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Autore: hotaru    24/05/2009    5 recensioni
– Che c'è? - domandò Sasuke, lasciando perdere i propri ragionamenti psicologici.
–La musica - rispose piano Hinata – Si è fatta più alta. Più chiara. Riesco a sentire quello che dice.
– Cosa dice? - chiese l'altro in un sussurro.
Per qualche secondo non staccò gli occhi dalla bambina, osservando la sua espressione concentrata su qualcosa che lui non riusciva nemmeno ad immaginare, trattenendo il respiro.
Poi Hinata iniziò a canticchiare qualcosa, prima solo la melodia, poi anche alcune parole:
How they dance in the courtyard, sweet summer sweat...
A Sasuke quelle note non suonavano nuove, ma rimase concentrato sulla voce dolce di Hinata.
Racconto evanescente sulle note di "Hotel California" degli Eagles.
Quarta classificata a pari merito con Rota23 al contest "Rock Is My Inspiration" indetto da Happy_Pumpkin
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Summer Dust Importante: se non leggete ascoltando “Hotel California” degli Eagles- o perlomeno senza averla bene in mente- questa storia non vale molto. Quindi è meglio procurarsela.

A mio fratello, che sembra essere l’unico uomo interessato a ciò che dico. E che, secondo il suo maestro di chitarra, sembra avere “Hotel California” nelle dita.
Non sa che scrivo fanfic, anche se prima o poi potrei anche dirglielo, e non so se leggerà mai questa storia.




Summer Dust

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-    Beh, che stanno facendo? – la bambina si voltò, dapprima spaventata, ma vedendo di chi si trattava si tranquillizzò – Sei rimasta qui per tutto il pomeriggio, vuol dire che stanno facendo qualcosa di strano.

-    No, non tanto – gli rispose lei, tornando a puntare gli occhi chiarissimi sul cortile – Anzi, per una volta sembra una cosa normale.
-    Normale in che senso? – chiese il coetaneo, corrugando la fronte.
-    Credo… credo che stiano organizzando una festa.
La fronte di Sasuke si distese per la sorpresa, poi voltò lentamente la testa verso il cortile, anche se ai suoi occhi appariva vuoto.
-    Una festa? – chiese, incredulo.
Hinata annuì, abbassando pensosa il capo.
-    Sì, e molto bella anche. Hanno appeso file di lanterne quasi dappertutto: dalla tettoia davanti al cancello – disse, indicando col dito – al vecchio albero laggiù.
-    Le hanno anche accese? – domandò l’altro, mordendosi nervosamente il labbro e chiedendosi perché lui non potesse vederli.
-    No, non ancora. Non so per quando sia la festa, ma non credo manchi molto.
-    Allora dobbiamo pensare a un modo per uscire senza che la signorina Tsunade se ne accorga – fece lui, risoluto.
La campana dell’orfanotrofio suonò, ed entrambi si precipitarono dentro, verso la grande sala dove si riunivano per mangiare. Perché l’ultimo arrivato rischiava di buscarle, e non era stato bello vedere come avevano ridotto il sedere di Naruto l’ultima volta.

Due giorni dopo era domenica, e Hinata ebbe la fortuna di finire di fianco a Sasuke mentre avanzavano in file ordinate per la Comunione.
-    Sai, forse… forse la festa la faranno stasera – sussurrò la bambina con voce flebile, che quasi non si udiva sotto gli alti toni del coro, mentre si guardava nervosamente intorno.
-    Fa’ finta di niente – le sibilò piano Sasuke – Se fai così ci beccano! Nessuno può sentirci, con questi qui che cantano!
La bambina annuì, ma non parlò.
-    E allora? – la interrogò l’altro, cercando di nascondere l’eccitazione che lo attanagliava – Come fai a saperlo, che la festa sarà stasera?
-    Stamattina ho visto dei grandi vasi, come delle specie di bracieri in giro per tutto il cortile. Erano spenti, ma somigliavano a quelli che si usano nelle feste di paese per far luce la sera. Poi delle ragazze stavano sistemando fiori dappertutto.
-    Allora hai ragione – convenne Sasuke – La festa sarà sicuramente stasera. Ci troviamo al solito posto, va bene?
-    Sei sicuro? – bisbigliò Hinata, un po’ preoccupata – Hai tanta strada da fare… e se ti trovano?
L’altro fece spallucce, ma piano, dato che erano ormai in prossimità del prete.
-    Se mi trovano le prendo, ma non importa. L’importante è riuscire ad andare a vedere la festa. Chissà perché la fanno.


Quella sera Sasuke ripensò alla conversazione del mattino con Hinata. Non aveva avuto occasione di parlarle per tutto il giorno, perché la domenica maschi e femmine stavano separati per ricevere catechismi diversi. Chissà perché poi, se la fede dovrebbe essere uguale per tutti.
Rimuginando sui pochi bisbigli che si erano scambiati, si rese conto di aver detto che dovevano assolutamente riuscire a vedere la festa. Cosa del tutto errata, dato che l’unica a vederla sarebbe stata Hinata, mentre per lui il cortile sarebbe rimasto quello buio e spoglio di sempre. Ma la bambina aveva delle capacità narrative fuori dal comune: ciò che lei descriveva, gli sembrava sempre di averlo davanti agli occhi. Quindi, in un modo o nell’altro, sarebbe riuscito a “vederli” anche lui.
Si rigirò nel letto, soddisfatto perlomeno di questa piccola fortuna. Tese le orecchie, attento come un grillo: Naruto, nel letto di fianco al suo, dormiva già. Ancora un po’ e avrebbe potuto sgattaiolare fuori senza problemi, come ogni tanto faceva. In tali casi i suoi capelli scuri si erano sempre rivelati provvidenziali.

Hinata, dal canto suo, non sarebbe riuscita a dormire nemmeno volendo. Da un mese faceva fatica ad addormentarsi, e questa novità della festa l’aveva messa inconsciamente su di giri, per cui non riusciva a chiudere occhio.
Tuttavia non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe stato se Neji si fosse trovato ancora lì con loro: sicuramente sarebbe stato più facile uscire senza farsi scoprire, dati i suoi astuti “piani di fuga temporanea”, che non erano mai falliti una volta.
Stava pensando che non era giusto che accadesse una cosa eccitante come una festa proprio adesso che l’avevano portato via. Magari stava meglio di loro, con i suoi nuovi genitori, ma Hinata non riusciva a non tormentarsi chiedendosi se il cugino potesse vedere degli spiriti anche dove si trovava ora.
Dato che l’uno era per l’altra l’unico consanguineo conosciuto, si erano sempre domandati se il loro non fosse un dono di famiglia. Li avevano abbandonati anni prima davanti ai gradini dell’orfanotrofio, in una gelida notte d’inverno che sarebbe potuta finire male se la signorina Shizune non fosse uscita a controllare se il cancello era chiuso, dato il vento ululante. Fosse stato per loro, sarebbero morti quella notte.
La donna aveva inizialmente creduto di aver visto dei fantasmi: non era normale che un bambino di un anno e mezzo se ne stesse zitto e tranquillo di fianco a una cesta nella quale si trovava un neonato avvolto in una coperta, altrettanto silenzioso.
A parte la coperta, l’unico altro oggetto presente era un biglietto scritto in bella grafia, che diceva che i due bambini non erano fratelli, ma cugini. Perché qualcuno si fosse preso la briga di specificare tale, insignificante particolare, non si riuscì mai a scoprirlo.
Fatto sta che i due cugini erano cresciuti all’orfanotrofio, e ben presto era stato chiaro che entrambi riuscivano a vedere cose che per tutti gli altri non esistevano. All’inizio era stato un bel problema- erano stati lì lì per subire un esorcismo- quando Neji si era reso conto che per sopravvivere avrebbero dovuto imparare a tacere.
Per alcuni anni erano rimasti loro due da soli, quasi isolati dal resto dei bambini, per cui era stato facile accorgersi che qualcuno continuava a seguirli ovunque andassero, ascoltando i loro discorsi sugli spiriti che vedevano.
Ben presto era stato chiaro che quel ragazzino dai capelli spettinati, la pelle pallida e l’espressione corrucciata non era affatto uno spirito, ma un bambino in carne e ossa- più ossa che carne, a dire il vero- che non chiedeva altro se non ascoltare le loro storie. Non aveva avuto nessun dubbio sulla veridicità di ciò che dicevano: era riuscito ad unirsi a loro ed erano diventati inseparabili. Ovunque andassero, li si poteva trovare tutti e tre insieme, intenti in occupazioni ben lontane dai giochi dei loro coetanei.
Quando Neji aveva dovuto andare via, Hinata si era resa conto che la fissazione di Sasuke per il loro segreto era stata una vera fortuna. Perché altrimenti, senza suo cugino, a soli nove anni si sarebbe ritrovata completamente sola.


Ad un certo punto a Hinata sembrò che qualcuno avesse acceso una miriade di luci in cortile, perché una vaga illuminazione arrivava fino alla grande finestra del primo piano, nel dormitorio femminile.
Si alzò di soppiatto, in silenzio, stando ben attenta a non farsi sentire da nessuno. Era diventata una vera maestra, in questo.
Scalza, cercando di imitare i passi felpati di un gatto, arrivò al luogo convenuto. Sotto un quadro ottocentesco raffigurante Madonne e santi si trovava un inginocchiatoio in legno lavorato, lasciato lì da chissà quale precedente padrone della tenuta prima che questa venisse trasformata in un orfanotrofio; su questo ricadeva un pesante drappo di velluto bordeaux, reso ancora più scuro dal tempo. Hinata si arrestò un attimo, e sentendo solo il silenzio, vi si infilò sotto.
Sasuke era già lì ad aspettarla.
–    Ma ti sei addormentata? - la apostrofò, un po' seccato – Sono qui sotto da ore.
–    Ci sono delle luci, giù – lo informò lei, senza badare alla sua domanda – Devono aver cominciato.
Questo zittì Sasuke, che con cautela la fece uscire da lì sotto e fece strada fino al piano inferiore. La porta principale e le finestre erano tutte ben sprangate, ma sapevano entrambi che l'entrata delle cucine poteva essere aperta senza troppi cigolii, e vi si diressero senza indugio.
Fuori, sembrò di entrare in un altro mondo.

La scena che si presentò a Hinata mal si accordava con la pesante rigidità dell'edificio e di tutto ciò che vi era contenuto, per non parlare del suo utilizzo. Il cortile spoglio era diventato quasi un bel giardino, con fili di lanterne tra un albero e l'altro, bracieri accesi nei punti giusti e mazzi di fiori sistemati con gusto.
E poi c'era gente, tanta gente. Non adulti, né bambini: solo un gruppo di giovani che potevano avere dai sedici ai venticinque anni, anche se non era brava a dare un'età alle persone. Comunque quelli che vedeva non erano dei bambini, ma nemmeno adulti dell'età della signorina Tsunade o di Shizune.
Hinata era rimasta rapita a guardare quello spettacolo, soffermandosi ad osservare ogni dettaglio, finché si era sentita tirare con insistenza una manica della camicia da notte.
–    Ehi, ti sei incantata? - le sussurrò Sasuke corrucciato, quasi indispettito perché quello che gli si era presentato era il cortile triste e nudo di sempre, mentre a giudicare dall'espressione di Hinata i suoi occhi dovevano vedere ben altro – Che cosa vedi?
–    C'è una festa – mormorò lei di rimando, emozionata – Ci sono un sacco di ragazzi e ragazze, tutti giovani, e sembrano divertirsi molto.
–    Davvero? E il cortile com'è?
–    Bello – rispose Hinata, non riuscendo a trovare altro aggettivo per definire quella meraviglia – Non è mai stato così bello: ci sono lanterne e bracieri con fuochi accesi, e fiori dovunque.
–    Riesci a sentirne anche il profumo? - domandò Sasuke, indagando ulteriormente sullo strano potere dell'amica.
Hinata scosse la testa.
–    No, però comincio a sentire della musica. Probabilmente ci stanno ballando sopra, perché hanno cominciato a seguirne il ritmo.
–    Musica come? Non sarà mica un valzer, vero?
–    No, niente del genere – disse Hinata, chiedendosi in che modo poteva fargli sapere che tipo di musica fosse. Come si fa a descrivere una canzone? Non si possono usare le parole - È... molto malinconica. Quasi triste. Però c'è un ritmo sotto, e si sente anche una chitarra.
–    Cantano, anche?
–    Sì, si sentono delle parole, ma non riesco a capirle. Sono come... sfocate – malgrado quello fosse un aggettivo che si utilizzava nel vedere le cose, le sembrò che fosse la parola più adatta. 
Sasuke si era seduto per terra, mettendosi comodo a guardare il terreno polveroso e la notte buia che vedeva lui.
–    Dai, raccontami cosa succede – disse piano.
Hinata si sedette a sua volta e iniziò a parlare lentamente, con voce dolce e dovizia di particolari, cercando di descrivere anche le sensazioni che quello spettacolo le dava.
–    Le ragazze sono bellissime – cominciò – vestite con abiti leggeri e senza maniche. Ce n'è una con i capelli biondo scuro un po' ribelli che balla con un ragazzo dai capelli neri raccolti in un codino. Si bisbigliano qualcosa, ma non capisco se si stiano divertendo o siano impegnati a litigare. Ogni tanto la ragazza fa una smorfia, e l'attimo dopo inizia a ridere forte.
Hinata voltò la testa, verso il grande albero di acacia che costituiva forse l'unica vera punta di verde.
–    Sotto l'albero ci sono due ragazzi con un bicchiere in mano. Uno continua a bere, parlare e ridere forte. Ha denti bianchi e la pelle abbronzata, l'aria un po' lupesca. L'altro forse lo sta ascoltando, ma è il tipo più strano di tutti: ha addosso un giaccone e degli occhiali da sole.
–    Ma se è estate e c'è buio! - obiettò Sasuke.
–    Lo so, ma non sembra importargli molto – rispose Hinata, distraendosi un attimo per alzare la testa e seguire con lo sguardo una figura che doveva esserle appena passata davanti.
–    Non ho mai visto una ragazza così – riprese, ammirata – Ha la pelle chiara, gli occhi verdi come un gatto e i capelli di un colore stranissimo. Sembrano rosa.
–    Rosa? - fece di rimando Sasuke, esterrefatto – Ma no, sarà la luce del fuoco e delle lanterne a farli sembrare così. Magari sono soltanto rossi.
–    Può darsi, ma mi sembrava proprio... beh, non importa. Comunque c'è un ragazzo alto e allampanato che la segue dappertutto. Ha degli strani pantaloni verdi, gli occhi grandissimi e i capelli a caschetto. Continua a parlarle, ma lei sembra non ascoltarlo.
–    Ma sei sicura che abbia i capelli a caschetto? - le chiese Sasuke, un po' dubbioso.
–    Sì, tipo paggetto – rispose la bambina.
Sasuke fece una smorfia di disgusto, ma Hinata non gli badò.
–    Ecco, adesso ha lasciato perdere ed è andato da un'altra ragazza – riprese – Lei gli ha dato un bicchiere pieno e gli ha messo una mano sulla spalla, dicendogli qualcosa. Sembra lo stia consolando...
–    Magari è una sua amica – ipotizzò Sasuke – E questa ragazza com'è?
–    Ha i capelli castani e gli occhi marroni, e addosso un vestito rosa chiaro.
–    No, non mi piace – ribatté il bambino mettendosi una mano sotto il mento e appoggiando il gomito sulle ginocchia.
–    Dall'altra parte c'è un ragazzo un po' grasso che parla con qualcuno... ah, adesso la vedo – Hinata si bloccò un attimo, ammirata – Non ho mai visto una ragazza più bella... ha gli occhi azzurri e i capelli biondi lunghi lunghi, con un bellissimo vestito blu. Però non sembra molto contenta: continua a guardare il ragazzo con il codino e l'altra con i capelli ribelli che continuano a ballare e parlare... ha l'aria triste e un po' arrabbiata, chissà cos'ha.
–    Sarà gelosa, no? - fece Sasuke, che aveva un sesto senso nell'individuare le beghe femminili e starne alla larga – Mi sembra logico.
–    Dici? - chiese sorpresa Hinata, che invece non ci aveva nemmeno pensato – Poverina, mi dispiace per lei... non sembra godersi molto la festa. Però... aspetta! Adesso le si è avvicinato un giovane robusto che le ha detto qualcosa. (*) Ha i capelli castani anche lui, e continua a guardarla...
–    Scommetti che la inviterà a ballare? - ipotizzò Sasuke.
Dopo un attimo, Hinata ammise sorpresa:
–    Hai ragione! Hanno iniziato a ballare anche loro. Come facevi a saperlo?
Sasuke fece spallucce, chiedendosi intimamente se Hinata sarebbe mai riuscita a sopravvivere fuori da quell'orfanotrofio. Prima c'era stato Neji con lei, e ora c'era lui, ma aveva la sensazione che se l'avesse abbandonata avrebbe potuto essere inghiottita da qualunque ombra. Era troppo ingenua, troppo sincera. Non ce l'avrebbe mai fatta.
La bambina, dal canto suo, aveva spalancato leggermente gli occhi, drizzando la schiena e facendosi d'un tratto più attenta.
–    Che c'è? - domandò Sasuke, lasciando perdere i propri ragionamenti psicologici.
–    La musica - rispose piano Hinata – Si è fatta più alta. Più chiara. Riesco a sentire quello che dice.  
–    Cosa dice? - chiese l'altro in un sussurro.
Per qualche secondo non staccò gli occhi dalla bambina, osservando la sua espressione concentrata su qualcosa che lui non riusciva nemmeno ad immaginare, trattenendo il respiro.
Poi Hinata iniziò a canticchiare qualcosa, prima solo la melodia, poi anche alcune parole:
–    How they dance in the courtyard, sweet summer sweat...
A Sasuke quelle note non suonavano nuove, ma rimase concentrato sulla voce dolce di Hinata.
–    Some dance to remember, some dance to forget.
Poi Hinata tacque, le labbra strette e gli occhi innaturalmente grandi. Per un istante le era sembrato che, mentre cantava, gli spiriti che c'erano nel cortile si fossero voltati verso di lei ad ascoltarla, ma forse era stata solo un'impressione dovuta ai giochi della polvere che si alzava.
–    Adesso la musica si è fatta di nuovo confusa – mormorò a Sasuke, quasi scusandosi.
–    Non importa, ho capito di che canzone si tratta. È una delle preferite di Itachi: le volte in cui si degna di fare un salto qui, a prendermi su per un po', la canta sempre in macchina. Non mi ricordo il titolo, però.
Hinata annuì, contenta che almeno conoscesse la canzone, e potesse così immaginare la scena con quella musica in sottofondo.
–    È tutto chiaro, comunque – continuò lui - “Come danzano nel cortile, dolce sudore estivo. Alcuni ballano per ricordare, altri ballano per dimenticare”.
Hinata osservò di nuovo la scena alla luce di quella sua intuizione. E le sembrò che calzasse a pennello: danzavano nella polvere estiva, ombre appartenute a chissà quale tempo, e ciascuno forse per un motivo diverso. Il giovane col codino e la sua ragazza dai capelli ribelli ora se ne stavano quasi abbracciati, dondolando mollemente nel seguire la musica, immersi forse nei propri ricordi.
Ma la fanciulla coi capelli biondi, che all'inizio non riusciva a concentrarsi sul suo accompagnatore, ora ballava col viso sulla sua spalla, e un'espressione neutra dipinta in volto. Chissà se lei stava cercando di dimenticare.
–    Ma perché sono qui? - si ritrovò a chiedere Hinata – Hanno fatto qualcosa di male e non se ne possono andare? Perché non possono andare in paradiso come ci dicono tutte le domeniche?
–    C'è gente che non ci può andare, tutto qui – sbuffò Sasuke, come constatando un dato di fatto, per poi ghignare – Ma ce lo vedi mio fratello? Scommetto che quando morirà finirà qui anche lui. Chi lo sa, magari la inviterà lui la ragazza con i capelli biondi, o forse quella con i capelli rosa. O magari entrambe, non si fa problemi a provarci con tutte.
Hinata lo guardò costernata.
–    Non si dovrebbero dire certe cose – sussurrò, in un filo di voce.
Sasuke alzò le spalle, come se le sue opinioni non lo toccassero. Lei non poteva capire, non ci sarebbe mai riuscita.
–    Sai, mi stanno venendo in mente altre parole di quella canzone. C'è un punto in cui dice: “We are all just prisoners here, of our own device”. Cioè “Qui noi siamo tutti prigionieri, di nostro capriccio”. Ho il sospetto che sia così anche qui.
Hinata non aveva più voglia di restare lì. Sapeva che, se per Sasuke quelle figure erano soltanto ombre immaginate fra la polvere, per lei erano più che reali. Se fosse rimasta tutta la notte non se ne sarebbero certo andate, anzi. Magari all'alba li avrebbe visti rimettere in ordine, togliendo i fili di lanterne e portando via i bracieri. Ma non se ne sarebbero andati solo perché lei non li voleva più vedere.
Si alzò e batté un po' la camicia da notte, per togliere la polvere.
–    Ehi, dove vai? - fece Sasuke.
–    Domani ci puniranno sicuramente, non appena vedranno che piedi neri abbiamo – disse Hinata.
–    Non preoccuparti, dirò che è colpa mia – insistette lui – Non te ne andare, devi dirmi cosa succede!
–    Continueranno a ballare per tutta la notte, non faranno altro – gli disse lei, sicura di non sbagliare di molto.
Sasuke stava per ribattere qualcosa di piccato, ma rimase zitto quando vide Hinata voltarsi e bloccarsi all’istante, guardando a occhi sbarrati qualcosa sopra la sua testa.
La guardò indietreggiare di qualche passo, prima di prenderla per un braccio e bloccarla.
-    Ehi – le chiese – Che succede?
Hinata non rispose subito. Era troppo occupata ad osservare, turbata, quel ragazzo che continuava a guardarla dritto negli occhi.
Quanto tempo era rimasto dietro di lei? Da quanto stava ascoltando i loro discorsi?
Aveva un aspetto piuttosto variopinto, con quei capelli rossi scompigliati e gli occhi verde acqua, eppure nell’insieme sembrava darle i brividi.
A dargli un’aria ancor più inquietante erano le profonde occhiaie sotto gli occhi, come se non dormisse da secoli. D’accordo, gli spiriti non dormono, ma sembrava che lui in particolare non avesse mai dormito. Nemmeno prima.
       -    Hinata – sentì qualcuno tirarle con insistenza il braccio. Aveva quasi dimenticato che anche Sasuke era lì – Cos’hai visto? Ehi, mi ascolti?
No, non lo stava ascoltando, specialmente perché lo strano ragazzo si era abbassato sulle ginocchia fino a trovarsi più o meno alla sua stessa altezza. Sasuke si era accorto che aveva abbassato gradualmente la testa, e si era zittito guardando nella stessa direzione che gli occhi della bambina suggerivano. Non vide nulla, ovviamente, eppure gli sembrò che l’aria si fosse fatta impercettibilmente più fredda.
Hinata era intenta a seguire i suoi movimenti, lenti come se si trovasse immerso nell’acqua: aveva abbassato una mano verso il suolo, senza staccare gli occhi dai suoi, prendendo una manciata di sabbia. Poi aveva alzato il braccio, come in attesa.
Senza rendersene conto, la bambina aveva alzato a sua volta il braccio libero, tendendo la piccola mano. Dopo pochi secondi, sul palmo era comparso un mucchietto di sabbia chiara. Non c’era vento in quella pesante afa, perciò non se ne disperse nemmeno un granello.
Sentì Sasuke trattenere il fiato.
-    Li vedevi anche tu? – chiese lei senza pensarci – Succedeva anche a te?
Lo spirito rosso di capelli non rispose, ma si alzò.
-    Li hai visti fino alla fine? – domandò ancora una volta Hinata, nella voce una leggera nota disperata. Sarebbe stato così semplice se fosse finito tutto così, da un giorno all’altro…
Il ragazzo non rispose, raggiungendo lentamente gli altri. Lo salutarono sorridendo, ma lui non alzò nemmeno una mano in risposta.
La luce delle lanterne sembrò risplendere per un momento più fulgida, mentre le ultime parole della canzone si facevano più chiare:
You can check out any time you like, but you can never leave.
-    “Puoi saldare il conto quando vuoi” – mormorò piano Hinata – “Ma non potrai mai andartene realmente”.
-    Spero non si riferisca a noi.
La bambina sussultò, voltandosi di scatto. Si era dimenticata che Sasuke era lì accanto a lei, invece c’era ancora e la stava guardando un po’ torvo.
-    Ma che cos’hai? Piantala di guardarmi così, non sono uno spirito – fece, un po’ risentito – Quello era l’ultimo verso della canzone, vero?
Hinata annuì. Ora si stavano spandendo nell’aria le note calde dell’ultimo assolo di chitarra, ma immaginò che Sasuke lo sapesse bene. Da quel che le aveva detto, Itachi sapeva anche suonare con una certa abilità.
-    Forse hai ragione – constatò Sasuke, voltandosi verso l’edificio e accennando a dirigersi verso la porta – È meglio tornare a letto.
Gli spiriti erano ancora intenti a bere e a ballare. Nessuno voltava più la testa verso di loro, nemmeno per sbaglio.
-    Forse un giorno finiremo anche noi assieme a loro – ponderò Hinata, facendo voltare di scatto Sasuke.
-    Magari nemmeno si conoscevano. Magari sono finiti insieme dopo – continuò la bambina, girandosi piano verso di lui – In fondo non c’è molta differenza tra noi e loro. Nemmeno noi possiamo andarcene.
Stavano sotto lo stesso cielo. Fra le stesse mura. Respiravano la stessa polvere.
Già, in fondo che differenza c’è?, pensò Sasuke.
-    Allora tanto vale restare qui – fece sedendosi di nuovo, subito imitato da Hinata – Magari cambiano canzone.


  
(*) È Kankuro


Che dire? Non mi aspettavo un risultato simile. Anche perché, rileggendola, mi sono accorta che in questa fic non succede niente. Per cui mi fa molto piacere che Happy Pumpkin mi abbia dato punteggio pieno nel gradimento personale. Forse ciò che volevo trasmettere è in qualche modo arrivato.
Ciò che ha ispirato questa storia è stata “Hotel California” nella sua interezza, anche se mi sono focalizzata in particolar modo sui versi che vengono riportati nella fic. Ha giocato molto anche la musica, che ad un certo punto ha fatto da sfondo e colonna portante.
In realtà è una cosa molto soggettiva: questa canzone fa nascere in me un certo immaginario, che magari potrebbe essere diverso per qualcun altro.
Faccio i complimenti a Rota23, mia compagna di posizione, e alle podiste.
È stato un contest fantastico, davvero. E sono contenta che abbiamo partecipato così in tanti.
Se voleste lasciare un commentino… sarebbe gradito.
Conoscete gli Eagles, vero? No, perché c’è gente che non sa nemmeno chi siano…



   
 
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