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Autore: pozzanghe    30/12/2016    0 recensioni
«Scommettiamo?» chiedo, porgendogli la mano.
«Se ti spiegassi meglio potrei decidere se accettare o no» ribatte lui, evidentemente intrigato dalla faccenda.
«Se nel prossimo mese riuscirò a mettere citazioni dei film Disney, ogni giorno, normalmente nelle frasi che dico, vincerò io» annuncio solennemente.
«Cosa scommettiamo?» domanda, prima di decidere se accettare o meno.
«Se vinco io, alla prossima assemblea d'istituto dovrai fare una dichiarazione d'amore al preside, al microfono» rispondo, dopo averci pensato per qualche istante, totalmente soddisfatta della mia idea.
«E se vinco io, dovrai ballare la macarena in piedi su uno dei tavoli della mensa... vestita da pannocchia» conclude lui, dopo averci riflettuto un po'.
«Affare fatto» annuisco, osservandolo stringere la mano che gli stavo porgendo, rendendo ufficiale la nostra scommessa.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi sistemo davanti allo specchio per controllare che sia tutto a posto. Indosso una semplice t-shirt blu, leggings verdi fluo e All Star fucsia. I capelli verdi con le punte rosse sono perfettamente lisci e, stranamente, non sono stretti in una coda. La linea di eyeliner viola, che ho tracciato pochi minuti fa, è ancora intatta, e fa risaltare i miei occhi verdi-azzurri. Prendo il mio trolley fucsia zebrato ed esco finalmente dalla mia stanza, dopo numerosi incitamenti da parte dei miei genitori. Come al solito sono in ritardo.
La Ford Fiesta blu di mio padre mi sta aspettando alla fine del vialetto, con il motore acceso. Leanne, la mia sorella minore, mi accompagna fino alla porta.
«Torni presto, vero Sid?» mi chiede, con un’espressione triste.
«Ma certo» le dico, sorridendo «tu, mi raccomando, fai la brava» aggiungo subito dopo, abbassandomi per abbracciarla. Mia sorella ha cinque anni, ed è esattamente il mio opposto, non solo fisicamente, in quanto ha una massa di ricci biondi ed occhi color nocciola, ma anche caratterialmente, dato che io sono sempre stata una sorta di ribelle, mentre lei è ubbidiente e tranquilla.   
Trascino il trolley fino alla macchina, lo sistemo nel bagagliaio e salgo sul sedile posteriore. La saluto con la mano, mentre l’auto parte e la osservo sbracciarsi per salutarmi, sotto lo sguardo vigile della signora Wilson, la sua babysitter.
Dopo circa un’ora e mezza raggiungiamo la nostra meta, un enorme complesso di edifici, con un grande parco tutto intorno ed una fontana poco lontana dall’ingresso.
«Non ci credo ancora! Mia figlia va già al college» dice mia mamma, scendendo dall’auto, mentre papà sta scaricando i bagagli.
«Ci vediamo ad Ottobre» li saluto, cercando di sviare la scena strappalacrime che mia madre sicuramente ha in mente. Infatti, dopo un ultimo abbraccio ai due mi avvio, percorrendo il lungo vialetto, senza guardarmi indietro.
Quando dovevo scegliere il college, la mia scelta è ricaduta su Cambridge, dove ce n’erano moltissimi. L’edificio centrale è la scuola, mentre, poco distante, c’è un edificio meno imponente del primo, dove si trovano i dormitori, come ci hanno illustrato all’open day.
Arrivo davanti all’ingresso della scuola e varco la soglia. Il rumore delle ruote del trolley sulle mattonelle è alquanto fastidioso. La segreteria si trova proprio di fronte alla porta d’ingresso, probabilmente messa lì strategicamente, per far sì che la gente come me, con un terribile senso dell’orientamento, la trovi subito. Mi avvicino alla donna seduta dietro alla scrivania e mi schiarisco la voce, per farmi notare.
«Salve, sono appena arrivata…» dico, venendo però interrotta dalla donna, prima di riuscire a terminare la frase.
«Il suo nome?» mi chiede subito.
«Sidney Andrews» rispondo, notando che mi sta squadrando da testa a piedi. Fa cenno ad una ragazza di avvicinarsi, che probabilmente mi stava aspettando. La fisso per qualche istante: ha i capelli castani e grandi occhi verdi, indossa un vestito color panna che le arrivava sopra al ginocchio e delle ballerine di pelle nere.
«Piacere, sono Gemma Styles» dice, dopo un attimo di silenzio, in cui sento il suo sguardo vagare dai miei capelli al mio abbigliamento. «Tu devi essere Sidney» ipotizza poi, non riuscendo a nascondere particolarmente bene il suo disgusto per il mio stile. Non sono neanche certa voglia nasconderlo, onestamente.
«Chiamami Sid» dico, cercando di convincere le mie labbra a piegarsi in un sorriso, che però probabilmente risulta tutt’altro che naturale. Lei annuisce, non troppo convinta, prima di aprir bocca nuovamente.
«Sono la tua compagna di stanza.» annuncia, facendomi cenno di seguirla, e cosi faccio. Iniziamo molto male. Non sembra per nulla entusiasta di avermi come compagna, ma neppure io lo sono… già a primo impatto si nota che siamo troppo diverse per andare d’accordo, e sono certa verranno fuori non pochi problemi nel convivere. Usciamo dall’edificio scolastico e ci avviammo verso gli alloggi. Lei è silenziosa, non dice nulla finché non arrivammo nel dormitorio femminile.
«Questa è la nostra stanza» annuncia, indicando una porta, con una targhetta con scritto ‘1’ davanti. Gira la chiave nella serratura ed apre la porta, per poi entrare, ed io la seguo a ruota.
La stanza è abbastanza grande, ma altrettanto anonima; le pareti sono completamente bianche, due letti singoli sono posti agli estremi opposti della stanza, il suo già corredato con lenzuola e copriletto anch’essi bianchi. A dare il tocco finale sono un armadio bianco e nero, non molto capiente - che mi dà l’impressione di non riuscire a contenere neppure la metà delle nostre cose -, due piccoli scafali neri per i libri e due piccoli comodini, sempre bianchi e neri, di fianco ai letti. L’unica cosa che stacca dalla monotonia di quei due colori è una porta di legno, dietro alla quale, ci dovrebbe essere un bagno. Con una grazia inaudita si siede sul letto che presumevo già fosse suo, e prende il cellulare che era sul comodino fino a qualche istante fa.
«Tra venti minuti ci sarà l’incontro con il preside in aula magna» mi comunica, senza neanche alzare lo sguardo.
Mi limito ad annuire, mentre sistemo la mia valigia sotto al letto. Metterò a posto le mie cose più tardi.
«Quanti anni hai?» chiedo, interrompendo il silenzio. La sua attenzione passa quindi dal cellulare a me, quasi come se dovesse capire se io stia parlando con lei. No, guarda, parlavo con il tuo comodino.
«Venti» mi risponde secca, chiaramente non intenzionata ad iniziare una conversazione. Presumo non riuscirò mai ad intrattenere una discussione normale con questa, quindi decido di mettere i miei buoni propositi da parte e di non provarci più.
Quindici minuti più tardi Gemma avvia verso l’aula magna ed io, per forza di cose, devo seguirla. L’idea non mi entusiasma per niente, ma purtroppo è l’unica cosa che io possa fare.
L’aula magna ha circa cinquecento posti, dove ci stiamo tutti, dato che il college è a numero chiuso. Le poltroncine rosse colorano un po’ la stanza, che, tanto per cambiare, ha le pareti completamente bianche.
Gemma va subito verso un ragazzo con i capelli ricci e gli occhi verdi, come i suoi, che riescono a spiccare anche dall’inizio della fila, dove sono io. Lui le ha riservato un posto di fianco a sé, visto che è arrivato prima di noi. Io vado più avanti, mettendomi in penultima fila, in un angolo. Non ho la minima intenzione di ascoltare il discorso. Non dobbiamo attendere molto per l’arrivo del preside, un uomo basso, grasso e completamente calvo, eccezion fatta per i suoi imponenti baffi grigi; da quando arriva, fino all’ora di pranzo, non smette di parlare neanche per un attimo.
Quando finalmente finisce di annoiarci, possiamo andare in mensa. Seguo la massa di studenti, ed arrivo in un una grande sala, dove ci sono un sacco di tavoli. Mi guardo intorno, notando una coda chilometrica per prendere da mangiare. Non ho la minima intenzione di aspettare tutto questo tempo, così decido di ritornare in stanza. Saltare un pasto non mi farà poi così male, e potrò sfruttare il tempo per sistemare le mie cose. Nonostante il mio pessimo senso dell’orientamento, riesco a raggiungere la mia camera, sbagliando corridoio solo un paio di volte e mettendoci il triplo del tempo necessario.
Accendo il mio iPod e prendo il trolley zebrato da sotto il letto, per poi iniziare ad impilare le cose che tolgo con cautela dalla valigia, per evitare di stropicciare qualcosa. In una mezz’ora buona riesco ad infilare tutta la mia roba nell’armadio. Al contrario delle mie previsioni, c’è stato praticamente tutto. Prendo l’ultima cosa dalla valigia e la rimetto sotto al letto. Ho fatto più che bene a comprare una coperta di pile con la stessa stampa del mio trolley; ho trovato entrambi nello stesso negozio, quando sono andata in vacanza a Dublino, l’anno scorso, e non potevo di certo lasciare lì delle meraviglie simili. La sistemo sopra al copriletto e constato con gioia che finalmente inizi ad esserci un po’ di colore in questa stanza. Spengo la canzone Tea Party di Kerli, che è capitata con la riproduzione casuale ed esco dalla mia stanza, sistemando prima l’iPod nel cassetto comodino. Incollato con un po’ di nastro adesivo alla porta c’è un foglio, con scritto ‘battaglia d’acqua ore 14 nel cortile della scuola’. Mi guardo intorno, e noto che su tutte le porte si trovi un foglio uguale. Potrebbe essere divertente… tanto non ho nulla di meglio da fare. Esco quindi dalla porta del dormitorio ed una secchiata d’acqua ghiacciata mi arriva immediatamente addosso. Un ragazzo, probabilmente quello che mi ha bagnata, si mette a ridere vedendo la mia espressione. Ci sono secchi pieni di gavettoni colorati sparsi per il cortile, così, non ci penso due volte e ne prendo un paio dal secchio più vicino. Oltre al mio senso dell’orientamento, constato che anche la mia mira sia terribile, visto che riesco a mancarlo con entrambi i palloncini. Finalmente al terzo riesco a colpirlo sulla schiena, facendolo voltare verso di me. Ne approfitto per tirargli l’altro gavettone che ho in mano, colpendolo anche con quest’ultimo. L’espressione contrariata sul suo viso mi fa scoppiare a ridere di gusto. I capelli castani non sono neppure poi tanto bagnati, ma la sua t-shirt azzurra lo è di certo. Credo di essere una persona vendicativa, ma lui lo è decisamente più, visto che mi solleva di peso, stile sacco di patate, e mi butta nella fontana.
«Questo non lo dovevi fare» esclamo, appena scosto i capelli dalla faccia, con tono minaccioso. Riesco un po’ a fatica ad uscire, visto che i vestiti bagnati rendono tutti i miei movimenti più lenti, e mi dirigo subito verso il secchio più vicino. Con mia grande delusione, non ci sono più gavettoni dentro, ma è comunque pieno d’acqua. Prendo la maniglia del secchio, per cercare di sollevarlo e tirarglielo addosso, ma la fortuna non è proprio dalla mia parte, visto che non ci riesco, a causa del peso. Devo seriamente iniziare ad andare in palestra. Lo inclino un po’, per cercare di far uscire un po’ d’acqua, ma lui ne approfitta per prendere un altro secchio e rovesciarmelo da dietro. Il cortile si riempie sempre di più, i ragazzi si bagnano usando anche bottigliette, oltre ai secchi e alle pistole ad acqua, che qualcuno si è portato da casa.
Verso le cinque decido di ritornare in camera mia, ovviamente completamente fradicia. Avevo la serata libera, e non la passerò certo in camera ad annoiarmi. Prendo il mio asciugamano a righe azzurre e fucsia ed apro la porta di legno che conduceva al bagno. Mi faccio velocemente una doccia ghiacciata, visto che fa ancora piuttosto caldo qui in Inghilterra, sebbene siamo a fine agosto. Finita la doccia, mi sistemo l’asciugamano e torno in stanza. Il ragazzo moro che aveva tenuto il posto a Gemma è seduto sul letto della mia compagna di stanza.
«Scusa, non pensavo fossi già rientrata» dice lui, per nulla imbarazzato. «Sto aspettando Gemma» aggiunge subito dopo, giustificando il perché si trovi nella mia stanza. Annuisco, dandogli poca importanza, mentre apro l’armadio per cercare qualcosa da mettermi.
«Comunque sono Harry, piacere» si presenta, ed io giro la testa abbastanza per vedere che lui stia facendo scorrere il suo sguardo su di me.
«Sid» rispondo, tornando a concentrarmi sui vestiti da prendere.
«Come il bradipo dell’Era Glaciale?» mi chiede divertito, ricevendo un’occhiataccia da parte mia. La sua espressione farebbe venir voglia anche Gandhi di prenderlo a schiaffi. Scuoto la testa leggermente, per cercare di stare calma. «Sono tinti?» domanda poco dopo, indicando i miei capelli.
«No, guarda, sono verde naturale» rispondo con sarcasmo, agguantando vestiti a caso, giusto per non rimanere lì un secondo di più.  Una volta tornata nel bagno indosso quello che ho preso: un paio di jeans al ginocchio, strappati, ed una maglietta nera, con un teschio bianco tempestato di Swarovski. Quando esco dal bagno è arrivata anche Gemma, e lei e Harry stanno tranquillamente parlando. Mi squadra per qualche istante, senza aprir bocca, poi si volta di nuovo verso il ragazzo e ricomincia a parlare. Sono davvero una coppia terribile: la ragazza che si crede miss universo ed il ragazzo stupido. Inoltre lui sembra più piccolo di lei. Rimango ad osservarli ancora per qualche secondo, per poi infilarmi le scarpe, prendere la borsa ed uscire dalla stanza.
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ALOHA!

Avevo pubblicato questa storia qui su efp nel 2013,ma non l'ho mai finita. L'ho anche cancellata verso il 2014, perché non mi soddisfava più, ma avendola ritrovata, non potevo non rimetterci mano. Ecco qui, quindi, il prologo, leggermente rivisitato. 
Nel caso voleste continuare a leggerla, pubblicheerò gli altri capitoli su wattpad (:
@pozzanghe 
  
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