delle leggende, uomini rispettabili e contro cui quelli del Consiglio non vorrebbero scatenare uno scontro.
Lucy adorava il Master Makarov non solo perché Laxus era suo nipote ma anche perché lo considerava come un nonno. Quando aveva una giornata libera e suo zio era troppo impegnato per pensare a cosa lei stesse facendo, i Raijinshu l’accompagnavano a Fairy Tail dove le dava il bentornata il solito trambusto degli scontri tra i propri membri. Nemmeno aveva il tempo di sbattere le palpebre che i suoi amici erano già coinvolti in quelle lotte che mettevano a soqquadro la gilda fino a quando il Master non diceva di smetterla.
Lucy era intrigata dalla vita che si svolgeva alla gilda: ogni giorno era una nuova avventura in città o luoghi diversi, che fossero famosi o dispersi, per compiere missioni una dopo l’altra aiutando le persone in difficoltà. Aveva chiesto molte volte al Master se, una volta cresciuta, avesse potuto entrare a far parte di Fairy Tail ma, nonostante facesse finta di non vedere le espressioni stupite, preoccupate o esitanti dei membri, sviava sempre il discorso e così non le rispondeva mai. Lucy notava che c’erano delle volte in cui Mirajane e Laxus si avvicinavano al Master bisbigliando cose che lei non riusciva mai a sentire. Ciononostante, poteva ben immaginare che le parole che gli rivolgevano erano in qualche modo collegate al ruolo che avrebbe ricoperto una volta raggiunta la maggiore età.
Abbandonarono poi l’argomento per giocare a guardie e ladri dove Laxus, Erza, Mirajane e i Raijinshu avrebbero ricoperto il primo ruolo mentre tutti gli altri sarebbero dovuti scappare evitando di essere imprigionati. Durante i sessanta secondi di vantaggio prima che il gioco cominciasse, Lucy e i suoi compagni si sparpagliarono per tutto il giardino. La principessa aspettò che gli altri la superassero per arrampicarsi su una quercia vicino alla postazione delle guardie, nascondendosi fra le fronde. Appena quel minuto fu finito, iniziarono i primi scontri e Lucy non riuscì a trattenere un ghigno malizioso.

I giochi che proponevano non erano come quelli a cui giocavano i bambini comuni: per non farsi catturare, Gray, Lisanna e tutti gli altri potevano ricorrere alla magia. Fin da bambina era una dei primi –se non la prima- ad essere eliminata e non si era mai fatta tanti problemi. Aveva sempre temuto che se avesse chiesto aiuto a Loki-Leo o agli altri li avrebbe esposti a domande indiscrete e pressanti non solo dei suoi amici ma anche di suo zio che avrebbe potuto toglierle. Ora però, grazie al dono che aveva ricevuto dal Re degli Spiriti Stellari, si sentiva fiduciosa.
Mise mano alle sue chiavi quando vide Elfman correre nella sua direzione con l’adrenalina che le scorreva nelle vene –Ok minna, facciamogli vedere cosa significa lavoro di squadra! Capricorn!- esclamò la principessa mentre si lanciava giù dal ramo atterrando l’albino che non si aspettava di essere preso alle spalle. Tentò di prendere il suo assalitore ma Lucy era già sgusciata via e il povero ragazzo venne messo k.o da Capricorn che l’aveva colpito alla base della nuca. La principessa gli sorrise prima di correre verso il luogo in cui stavano avvenendo gli altri scontri. Qualcosa le sfrecciò contro da dietro dei cespugli e Taurus apparve velocemente davanti a lei distruggendo con un pugno un blocco di ghiaccio davvero grande: gli sussurrò un grazie mentre la voce di Gray si avvicinava sempre di più. Il corvino scostò i cespugli con un ghigno in volto, pronto a scoprire chi si celava lì dietro e che aveva distrutto il suo ghiaccio ma non trovò altro che un buco scavato nel terreno.

Lucy ridacchiò silenziosamente nel sentire le lamentele di Gray, nascosta dall’oscurità della galleria scavata prontamente da Virgo. Lo Spirito vestito da cameriera la guardava con la sua espressione impassibile –E’ l’ora della punizione, Hime?- la sua domanda rimbalzò sulle pareti con un rimbombo che difficilmente non si sarebbe sentito in superficie: infatti, Gray lo udì e gridò qualcosa a qualcuno. Per qualche attimo non successe nulla ma all’improvviso una grande quantità d’acqua cadde nella galleria. Lucy era pronta ad usare la sua bolla d’aria ma Aquarius apparve davanti a lei, risucchiando tutta l’acqua nella sua anfora mentre Virgo si era già messa all’opera per scavare una via d’uscita.
Stava osservando come Aquarius non facesse la minima piega per contrastare quel flusso d’acqua quando delle braccia la sollevarono da terra –We are! Pronta per una fantastica entrata a sorpresa?- le chiese Scorpio prendendola per mano –Si!- esclamò entusiasta la principessa. Ad un cenno dello Spirito, Aquarius sorrise malignamente e rispedì al mittente tutta l’acqua che aveva accumulato nella sua anfora. Ebbe solo un paio di secondi per immaginarsi la faccia stupita di Juvia prima che Scorpio gridasse –Sand Buster!- puntò il suo pungiglione verso il basso e in un attimo vennero sparati in aria, su per la galleria che Virgo aveva creato. Quando Lucy aprì gli occhi, si trovò sulle spalle di Scorpio nell’occhio di un ciclone di sabbia talmente fitto che li nascondeva alla vista delle persone. La principessa non riuscì a trattenere una risata euforica –E’ fantastico!- lo Spirito ghignò, soddisfatto di esser riuscito a stupire la principessa –Lucy!- lo sferzare del vento e della sabbia attutiva i rumori ma la bambina riconobbe la voce preoccupata di Mirajane. Sbiancò quando vide l’illuminarsi di una luce nerastra fuori dalla cortina del ciclone –Attento!- urlò allo Spirito che la lanciò verso l’alto prima di scomparire in una luce dorata.

Il raggio di Mirajane ruppe il velo di sabbia ma il ciclone si stava già afflosciando su sé stesso data la mancanza di Scorpio. Lucy raggiunse il punto massimo consentito dal lancio dello Spirito e si sarebbe trovata in caduta libera se non fosse stato per una soffice nuvola di lana rosa che fluttuava in balìa delle correnti aeree –Aries!- lo Spirito comparve al suo fianco appena udita la sua chiamata. Stava cercando di spiegare per l’ennesima volta ad Aries che non doveva scusarsi ogni volta che faceva qualcosa quando si udì un crepitio e l’aria si riempì dell’odore di ozono. Lucy fece cadere a pancia in giù Aries mentre i suoi occhi vagavano in quel diluvio color mattone: sperò con tutto il cuore che Laxus stesse mirando nella direzione sbagliata perché non avrebbe permesso che gli Spiriti le facessero da scudo incassando i suoi fulmini. Un luccichio attirò al sua attenzione ma troppo tardi si accorse che due saette stavano colpire la nuvola di lana di Aries. Le strinse la mano, pronta per balzare nel vuoto con lei per schivare l’attacco ma non ce ne fu alcun bisogno.
Proprio mentre stava per saltare, si sentì lo scampanellio di un campana e in un attimo Taurus riapparve davanti a lei impugnando la sua scure con cui rispedì al mittente le saette. Non era ancora finita però. Dirette sempre di lei sebbene dalla direzione opposta, fendevano l’aria quattro spade molto affilate: non ci voleva una grande intuizione per capire che appartenessero ad Erza. Taurus non avrebbe potuto pararle perché era troppo impegnato a bloccare gli attacchi di Fried, Bickslow ed Evergreen. Stava di nuovo contemplando l’idea di buttarsi giù trascinando con sé anche lo Spirito quando quattro frecce sibilarono nell’aria andando a deviare le spade che caddero nel vuoto –Siete fenomenali!- si complimentò Lucy osservando l’abilità di Taurus e Sagittarius nel neutralizzare gli attacchi dei suoi amici nonostante la sabbia stesse ancora vorticando nell’aria.

Fu allora che si accorse che c’era qualcosa di strano in quella tempesta di sabbia. In teoria, una volta che Scorpio fosse tornato nel Mondo degli Spiriti Stellari, sarebbe dovuta scomparire gradualmente nell’arco di un paio di minuti, esponendola infine agli occhi dei suoi compagni: eppure era ancora lì che girava quasi sospinta da un proprio. A quel pensiero si aprì in un sorriso divertito –Gemini.- disse fingendosi esasperata; solo loro avrebbero potuto un’illusione talmente ben fatta come quella. Infatti, quasi a volerle dare ragione, i due spiritelli le apparvero ai lati curiosi di sapere cosa ne pensava del loro nuovo trucco –Perfetto come sempre.- non c’era altro modo per descrivere la loro capacità illusionistica. Ecco perché Taurus e Sagittarius erano sembrati tanto tranquilli nel bloccare quei colpi: una volta che si capisce che lo scenario è solo un’illusione, si può guardare attraverso di essa senza problemi, tornando a vedere l’ambiente circostante. Sebbene fosse una delle loro illusioni però, non era un buon pretesto per restarsene con le mani in mano. I suoi amici non erano stupidi e non poteva dire quanto tempo ci avrebbero messo a capire che un ciclone di sabbia nei giardini reali era un evento che difficilmente sarebbe potuto accadere. Per allora avrebbe dovuto escogitare un piano per permetterle di nascondersi assieme ai suoi Spiriti… anche se un’idea ce l’aveva già in testa.
-Cancer!- chiamò la principessa e in un attimo lo Spirito accorse alla sua chiamata accompagnato dalle sue fidate forbici –Hai bisogno del mio aiuto, ebi?- -Devi modellare la lana di Aries affinchè risulti un pupazzo uguale a me.- gli spiegò e, dopo nemmeno novanta secondi, si ritrovò davanti una bambola identica a lei –Gemini, dalle un po’ di colore.- una volta che fu colorata, Lucy la studiò con occhio critico anche se sapeva che quel fantoccio era perfetto. Un sorriso malizioso si aprì sul volto della principessa: quella sarebbe stata una buona occasione per fare un piccolo scherzetto ai suoi amici che, nonostante tutto, non sembravano intenzionati a parlarle dei draghi. “Solo questo, poi la smetterò.” Si disse la bambina prima di spiegare cosa avrebbero dovuto fare.
Intanto, qualche metro più in basso, la lotta era stata interrotta a causa di uno scopo comune: tutti avevano udito la voce di Lucy provenire dentro quel tornado di sabbia e ora stavano cercando di una via d’accesso per entrarvi senza rischiare di spezzarsi l’osso del collo. All’improvviso qualcosa sbucò fuori dalla sabbia e cominciò a dirigersi a grande velocità verso terra urlando spaventata –Lu-chan!- gridò impaurita Levy vedendo l’amica precipitare al suolo. In men che non si dica, Mirajane si era già trasformata e, insieme a Laxus, aveva preso al volo la piccola poco prima che toccasse terra.

–Lucy!- esclamò preoccupato il mago del fulmine mentre l’albina la stringesse a sé –E’ tutto ok piccola mia, ci sono io qui con te.- le sussurrò sollevata che non fosse ferita. Ad un tratto la principessa prese a tremare come se fosse in preda ad un attacco epilettico e Mirajane, preoccupata, la guardò in faccia, sbiancando –Siete stati fregati. Stavolta ho vinto io.- quelle furono le uniche parole che udirono prima che la piccola esplose in tanti colorati coriandoli. Il panico si impossessò dei due ragazzi che stavano per precipitarsi all’interno del ciclone ma proprio quest’ultimo iniziò a collassare su sé stesso. Sia coloro che erano in aria sia chi era rimasto a terra si riparò il volto con le mani, aspettando di essere investiti da quella montagna di arena rossa e di venire sballottati chissà dove ma niente di tutto ciò avvenne. Si udì una risata divertita e immediatamente alzarono tutti gli occhi al cielo, stupendosi di come non ci fosse nessuna traccia del tornado che poco fa stava imperversando furiosamente. Lucy gridò qualcosa e subito l’attenzione degli altri si focalizzò su di lei, pronti a salvarla nel caso stesse per precipitare o essere rapita. Non si sarebbero mai immaginati che la situazione fosse ben diversa da come la credevano.

Si sentì il suono di campanelli e undici figure si stagliavano contro la luce del Sole così da vanificare ogni tentativo di un riconoscimento; solo le ombre che erano proiettate a terra avrebbero potuto essere d’aiuto ma erano così strane che i ragazzi non riuscivano a capire cosa potessero essere. Quelle persone iniziarono a discendere e, mano a mano che una di esse scompariva in quelle che sembravano lucciole dorate, lanciarono a terra quelli che sembravano avvertimenti: frecce infuocate con dei messaggi che appena letti svanivano, turbini di sabbia e acqua, una scure, della lana rosa che sibilava come se fosse un serpente… cose strane, magie mai viste che, però, li tenevano all’erta.
A una quindici di metri dal suolo, ancora contro luce, era rimasta solo una figura, quella che, nella siluette, assomigliava di più a un essere umano tralasciando quei due triangoli che aveva in testa.
Qualcosa brillava sulla sua mano e, sebbene fosse uno sconosciuto e, per quanto li riguardava, un possibile nemico, sembrava che tenesse la mano di Lucy, quasi fosse il suo cavaliere, come se la volesse aiutare a scendere da cavallo. La figura spostò il suo sguardo verso il basso, dove erano riuniti gli amici della principessa protetti da Laxus e Mirajane in prima linea. Gli venne da ridere vedendoli così aggressivi e pronti a difendere la bambina da un fantomatico nemico quando non pochi giorni fa la ignoravano completamente. Ci sarebbe voluto molto tempo prima che riconquistassero la sua fiducia. Però, invece di scendere e dare un pugno al mago del fulmine che in primis avrebbe dovuto occuparsi della sua sicurezza, scelse di mettere in chiaro le cose –Se vengo ancora a conoscenza che Lucy ha pianto a causa vostra, non me ne starò buono come ho fatto in questi due mesi. Fatele del male e vi giuro su tutte le costellazioni che compongono il firmamento che non guarderò in faccia niente e nessuno che non ne uscirete illesi.- li avvertì minaccioso prima di fare un profondo baciamano e di ammiccare alla giovane principessa che gli sorrise sia esasperata che divertita sopra alla cavalcatura. Ma questo loro, ovviamente, non poterono vederlo.

Per un momento, inoltre, sembrò che la principessa fosse caduta e stesse precipitando. Laxus e Mirajane erano pronti per tornare in aria ma nella frazione di un battito di ciglia la bambina era ancora in sella al pegaso così che credettero che fosse stato solo un gioco di luce. Nessuno infatti si era accorto della terza persona la cui ombra era proiettata sulle mura del castello, una figura con delle ali e una coda che si stava dirigendo veloce verso una stanza nelle torri ad est. Lucy, invece, era atterrata illesa e serena sull’erbetta del giardino subito raggiunta dai propri amici –Lucy!- chiamò preoccupata la tata tornando normale e correndole in contro in capo al gruppo. Non poté avvicinarsi oltre perché Zeus s’impennò scalciando irritato –Ehi, buono!- gli disse Lucy tenendosi aggrappata alla sua lunga criniera grigia. Il pegaso girò la testa verso di lei e la principessa si ritenne fortuna ad essergli in groppa perché altrimenti le avrebbe potuto strappare i capelli, altro che tirarglieli per gioco. L’occhiata che le stava rivolgendo era facile da interpretare: gli doveva una spiegazione e gliela doveva dare subito. Peccato che lui non sarebbe cascato nel discorso delle traveggole suggestionate dalla luce del Sole quindi non le rimaneva che raccontare tutto e dargli una spiegazione più che logica della cosa. Eppure, per quanto odiasse nascondere qualcosa a Zeus, dentro di sé sentiva che quell’argomento era troppo… non lo sapeva neanche lei di cos’era troppo! Solo, non riusciva a parlarne, le parole non volevano uscire dalla sua bocca per quanto lei ci provasse. Così, dato che l’approccio diretto non funzionava, tentò almeno di allontanarsi dai suoi amici per affrontare quel discorso –Mi dispiace, non posso parlartene qui con loro, lo tratterebbero peggio di quanto facciano con Sting e Rouge. Se poi Loki-Leo e gli altri lo sapessero, non mi farebbero più uscire per incontrarlo sulle montagne e… woah!- esclamò presa alla sprovvista la bambina che si dovette aggrappare con tutte le sue forze alla criniera del pegaso che dopo un nitrito furioso si era alzato repentinamente in volo.
                                                                      
                                                                       ***
 
[Lucy]
Zeus stava sorvolando la parte est del castello facendo spericolate acrobazie in aria, scartando, frenando e accelerando a tale velocità che avevo chiuso gli occhi per la troppa paura di cadere –Basta! Smettila Zeus, così mi fai paura!- gli urlai impaurita stringendo ancora di più la criniera nonostante mi facessero malissimo le mani. “Che diamine gli sta succedendo?” Zeus non si era mai comportato in quel modo, non avrebbe mai fatto qualcosa per spaventarmi di proposito e nemmeno così tanto! Era come se si fosse dimenticato che ci fossi anch’io sulla sua schiena e si stesse sfogando in proposito a qualcosa. Serrai ancora di più gli occhi e sperai con tutto il cuore che Nyx notasse Zeus: a quel punto, era l’unica che potesse calmarlo. Se neanche lei ci fosse riuscita, allora avrei dovuto raccogliere quanto mi rimaneva di coraggio e saltare sulla sua groppa da cui avrei chiesto aiuto ai miei Spiriti Stellari. Non avrei permesso alle guardie di legarlo e sedarlo, non avrei permesso che mio zio lo vedesse così -Luce!- al suono di quella voce spalancai gli occhi e alzai il volto: Natsu si stava per lanciare in picchiata con Happy al seguito. Vedendolo arrivare, stranamente mi ero sentita sollevata e, per un attimo, avevo avuto la certezza che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Era ovvio che avessi cantato vittoria troppo presto.

Zeus nitrì e io lo guardai attonita perché avevo riconosciuto quel suono breve e profondo. Spaventata sulle possibilità di quanto quell’ipotesi potesse rivelarsi corretta, cercai i suoi occhi e, una volta trovati, mi sentii inevitabilmente precipitare. I suoi occhi, che di solito erano di un vivace e brillate azzurro, erano spenti e vuoti, nulla era rimasto del suo carattere giocoso e saggio. S’era andato e al suo posto erano riaffiorati una rabbia e un rancore che non avevano mai smesso di tormentarlo in tutti quegli anni. Fu allora che compresi che ruolo avevo io in quel momento e, quando sentii il ruggito di Natsu le cui mani si erano incendiate, mi rimase ben poco tempo per avere paura –Natsu no!- gli gridai mentre mi raddrizzavo e tiravo la criniera di Zeus che gli stava andando incontro.
Natsu, avendomi per fortuna sentita, aprì di scatto le ali così da rallentare la caduta mentre Zeus nitriva infastidito sbilanciandosi all’indietro –Lucy!- -Luce!- urlarono i due spaventati -Non intromettetevi!- sbottai invece io che dondolavo nel vuoto aggrappata alla criniera del pegaso che ora si trovava a testa in giù –Non credere di poterti sbarazzare così facilmente di me.- lo avvertii dandogli uno strattone che apprezzò davvero poco. Cominciò allora ad andare a zigzag per togliermi di dosso e, quando vide che non funzionava, mi riportò sulla sua groppa con l’intento di disarcionarmi –Avvicinati… ancora una volta… Natsu e giuro… che ti strappo le ali!- lo minacciai vedendolo per l’ennesima volta pronto a intervenire. Sebbene la frase l’avessi detta a singhiozzo a causa di quei repentini cambi di posizione, il mio avvertimento fu efficace e Natsu si tenne a distanza. Era un problema della mia famiglia quello, non avrei permesso che qualcun altro di intromettesse e risolvesse la situazione al posto mio. Un altro nitrito però attirò la mia attenzione così, sempre reggendomi come meglio potevo ai fianchi di Zeus e alla sua criniera, alzai il viso verso il cielo dove vidi una macchia scura dirigersi velocemente nella nostra direzione –Nyx!- esclamai sollevata ma mi resi subito contro dell’errore commesso. Zeus si bloccò di colpo e invertì a sua corsa, puntando dritto su Nyx che non si era ancora accorta di com’era relamente la situazione –Come se te lo lasciassi fare!- strattonò ancora la sua criniera e si sbilanciò verso destra così da farlo ruotare su sé stesso e mancare la cavalla. Nyx nitrì con disapprovazione e io sentii lo stomaco precipitare fino a terra quando Zeus tentò di nuovo di andarle contro una, due, tre, parecchie altre volte. Io continuavo a strattonargli la criniera e ad agitarmi sulla sua groppa per impedirgli di colpirla ma non sarei potuta andare avanti per sempre. Sebbene avessi l’adrenalina che mi scorreva a più non posso nelle vene, le mie dita si stavano intorpidendo a causa del freddo e la testa aveva cominciato a girare per colpa di tutte quelle acrobazie folli. Nyx era confusa dal comportamento di Zeus e questo la rendeva un obiettivo facile anche perché rimaneva sempre nei paraggi, preoccupata che io potessi cadere.

Ad un tratto Zeus provò un’altra volta a togliermi di dosso sgroppando improvvisamente e per pochissimo non persi la presa sulla sua criniera –Luce!- -Fermo Natsu!- inutile, per quanto lo avessi potuto minacciare o supplicare in quel momento, Natsu non aveva nessuna intenzione di arretrare. Fu in quel momento che Nyx si voltò verso di lui e Zeus partì alla carica per non sprecare quell’occasione. Stavolta non avrei potuto semplicemente spostarlo strattonandogli la criniera quindi, sussurrandogli delle scuse, mi arrotolai la mano destra nei suoi crini argentei e allungai la sinistra per afferrargli un orecchio e stringerlo più forte che potevo. Per mio grande sollievo Zeus s’impennò in aria, chiaramente infastidito da quel trattamento che gli stavo riservando ma era ormai chiaro che ne aveva avuto abbastanza di me. Con potenti colpi d’ala, cominciò a salire sempre di più dove le nubi impedivano la vista del cielo e oltre esse, credendo che così, finalmente, mi sarei tolta dai piedi.

-Non seguitemi!- urlai a Natsu e Nyx poco prima di sparire in un turbinio di nuvole grigie cariche di pioggia. Lì sarebbe stato impossibile distinguere Zeus e sarebbe stato più probabile che un fulmine mi beccasse in pieno visto come rimbombavano. Adesso avevo brividi in tutto il corpo e il respiro affannoso a causa della carenza di ossigeno data dall’altezza raggiunta. Zeus tentò di riproporre tutte le sue acrobazie ma al primo scatto sbandò totalmente e si dovette fermare un attimo per riprendere fiato e ritrovare la lucidità. Allungò la testa verso la groppa e sbuffò infuriato nel vedermi ancora sopra di essa –Eh, mi dispiace ma… la cocciutaggine l’ho presa da te…- ridacchiai divertita prima di tossire fortemente. Sorrisi amaramente, ero consapevole dei limiti che stavo superando a mio rischio e pericolo ma era più forte di me –Gomenne  Zeus, so che non vorresti che mi impuntassi in questo modo e se fossimo in un contesto diverso mi avresti quasi strappato via una buona manciata di capelli per questa mia testardaggine però non posso farci niente…- mi dovetti interrompere per un nuovo attacco di tosse e, dato che ero fuori dalla portata di Nyx e Natsu, mi concessi di accasciarmi sul suo forte collo. Non potei fare a meno di inspirare il suo odore che, nonostante tutto quello che stava succedendo, era rimasto lo stesso: pioggia e vento che si scatenavano dando vita a una tumultuosa tempesta che avrebbe spazzato via lo sporco.
Era sempre stato così con Zeus. Dal momento in cui i miei genitori se n’erano andati lasciandomi sola, se non fosse stato per Nyx e Zeus, forse non sarei più uscita dalla mia stanza e non avrei mai curiosato in giro per il castello con gli Spiriti Stellari o addirittura avere il coraggio di aprirmi con Sting e Rouge e disubbidire a mio zio sull’essere una principessa tutta panna. Non sarei diventata la bambina scatenata che ero, che a costo di soddisfare la propria curiosità e avere delle risposte andava contro le regole e i divieti che il mio ruolo mi imponeva. Era merito loro se sapevo camminare sulle mie gambe e se non ero cresciuta come una banale principessa viziata, se sapevo rialzarmi quando cadevo e non perdevo la fiducia in me stessa e la speranza quando tutto sembrava andare a scatafascio. Erano loro che mi avevano cresciuta, che non avevano mai lasciato il mio fianco e che mi amavano a discapito di tutto e tutti. Se Nyx aveva curato le mie ferite con la dolcezza e l’affetto che solo una madre può dare a una figlia, Zeus mi aveva letteralmente tirato fuori a spintoni dal vortice nero che mi stava trascinando a fondo. Era stato rude, irruento e a volte non aveva avuto un minimo di tatto ma era stato quel suo lato a conquistarmi e farmelo amare in un attimo. All’inizio mi era sembrato insopportabile visto che era sbrigativo, orgoglioso e cocciuto però, mano a mano che il tempo passava, mi accorgevo di quanto in realtà mi volesse bene. Non mi aveva permesso di deprimermi quando ero solo una poppante perciò io non gli avrei permesso di riportare alla luce vecchie storie che ormai non contavano più nulla.

Uno scossone mi riportò alla realtà e così aprii gli occhi a cui non sfuggì un piccolo guizzo di azzurro: fu allora che mi risvegliai completamente e osservai meglio Zeus. Sbatteva le palpebre e scuoteva la testa come se stesse avendo un conflitto interiore. In quel momento mi accorsi di quanto il mio respiro era affannato e sbarrai gli occhi quando l’idea di aver pronunciato ad alta voce quelle frasi mi si affacciò nella mente. Se così era stato, qualcosa nelle mie parole –una frase, una parola- aveva innescato quella reazione perciò, se avessi toccato di nuovo quella corda, avrei avuto una chance di riportarlo alla normalità. Avevo appena preso fiato per iniziare quando un lampo nero ci passò accanto di striscio; credetti che si trattasse di Nyx che aveva finalmente compreso la situazione ma, guardandolo più attentamente, quella macchia che appariva e scompariva nelle nuvole grigie era troppo piccola per poter essere la cavalla. Strabuzzai gli occhi quando mi resi conto di chi fosse ma non ebbi nemmeno il tempo di aprir bocca perché Blackjack cominciò a vorticare intorno al padre dandogli dei colpi con la coda e nitrendo fortemente. L’aggiunta di un altro seccatore non giovò alla lotta che stava avendo Zeus dentro di sé, anzi, peggiorò la situazione. Se si contava che aveva usato gran parte delle sue energie per tentare di togliermi di torno e se si aggiungeva il fatto che ci trovavamo in aria forse da mezz’ora e che l’ossigeno a disposizione non fosse della stessa quantità che c’era più in basso, le ali di Zeus, per quanto potenti fossero, stavano giungendo al loro limite. Sentivo il suo battito contro le mie gambe e sapevo che non c’era tempo. O lo facevo tornare in sé subito o ci saremmo spiaccicati al suolo come una cometa attratta dal campo gravitazionale del pianeta. Però come potevo fare senza ferirlo fisicamente o psicologicamente? Vedendo Zeus agitarsi per rimanere fermo in aria, Blackjack curvò e cominciò a dirigersi verso il padre a tutta velocità –No!- gli urlai ma ormai non aveva nessuna possibilità di fermarsi in tempo dato che le sue ali non erano ancora abbastanza forti per poter svolgere quella manovra. In quegli attimi, fu come se tutto si stesse muovendo al rallentatore.

Zeus che, troppo confuso e stanco, s’impennava imbizzarrito mentre stava per colpire con uno zoccolo la testa di Blackjack che stava cercando in tutti modi di fermarsi am che, inesorabilmente, sarebbe finito sulla traiettoria delle zampe del padre. Vidi con grande chiarezza quello che sarebbe successo dopo: Black jack sarebbe precipitato, Nyx l’avrebbe seguito senza pensarci una seconda volta e Zeus pure ma per un motivo totalmente diverso quale la perdita completa di energie; e io con lui. Magari Natsu e Happy avrebbero tentato di salvarmi finendo per cadere anche loro. Beh, io non avevo la benché minima intenzione di lasciare che questo accadesse per cui, anche allora, non ebbi tempo per pensare alla paura.           Lasciai andare la criniera e mi slanciai in avanti, placcando Blackjack stando attenta a non colpirgli le ali, e un attimo dopo stavamo già cadendo: Zeus ci seguì subito dopo visto che l’avevo sbilanciato. Alla confusione e alla stanchezza si aggiunse anche la rabbia per essere stato beffato da una ragazzina e, invece di tentare di riprendere quota, Zeus continuò a cercare di colpirci con i suoi zoccoli nitrendo furiosamente. A quel punto qualcosa scattò dentro di me tanto che mi voltai a mezz’aria e spalancai un braccio per proteggere il piccolo pegaso mentre con l’altro lo tenevo vicino a me.

Zeus si fermò guardandomi sospettoso, come se potessi giocargli un brutto tiro anche mentre stavo precipitando –Avanti, che cosa diamine aspetti? Non volevi colpirmi per averti quasi strappato la criniera e per averti stritolato un orecchio?- gli urlai allora fregandomene del vento che infuriava nelle mie orecchie –Se questo ti farà sentire meglio, calpestami quanto ti pare e piace, basta che ritorni in te! Io ti rivoglio indietro!- sapevo che Zeus mi stava guardando ma le lacrime mi  offuscavano la vista e non riuscivo a vedere altro che nuvole grigie e nere che s’illuminavano a causa dei lampi –Perché continui a tormentarti con tutto questo? Perché ti stai facendo del male da solo? Perché dubiti di te stesso? Quante altre volte devo ripetertelo? Non m’importa niente di ciò che hai fatto in passato, non me n’è mai importato nulla! In tutti questi anni ci sei sempre stato, mi hai insegnato tante cose, mi hai sempre sostenuta, mi hai sgridata, mi hai fatto i complimenti, mi hai aiutato a superare le mie paure, hai giocato con me, mi hai consolata, mi hai sempre tirato su di morale! Non mi hai mai fatto mancare nulla, meno che mai l’amore che avrebbe dovuto darmi mio padre! E sai che c’è? Quando ho visto Blackjack la prima volta, mi sono sentita gelosa di lui!- ormai ero partita in quarta e non mi sarei fermata per nulla al mondo -Che lui sia vostro figlio naturale lo so bene e avevo paura che ormai io sarei stata accantonata… secondo te chi è che mi ha fatto capire che questo non sarebbe mai successo? E’ stato un vecchio pegaso farabutto che mi ha tirato i capelli come suo solito per estorcermi le zollette di zucchero che tanto gli piacciono!- la voce mi si stava incrinando e, per quanto cercassi di darmi un contegno, quella nota non si poteva coprire con i capelli che nascondevano le mie lacrime -Hai idea di quante cose ho scoperto perché tu mi hai insegnato a non farmi bloccare dalla paura? Hai idea di quanto, in questi anni, mi sia sentita come la bambina più felice del mondo perché accanto a me c’eri tu? Hai una vaga idea di quanto io ti voglia bene? Ti sei sempre fatto in quattro per proteggermi e mi hai tirata fuori a forza da quello schifoso vortice in cui stavo cadendo quando mamma e papà se ne sono andati. Non mi hai permesso di piangermi addosso rischiando di farti odiare da me quindi ho tutto il diritto di sbatterti fuori da quelle inutili pare mentali che ti stai facendo perciò apri bene quelle orecchie perché non ho intenzione di ripetertelo!- presi un bel respiro fino a quando sentii che i miei polmoni non potevano più contenere altro ossigeno e con la mano libera mi tirai indietro i capelli dalla faccia cosicché mi potessi vedere bene.

-La mia mamma e il mio papà non se ne sono mai andati da qua e so che non lo faranno mai! La mia mamma è la più dolce e la più bella del mondo, è nera come la notte più serena e i suoi occhi sono del colore della cioccolata più buona di tutta la terra! Il mio papà è il più forte e il più veloce di tutti, luminoso come la Luna che comanda sovrana la notte, impetuoso come una tempesta e giocoso come lo splendente cielo azzurro estivo! Mi hanno dato tutto l’amore che non avrei mai ricevuto senza di loro e mi hanno pure fatto il dono di avere un fratellino fantastico e intelligente anche se ne combina una ogni tre per due quindi il re e la regina di Magnolia possono anche starsene dove sono perché io ho già tutto quello di cui ho bisogno! Perciò, ti prego… Restituiscimi mio padre, Perseus! Ridammelo, ti supplico! Ho bisogno del mio papà!- questo gridai con tutto il fiato che avevo in gola prima di mettermi a singhiozzare.

Questa era la verità, i miei genitori potevano anche non tornare più a Magnolia, avevo già una famiglia che si prendeva cura di me. Avevano preferito partire alla volta del mondo invece che rimanere con me, si erano persi interi anni della mia vita quando avrebbero potuto passarli insieme a me. I miei amici, Sting e Rouge, Natsu e Happy, i miei Spiriti Stellari, Nyx, Blackjack e Zeus mi erano più che sufficienti, non avevo bisogno di estranei che avrebbero cercato di creare un legame con me dopo sei anni di silenzio totale. Il vuoto e le ferite che avevano lasciato ormai erano scomparse come se non fossero mai esistite. Adesso che avevo ritrovato i miei amici, che Sting e Rouge mi erano venuti a trovare, che avessi fatto amicizia con Natsu, che stessi imparando a diventare una Maga degli Spiriti Stellari, mi mancava solo di far sapere ai miei veri genitori quanto significassero per me.

Sbucammo fuori dalle nuvole proprio in quel momento e in pochi secondi vidi arrivare di gran carriera Nyx ed Happy subito superati da Natsu che cercò di afferrarmi un braccio ma io non glielo permisi. Feci un giro su me stessa e gli consegnai Black jack che stava scalciando per rimanere con me –Portalo da Nyx!- gli gridai –Sei impazzita se pensi che ti lasci precipitare!- mi ringhiò contro lui ma io non avevo tempo per discutere –Qui non sei nel tuo regno, principe, ma nel mio quindi fai come ti dico e fidati di me!- gli ordinai allora prima di mostrargli il marchio impresso sulla mia mano –Questo me lo sono guadagnata o la prova di ieri era solo una finzione?- -Certo che no!—Allora smettila di preoccuparti e assicurati che mio fratello torni da mia madre sano e salvo! Dille di credere in me!- vedevo l’esitazione sul viso di Natsu che non accennava a spostarsi –Ti ho fatto una promessa, Luce, ho giurato che ti avrei protetta a qualunque costo quindi te lo puoi scordare che stia in disparte a guardarti mentre ti sfracelli al suolo!- a quelle parole, non so perché, mi venne da ridere -Non sarà di certo una così banale caduta dal cielo a fermare l’esistenza di una stella!- prima che potesse controbattere gli misi in braccio Blackjack e lo spinsi via tornando a cadere. La mia mente aveva cominciato a lavorare come una pazza nel tentativo di individuare quale forma dell’Abito Stellare avrei dovuto assumere mentre il suolo si avvicinava sempre di più. La forza di Taurus e Loki-Leo le scartai così come i colpi di forbice di Cancer, la sabbia di Scorpio, le frecce di Sagittarius, l’acqua di Aquarius, i poteri illusionistici di Gemini e le abilità da scavatrice di Virgo. Avrei potuto usare l’agilità di Capricorn per rallentare la caduta aggrappandomi ai rami degli alberi rimediando qualche graffio, massimo una slogatura, ma con me c’era anche Zeus. Anche ipotizzando che arrivassi a terra prima di lui, mi cambiassi velocemente e usassi la forza di Taurus, c’era da considerare la velocità con cui stava cadendo che aumentava di metro in metro: anche chiamando lo Spirito, avrei potuto provocargli molte fratture interne, se non peggio! L’unica alternativa sembrava usare la lana di Aries come cuscino per attutire la caduta ma non ero sicura di riuscirne a produrne così tanta in così poco tempo per impedirci di creare un cratere nel suolo e romperci l’osso del collo. Stavo cedendo al panico proprio quando mi sentii tirare indietro per il colletto della maglietta. Credevo fosse Natsu tornato per salvarmi ed ero già pronta per prenderlo a pugni per quella sua testaccia prima che il mio sguardo incontrasse dei limpidi occhi azzurri, un colore immacolato e talmente chiaro che in molti credevano che fosse sinonimo di freddezza e distacco. No, quello era l’azzurro di un imprevedibile e birichino cielo estivo che, da una splendida giornata di Sole, poteva portare un impetuoso temporale.

Zeus mi guardò fissa negli occhi per degli interminabili secondi prima di annuire; vedendo quel gesto, sentii il mio viso aprirsi in un mega sorriso e in un attimo tutte le mie preoccupazioni svanirono nel nulla –Facciamolo!- gli dissi mentre una luce mi avvolgeva tutta, modellando il mio Abito Stellare dell’Ariete composto da degli stivaletti beige, una gonnellina e una canottiera color panna, e un cerchietto lilla che mi tirava indietro i capelli. Le mie chiavi tintinnavano allegramente appese al mio fianco e in quel momento seppi che anche i miei Spiriti erano con me: percorsa da una nuova scarica di adrenalina, gridai a Zeus che ero pronta. Racimolando quelle poche forze che gli erano rimaste, Zeus mi prese per la collottola e aprì al massimo le ali contraendo i muscoli affinchè non si chiudessero o si piegassero al vento che avrebbe potuto slogarle a non meno di una settantina di metri dal suolo. La terra si avvicinava sempre più rapidamente ma io presi un bel respiro profondo e chiusi gli occhi per concentrarmi. Pregai Hamal, una delle stelle principali della costellazione dell’Ariete, chiedendogli di prestarmi la sua forza così come aveva fatto Regulus qualche due mesi prima. Una calma assoluta s’impadronì di me e mi sembrò di sentire il morbido vello di un giovane agnello che mi solleticava il volto. Immaginai quella stessa morbidezza avvolgerci entrambi e proteggerci da ciò che il mondo ci avrebbe riservato. Le urla di Natsu e Happy, i nitriti spaventati di Nyx e Blackjack non scalfirono minimamente la calma che mi aveva invaso: si stavano preoccupando per niente. Io ce l’avrei fatta.
Appena i fruscii delle foglie degli alberi mi giunsero alle orecchie, aprii piano gli occhi e allargai le braccia mentre i mie palmi s’illuminavano di bianco. Gli alberi ci venivano incontro con i rami protesi verso l’alto come per accoglierci a braccia aperte ma ormai la magia era incominciata. L’ultima cosa che vidi prima che tutto fosse inghiottito nell’oscurità furono gli sgargianti colori delle foglie autunnali che cadevano al suolo galleggiando serene nel vento.
 
                                                               ***
 
-…e …uce!- la principessa mugugnò infastidita da quella voce che le stava rovinando il sonno e si rigirò in quel dolce buio e morbido. Stava facendo un sogno fantastico, lei e i suoi Spiriti stavano facendo mangiare la polvere ai suoi amici a nascondino che non avevano nemmeno idea di quello che stava realmente accadendo. Poi era arrivato Zeus e avevano fatto un’entrata in scena spettacolare ed era apparso anche Natsu che l’aveva presa prima che potesse cadere e poi -…ce …Luce!- Zeus aveva perso il controllo ed era caduto dal cielo con lei che aveva attivato l’Abito Stellare dell’Ariete grazie al quale aveva creato una barriera lanosa attorno a loro per impedire che si sfracellassero al suolo.
Lucy spalancò all’istante gli occhi, completamente sveglia, e in quel momento un debole raggio di Sole penetrò nel guscio di lana mostrando il volto di un preoccupatissimo Natsu che la prese per un braccio tirandola fuori a forza. Una volta di nuovo all’aperto, la bambina non fece nemmeno in tempo a guardarsi attorno che Happy le si fiondò tra le braccia mentre Natsu l’abbracciava forte –Meno male che stai bene!- soffiò estremamente sollevato che la principessa non fosse rimasta ferita –Eheh, te l’ho detto che una stella non si sarebbe fatta nulla per una caduta così banale.- ridacchiò la bambina venendo subito sgridata da Happy che le dava dei piccoli pugnetti sul petto con le lacrime agli occhi, ancora spaventato da quello che avrebbe potuto succederle. Lucy gli accarezzò la testolina per tranquillizzarlo senza dire nulla sotto lo sguardo attento, sollevato e orgoglioso(?) di Natsu. All’improvviso però si udirono dei nitriti e allora la principessa tornò in sé –Zeus!- chiamò preoccupatissima mollando Happy in braccio al bambino e mettendosi a correre per raggiungere il pegaso.

Scostò un paio di rami e cespugli e vide Nyx e Blackjack che osservavano apprensivi Zeus che si stava alzando in piedi ripiegando con cura le ali esauste sulla schiena. Fece per nitrire così da rincuorare la cavalla e il cucciolo quando i suoi occhi si posarono su di lei. Le sue iridi erano specchi d’acqua, limpidi e sereni come se li ricordava, aveva il portamento fiero di un guerriero infaticabile e il cuore amorevole del più buono degli uomini. Era la roccia su cui poggiava tutta la sua vita, il modello che voleva tentare di raggiungere una volta cresciuta, colui a cui affidava ogni suo sogno e desiderio –Papà…- era suo padre.

Vedendolo lì, in piedi, sano e salvo, decise che ormai poteva anche smetterla di fare la coraggiosa: infatti, in un paio di secondi, cominciò a piangere a dirotto mentre accorciava la distanza tra lei e il pegaso abbracciandogli il collo. Non riuscì a dire nulla a causa dei forti singhiozzi che le scuotevano il petto e le bloccavano la gola ma ad un certo punto si ritrovò seduta fra Zeus e Nyx e con Blackjack accoccolato fra le sue gambe all’interno della grotta sotto il castello. Le lacrime, che racchiudevano lo spavento preso per quel volo spericolato e la paura che il pegaso non sarebbe più tornato come prima, le rigavano ancora le guance ma Nyx le stava asciugando sfregando contro le sue gote il naso che gliele solleticava leggermente, strappandole così un piccolo sorriso mentre Blackjack la fissava, se curioso per quella sua reazione o preoccupato non lo sapeva dire. La bambina si girò verso Zeus che la guardava attentamente, gli occhi azzurri che tentavano di celare la frustrazione e la rabbia che provavano per loro stessi. Lucy riusciva quasi a vedere le paure del pegaso che, sebbene fosse vicino, sembrava assistere alla scena in disparte, quasi non fosse degno di poterle stare accanto.

La principessa avanzò verso di lui stando sulle ginocchia fino ad abbracciargli il muso –Perseus ti ha lasciato tornare. Ha capito che ormai il suo tempo si è concluso, che non è più necessario che tu combatta come un tempo. Avrei tanto voluto ringraziarlo per averti condotto fin qui, per ciò che ti ha fatto diventare.- gli sussurrò guardandolo fisso in uno dei suoi chiari occhi –E’ ora che tu accetti il tuo passato, che tramuti ciò che hai imparato allora in qualcosa che potrebbe servire un giorno a me o a Blackjack per sopravvivere. Non sarà facile né bello ma almeno provaci, confida nel fatto che ci saremo noi a farti tornare indietro, che non gli permetteremo di farti ancora del male.- gli disse accarezzandogli il collo senza mai scostare lo sguardo –Ricordi cosa ti ho promesso quel giorno? Ti ho promesso che avrei reso fieri i miei genitori diventando la più brava delle principesse. Beh, mi dispiace, non ce la faccio.- confessò un tantino imbarazzata la bambina prima di riprendere, però, con determinazione -Sono consapevole di non essere il tipo di principessa che ci si aspetterebbe ma non ci posso fare niente. Sono stanca di questa farsa, se devo indossare una maschera e tacere per farmi piacere ai principi e ai lords, non ci sto. Che parlino alle mie spalle, che spettegolino, che mi additino come “ragazza cresciuta in una stalla”, non faranno altro che spronarmi a comportarmi come al solito. Non dico di non voler seguire le indicazioni dell’etichetta ma non permetterò che mi usino per i loro piani solo ricorrendo a un vecchio foglio di carta spiegazzato. Mi rispetteranno e mi disprezzeranno ancora di più per il semplice fatto che non mi farò mettere i piedi in testa da nessuno, perché non avrò paura di dimostrare quanto valgo, quanto in realtà l’essere stata “cresciuta in una stalla” mi abbia reso non solo più forte ma chi io sia oggi. Perciò che anneghino nelle loro false speranze, ingegnando chissà quale piano per accaparrarsi le ricchezze del mio regno o per prenderne il comando… si accorgeranno troppo tardi che li ho già fregati da tempo e che non potranno fare nulla per cambiarmi. Dopotutto, non è forse impossibile controllare la corsa delle stelle?- dire che Zeus fosse rimasto scioccato sarebbe ben poco. Era rimasto completamente attonito.

Fin da quando il re e la regina se n’erano andati, il suo compito era stato quello di proteggere la loro bambina, quella nanerottola che si reggeva a malapena in piedi, che se ne stava sempre nella sua tenda da sola e che aveva paura a parlare con qualcuno. Da allora aveva fatto quanto aveva potuto per far sì che crescesse in forze, magari qualche volta era stato severo ma solo perché voleva che capisse che in alcuni momenti avrebbe potuto contare unicamente su sé stessa. Adorava quella bambina ed era sempre felice quando veniva a trovarlo ma fin dall’inizio era stato consapevole che pian piano avrebbe dovuto farsi da parte: non era suo padre, non era nemmeno un uomo, non poteva pretendere che gli venisse concesso di occuparsene per completo. Così l’aveva osservata da lontano, senza intervenire direttamente nelle sue giornate, lasciando a lei la scelta di andare da lui o rimanere con i suoi amici, sebbene fosse stato duro l’imporsi di rimanere nell’ombra e di agire solo in situazioni di emergenza. Non si fidava per niente del reggente ma confidava che Mirajane e Laxus avrebbero saputo sorvegliarla al meglio dentro il castello. Lui aveva solo il dovere di proteggerla nel caso qualcuno volesse attentare alla sua vita. Perciò, quella mattina, vedendola con quel bambino, un odio antico gli aveva percorso tutto il corpo. Loro gli avevano tolto la sua famiglia, non gli avrebbe permesso di portargli via ciò che di più prezioso aveva al mondo. Così a causa di quel rancore e di quella paura, aveva perso il controllo rischiando di far del male a colei che aveva giurato di proteggere. Doveva aspettarsi che l’avrebbe sorpreso -in tutti quegli anni ci era sempre riuscita- ma non avrebbe mai potuto pensare a ciò che era effettivamente successo.

Sebbene lui avesse perso il controllo e l’avesse sballottata di qua e di là, non si era fatta prendere dal panico anzi, aveva mantenuto un sangue freddo davvero impressionante. Chiunque, nel bel mezzo di quelle acrobazie, per la paura, si sarebbe abbandonato ai suoi movimenti finendo infine per cadere di groppa ma lei non solo si era opposta, gli aveva fatto tirato criniera e orecchio per impedirgli di colpire Nyx e Blackjack. E c’era da aggiungere che si era subito parata davanti al cucciolo quando aveva intuito che avrebbe potuto beccarlo con uno zoccolo, senza curarsi del fatto che sarebbe stata in balìa della gravità da sola. Inoltre, si era rifiutata categoricamente di mettersi in salvo affidando invece Blackjack a quel bambino. Per non parlare di come aveva creato in pochissimo tempo quella bolla protettiva di lana!
La guardò come se fosse la prima volta che la vedesse; da dove arrivava quel sorriso sbarazzino di chi era stato colto a fare uno scherzo? E quel luccichio che le illuminava gli occhi? Da dove proveniva quel modo di porsi, quell’atteggiamento di sfida, quella calma glaciale con cui l’aveva affrontato poco prima? Da quando possedeva quella grinta, quella voglia di cambiare le cose? Dov’era finita quella nanerottola troppo timida per parlare anche con un suo coetaneo, che non riusciva ad addormentarsi la notte, che ogni volta che cadeva piangeva come una fontana alzando le braccine verso di lui perché al consolasse, che cercava la sua approvazione, che aveva paura di qualunque cosa non avesse mai visto, che si affidava a lui, che giocava assieme a lui, che gli regalava piccoli ma luminosi e speciali sorrisi che nessun altro tranne lui avrebbe mai potuto ammirare?

Dov’era quella nanerottola insicura, impacciata e impaurita che aveva bisogno della sua protezione e delle sue cure? Non era possibile che quella bambina che gli stava davanti fosse lei eppure era lei, non c’erano dubbi, il calore che emanava era lo stesso. Aveva distolto un attimo l’attenzione da lei ed eccola camminare a testa alta fra la gente, senza farsi mettere i piedi in testa da nessuno ma mantenendo quel suo carattere gentile, iperattivo e altruista. Aveva ragione chi diceva che il tempo era una gran carogna.

Zeus sbuffò rassegnato prima di mordicchiare una ciocca di capelli della principessa che protestò sonoramente anche se in fondo non ce l’aveva con lui e Lucy seppe che tutto era tornato alla normalità. In lontananza si udivano le campane della Cattedrale di Kardia suonare e la bambina fece ritorno alla realtà –Il pranzo!- esclamò all’improvviso saltando in piedi in un batter d’occhio –Accidenti, avevo promesso a Levy che avremmo mangiato insieme oggi e Mira mi ucciderà se arrivo in ritardo.- disse tra sé e sé camminando avanti e indietro in cerca di una soluzione. Zeus, Nyx e Blackjack poterono quasi veder brillare sopra la sua testa una lacrima di luce –Ma certo!- si voltò verso i tre cavalli con gli occhi spalancati –Un pic-nic! Se Mira sapesse che avevo già in programma un pic-nic con voi, di sicuro non se la prenderebbe e io avrei salva la vita.- Nyx le lanciò un’occhiataccia e un nitrito di rimprovero ma ormai la bambina non stava più ascoltando –E’ un’idea perfetta, geniale! Ma che sto facendo ancora qui, devo andare subito in cucina!- saltellò fino all’entrata della loro grotta prima di girarsi e puntare il dito su Zeus –Tu non ti muovere da qui, non ti azzardare a muovere nemmeno un solo muscolo mi hai capito? Domani farò chiamare Polyuschka per farti dare una controllata alle ali e vedere se è tutto a posto quindi per il momento lascia da parte quella tua aria orgogliosa e fatti coccolare da Nyx e Blackjack. Dopotutto non sei più giovane, vecchio farabutto, quindi faresti meglio a riposarti.-gli ricordò ridacchiando Lucy prima di sparire dalla loro visuale.

La bambina chiamò Natsu ed Happy e, nel tragitto che portava fino al tunnel segreto nelle mura, gli disse che sarebbe entrata da un passaggio nascosto nelle cucine, avrebbe rubato un paio di panini, prosciutto, dolci, acqua, latte, mele e zuccherini per un pic-nic coi fiocchi: una volta entrati nella rete di gallerie segrete del palazzo, sempre controllando la mappa, Lucy gli spiegò come mai Zeus aveva avuto quell’improvviso attacco d’ira. Quando era solo un cucciolo –di qualche anno più grande di Blackjack-, era stato prelevato dalle foreste in cui viveva con il suo branco e portato in un covo di luridi allibratori che guadagnavano la maggior parte dei loro profitti grazie alle lotte in gabbia fra animali, non importava di quale tipo o se erano della stesse specie le creature che combattevano fra di loro. Sta di fatto che di quei tempi i cavalli normali rendevano poco e i loro incontri non entusiasmavano il pubblico così un allibratore aveva avuto l’idea di provare a far gareggiare a sorpresa un pegaso dato che giravano delle voci sulla loro resistenza e forza. Per scoprire se quei pettegolezzi fossero veri, appena Zeus fu arrivato da loro, i suoi aguzzini lo buttarono in una gabbia in compagnia di un gruppo di cani rabbiosi, s’intascarono la chiave e lo mollarono lì. Tornarono solo a sera inoltrata con l’allibratore sopracitato che, sentendo dei tonfi, corse a controllare di persona cosa stava succedendo.

Il manto argenteo di Zeus era schizzato da macchie di sangue rappreso mentre gli zoccoli continuavano a schiacciare il cranio ormai spaccato dell’ultimo cane che aveva tentato di azzannarlo: era solamente un cucciolo, non aveva mai dovuto lottare per sopravvivere né tantomeno uccidere un altro essere vivente per rimanere in vita. Quel tic che lo portava a sbattere gli zoccoli era solo la conseguenza di un processo psicologico: qualcosa nella sua mente si era spezzato, qualcosa era nato per proteggere quel cucciolo di pegaso che non sapeva difendersi, lo shock aveva creato un’altra entità che aveva tutti i requisiti per sopravvivere. Quel giorno nacque Perseus, il Distruttore, il campione che arricchì all’inverosimile quell’allibratore che lo allenava personalmente ad essere brutale e letale e che assisteva ad ogni suoi incontro. L’aveva trasformato in una macchina assassina cinica e implacabile il cui unico scopo era quello di continuare a bagnarsi nel sangue dei suoi avversari. E avrebbe continuato così se un giorno, nella sua stessa cella, furono gettati due cuccioli di pegaso, fratello e sorella, il primo dal manto marrone e la seconda beige.
La cavalla non riusciva ad alzarsi, la zampa era piegata in modo innaturale e il fratello cercava di aiutarla ma Zeus sapeva, dopo sei anni passati in quel posto, che sarebbe morta presto e in modo cruento: a quell’uomo non servivano animali difettosi e magari l’aveva gettata nella sua gabbia perché fosse lui a finirla. Così aveva cominciato ad avvicinarsi quando il pegaso si era volto verso di lui nitrendo all’impazzata per farlo stare indietro; Zeus non era di certo arretrato ma ero rimasto sorpreso nel vedere quel piccolo pegaso tentare di proteggere la sorella. Però, appena udì il latrare furioso di un cane e il ringhiare di un orso, anche il cucciolo prese a tremare e allora Zeus ne approfittò per sferrare due potenti calci alle sbarre della gabbia accompagnati da un lungo nitrito infastidito dopo il quale calò il silenzio più assoluto: chiunque riuscisse a sopravvivere per più di una settimana lì dentro sapeva che era lui che comandava. Udendo i versi terrorizzati dei due animali, aveva sbuffato divertito e si era preparato davanti all’entrata della gabbia dove, pochi istanti dopo, era venuto a prenderlo l’allibratore accompagnato da due aguzzini per la sua prossima gara.

Una volta tornato, era coperto dal sangue della sua ultima vittima, un ippogriffo che gli aveva dato parecchio filo da torcere: era stanco, voleva dormire per bene ma qualcuno occupava il suo giaciglio. Lanciò un nitrito furibondo al che i due pegasi si svegliarono di soprassalto, impauriti dal terribile aspetto di Zeus che troneggiava sopra di loro. Anzi, la piccola aveva una paura tremenda ma il fratello lo guardava incuriosito, quasi non capisse come mai il suo mantello fosse sporco e perché se l’era presa così tanto per un giaciglio. Quello sguardo innocente lo fece andare in bestia, non voleva rivivere i ricordi antecedenti alla sua cattura, non voleva qualcuno che gli ricordasse costantemente cosa gli avevano portato via quel giorno. In quel momento passarono davanti alla sua gabbia l’allibratore e un paio di aguzzini che ghignavano vedendo Zeus infastidito dalla presenza dei due cuccioli mentre il loro capo gli prometteva che avrebbe dovuto sopportare quelle pesti solo per qualche giorno, giusto il tempo di decidere cosa farsene. Fu allora che si rese conto di ciò che significava il fatto di avere due cuccioli di pegaso nella stessa cella e, a quel punto, qualcosa dentro di lui si mosse. Scattò verso le sbarre della gabbia e sbatté gli zoccoli con forza sopra di esse facendo spaventare gli aguzzini e sussultare l’allibratore: anni fa aveva rinunciato a combattere per sé stesso ma non avrebbe permesso che altri cuccioli subissero ciò che aveva dovuto sopportare lui. Era quello che voleva trasmettere con quel suo scatto repentino ma nessuno di quegli uomini lo comprese, anzi, credettero che se ne volesse disfare al più presto.

Dopo l’aver trovato una lince nella gabbia una volta tornato da una gara, l’aver sentito che nell’acqua data ai due cuccioli ci fosse qualcosa di tossico e l’aver impedito che attirassero il pegaso fuori dalla gabbia con una carota, aveva deciso di tenerli sott’occhio. Non si avvicinò mai troppo a loro, non li toccò e nemmeno li consolò una volta, dovevano avere paura di lui e provare disgusto e rabbia per ciò che era diventato, per ciò che si era lasciato diventare. Fatto sta che una notte, lo svegliò il nitrito del pegaso che preoccupato stava davanti alla sorella che gemeva in modo angustiante. A Zeus era bastata un’occhiata per individuare che la causa era in quello che aveva bevuto: tornato dall’ennesimo combattimento, aveva trovato la sua ciotola vuota ma, troppo stanco, si era detto che ne se erano dimenticato. Invece, quella cavallina che nemmeno si sapeva reggere in piedi gliel’aveva bevuta tutta perché aveva capito che qualcuno voleva avvelenarlo.
Zeus voleva mettere qualcosa sotto gli zoccoli, tornare nell’arena e combattere così da dimenticarsi quello che aveva permesso accadesse, però, in quel momento, una figura apparve alla luce della Luna coperto da un lungo mantello, aveva armeggiato un po’ con la serratura che si era aperta ed era entrato, trovandosi la strada sbarrata da lui. Non si fidava degli uomini, li odiava perché lo avevano reso un mostro che non sapeva fare altro che uccidere, ma, incredibilmente quella sera, permise che quell’umano portasse via la cavalla. Non l’aveva minacciato né l’aveva bastonato: aveva guardato in che condizioni era la gabbia fino a che il suo sguardo non era passato su di lui e alle macchie di sangue che incrostavano il suo manto grigio ormai sporco; l’aveva guardato negli occhi senza paura e l’aveva supplicato di lasciargli prendere la cucciola e di portarla da un bravo medico che le avrebbe salvato la vita. Inoltre, quando se ne stava per andare, si era voltato ancora una volta verso di lui e l’aveva pregato di resistere ancora per qualche giorno perché sarebbe ritornato e li avrebbe liberati tutti. Erano solo parole, parole dette da un essere umano per giunta, ma Zeus aveva visto che nel suo sguardo c’era solo una rabbia genuina per quello che aveva visto.

-Quell’uomo era il principe di Magnolia.- Natsu ed Happy sbarrarono gli occhi esclamando in coro –Tuo padre?!- la bambina ridacchiò mentre si sistemava la cesta con dentro tutto quello che avevano rubacchiato nella cucina –Aveva ricevuto una soffiata e quindi era andato a controllare di persona. Tornò come aveva promesso pochi giorni dopo con un’intera armata ai suoi ordini. Quando entrarono nell’arena, Zeus stava combattendo contro tutti gli altri vincitori: l’allibratore voleva che tutte le prove fossero in qualche modo cancellate e quindi aveva indetto l’ultimo spettacolo. Se Zeus fosse riuscito ad ucciderli tutti quanti, avrebbero sparato a lui e al cucciolo altrimenti, se fosse caduto prima, avrebbero semplicemente lasciato che gli animali finissero il loro lavoro e se la sarebbero data a gambe. Sono arrivati in tempo ma pure i soldati hanno faticato non poco per mettere fine a tutta quella baraonda. - spiegò Lucy svoltando a destra –Perché? Che è successo?- alla domanda dell’Exceed blu, il volto della principessa di rabbuiò –Quando combatte, Perseus non ha riguardi per nessuno, continua a colpire l’avversario finchè questo non smette di muoversi. Adora fare del male agli esseri viventi, ama vedere le sue vittime agonizzanti e coperte di sangue ai suoi piedi. Lui vive di questo, non conosce nessun altro stile di vita perché è stato creato con l’unico scopo di proteggere Zeus, quel cucciolo di pegaso strappato via alla propria famiglia e costretto ad uccidere per rimanere in vita. L’arena era il suo palcoscenico e quella sera non si tirò indietro solo perché c’era più di un avversario che voleva fargli la pelle. Potete immaginare cosa accadde quella notte.- disse amaramente la bambina guardata a vista da Natsu.
-Li ha uccisi tutti.- dedusse e la principessa annuì –Fu una carneficina. Il suolo era un immenso lago di sangue e Perseus aveva appena dato un poderoso calcio al cranio di un orso grosso il doppio di lui che rovinò a terra, ormai morto. I soldati che non erano impegnati a catturare quelle schifose carogne erano talmente terrorizzati a quella vista che stavano per uccidere anche lui ma non erano in grado di arrivare ad una distanza ravvicinata per finirlo con le lance perché scalciava come un matto. Il cucciolo gli si era parato davanti e lui pensava che fossero venuti ad ammazzarlo per cui non si fece nessun problema a sfondare un paio di armature.- -Aspetta, credevo che stessimo parlando di Perseus.- la fermò Happy visibilmente confuso –Ha ragione, come mai non ha attaccato anche il pegaso?- domandò Natsu –Perseus lo avrebbe di sicuro ferito ma Zeus si era promesso di proteggerlo perché in qualche modo lui si rivedeva in quel cucciolo. Sarebbe stato forzato a combattere, a uccidere per rimanere in vita proprio com’era successo a lui. Stava lottando contro Perseus, contro sé stesso, per impedirgli di fargli del male e questa sua battaglia interiore non gli faceva capire più niente, confondeva i buoni dai cattivi.- rispose Lucy prima di continuare -Fortunatamente il principe si era accorto di ciò e quindi intervenne prontamente, prima che i suoi soldati commettessero qualcosa di irreparabile. Alla fine bruciò quel luogo, tornò a palazzo e fece giustiziare quei mostri.- -E il cucciolo e sua sorella? Che fine hanno fatto? E come ha fatto Zeus ad ambientarsi se odiava gli uomini?-Lucy si pose un dito sulle labbra, facendo segno a Natsu e Happy di stare in silenzio mentre sbirciava da sopra il tetto delle stalle. Quando si fu accertata che non ci fosse nessuno nei paraggi, cominciò a scendere ma il bambino l’afferrò e la depositò a terra superando quell’altezza grazie alle sue ali, esattamente come aveva fatto quando erano entrati. La piccola lo ringraziò prima di condurlo di nuovo al passaggio segreto che conduceva fuori dalle mura.

Una volta che furono dentro e che fu attivato il bagliore di Regulus che la fece letteralmente brillare, Lucy proseguì nel suo racconto –Il principe si assicurò che vennero curati e, quando si furono completamente ristabiliti, li fece tornare dal loro branco. Mentre Zeus… beh, anche se era tornato in forze era ancora un pericolo per sé stesso e per gli altri. Aveva passato sei anni dentro a quell’Inferno, Perseus aveva acquisito troppa libertà e poteva scatenarsi anche sentendo un odore che gli ricordava quella prigione. Così il principe decise di rieducarlo sebbene tutti a corte gli consigliassero di porre fine alle sue sofferenze…- -Luce, perché lo chiami “principe” e “re”?- quella semplice domanda fattale da Natsu la fece fermare e una smorfia le disegnò le labbra –Tutti credevano che fosse impossibile che Zeus superasse il suo trauma, davano per scontato che Perseus avrebbe sempre preso il sopravvento sulla sua psiche. Ebbene, contro ogni previsione, lui ci riuscì. Lo provocava, lo incitava a distruggere oggetti che trovava in una sala che aveva adibito a quello scopo e a colpirlo se ci riusciva: Perseus rispondeva a quelle sfide ma il principe riusciva sempre a sfuggirgli e ad atterrarlo; avrebbe voluto evitarlo ma nei primi tempi fu necessario per parlargli. Solo questo faceva. Gli parlava francamente perché sapeva che Zeus era una creatura intelligente. Aveva subìto un grosso shock, era stato torturato e indotto a uccidere altri essi viventi ma questo non significava che nel profondo lui fosse cattivo. E glielo ripeteva fino allo sfinimento, rischiando di prendersi uno zoccolo in mezzo agli occhi ogni volta che gli si avvicinava. Sai questo a cosa ha portato?- il bambino scosse la testa -Un giorno, Zeus salvò il mio ormai defunto nonno, rompendo una bottiglia di vino che era stata avvelenata. Durante un ballo, salvò il principe mettendo fuorigioco dei mercenari assoldati per ucciderlo. E quando li aveva sbattuti a terra, non l’aveva fatto con la brutalità e la ferocia di Perseus, non l’aveva fatto per uccidere. L’aveva fatto per proteggere il principe, per proteggere colui che aveva creduto in lui nonostante avesse fatto cose orribili.- Lucy strinse i pugni, le mani che le tremavano -L’ha salvato Natsu, gli ha donato una casa, una famiglia e l’amore a cui era stato tolto quando era solo un cucciolo. Gli ha dato tutto, gli aveva promesso che non se ne sarebbe mai andato perché sapeva che lui era il motivo per cui aveva deciso di rimanere a palazzo e di diventare un guerriero che avrebbe protetto il regno e la famiglia reale; perché solo il principe era in grado di sopprimere Perseus; perché nessun altro avrebbe mai potuto comprendere meglio di lui cosa aveva passato e quali incubi lo tormentavano la notte, la paura che tutto quello che stava vivendo gli venisse tolto da sotto gli occhi una seconda volta. Gliel’aveva promesso Natsu, aveva giurato che non l’avrebbe abbandonato e invece…- la principessa lasciò cadere la frase ma i due sapevano bene come sarebbe finita.

-Io non ricordo nulla di loro, ero molto piccola dopotutto. Zeus però aveva passato anni interi al suo fianco, difendendolo da ogni pericolo e sostenendolo in ogni momento, ridendo e scherzando come solo loro sanno, non chiedendo nulla più che lui rimanesse al suo fianco e quel… verme cos’ha fatto? E’ partito per il mondo per trovare chissà quali tesori per arricchire il regno! Ma se il fatto di essere stata mollata alle cure della corte quando ero solo una poppante per tutti questi anni mi ha fatta ribollire di rabbia, non avete idea di quanto sia infuriata per ciò che ha fatto a Zeus! La mia sofferenza, in confronto alla sua, non è niente ma nonostante questo mi ha cresciuta, è grazie a lui se sono arrivata a questo punto.- -Lucy, mi dispiace che ti abbia lasciata da sola ma…- -Lui non sarà mai mio padre!- sbottò di colpo Lucy spaventando Happy che si riparò dietro Natsu –Se n’è fregato di me, ha preso baracca e burattini e se n’è andato quando avevo solo due anni! Anche se tornasse, quell’uomo non può pretendere che gli salti in braccio una volta varcate le porte del palazzo, quel verme bugiardo non è degno di essere chiamato padre! Che ci provi a tornare a Magnolia, che ci tenti pure! Finchè le stelle continueranno a brillare nel cielo e io camminerò sotto di loro, non entrerà mai più a palazzo!- detto questo, il silenzio calò fra di loro come un macigno. Dopo qualche attimo, Lucy prese un profondo respiro, raddrizzò la schiena e s’incamminò verso la fine del tunnel; scese le scale di pietra attenta a non inciampare nelle crepe e corse verso la grotta. Ma, prima di superare i cespugli che la separavano dai pegasi, consapevole del fatto che Natsu l’avrebbe comunque sentita, sussurrò -Zeus non sa che io conosco tutta la storia, Mira cambiava sempre i fatti quando la raccontava così prima che sigillassero al camera dei reali sono entrata e ho dato una sbirciata ai diari del re. Ti sarei grata se non gli dicessi nulla di ciò che hai sentito finora.- dopodiché la principessa s’impose di pensare a qualcosa di allegro, si stampò un sorriso in faccia e raggiunse la grotta.
Quello che vide le riempì il cuore di felicità: Zeus aveva la testa appoggiata al collo di Nyx che gli stava spostando un ciuffo mentre Blackjack stava giocando con la coda del padre che la spostava da una parte all’altra. Quando la videro, Nyx le rivolse uno sguardo dolce, Blackjack le trotterellò incontro e Zeus, alzando la testa, le fece un cenno ben chiaro a cui la bambina non poté far altro che sorridere. Vedendola così raggiante, Natsu si chiese se in realtà Lucy non avesse ragione: sarebbe davvero stato giusto che, una volta che i suoi genitori fossero tornati dal loro viaggio, quei tre pegasi avrebbero dovuto farsi da parte per permettere alla bambina di passare il tempo con la sua famiglia d’origine? Eppure non era mica giusto dare alle persone una possibilità? Dopotutto, chiunque commetteva errori e non era neanche necessario allontanare i pegasi da lei come non c’era bisogno di arrivare a scelte tanto drastiche come il chiudere fuori da palazzo i sovrani del regno. Però, perché aveva una strana sensazione al riguardo ogni volta che la principessa parlava dei suoi genitori? E che cos’era quell’odore sgradevole che circondava tutto nel castello?
-Natsu! Happy!- il gatto blu gli cadde sulla testa e così il bambino si riscosse. Lucy li stava chiamando nella grotta dove aveva allestito su di una coperta tutto ciò che avevano preso dalle cucine: Blackjack si sarebbe già gettato sul cibo se sua madre non lo avesse fermato. Deglutì ma il groppo di agitazione che aveva in gola non scomparve; sapeva perfettamente che i due pegasi stavano controllando ogni sua minima mossa. Lucy aveva alzato gli occhi al cielo e gli era venuta incontro prendendolo per mano –Mamma, papà, questi sono Natsu ed Happy. Provengono dal clan dei draghi di fuoco di cui Natsu è il principe.- Zeus e Nyx la guardarono sconcertati ma la principessa continuò tranquilla –Ci siamo conosciuti la sera del mio compleanno quando mi hanno aiutata ad orientarmi sulle montagne. Li ho rivisti solo ieri vicino alla Cascata d’Iris dove mi hanno salvata quando sono scivolata rischiando di cadere da un ramo.- Lucy lanciò loro uno sguardo prima di sorridere a Zeus –Saranno anche un tantino strambi ma non sono cattive persone.- i due risposero al sorriso della principessa prima di tornare seri davanti allo sguardo penetrante del pegaso grigio.

Zeus distolse presto lo sguardo dall’Exceed arrivando a studiare nei minimi particolari l’aspetto draghesco del bambino fino a raggiungere i suoi occhi verdi. Natsu non abbassò lo sguardo e lo guardò dritto in quelle iridi azzurre che avevano visto il bello e il brutto del mondo, e che racchiudevano la sua anima di guerriero instancabile e di padre premuroso. Era consapevole che, se l’avesse giudicato come essere pericoloso per l’incolumità di Lucy, lo avrebbe allontanato dal castello ma non era minimamente intenzionato a rinunciare a lei: Lucy era una sua nakama, per nulla al mondo l’avrebbe abbandonata. “Voglio ancora ballare con lei sotto la pioggia.” A quel pensiero, qualcosa gli si accese nel petto per cui tenne la testa alta e, sempre guardandolo fisso, gli mostrò la coda e allargò silenziosamente dietro di sé le ali mentre ricambiava la stretta di Lucy che gli era ancora accanto. Zeus l’aveva notato e fu in quel momento che ebbe come una visione immersa in una luce dorata contornata da delle fiamme cremisi.

Un giovane drago e una giovane principessa stavano combattendo fianco a fianco contro un drago oscuro il cui ruggito portava con sé disperazione e morte. La principessa risplendeva di una calda luce dorata che sembrava le venisse ceduta dalle chiavi che le ruotavano attorno; il drago rosso, invece, spiegava le sue immense ali e, ruggendo, proteggeva la principessa con il suo fuoco. Sebbene il mondo intorno a loro stesse cadendo a pezzi, entrambi –l’una circondata dai colori del Paradiso, l’altro attorniato da quelli dell’Inferno- non arretravano di un passo. La speranza brillava nei loro occhi più luminosa di una gemma assieme a qualcos altro che imperversava nei loro cuori come una tempesta.

Il volto di Lucy s’illuminò e in un attimo saltò addosso a Natsu ridendo felice mentre il bambino ricambiava assieme ad Happy. Da sopra la sua spalla, Natsu rimase stupito quando, abbassando la testa, muto lo ringraziò per aver aiutato i suoi figli quella mattina. Una volta risollevato lo sguardo però, il bambino vide nei suoi occhi una silenziosa richiesta a cui Natsu prestò giuramento. Zeus non si preoccupò se quel giovane drago aveva capito il perché gli aveva chiesto ciò che gli aveva chiesto, una volta che fosse diventato grande avrebbe compreso da sé. Per il momento avrebbe dato fiducia a Lucy e imparato ad accettarlo come suo amico ma da quel giorno in poi avrebbe pregato affinché quel drago le rimanesse vicino negli anni a venire. Non era sicuro che loro avrebbero potuto farlo e a Lucy sarebbe servito qualcuno che le ricordasse di andare avanti qualunque cosa fosse successa.

Il pic-nic di quel giorno fu ciò che ci voleva per tirare su il morale a Zeus che, con grande felicità di Lucy, era tornato ad essere il solito farabutto di sempre. Blackjack, inoltre, aveva fatto amicizia con Natsu ed Happy anche se sembrava preferisse di più le coccole della principessa che fu sollevata nel vedere che i suoi genitori avevano dato una possibilità a Natsu sebbene fosse un drago. Una volta poi giunto il pomeriggio, Lucy salutò la sua famiglia per attraversare assieme ai suoi due amici il portale che conduceva alla Cascata d’Iris dove si sarebbe dovuto allenare con gli Spiriti Stellari. Natsu ed Happy le promisero di arrivare dopo che Loki e gli altri se ne fossero andati così da poter parlare prima di doversi separare ma quella fu una mezza bugia. Infatti, i due tornarono a casa loro però Natsu non ce la faceva ad aspettare che le ore passassero quindi, seguito dal fedele Exceed che, anche lui, voleva tornare da Lucy, prese subito il volo verso la Cascata d’Iris dove, nascosti in un cespuglio o fra le fronde degli alberi, osservarono l’allenamento della principessa: quando poi questa ebbe finito, aspettarono qualche minuto prima di sbucare fuori dal loro nascondiglio fingendo di essere appena atterrati.

Sdraiati tutti e tre sull’erba con lo sguardo rivolto al cielo, cominciarono a parlare delle loro magie, dei loro amici, dei loro gusti, di tutte quelle piccole e grandi cose che i bambini si confessavano fra di loro. Happy elencò tutti i modi possibili per catturare, cucinare e mangiare un pesce mentre Natsu le spiegò che aveva questa doppia natura di mezzo-drago perché lui era stato adottato dal Re dei Draghi di Fuoco, Igneel, che gli aveva insegnato la magia del Dragon Slayer; Lucy, invece, gli parlò dei suoi poteri in qualità di Maga degli Spiriti Stellari e gli mostrò le capacità dell’Abito Stellare fattole in dono dai suoi cari amici. Da lì iniziarono a sfidarsi, per esempio, a chi tratteneva più a lungo il respiro sott’acqua –Lucy vinse solo perché aveva utilizzato la bolla di Aquarius- o a chi riusciva a centrare una serie di bersagli messi tutti in fila –la vittoria fu di Natsu solo perché con il suo fiato rovente li incenerì tutti-.
E poi, quasi volessero ricominciare da dove avevano interrotto il giorno precedente, ballarono. Ballarono sul ramo su cui Natsu si era guadagnato la fiducia della bambina; Lucy provò l’ebbrezza di danzare in aria tenuta saldamente dal piccolo Dragon Slayer mentre Natsu si entusiasmò nel ballare sott’acqua, protetti dalla bolla d’ossigeno creata dalla bambina; danzarono infine sulla salda terra che li sosteneva ad ogni loro passo e che li sorresse quando, dopo l’ennesima giravolta, caddero ridendo tutti e due sull’erba verde con Happy che, a causa di tutti quei giramenti, non riusciva più ad alzarsi. Si sorpresero tutti e tre quando, finite le risa, si accorsero che era scesa la sera e che le lucciole avevano accompagnato il loro ultimo ballo, legandoli indissolubilmente come faranno più avanti.

Che cosa misteriosa e sfuggevole il tempo… Che cosa complessa e rigida il destino…
Magari, se qualcuno li avesse visti giocare e ridere insieme quel giorno lontano, osservando attentamente come le differenze tra umani e draghi erano talmente sottili, forse ci sarebbe stata una svolta, un cambiamento.
Magari, se Lucy avesse deciso il giorno prima di scappare via, tutto si sarebbe aggiustato.
Magari, se Natsu avesse chiesto al padre chiarimenti su quell’odore che aleggiava per tutta Magnolia, avrebbe potuto metterla in guardia e la catastrofe si sarebbe potuta fermare.
Magari, se avessero dato peso a quel presentimento, non si sarebbe arrivati a tutto quel dolore.
Perché molte cose mutano; tutto cambia continuando a unirsi, separarsi, connettersi e dividersi ancora e ancora. È il normale processo delle cose, alcune avrebbero portato a sereni equilibri e altre a crudeli disordini.
… ma era davvero giusto che andasse così? Era davvero giusto che due ragazzini come loro dovessero affrontare tutto quello?
Era davvero giusto che Natsu non avrebbe potuto far parte della vita di Lucy per parecchio tempo dopo quell’incidente? Che prendesse quella scelta così dolorosa alla sua età?
E Lucy? Era davvero giusto che, ora che le cose si erano aggiustate, le venisse inflitto un così duro colpo? Era davvero giusto che abbia dovuto sopportare quell’immenso dolore da sola?
Magari, se quel giorno avessero espresso quelle sensazioni, tutto quello non sarebbe successo e non si sarebbero dovuti dire cose tanto spregevoli l’uno con l’altra, rinfacciandosi colpe che non avevano.
Però se avessero scelto un’altra strada, sarebbero arrivati davvero così lontano? 
   
 
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