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Autore: CrisBo    30/12/2016    1 recensioni
Tsugumi si trovò a percorrere per la quarta volta il viale coperto dai residui di foglie morte.
Ad ogni passo lo schricchiolìo sfumava via in mezzo al vociare indistinto di tutte le teste variopinte che le si paravano davanti. C'era un miscuglio di anime pronte a mettersi in mostra, vedeva i profili spezzati, le uniformi, le varie schiene scoperte o coperte da mantelli rattoppati e luccicanti.
[...]
Genere: Azione, Commedia, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genos, Nuovo personaggio, Saitama, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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誰でも友人を見つけ、友人を見つけます
Dare demo yūjin o mitsuke, yūjin o mitsukemasu
( Chi trova un amico, trova un amico )




La lezione d'iniziazione, così l'aveva chiamata Tsugumi giusto per darsi un tono, era stata abbastanza produttiva. Si era ritrovata in un'aula scolastica, o almeno così sembrava in apparenza, composta da una ventina di banchi spogli, un paio di mobili posti negli angoli e delle grandi finestre che illuminavano tutta la stanza. Decisamente più luminosa e confortevole rispetto alla palestra, Tsugumi si sentiva invasa da una nota nostalgica, ripensando ai suoi anni di scuola e a quanto la vita fosse molto meno movimentata in quegli anni. Non che ne fossero passati molti, ma per lei erano troppi.
Dietro una piccola scrivania sedeva il fantomatico fratello di Eishi. Sulla lavagna dietro di lui erano stati scritti in gessetto tre punti essenziali che, a detta del docente, gli alunni erano obbligati a ficcarseli in testa fino alla loro morte prematura.
Gli alunni, in quel caso, erano soltanto lei e un altro ragazzo che aveva preso posto nel banco di fianco. Non l'aveva visto la mattina durante le prove, ma anche se per caso il suo sguardo lo avesse incrociato, di sicuro non si sarebbe ricordato di lui. Era un tipo anonimo; capelli scompigliati e scuri, occhiali da vista, un po' gobbo e dalla faccia bruttina
dillo a parole tue, Tsugumi, che era proprio un cesso
ricordava quei personaggi della TV che puntavano tutto sull'intelligenza perchè l'aspetto, purtroppo, aveva giocato un brutto tiro con loro. Per tutto il tempo della lezione quel tipo brutto non aveva spiccicato parola, di tanto in tanto l'aveva guardato di sbieco aspettandosi qualche segno di interessamento ma era rimasto per due ore buone a scrivere alla rinfusa su un quadernetto di velluto, fitto fitto, alzando la testa giusto per guardare il docente ogni qual volta quello alzava la voce. Lo faceva quando voleva enfatizzare un concetto.
Il fratello di Eishi, Yoshio, era un ragazzo sulla trentina. Capelli biondo cenere, lunghi, legati dietro la nuca con una coda bassa. Aveva un bel viso ma da giovane qualcuno doveva essersi divertito a marchiargli lo zigomo sinistro con una cicatrice indelebile. La cosa più brutta, e per Tsugumi era stata un'ardua prova da superare, era che la forma menomata assomigliava terribilmente ad un fallo
Era impossibile evitare di ipnotizzarsi su quella cosa che ballonzolava ogni volta che Yoshio apriva bocca, e durante quella lezione l'aveva aperta parecchio. Come Eishi aveva annunciato, Yoshio era il classico sotuttoio; lo era in maniera presuntuosa e saccente, tanto da scorgere in lui quell'altissimo muro alzato apposta per evitare che qualsiasi altro punto di vista potesse arrivare alla sua testa. Tutto ciò che lui non approvava, era sbagliato. Tutto ciò che lui approvava, era giusto perfetto in ordine alla norma corretto.
Quindi li aveva inculcati di teorie, lezioni, consigli e obblighi per tutto il tempo, soffermandosi su quei tre punti scritti alla lavagna che lui considerava le tre massime essenziali per diventare Eroi di tutto rispetto:

1 - Evitare come la peste i barboni e i ciarlatani. La figura dell'Eroe doveva essere attribuita ad un'ideale mastodontico, più vicino agli Dei dell'Olimpo che ai quattro cialtroni da salotto. 

A detta di Yoshio i quattro cialtroni da salotto erano paragonabili a quelli che mettevano il formaggio sopra il salmone. Un'eresia punibile con la morte.

2 - Essere sempre presenti ad ogni chiamata, ogni squillo, ogni avviso, ogni messaggio, ogni calamità distruttiva.

In poche parole, non importava se tu fossi impossibilitato a muoverti perchè la tua gamba era finita sotto uno schiacciasassi, se l'Associazione chiamava tu dovevi rispondere.

3 - Mai e poi mai fare monologhi risolutivi un secondo prima di colpire a morte l'avversario.

Su questo punto Yoshio si soffermò almeno per una mezzora buona. Raccontò di quando diversi Eroi, in tempi passati, per alimentare il loro Ego smisurato si perdevano a raccontare al proprio nemico i motivi che lo avevano spinto a intraprendere quella carriera di giustiziere. Un esempio calzante fu quello di Ballerino JoJo, che aveva quasi abbattuto il Mostro dei Boschi nella città F, ma aveva deciso di spiegargli per venti minuti quello che avrebbe fatto del suo cadavere una volta ucciso. Il Mostro dei Boschi era riuscito a rigenerarsi con la forza di Madre Natura, approfittando del tempo, e gli aveva sferrato un colpo mortale sulla sciatica che ora, Ballerino JoJo, si faceva chiamare solo JoJo e non lo si poteva invitare in campeggio altrimenti gli venivano le crisi isteriche e non mangiava per due giorni interi. 
Il ragazzo bruttino aveva scritto tutto quanto sul suo quadernino bruttino con la massima diligenza. Tsugumi si era rifiutata di prendere appunti ma era convinta che non si sarebbe dimenticata quella lezione molto facilmente. 
Alla fine Yoshio aveva dato ad entrambi due compiti che avrebbero dovuto svolgere in quella settimana e voleva dei risultati soddisfacenti o avrebbe parlato col suo Consiglio di Eroi, altro nome deciso da Tsugumi per darsi di nuovo un tono, per decidere se  valeva la pena tenere due impiastri come loro nell'Associazione.
Ora sedeva davanti all'edificio, su una panchina, con un foglietto in mano e solo la voglia di scappare via, tornare a casa e finirsi la serie di "Il mio sedere mi parla" senza avere altri pensieri in testa. Magari si sarebbe fermata a comprare ohitashi per cena. Magari quelli con le scaglie di tonnetto essicc-
"Salve. Sei tu Tsugumi Ishii?" 
Una voce di fianco a lei la fece sobbalzare. Doveva smetterla di fermarsi a pensare troppo, la sua testa non era in grado di ritornare alla realtà così in fretta, sicuramente il suo cuore avrebbe fatto capriole prima o poi per quegli effetti a sorpresa.
"Ah, ciao, sì. Sono io." Saltò in piedi dalla panchina e si piazzò davanti al ragazzo che aveva parlato.
Lo conosceva bene, oltre che nei notiziari lo aveva visto spesso in giro per la città Z. Era Spatent Rider, immancabile con la sua bicicletta, l'elmetto, tuta aderente e occhialetti di vetro lucido. 
"Il professore Yoshio mi ha detto che devo affiancarmi ad un Eroe della mia stessa classe per svolgere qualche mansione minore. Non ho idea di che cosa significhi mansione minore per i suoi standard ma... sono pronta a fare tutto, anche aiutare le vecchiette ad attraversare la strada." Tsugumi fece un sorrisino poco convinto.
Intanto Spatent era sceso dalla sua bicicletta, aveva tirato il cavalletto, era stato attento che non cadesse, aveva tirato fuori un gancio da non si sa quale parte del corpo, aveva legato telaio e ruota con il gancio, aveva assicurato che la bicicletta fosse davvero in equilibrio e poi si era deciso a fare un passo davanti alla ragazza.
Tutto quello gli era valso quasi 5 minuti buoni. 
"Yoshio mi ha informato; non pensavo di dover fare da trainer ad una ragazza."
"Puoi chiamarmi Tsugumo se ti fa sentire a tuo agio."
Spatent, che a quanto pare era ironico quanto la sua bicicletta, fece un risolino alquanto imbarazzato e drizzò meglio la schiena. Era alto, magro ma tonico e aveva un bel sorriso dolce. Sicuramente Kin, se non fosse stata troppo ipnotizzata dagli ipotetici addominali di quel Genos, avrebbe guardato dalla sua parte. 
"No, non ti preoccupare, anzi scusami se ti ho offesa in qualche modo."
"Na-na, nessuna offesa." 
"Allora, prima di tutto ti spiego quello che...faccio di solito." Cominciò Spatent. Sembrava alquanto impacciato, continuava a gesticolare e a guardarsi intorno, come per trovare l'ispirazione per parlare. "Di solito passo le mie giornate andando in giro con la mia bicicletta, cercando qualcosa da fare per aiutare la comunità."
"Mh-mh."
"Molte volte non c'è molto da fare, la città non viene sempre invasa da dei mostri mutanti o una tribù di skinhead che non hanno voglia di lavorare." Spatent fece un altro risolino impacciato. "Ma i piccoli furti, scippi, qualche gang un po' troppo rumorosa...quelle ce ne sono in abbondanza. Possiamo cominciare dai quartieri fantasmi e vedere se troviamo qualcosa da fare. Ahm, mi sono dimenticato di chiedertelo, hai...qualche abilità speciale?"
"Abilità speciale?" Tsugumi tergiversò volutamente. Sbattè un paio di volte le palpebre.
"Sì, sai, tipo...ecco vedi io sono molto bravo ad andare in bicicletta per esempio."
Tsugumi si affacciò per un secondo e guardò la bicicletta di Spatent Rider. Era convinta che ci fosse stato un rivolo di brezza ad aver contornato quel momento di silenzio. Non sapeva bene cosa rispondere, non aveva mai pensato di proclamarsi autrice di qualche caratteristica particolare. In fondo nessuno aveva idea di quale fosse la vera forza di Tsugumi, nessuno aveva idea se quella forza esisteva davvero. Una cosa da dare atto alle due gemelle era che, nonostante tutto, non le avessero mai chiesto di dare loro una prova di ciò che era capace.
Qualcosa sapevano, qualcosa che forse neanche lei sapeva.
"Io sono molto brava a intavolare una discussione prendendo spunto da qualsiasi parola tu dica." Rispose lei di gran fretta, tornando a guardarlo. 
"Va bene, facciamo così Tsugumi." Spatent non sembrava spazientito, anzi. Era molto accomodante, fin troppo accomodante. Probabilmente avere uno come lui a fianco in questo ambito non l'avrebbe aiutata molto a tirare fuori il peggio di sè. Ma in fondo meglio Spatent che qualsiasi altro. "Diciamo che ci piace l'effetto sorpresa e vediamo come va questa giornata, eh? Sono convinto che tirerai fuori qualcosa di unico, di solo tuo e Yoshio sarà contento."
Tsugumi sorrise. Era stata nervosa per niente, alla fine, forse quella giornata sarebbe stata una passeggiata da adesso in poi. L'importante era riuscire ad arrivare all'ora di cena sana e salva, con magari qualche punteggio significativo per l'Associazione, magari con un amico in più già famoso nella città Z e, chi lo sa, si sarebbe trovata con Maki e Kin più tardi giusto per ridere di tutto questo e finire in maniera perfetta la nuova giornata introduttiva alla sua vita da Eroe. 
"Ci sto Spatent Rider, facciamo vedere agli scippatori cosa siamo in grado di fare."
"Allora andiamo, Mina Vagante."
Secondo soprannome del giorno, anche questo era terribile; approvato.







Gli scippatori avevano decisamente scelto di scioperare quel giorno. 
Così come i ladruncoli, le gang malfamate, gli evasori fiscali, la mafia di quartiere e persino i cani idrofobi che proteggevano la discarica dai primi della lista, gli scippatori. La città era quieta, non volava una mosca, sembrava che persino le persone si stessero annoiando di tutta quella pace, ormai abituati a qualche forma di attacco improvviso da chissà quale natura malfamata. Avevano girato per tutti i vicoli del quartiere fantasma, si erano addentrati nella zona delle fognature, superando anche la Montagna di Melma che tracciava un sentiero per raggiungere la città Q. Avevano incrociato qualche altro Eroe in giro, alcuni non li aveva riconosciuti, ma sapeva che facevano parte dell'Associazione visto il modo in cui Spatent si rivolgeva a loro con tono referenziale. Che fossero più deboli o più forti non faceva differenza. Quel ragazzo aveva un carattere fin troppo umile per considerarlo alla stregua di tutta quella bolgia di Eroi. Ne aveva visti parecchi, tutti con la stessa smania di grandezza e pavonaggine che li contraddistingueva. Anche le gemelle erano vanitose e abbastanza inarrivabili. Lui era diverso. Si domandò spesso, durante quella giornata, quale strano fatto lo avesse condizionato a tal punto da decidere di fare l'Eroe. Oltre la bicicletta, alla fine, non aveva niente di speciale. La forza era paragonabile a quella di un umano scattante e allenato ma non avrebbe mai potuto raggiungere gli Eroi di Classe S. Forse addirittura neanche quelli di Classe B. Si rispecchiava molto in lui, sentiva una specie di fuoco nascosto che mostrava con una grande tenacia e un genuino ottimismo per quello che faceva.
Che sia stato frutto di un obbligo, di un trauma o di una semplice scelta era sicura che Spatent facesse tutto quello perché gli piaceva farlo. Si sentiva appagato nell'aiutare le persone, nel vederle sane e salve, al sicuro. Sapeva che era in grado di mettere a repentaglio la sua stessa vita pur di salvare quella degli altri e Tsugumi si chiese se qualcuno avrebbe mai fatto questo per lui.
Quel pensiero le procurò un velo cupo sul volto tanto da non accorgersi che erano finiti a ridosso di un parco isolato.
"Credo che oggi non se ne fa niente. E' strano, di solito qualcosa da fare la trovo sempre."
Spatent stava pedalando con calma; Tsugumi stava in piedi su dei piccoli piedistalli ai lati delle ruote e si reggeva tenendosi sulle spalle del ragazzo. 
"Forse...hai ripulito la città talmente bene che non ci sono più scarti in giro."
Spatent fece un sorriso ma non rispose. Tsugumi non infierì troppo su quel punto.
"Bè, credo che sia meglio che torni a casa. Domani è un altro giorno e magari sarà più produttivo."
"Allora ti porto a casa." Mormorò il ragazzo prima di fermare la bici e ruotare in modo da imboccare di nuovo il sentierino diretto al centro della città.
"EHI!" 
Un urlo di qualcuno dietro le loro spalle fece frenare Spatent di scatto. Tsugumi non fece in tempo ad accorgersi di nulla. Qualcuno aveva lanciato un Kunai d'acciaio che sfilò di fianco all'orecchio della ragazza per piantarsi contro il tronco di un albero con un colpo secco e veloce. 
Spatent frenò di colpo e Tsugumi si voltò di scatto, con gli occhi sgranati. 
"Tu. Dimmi dov'è." 
La voce proveniva dagli alberi, sembrava venire da più direzioni diverse, non riusciva a capire se fosse diventata matta o le foglie si erano messe a parlare. Spatent intimò a Tsugumi di stare ferma e scese dalla bicicletta. Lo slancio della mancanza di peso quasi non fece ribaltare la ragazza da un lato ma riuscì a piantare i piedi sul terriccio, tenendo in bilico la bicicletta andando ad afferrarla per il manico.
"Chi sei? Fatti vedere."
Spatent aveva divaricato le gambe e aveva piegato le braccia, chiudendo le mani a pugno. Lo sguardo nascosto dagli occhialini che perlustrava ogni zona possibile al di sopra dei tronchi secolari del parco. La voce non rispose, da canto suo sentiva solo le foglie degli alberi fremere come se qualcuno stesse continuando a sfiorarle con il corpo.
"Tu lo conosci. Dimmi. Dove. Si Trova."
Sibilò la voce; Tsugumi non poteva vederlo ma era quasi sicura che mentre pronunciava quelle parole quel tipo stava sorridendo. Era l'intonazione della voce, com'era scandita la frase, sembrava minacciosa ma divertita. Macchiata da un certo eccitamento che non riusciva a nascondere. E fu allora che lei ebbe un flash istantaneo. Scese dalla bicicletta e per poco non la fece ruzzolare a terra.
Non aveva voglia di far arrabbiare Spatent, così tirò il cavalletto per tenerla in equilibrio vicino ad uno degli alberi. Fece qualche passo dietro Spatent ma non lo affiancò per ora, alzò il viso per aria e rimase a guardare tra gli alberi. 
"Mostrati! Solo i vigliacchi attaccano nascosti nell'ombra." Incalzò Spatent, stringendo i pugni davanti al torace. 
Se Tsugumi aveva avuto il barlume giusto Spatent non avrebbe mai avuto nessuna possibilità di vincere nel caso quella voce avesse deciso di attaccarli sul serio. Ma era convinta che non sarebbe finita così quella giornata.
"Mi sono allenato per giorni, per settimane, per mesi. La mia velocità è migliorata e il mio attacco è diventato venti volte più potente. Non potrà vedermi arrivare, non saprà dove attaccarmi, non mi sentirà muovermi sopra di lui mentre la mia lama lo farà a pezzi."
Continuò quella voce con la stessa intonazione di prima. Tsugumi era convinta che da lì a poco lo avrebbero sentito ridere a crepapelle. Il che sarebbe stato alquanto inquietante, in un parco, da una voce a cui non potevano dare un volto.
"Spatent, credo che sia meglio andare ora." Sussurrò lei. Ma Spatent digrignò i denti e tese la gamba posteriore come pronto ad attaccare qualora la voce si fosse palesata.
"Tsugumi prendi la mia bicicletta e scappa; se dovessi lottare non voglio che tu sia nei paraggi."
"Non puoi morire, devi farmi da tutor." Continuò lei, gonfiando le guance. 
"Tsugumi!" Rimbeccò Spatent.
"Credo di sapere a chi appartenga questa voce." Continuò lei sempre in un sussurro.
"Smettetela di bisbigliare, io vi sento." Sibilò la voce e, dal nulla, partì un altro pugnale in acciaio che, per poco , non beccò l'elmetto di Spatent. Tsugumi fu presa di striscio ad una guancia, mentre la lama si conficcò nello stesso tronco dell'altra, parallela e precisa.
Ora, oltre al naso violaceo, si aggiungeva un taglio sullo zigomo. Non prese subito a sanguinare ma bruciava. Spatent si voltò verso di lei per appurare che stesse bene prima di fare un ringhio nervoso e voltarsi di nuovo verso gli alberi.
"Ho detto fatti vedere." Urlò Spatent. "Solo i vigliacchi agiscono nell'ombra."
"Quanto sei noioso, continui a ripeterti, parli tanto ma non rispondi alle domande giuste."
"Non so di chi tu stia parlando!" Sbraitò il ragazzo.
"Ma allora volete proprio morire, eh?" La voce continuava a provenire da direzioni diverse. Tsugumi cominciava a trovare un po' snervante girare il collo per capire da dove quell'individuo sarebbe sbucato fuori.
"Non mi divertirei ad uccidere due insulsi come voi. Troverò da solo Saitama. Ma la prossima volta non sarò così clemente, mi avete fatto innervosire - specialmente tu Biciclettaio - quindi..."
Dal nulla una lama fendè l'aria e uno stridio acuto invase le pareti degli alberi, facendo svolazzare via degli uccelli oltre le foglie. Il movimento fu così veloce che entrambi si ritrovarono a guardare verso il punto colpito una volta che il misfatto fu compiuto. 
La bicicletta di Spatent era stata tranciata in due da una lama affilata e veloce. Ora riversava sul terreno col telaio a pezzi; due pezzi perfetti ma smembrati. 
Spatent abbassò i pugni e fece qualche passo in avanti, già coi sintomi di un lutto nascente mentre Tsugumi ruotò di nuovo il collo. Non riusciva a capire se la cosa l'aveva spaventata oppure no; sta di fatto che se quello aveva cambiato idea e avesse deciso di ucciderli sicuramente non ci sarebbe stato scampo per nessuno dei due. Come Eroi di Classe C non erano molto affidabili ma almeno Spatent non aveva risposto alla sua domanda, forse ingenuamente non aveva capito a cosa si stesse riferendo quella voce. Ma lei lo sapeva bene.
Lo aveva visto la prima volta qualche mese prima. E non in diretta Tv ma dal vivo; si era ritrovata in mezzo alla bolgia di gente ad assistere quel malato mentale distruggere edifici e pilastri monumentali con le sue lame, ad una velocità inaudita.
Saitama l'aveva messo al tappeto con un solo colpo. 
Quello era Sonic il Supersonico.
"Spatent..." Tsugumi mormorò il suo nome ma quello era accucciato davanti alla sua bicicletta, ad accarezzarne il telaio, il sellino e le ruote. Lo sentì anche tirare su col naso.
"Tsugumi non riesco ad accompagarti a casa. Devo...devo andare a riparare la mia bici. Ci vediamo domani, d'accordo? Credo che se ne sia andato ma stai all'erta, nel caso puoi sempre chiamarmi e io arriverò in tuo aiuto." 
In effetti le foglie non frusciavano più, la voce era scomparsa ed era convinta che avesse tagliato la bici di Spatent giusto un secondo prima di allontanarsi. Se era davvero veloce come ricordava ora era già in città. 
"Tutto...tutto a posto?"
Spatent non rispose, fece solo un sospiro appesantito e prese in braccio la bicicletta. Era comunque abbastanza forte per essere un umano.
"Sì." Tirò su col naso, annuendo. "Grazie."





Alla fine era tornata a casa senza comprarsi niente da mangiare.
Aveva solo dei cereali, un po' di latte di soya, dei dolcetti al caramello lasciati da Kin una delle tante volte che era venuta a trovarla e una banana. Viveva in una stanza di una casa insieme ad una coppia di vecchietti di ottantanni che, era quasi sicura, non si ricordavano più di lei. Si era trasferita lì un paio di anni prima ma già da un anno avevano smesso di chiederle l'affitto della camera. Una volta aveva sentito la signora dire al marito che era convinta ci fossero gli spiriti nella stanza degli ospiti, che era quella di Tsugumi, e così aveva continuato a vivere in quella maniera senza ricadere nel discorso. 
Aveva lasciato Spatent in città e si era diretta all'ovile senza fare altre deviazioni. Sonic stava cercando Saitama per sconfiggerlo, per vendicarsi, per qualsiasi cosa avesse intenzione di fargli. Non era preoccupata della cosa; Saitama era più forte. Lei lo aveva visto, lo sapeva. Era anche convinta che quel Ninja assassino non l'avrebbe neanche trovato così facilmente. Si chiese cosa facesse nel tempo libero uno come Saitama, in quale angusto quartiere dei mondi si trovava, magari era appollaiato davanti ad un cassonetto aspettando una qualche forma di minaccia pronto a sventrarlo. O magari rimaneva ad aiutare i Grandi Esponenti dell'Associazione.
Fece un profondo sospiro e cominciò a sbucciare la banana.
Non aveva più voglia di pensare a questo, adesso. Finalmente era a casa, davanti alla Tv, alla sua puntata famigerata, comoda, con un paio di cerotti sul viso a nascondere le varie ferite del giorno. Si sarebbe addormentata e non avrebbe più pensato a tutto quello fino al giorno seguente.
Toc-toc.
Avrebbe finito tutta la serie, avrebbe letto qualche pagina del nuovo manga prestatole da Maki. Tra l'altro si era scordata di aggiornare le gemelle sulla sua situazione attuale.
Toc-Toc.
Ma magari avrebbe potuto farlo l'indomani, in fondo non era un'urgenza. Avrebbe confermato che Eishi aveva usato la scusa dei disastri per portarsele in giro visto che non c'era nemmeno un gatto su un tronco da salvare quel giorno.
Toc-Toc.
Solo in quel momento si accorse che qualcuno stava busando alla porta. Corrugò la fronte e fece una smorfia. Che i due vecchietti si fossero accorti che era ancora viva? Non credeva; loro si addormentavano presto ed erano già le 8 passate. Era sicuramente qualche altro scocciatore. Magari la pubblicità. O magari era il signore che ritirava la spazzatura, di tanto in tanto decideva orari poco consoni, visto che quello era un hobby che aveva coltivato. Si chiese chi mai poteva trovarsi come hobby, piacevole da fare, il ritiro della spazzatura. Qualche sciroccato.
Andò verso la porticina che conduceva all'esterno. La stanza era piccola ma abbastanza luminosa nonostante avesse solo dei lucernari ad illuminare il tutto. Si trovava in disparte rispetto alla casa della coppia di anziani, infatti aveva una via di ingresso a parte che portava in un vialetto della via parallela. Ma in compenso aveva il bagno privato, dei piccoli fornelli e un balconcino che s'affacciava sull'orticello che i suoi padroni di casa avevano coltivato negli anni. 
Aprì la porta e, per poco, non ci rimase secca.
"Ah, eccoti. Ti ho trovato." 
Davanti a lei c'era Saitama















Note: saaalve a tutti. In questo capitolo volevo inserire Sonic e l'ho fatto in una maniera che non era stata programmata ( avevo altri piani per lui ) ma ormai è lì e lì resta xD Niente, grazie ancora a chi mi legge, a chi arriva fin qui. Un bacione a presto. 

  
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