13)Circuiti del cuore fusi
Yukari p.o.v.
Il mio volo parte tre ore dopo quello dei ragazzi, la
città di San Diego diventa mano a meno sempre più
piccola e non mi è mai parsa
tanto estranea come oggi.
Il mare, le case, i grattacieli, le strade, i paesaggi
che conosco così bene hanno qualcosa che li rende diversi,
io sospiro. Non sono
loro a essere diversi, sono io.
Io e solo io.
Spinta dall’erba ho fatto la peggior cosa che potessi
fare: dichiararmi a Vic e non dimenticherò tanto facilmente
il suo sguardo
sconvolto e la sua freddezza.
Mi porto le mani davanti al volto e singhiozzo, poi
decido di berci su, piangere non servirebbe a nulla, non qui. Quando
passa
l’hostess prendo una lattina di birra tedesca bella tosta,
voglio qualcosa di
forte che mi mandi k.o. almeno per un po’, giusto per non
pensare, giusto per
non rivivere quei momenti.
Tamao aveva ragione, non è bene fumare erba, avrei dovuto
darle retta, invece di fare la solita ribelle, ma d’altronde
la fumo da quando
avevo quindici anni e non mi era mai successo niente.
Ok, l’ho presa sottogamba, mi sono dimenticata che sotto
erba tendo a parlare troppo e mi ci sono giocata il lavoro. Come potrei
lavorare con i Pierce The Veil dopo ieri sera?
Bevo la mia birra, pensando che è amara come la vita.
Ne bevo altre due lattine prima di addormentarmi e stare
disconnessa per tutto il volo che mi porta a Londra, solo quando siamo
sopra la
città un’hostess mi sveglia dicendomi che
è arrivato il momento di allacciare
le cinture.
Rivedrò Lee e il pensiero mi strappa un sorriso
autentico.
Io e i Bring Me The Horizon siamo amici dai tempi
dell’asilo, anche se mia madre ha sempre disapprovato che
avessi solo amici
maschi, quando hanno creato la band si è messa le mani nei
capelli. Mia madre è
una storica dell’arte, ha più
familiarità con i quadri antichi che con la
modernità. Mio padre invece è il primario di uno
degli ospedali della città e
ha consolato mia madre dicendo che la musica era un
bell’hobby.
E mia madre si è calmata ed è arrivata a farsi
piacere la
loro musica, sconvolgendo buona parte dei suoi conoscenti quando la
trovavano nel
suo studio a scrivere articoli o saggi al ritmo del metalcore della
band e
delle urla di Oli.
Sarà bello rivedere i miei amici, anche se Tamao mi ha
messo la pulce nell’orecchio sul fatto che Lee posa provare
qualcosa per me.
Penso che lo capirò in questo soggiorno e spero di non
spezzare un cuore, ci
tengo a lui.
A proposito di Tamao, dovrò chiamarla quando arrivo,
gliel’ho promesso.
L’aereo atterra e Londra mi accoglie con una giornata di
pioggia, nulla di strano in tutto ciò, abitando qui ci si
può dimenticare che
esiste una cosa chiamata sole e io ci ho studiato per un bel
po’musica.
Come essere manager e tecnico del suono, pensavo di
entrare a lavorare in una casa discografica, ma poi un soggiorno come
ragazza alla
pari negli Stati Uniti ha cambiato tutto.
Ho conosciuto i ragazzi e sono diventata la loro
merchgirl, forse sarebbe stato meglio rimanere qui, dannata voglia di
girare il
mondo!
Il comandante annuncia che possiamo scendere dall’aereo,
io prendo il mio bagaglio a mano, estraggo un ombrello dalla borsa e
seguo il
flusso dei passeggeri.
Scendo la scala e mi affretto verso il terminal, ritiro i
miei bagagli e poi seguo le indicazioni per gli arrivi internazionali,
finisco
per ritrovarmi nella classica sala affollata di persone.
Sposto il peso da un piede all’altro e mi guardo intorno
alla ricerca di Lee, finalmente scorgo un ragazzo non molto alto con il
cappuccio nero della felpa alzato che fa dei deboli cenni nella mia
direzione.
Sospirando di sollievo fendo la folla e lo raggiungo,
appoggio le due valigie a terra e sorrido.
“Ciao, straniero.”
“La straniera sei tu, dovevi stare via sei mesi e invece ci
sei rimasta un
secolo.”
Dice divertito poi prende le mie valigie e le solleva
senza sforzo, è sempre stato muscoloso lui, io invece ero la
mingherlina della
situazione.
“Quattro messicani mi hanno rapita.”
La mia voce ha un tono un po’amaro e lui se ne accorge.
“È successo qualcosa, Yukari?”
“Sì, ma non mi va di parlartene qui.”
Taglio corto io, lui annuisce e insieme usciamo.
Bentornata a Londra, Yukari.
“Dove hai parcheggiato la macchina, Malia?
Spero non in culo ai lupi, perché piove dannatamente
forte.”
“Non so cosa ti sia successo, ma speravo ti avesse addolcito
la lingua.
Sembravi più dolce al matrimonio di Jaime.”
“Quella era un’occasione speciale.”
“Hai l’alito di un vecchio alcolizzato.”
Io alzo le spalle.
“Avevo bisogno di dormire e questo è uno dei modi
più
veloci di farlo.”
“Un giorno mi dirai cosa ti è successo.”
“Davanti a una tazza di the e poi anche tu devi dirmi cosa ti
è successo.
Kean si è fatto accidentalmente sfuggire che tu e Deni
avete rotto, perché non me l’hai detto?”
“Vado a prendere la macchina.”
Si avventura sotto la pioggia, lasciandomi la terribile mezza
impressione che
c’entri io, spero che Deni non sia una ragazza vendicativa o
dovrò difendermi a
colpi di kendo, ammesso e non concesso che io trovi un bastone.
Poco dopo la macchina di Lee si ferma nella zona taxi,
che è al riparo grazie a Dio, e io carico le mie valigie,
poi entro alla svelta
per non intralciare nessuno.
Partiamo sollevando tsunami di acqua, un temporale di
quelli cattivi ci voleva per accogliermi in questa città di
pazzi e di strani
ricordi.
Lee infila nel lettore cd un cd dei Bring Me The Horizon.
“Sai qual è il più grande traguardo
della band?”
“Uhm, no.”
“Non dirlo a Oli, ma è stato farci apprezzare da
tua madre.”
Io scoppio a ridere.
“Okay, lo terrò a mente.”
E così la tensione è spezzata.
Sarebbe stata dura farsi un viaggio di tre ore di
macchina in un completo e imbarazzato silenzio, Lee non è un
gran chiacchierone
di natura e se offeso si chiude in un mutismo assoluto.
“Quindi siamo single tutte e due.”
“Parrebbe di sì, non vedo l’ora di
tornare a Sheffield.”
“Pensavo saresti andata a Londra a leccarti le
ferite.”
Io mi rilasso contro il sedile.
“I miei amici sono a Sheffield e poi il mio appartamento
a Londra è occupato, ho dato le chiavi a Jaime.”
Lui corruga la fronte.
“Come mai?”
“Per la luna di miele con Tamao, baka!”
“Certo. In realtà non mi sono sembrati innamorati
al
matrimonio, cioè lei era palesemente cotta, ma lui non
sembrava ricambiare del
tutto i suoi sentimenti.”
“In un certo senso hai ragione.”
“E allora perché si sono sposati?”
Rimango in silenzio per qualche minuto, valutando se dirgli o meno la
verità,
poi decido di sì. Lee è mio amico da una vita e
posso fidarmi di lui.
“Ok, ti dirò. Tu devo giurare che non dirai nulla
e
nessuno, nemmeno alla tua band.”
“Ok, va bene.”
Prendo fiato.
“Dopo il concerto che la band ha tenuto a New York
l’abbiamo trovata nel nostro tourbus, sporca e denutrita: era
appena scappata
da un laboratorio clandestino. Tamao cuciva vestiti tutto il giorno
fino a che
è riuscita a scappare. Me lo ha raccontato lei in giapponese
perché quando
l’abbiamo trovata parlava poco o niente l’inglese.
Abbiamo deciso di tenerla con noi perché era una ragazza
in pericolo, di sicuro i proprietari del laboratorio la stavano
cercando perché
non poteva permettersi che qualcuna delle sue schiave scappasse o
peggio ancora
raccontasse tutto alle autorità.
Le ho insegnato l’inglese, tinto i capelli di biondo e
abbiamo comprato dei vestiti. Lei si è innamorata quasi
subito di Jaime, ma
essendo lui fidanzato con Jess ha lasciato perdere, una brava ragazza
non ruba
i ragazzi delle altre e lei era stata allevata per essere una brava
ragazza
sottomessa.
Più o meno un mese dopo sono arrivati quelli
dell’immigrazione, non era difficile immaginare chi ce li
avesse mandati, e le
hanno dato un mese di tempo per mettersi in regola o sarebbe stata
espulsa dal paese.”
Lui annuisce.
“Perché non l’avete lasciata tornare in
Giappone? Di
sicuro ha una famiglia lì.”
Io rido senza allegria.
“Una famiglia che l’ha venduta a quindici anni come
schiava!
Per lei è pericoloso tornare in Giapponese,
l’avrebbero
ammazzata senza tanti complimenti. Jaime ha deciso di sposarla
perché odia
quelli dell’Immigrazione, hanno rimandato in Messico una sua
cugina, così il suo
fidanzato psicopatico le ha fatto la pelle.
Si sono sposati per questo motivo, ma Tamao lo ama e
Jaime è attratto da lei. Spero che in questa luna di miele
lui capisca che la
ama e che si mettano insieme sul serio. Sono davvero carini
insieme.”
“Adesso capisco. È una storia
complicata.”
“Abbastanza, ma ce la faranno. Ne sono sicura.”
“Se lo
dici tu.”
Sono tentata di chiedergli di Deni, ma decido di lasciare
perdere, per lui deve essere un argomento doloroso, non è
molto fortunato con
le ragazze.
Alla fine la stanchezza ha la meglio su di me e mi
addormento dopo un’ora scarsa di viaggio, cadendo in un sonno
senza sogni.
Dopo un paio d’ore sento
qualcuno scuotermi
vigorosamente, apro gli occhi e metto a fuoco la sagoma di Matt
Nicholls. Lo
guardo sorpresa.
“Tu cosa ci fai qui?”
Balbetto.
“Pensavi davvero di arrivare a Sheffield ed evitare una
festa al tuo arrivo?”
Mi chiede sornione.
Mi slaccio la cintura di sicurezza e scendo dalla
macchina, ci sono proprio tutti: Matt e la sua ragazza Chloe,
l’altro Matt, Oli
e Hannah, Jordan e sua moglie Emma e – ovviamente –
i miei genitori.
“La banda dove l’avete lasciata?”
Borbotto insonnolita, Lee ha detto a tutti del mio ritorno, non ha
tralasciato
nessuno.
“Tutti questi anni negli Stati Uniti non ti hanno resa
più dolce.”
Commenta Oli.
“Parla quello dolce per antonomasia, devo farti
l’elenco
delle stronzate che hai fatto?”
“Non dire parolacce.”
Interviene quietamente mia madre Aisa.
“E bentornata nel Regno Unito, è bello vederti di
tanto
in tanto.”
Io non commento. Ha scelto poche parole, ma pungenti, in una sola frase
mi ha
ricordato che non mi sono fatta vedere molto negli ultimi anni.
“Scusa, sono stata impegnata.”
“Immagino di sì, adesso però
recupereremo il tempo perduto.”
La guardo senza capire.
“Adesso usciamo a cena, poi ti lascio festeggiare e
domani mi racconti tutto quello che è successo.”
Lancio un’occhiata disperata a mio padre Joe, ma lui scuote
la testa, non posso
evitare l’interrogatorio di mamma.
“Mannò, non ti voglio annoiare.
La vita in tour è molto noiosa, vero ragazzi?
Si fanno sempre le stesse cose e non si possono mai
visitare le città per bene.”
“Al contrario. Oli mi ha detto che la vita in tour
è molto interessante e
possono succedere parecchie cose.”
Io fulmino il frontman dei Bring Me The Horizon per non
avere tenuto la bocca chiusa, lui alza le spalle.
“Poi ho saputo che una tua amica si è sposata e
vorrei
sapere i particolari.”
Anche questo viene dalla boccaccia di Oliver, lui ha eletto mia madre a
suo
confessore sin da quando eravamo bambini ed è stata lei a
dare il suo benestare
al suo matrimonio, sospetto che il suo parere abbia contato
più di quello della
sua vera madre.
“Domani, Aisa. Adesso lascia che Lee e Yukari portino in
casa le valigie.”
Io ne prendo un paio, lui prende le altre due e apre il cancellino
pedonale
della sua villa sulle colline di Sheffield, un bel posticino tranquillo
di solito.
Non appena siamo in casa lo fulmino con una delle mie
occhiatacce.
“Perché l’hai detto a tutti persino ai
miei?”
“Io l’ho detto solo a Oli, veramente.”
“Perché non l’hai scritto sui muri di
Sheffield?
Dirlo a Oli è come dirlo a tutti, lo sai che non sta mai
zitto.”
“Yukari, non potevi schivarli per sempre.”
“Lo so, ma avrei potuto farlo fino a quando non mi sarei
sentita pronta a parlare con loro, soprattutto con mia madre.
Vorrà sapere
tutto di Tamao e di Vic, pensi che non l’abbia capito che io
avevo una cotta
per lui?”
“Mi dispiace, Yukari.”
“Ormai è fatta. Scusa se sono stata brusca con
te.”
“Come mai sono l’unico con cui ti scusi?”
“Non lo so, sarà la tua faccia da bonaccione,
penso sia impossibile restare
seriamente arrabbiati con te se tu guardi le persone con quegli
occhioni blu da
cucciolo.”
Lui arrossisce di botto.
“Io non guardo le persone con occhi da cucciolo!”
“Sì, che lo fai!
Lo fai da quando ti conosco e non te ne sei mai accorto,
ma lasciamo perdere, ci aspettano.”
Taglio corto io.
“Ti odio quando fai così.”
“Così come?”
“Quando fai la stronza menefreghista, dovresti piangere ogni
tanto, non ti
farebbe male.”
Io abbasso gli occhi per seguire il disegno delle
piastrelle.
“Tu invece dovresti smetterla di dire tutto quello che ti
passa per la mente.”
Esco da casa sua a passo di marcia, colpita in un punto molto profondo,
Lee non
parla molto spesso ma – come mia madre – non lo fa
invano, basta qualche parola
e colpisce duramente.
Fuori c’è un’atmosfera di festa, i
ragazzi chiacchierano
tra di loro e con i mie genitori, mia madre sembra particolarmente
orgogliosa
di Oli e ha qualche buon motivo per esserlo: non solo lui ha smesso con
la
ketamina, ma si è anche sposato.
“Eccoci qui!”
Dico con la mia voce più falsa seguita da Lee, che cerca
di adeguarsi senza troppo successo al mio sorriso, gli altri sembrano
comunque
non farci troppo caso. Salgono tutti in macchina e io e il mio amico
finiamo
per imitarli, anche se l’atmosfera non è delle
migliori.
“Si può sapere perché diavolo ti sei
arrabbiata?”
Io rimango chiusa nel suo mutismo e non gli rispondo.
“Ecco, che lo rifai. Perché tagli fuori
tutti?”
Io continuo a rimanere in silenzio.
“Yukari, non sei più al liceo in un’ora
di buco.
Non vinci nulla continuando a stare zitta, l’epoca del gioco
del silenzio è finita.”
Io però continuo a tacere, l’epoca del gioco del
silenzio
non finirà mai per me. Io sarò sempre quella che
si chiude in sé stessa se le
cose vanno male, fa parte del mio carattere e della mia educazione.
Le ragazze non piangono se non è strettamente necessario,
soprattutto non si piange per nessun ragazzo, perché nessun
ragazzo è degno
delle tue lacrime. A forza si sentirmelo dire mi si è
inculcato dentro con
forza.
Seguendo la macchina di Oli arriviamo fuori da una
pizzeria che non urta la su sensibilità vegetariana,
parcheggiamo e poi
scendiamo dalla macchina. Sono di nuovo ributtata in un caos di voci
allegre,
pacche sulle spalle e gioia per il mio ritorno a cui mi sforzo di
rispondere
come meglio posso.
Entriamo e una cameriera gentile ci conduce al nostro
tavolo, il locale è piccolo e carino. Ha le pareti dipinte
di giallo tranne per
un tromp l’oeil sull’ultima che rappresenta una
visuale di un posto di mare
tipicamente italiano. I tavoli sono semplici e decorati con delle linde
tovaglie bianche e le piastrelle sono decorate con degli arabeschi
verdi,
gialli e blu.
Ci sediamo al nostro tavolo e ci vengono lasciati i menù,
io inizio a sfogliarlo pur sapendo già cosa
ordinerò: una semplice margherita
doppio pomodoro.
“Carino questo posto, non mi ricordo di esserci mai
stata. È nuovo?”
“L’hanno aperto due mesi dopo che te ne sei
andata.”
Mi risponde Oli.
“La cucina è buona e ci vengo spesso.”
“Capito, deve essere davvero buona perché fai
sempre un sacco di storie per
ogni ristorante, Sykes.”
Lui sbuffa.
“Si può sapere perché sei
così acida?”
“Non lo so, sarà il ciclo.”
“Oh, oh! Cadiamo nelle stronzate.”
“Oli non dire parolacce.”
Ripete mia madre.
“Scusa, Aisa.”
L’arrivo della cameriera per le ordinazioni ci salva dal
riprendere questa
conversazione, che Dio la benedica!
Io ordino la mia solita pizza, margherita con doppio
pomodoro e Oli una pizza alle verdure senza pomodoro, mia madre una al
prosciutto.
Mangiamo e tutti e due cercano di strapparmi qualche
aneddoto sulla vita in tour, ma io non apro bocca, non mi va di parlare
con
nessuno dei due, che poi la vita in tour non è poi
così interessante davvero.
Mangiamo il dolce e beviamo il caffè e poi sono lasciata
nelle mani dei ragazzi, cosa diavolo avranno organizzato?
“Cosa devo aspettarmi?”
Chiedo con una punta di preoccupazione a Oli che sogghigna maligno.
“Oggi si va indietro nel tempo! Andremo nel primo locale
in cui la band ha suonato.”
Io sgrano gli occhi.
Era un buco frequentato da metallari che quasi hanno
pestato la band e da cui mi sono dovuta difendere con il kendo grazie
alla
collaborazione di un manico di scopa presente nel locale.
“Sei matto?
Ci faranno la pelle, ti ricordi come ci hanno conciati
l’ultima volta?”
Lui ride come un matto, ma
non mi
risponde, quando fa così lo prenderei a pugni!
“Sono sicuro che te la caverai a meraviglia,
l’ultima
volta il tuo numero con la scopa ha spaventato un po’ di
uomini barbuti!”
“Oli! A volte sei terribile!”
“Sei sparita per anni e ci hai dato talmente poche
notizie che una punizione te la meriti.”
“Oh certo! Sono sempre io quella che deve venire punita! Ne
ho piene le
scatole, me ne vado a casa!”
“Lee viene con noi.”
“Hanno inventato i taxi!”
Sputo acida e comincio a comporre un numero sul mio
smartphone, ma lui mi ferma.
“Si può sapere cosa ti prende?”
“Vuoi proprio sapere cosa mi prende?
Mi sono dichiarata a Vic e lui mi ha respinto, perciò Sua
Maestà Sykes mi scusi se non sono dell’umore
giusto per festeggiare soprattutto in
mezzo a un gruppo di gente che ci vorrà linciare non appena
ci vedrà!”
Riprendo la mia chiamata e chiedo a un taxi di venirmi a prendere.
“È davvero successo?”
“No, mi piace inventare palle per stare al centro
dell’attenzione.
Andate, per favore!”
Lui fa per aprire bocca, ma io lo anticipo con un urlo
frustrato.
“Vai fuori dalle palle!”
Lui si allontana con Hannah, tutto il gruppo mi guarda e solo Jordan
decide di
disubbidire.
“Come mai non te ne vai?”
Gli chiedo.
“Non mi fido a lasciare una ragazza da sola la notte,
starò qui con te finché non arriva il taxi.
In silenzio.”
Aggiunge anticipandomi, io annuisco.
Ben presto i ragazzi se ne vanno e rimane solo il
tastierista che inizia a giocare con il telefonino, mentre io accendo
una
sigaretta e trattengo le lacrime.
La vettura ci mette un quarto d’ora e Jordan se ne va dopo
che sono salita a bordo, detto al taxista l’indirizzo della
casa di Lee.
“È ricca, signorina.”
“Nel caso se lo stia chiedendo i soldi non fanno la
felicità.”
Lui tace sorpreso dal tono acido della mia risposta, non sono incline
ai
rapporti umani ultimamente e lui guida in silenzio per le strade della
città in
cui sono cresciuta.
Arriva alla villa di Lee, io lo pago e poi entro
all’interno, non appena raggiungo il divano mi ci butto a
peso morto e comincio
a piangere le lacrime che ho trattenuto fino a ieri sera.
Singhiozzo come un animale ferito e lascio che le lacrime
miste a trucco macchino uno dei cuscini di Lee, sono sicura che
potrà
ricomprarlo se le macchie non dovessero venire via. Non si
può dire lo stesso
del dolore che c’è nel mio cuore, è
come una spina caparbiamente piantata lì
che non vuole saperne di andarsene.
Continua a fare male a ogni lacrima, a ogni volta che
rivivo lo sguardo disgustato di Vic, quello di un ragazzo che non vuole
tradire
la donna che ama. Io sono quella fuori posto, quella che deve pagare,
non mi
illudo di continuare a tenere il lavoro dopo la mia confessione.
Ho rovinato tutto con le mie mani per una stupida canna,
non toccherò mai più dell’erba in vita
mia, fa troppi danni e non ho ancora
chiamato Tamao, ma onestamente non sono in grado di avere una
conversazione con
nessuno ora come ora. Sono troppo arrabbiata, umiliata e confusa.
E le lacrime continuano a cadere senza accennare a
fermarsi, sono praticamente un rubinetto aperto che non si riesce a
chiudere.
Davvero Oli credeva che riuscissi a festeggiare il mio ritorno?
È solo una fuga per leccarmi in pace le ferite, niente di
più.
Sono solo una codarda alla fine, quella della ragazza forte
è solo una maschera
che porto per ingannare gli altri e temo di esserci riuscita fin troppo
bene.
Alla fine mi addormento stremata dalla mia crisi di
pianto, in posizione fetale sul divano di casa Malia senza nemmeno
coprirmi. Mi
sveglio molte ore più tardi nel cuore della notte quando Lee
apre la porta di
casa e bestemmia perché inciampa nel portaombrelli, se
conosco bene il signor
Sykes li avrà fatti bere fino al limite del coma etilico.
“Lee?!”
Chiamo alzandomi e pulendomi il viso con un fazzoletto,
la luce si accende e un barcollante Lee entra nella stanza.
“Ho bevuto troppo.”
Borbotta.
“Vedo.”
Dico asciutta.
“Sei ancora arrabbiata?”
Io scuoto la testa.
“Hai l’aria di uno che deve vomitare in cinque
secondi,
ti porto in bagno.”
Mi avvicino a lui e avvolgo uno dei suoi fianchi con le
mie braccia, avvicinando pericolosamente i nostri volti.
“Sei bella, mi piaci da tanto tempo, Yukari.”
Biascica.
Io non so cosa dirgli, ma le parole sono inutili, subito
dopo lui si attacca alle mie labbra investendomi con una zaffata di
odore di
birra.
Dovrei staccarmi da lui e non complicare le cose, ma io
non so fare le cose ne modo giusto quindi quando lui forza le mie
labbra con la
lingua io glielo concedo e mi ritrovo coinvolta in un bacio mozzafiato.
Cosa diavolo significa?
Sento i circuiti del mio cervello fondersi e la
confusione salire a onde.
Ho paura.
Grazie mille a Nico_Ackerman per la recensione e buon anno!