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Autore: Midnight Writer    02/01/2017    1 recensioni
La favola di due cuori che si cercano, tessendo la trama della storia del loro amore e della loro umanità.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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(Otabek's P.O.V)
Il suo cavallo non era certo da corsa, quindi ben presto si fece passare la foga iniziale per cedere ad un'andatura più regolare di passo o trotto al massimo, il che non gli permise di andare troppo lontano, ma non si perde d'animo e decise comunque di proseguire il suo viaggio fino a quando non si fece sera.
Si fermò accanto sulla riva di un lago così che il suo vecchio ronzino potesse bere acqua fresca e riposarsi; la luna era ormai alta nel cielo d'un nero profondo e le sue gocce di chiarore perlato illuminavano flebilmente quanto si trovava di fronte ad attorno a lui. 
Non aveva mai dormito fuori casa, quindi un po' per l'eccitazione e un po' per lo spavento non riusciva a prendere sonno.
Si sentiva come un bambino che vede il mondo per la prima volta, cosa che effettivamente non era troppo lontana dalla realtà, quindi decise di non perdersi l'occasione di osservare ciò che lo attorniava illuminato da quel chiarore perlato dal misticismo aleggiante.
Scorse poco lontano una creatura alata che stava seduta su una roccia che sbucava dal pelo dell'acqua già di per sé estremamente basso; con una mano abbracciava lascivamente le sue ginocchia mentre con l'altra accarezzava il liquido freddo, delicatamente, affondandovi appena un paio di falangi di due sole dita.
Sembrava un distillato di bellezza pura: i capelli tessuti con i più fini fili dell'oro più puro, le iridi d'acquamarina e le labbra di rosa, arrangiate in un'espressione assorta che aveva un non so che di celestiale, e con una grazia intrinseca che lo rendeva così perfetto in quel corpo così esile e minuto da non non sembrare nemmeno una creatura reale, vestiva in maniera degna d'un nobile, con la parte superiore dell'abito quasi interamente realizzata in tessuto semi trasparente con una trama a nido d'ape impreziosito qua e là da microscopiche pietre azzurre, che arrivava fino alla base del collo dove si trovava un colletto grigio chiaro, le spalle sulle quali poggiavano con leggiadria delle spalline bianche dagli orli frastagliati, e ai polsi sui quali si trovavano dei decori somiglianti a punte di freccia quasi fiammeggianti, ma bianchi come la neve; un disegno vagamente somigliante ad una croce si trovava al centro del suo petto, per congiungersi al centro dell'incrocio di due lembi di stoffa che appena coprivano i capezzoli e che andavano ad allargarsi aderendo perfettamente al suo addome e fasciandogli i fianchi appena sotto le costole,  caratterizzate anch'esse da questi bordi frastagliati che facevano sembrare che il suo  gracile corpicino fosse avvolto da fiamme di ghiaccio, sotto di essi una striscia di stoffa fiammeggiante di colore omonimo alla croce sul petto, che gli fasciava il punto vita e i lati delle cosce e parte dell'addome, lasciando l'ombelico coperto solo da quella trasparenza a nido d'ape, così come quasi la totale interezza della sua schiena, la parte inferiore del suo corpo era con elegante semplicità interamente fasciata di bianco, fino alle caviglie e i suoi piedi erano nudi; le sue ali erano appuntite ma non aguzzi,  e colorate di un evanescente tono azzurrato. Quanta puerile eleganza? Quanta grazia emanava quel corpo? Pareva quasi che non fosse il chiarore lunare ad illuminarlo, ma che risplendesse di luce propria, rilasciando con infinita e affascinante noncuranza piccole gocce del distillato di bellezza che era.
Non poteva stare lì fermo ad osservarlo, voleva attirare la sua attenzione.

(Yuri's P.O.V) 

"Smettila di osservare per così tanto la luna; potresti accorgerti che nulla in questo mondo ha senso"
Si sentì dire con tono quasi di scherno da una voce che sembrava familiare. 
La lontananza dalle altre persone per così tanti anni aveva condannato Yuri a non divenire mai istruito su come relazionarsi correttamente, e in più la rabbia che serbava in corpo per la sua prigionia lo indicevano ad adirarsi eccessivamente per davvero poca cosa. Bastò appena un secondo perché identificasse la fonte della voce e con un balzo la tirasse sotto di sé nell'acqua che a stento arrivava a coprirgli un quarto dell'altezza del braccio, evocando il suo solito pugnale di ghiaccio.
"Cosa cazzo vuoi, eh? Sporco umano! Vuoi per caso che ti tagli la gola?"
"Sei così bello..." si lasciò scivolare l'altro dalle labbra in un tono così flebile che sembrava che nemmeno volesse dirlo, in fondo
Yuri rimase pietrificato da quelle parole, e si riprese dopo poco dalla cecità della sua rabbia e la comprensione di chi in quel momento si trovasse sotto di lui lo colpì come un pugno a pieno volto.
Si alzò di scatto ed intimò al ragazzo di presentarsi. 
"Otabek Altin. Per gli amici Beka" rispose il ragazzo con ancora insicurezza nella voce.
Yuri non sapeva ancora cosa lo avesse colpito maggiormente, se l'aver incontrato il ragazzo che quotidianamente osservava e che credeva di aver perso; l'aver scoperto il nome di quel ragazzo; o l'essere stato chiamato "bello". 
Nessuno gli aveva mai detto che era bello; al massimo lo avevano chiamato fatina graziosa, carino, elegante o cose così, ma mai bello. Un nuovo orizzonte della sua mascolinità mai scoperta si stava aprendo, ma Yuri aveva troppa paura per permettere subito che accadesse.
Non appena il suo interlocutore gli chiese di presentarsi, egli subito assunse un tono altero e dichiarò, quasi fosse un'arringa in tribunale
"Yuratchka Plisetsky. Per gli amici Yuri."
"D'accordo, Yuri."
"Chi ti ha detto che siamo amici?"
Rispose velenoso, per poi fermarsi subito dopo a riflettere: per quanto tempo era rimasto da solo e per quanto tempo aveva detestato e maledetto la sua solitudine; osservando quel ragazzo da lontano e desiderando di potergli rivolgere anche solo una minima parola? Quante volte si era odiato perché non aveva mai provato a stringere un vero legame, rifiutando di essere una fata e rifiutando di essere umano, sentendo di non appartenere mai a nessun luogo.
Adesso che aveva l'opportunità di appartenere davvero a qualcosa, perché stava buttando via a priori tutto ciò?  
Perché stava buttando preventinamente giù le fondamenta dell'unico posto che avrebbe potuto chiamare casa?
"Senti, Beka... Non è che vorresti diventare mio amico?"
   
 
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