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Autore: KukakuShiba    02/01/2017    11 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO SEDICI
 
Le persone non vogliono ascoltare la verità
perché non vogliono vedere le proprie illusioni distrutte
 
Friedrich Nietzsche
 
 
 

La mano di Castiel iniziò a tremare e lui, per riflesso, strinse le dita sul cellulare per avere maggiore presa. Il cuore gli si fermò in gola, per poi riprendere a battere velocemente. Continuò a fissare quel nome sul display per minuti interi, fino a quando gli occhi iniziarono a bruciare e le lettere si accavallarono l’una all’altra, confondendosi tra loro e permettendo ad alcune immagini, appartenenti al passato, di esplodere per pochi secondi nella sua mente.
Castiel batté più volte le palpebre, accecato da quella sensazione, e strinse ancora più forte il cellulare che aveva in mano, fino a far sbiancare le nocche, e continuando a fissare lo schermo, soffermandosi sulla foto di Hannah. Guardando quell’immagine, Castiel fece un salto indietro nel tempo, a quando frequentava le scuole elementari e Hannah era una sua compagna di classe, nonché amica d’infanzia. Con una punta di nostalgia Castiel notò che la ragazza non era cambiata affatto. I suoi capelli castani erano più lunghi, era vero, ma c’era ancora quella buffa frangetta che le ricopriva tutta la fronte. Gli occhi, invece, di quel colore non ben definito, erano proprio come Castiel se li ricordava.
Perché? In fondo, Hannah era solamente un'altra persona che si era allontanata, come tutti gli altri, quando era diventato sordo. E allora, per quale motivo la ragazza gli aveva chiesto l’amicizia, visto che aveva rifiutato la sua anni prima?  E soprattutto perché adesso, dal momento che tra loro vi erano diversi anni di silenzio e un numero considerevole di chilometri a separarli?
Castiel si voltò e guardò Dean e gli altri, seduti accanto a lui.
Dean.
Quando lo aveva conosciuto, durante il loro burrascoso incontro sul portico di casa Novak, Dean era apparso subito diverso da tutti quelli con cui Castiel aveva avuto a che fare. Il giovane Winchester si era fermato a parlare con lui, e il giorno dopo era tornato, come aveva promesso. Gli aveva fatto tante domande ed era sembrato davvero interessato a quello che Castiel rispondeva, scrivendo sul block notes. E quando gli aveva fatto conoscere i suoi amici, Castiel si era reso conto, con stupore, che anche loro erano diversi.
Il moro tornò a guardare lo schermo del cellulare. Perché loro erano così diversi? Perché loro, che in fondo non lo conoscevano nemmeno, erano stati capaci di superare il suo handicap come se niente fosse? E perché invece Hannah e tutti gli altri, che lo conoscevano da quando erano piccoli, non erano stati capaci di farlo? Castiel non capiva, forse perché era troppo coinvolto e non riusciva a vedere la cosa con obbiettività: il punto centrale, che sfuggiva al ragazzo, era la differenza d'età tra gli amici che aveva trovato a Lawrence e quelli di Pontiac. D'altronde Castiel aveva undici anni quando era diventato sordo, e a quell'età, si sa, i bambini sono molto volubili, alcuni direbbero anche un po' stupidi, e purtroppo spesso non si rendono conto delle conseguenze che hanno le loro azioni o le loro parole. Dean e gli altri invece avevano un'età diversa, in un certo senso legata ancora alla spensieratezza tipica dell'infanzia, ma che contemporaneamente risente dell'influenza dell'età adulta.
Purtroppo, però, il ragazzo dagli occhi blu era stato ferito dal comportamento di quelli che riteneva i suoi amici, e questa ferita non se n'era mai andata, anzi, era diventata parte di lui. E non importava che lui avesse cercato di nasconderla per tutto questo tempo, perché in ogni momento, e ora più che mai, poteva comunque sentirla. Castiel la sentiva pulsare e bruciare, come se fosse viva. Ne poteva toccare i bordi taglienti, arrossati, che scottavano. E faceva male, faceva così male che il ragazzo avrebbe voluto scappare lontano, pur di non sentire quel dolore.
Castiel serrò la mascella e iniziò ad agitarsi. Schiuse le labbra e iniziò a respirare a bocca aperta. Era arrivato al limite.
Lentamente si voltò verso Dean.
 
“Ma promettimi che appena qualcosa non va me lo dici, ok?”
 
Cosa doveva fare? Doveva dirglielo? E cosa avrebbe potuto dirgli? Castiel era certo che, se ne avesse parlato con Dean, il biondo avrebbe capito. Eppure qualcosa gli impediva di farlo: Castiel non voleva che il suo passato interferisse con il suo presente. E il suo presente era Dean. Inoltre, se avesse deciso di dirglielo, cosa sarebbe successo? Quasi sicuramente Dean si sarebbe preoccupato e lo avrebbe portato via da lì, come quella volta al cinema. Di nuovo, quel senso di colpa nei confronti di Dean si riaccese. Non poteva fargli questo, non un’altra volta. Doveva resistere, ma prima di tutto cercare di riprendere il controllo delle sue emozioni, anche se non sapeva affatto come fare. L'unica cosa che sapeva era che doveva allontanarsi da lì.
“Dean…”
Il biondo si girò e incrociò il suo sguardo, sorridendo.
“Vado un attimo in bagno…”
“Ok. Aspetta, vengo con te” – rispose l’altro, alzandosi in piedi.
“No, non è necessario” – si affrettò a ribattere il moro – “Vado da solo”.
“Sei sicuro?” – domandò Dean.
“Sì, sono sicuro” – lo rassicurò Castiel – “Torno subito”.
Dean si soffermò a guardalo per qualche secondo e poi annuì, rimettendosi seduto.
Castiel stirò le labbra in un sorriso forzato e si alzò, per poi allontanarsi.
Dean lo seguì con gli occhi per tutto il tempo, finché Castiel non scomparve tra la folla di persone che occupavano le gradinate.
 
Appena uscito dalla palestra, Castiel si guardò in giro. I corridoi erano deserti, fatta eccezione per un inserviente, che stava svuotando un cestino poco più in là. Castiel si incamminò verso la direzione opposta, senza una meta precisa, mentre gli occhi diventavano lucidi. Cosa gli stava succedendo? Perché non riusciva a fermare quell’ondata di emozioni che lo stava sopraffacendo? Il ragazzo aumentò il passo, continuando a seguire il corridoio, sebbene non sapesse nemmeno dove si trovasse. Forse aveva sbagliato. Forse avrebbe dovuto permettere a Dean di venire con lui, e non solo per avere accanto una persona che conoscesse l'edificio. Dean lo avrebbe preso per mano, lo avrebbe abbracciato e tranquillizzato. E forse tutto sarebbe passato, tutto sarebbe stato più facile. Ma a quale prezzo? Dean si sarebbe concentrato unicamente su di lui, rinunciando così alla partita e ad una piacevole serata in compagnia dei loro amici.
Peso.
Castiel strinse i pugni e proseguì. All'improvviso, con la coda dell'occhio, vide la porta del bagno e, senza pensarci, la aprì, richiudendosela poi alle spalle.
 
“Dean?”
A quel richiamo, il giovane Winchester si voltò e vide Benny che lo guardava.
“Amico, si può sapere dove diavolo stai guardando?”
Dean strinse le labbra, indugiando.
Da quando Castiel era uscito dalla palestra, un paio di minuti prima, Dean non era riuscito a concentrarsi sulla partita, e più volte si era girato verso la direzione in cui aveva visto sparire il ragazzo dagli occhi blu. Era preoccupato per Castiel. Sapeva che il moro era solo andato in bagno, ma Dean sentiva il bisogno di sapere che stesse bene, che non si sentisse a disagio, di stargli vicino. Riconosceva che il suo atteggiamento era oltremodo esagerato, ma non riusciva a farne a meno, soprattutto dopo quell'episodio del cinema. Ed era talmente perso nei suoi pensieri da non accorgersi che, intorno a lui, le persone si erano alzate in piedi, approfittando della pausa tra il primo e secondo periodo della partita, per fare altro.
“Scusa, mi ero distratto...dicevi?”
Benny si soffermò a osservare l'altro per qualche secondo e poi riprese a parlare.
“Dicevo, hai visto il rimbalzo che ha preso Michael? È stata una fortuna che sia riuscito a smarcare il…”
Benny continuò a parlare dei momenti più emozionanti della partita, mentre i pensieri di Dean, invece, continuarono a vagare, alla ricerca del suo ragazzo con gli occhi blu.
 
 
°°°
 

Castiel rimase davanti allo specchio del bagno per un periodo di tempo indecifrabile, limitandosi a guardare il suo riflesso. La sua mente era ancora soffocata dai ricordi, che giocavano ad alimentarsi a vicenda. Le immagini infatti, venendo a galla, trascinavano con loro altre immagini, le quali a loro volta richiamavano altre istantanee del passato, e così via, in un crudele circolo vizioso.
Castiel sospirò e si concentrò sul sé stesso nello specchio. Erano passati diversi anni e lui era cresciuto, eppure la vicinanza emotiva con quei ricordi era tale da poterli quasi toccare con mano, e lui non riusciva ad impedirlo. Pertanto, a Castiel non rimaneva altro che guardare, impotente, mentre le sue ferite lo consumavano e il passato si faceva beffa del suo presente e di lui.
Il giovane riservò un'ultima occhiata al proprio riflesso, quasi volesse scusarsi, come a voler dire 'mi dispiace, ma non posso fare niente'. Infine distolse lo sguardo, e uscì.
 
Quando Castiel uscì dal bagno, fu colto alla sprovvista dalla moltitudine di persone presenti nel corridoio. Il giovane esitó un attimo e poi controllò l'ora sul cellulare, arrivando alla conclusione che il motivo di tutta quella confusione fosse la pausa tra il primo e il secondo periodo della partita. Contemporaneamente però, si rese conto di essere stato via più del necessario e il suo pensiero volò a Dean. Doveva ritornare in palestra al più presto, altrimenti Dean avrebbe iniziato a preoccuparsi.
Castiel si incamminò nella stessa direzione dalla quale era venuto, ma la sua attenzione veniva costantemente catturata dalle persone intorno a lui. I ragazzi chiacchieravano tra loro, lungo le file di armadietti presenti, gesticolando ogni tanto con le mani. Erano gesti semplici, se presi singolarmente, ma che invece, nell'insieme, davano vita ad un ritmo caotico e frenetico, che sembrava incalzare sempre più. Le immagini cominciarono ad oscillare, quasi ipnotiche, strappando Castiel alla realtà e costringendolo a fermarsi, per poi trascinarlo nelle buie secrete della sua memoria.
Castiel si ritrovò proiettato a quel giorno in cui i suoi genitori lo portarono per la prima volta a vedere una scuola speciale. Il giovane ricordava bene la luce del sole, così forte da fargli socchiudergli gli occhi, e il calore della mano di Amelia, che lui stringeva forte nella propria. Un'altra cosa che gli era rimasta ben impressa, erano stati i ragazzini nello spazio verde di fronte a lui, che si intrattenevano sulle panchine con altri coetanei, gesticolando con le mani e con le braccia in maniera quasi febbrile. Tutte quelle mani che si agitavano lo avevano confuso e disorientato, aumentando il suo disappunto. Infatti, Castiel non si era dimostrato per niente entusiasta di essere lì, e, sebbene fosse una scuola, questo non aveva di certo migliorato le cose, anzi, se possibile, le aveva peggiorate. Il fatto che si trattasse di una struttura speciale per sordomuti in qualche modo lo aveva ferito. Sapeva benissimo di non poter più tornare in una scuola normale ma...una scuola speciale? Era quello che gli sarebbe aspettato d'ora in avanti?
Castiel abbassò lo sguardo sulle proprie mani, muovendo le dita. In quegli anni, fare i conti con la sua sordità non era stato affatto facile, se non impossibile. C'erano stati forti scontri, come il rifiuto di andare in una scuola speciale, e compromessi, come accettare la proposta di quell’uomo di imparare la lingua dei segni. Ma alla fine, non si era mai giunti ad una pace definitiva, o quantomeno ad una tregua duratura. E questo era dovuto al fatto che Castiel non voleva essere diverso, avere dei limiti, o dover rinunciare al futuro che aveva immaginato. Perché Castiel non aveva mai accettato la sua sordità. E con tutta probabilità, non l'avrebbe mai fatto.
Castiel fu travolto da un'ondata di emozioni che, questa volta, lo sommerse completamente. Rabbia, delusione, amarezza, paura…tristezza. E senza neanche rendersene conto, si ritrovò a correre lungo il corridoio, allontanandosi dalla palestra, e da Dean.
 
Castiel corse, senza neanche rendersi conto di dove stesse andando, e continuò a farlo, finché ad un tratto fu costretto a fermarsi: il corridoio era arrivato ad un punto cieco. Rimase a fissare il muro davanti a sé, cercando di riprendere fiato. In cuor suo si era illuso ancora una volta di poter scappare da quell’armata di ricordi ed emozioni che lo avevano assalito. Si era illuso di poter scappare da sé stesso, da quello che era, ma aveva fallito. Di nuovo. Con un peso nel petto si voltò e osservò il punto dal quale era arrivato, facendo una smorfia. Era consapevole di dover tornare da Dean, ma non poteva farlo, non in quelle condizioni. Il ragazzo dagli occhi blu si sentì in trappola e gli occhi iniziarono a pungere. Distolse lo sguardo dal corridoio e si appoggiò al muro con la schiena, serrando le palpebre e lasciandosi poi scivolare, fino a sedersi per terra. Portò le gambe al petto, cingendole con le braccia, e nascose il viso tra le ginocchia, iniziando infine a singhiozzare.
 
Dean continuava a far ballare il piede su e giù, mentre si mordicchiava nervosamente l'interno della guancia, fissando il vuoto. La partita aveva ripreso da alcuni minuti, ma a lui non importava. Castiel era via da più di un quarto d'ora e Dean aveva iniziato a agitarsi. E più si girava ad osservare il posto vuoto accanto al suo, più la sua agitazione cresceva. Dove diavolo era finito? Possibile che ci mettesse così tanto solo per andare al bagno?
Dean sollevò leggermente i fianchi e sfilò il cellulare dalla tasca, controllando se ci fossero messaggi da parte di Castiel, invano. Il biondo chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso, per poi riaprirli. Con un rapido movimento del pollice sbloccò lo schermo e iniziò a digitare rapido sul display.
 
[22:10] – Da Dean a Cas
Dove sei?
 
Dean tenne il cellulare con entrambe le mani, con la speranza di sentire una vibrazione da un momento all'altro, di ricevere una risposta da parte del suo ragazzo. Ma più il tempo passava e più quella speranza si assottigliava, tendendo in modo spasmodico le corde della sua, già evidente, preoccupazione. E se gli fosse successo qualcosa o si fosse sentito male? O peggio, se fosse stato preso di mira da qualcuno? Il suo piede ballò su e giù in maniera quasi nevrile, fino a raggiungere il limite, oltre il quale non sarebbe stato più in grado di contenere l’agitazione di Dean. All'improvviso il ragazzo scattò in piedi, come una molla, sotto lo sguardo interrogativo degli amici di fianco a lui.
“Ehi, amico, che succede?” – chiese Benny, guardandolo dal basso.
Dean strinse il cellulare nella mano, ma non rispose.
“Dean?” – lo richiamò l'altro.
“Devo andare” – asserì il giovane, prima di voltarsi e allontanarsi.
“Co-Ehi! Dove vai? Dean!” – esclamò Benny, alzandosi anche lui in piedi e allegando le braccia – “Ma che diavolo...”
Il ragazzo si voltò verso Charlie e Chuck, alzando le spalle, confuso.
“Dove sta andando?” – chiese Chuck, allungando il collo e seguendo la figura di Dean che scendeva le scale delle gradinate.
“Non lo so…” – ammise Benny, sospirando.
“Uhm…non mi piace” – intervenne Charlie, lasciando il suo posto e incamminandosi verso la direzione presa dall’amico.
Dopo qualche secondo, anche Chuck si alzò e la seguì, senza dire nulla.
“Ehi, ma che diavolo avete tutti quanti?” – borbottò Benny, ormai rimasto solo, prima di scrollare la testa e raggiungere anche lui gli altri.
                                                    
 
°°°
 
 
Una mano delicata e sottile si appoggiò sulla sua spalla di Castiel. A quel contatto, il giovane sussultò leggermente e riemerse dal suo nascondiglio, sollevando lo sguardo e schiudendo poi le labbra, sorpreso. Di fronte a lui due grandi occhi scuri lo stavano osservando, con una sfumatura di stupore e preoccupazione fusi insieme.
“Lisa…” – mormorò Castiel.
Lisa, quella sera, era nella palestra in veste di cheerleader, per sostenere la squadra insieme alle altre compagne. Come tutti gli altri, aveva approfittato della pausa tra il secondo e il terzo periodo della partita per andare in bagno e darsi una rinfrescata. Tuttavia, complice anche la lunga fila ai bagni, si era attardata parecchio nel ritornare verso la palestra. E mentre percorreva il corridoio ormai deserto, era stata distratta da una leggera eco, proveniente da uno dei corridoi laterali. Inizialmente, pensava che fosse frutto della sua immaginazione, o il rumore delle caldaie poco distanti, ma poi quell’eco si era fatto sentire di nuovo. La ragazza aveva indugiato un attimo sul posto e alla fine, incuriosita, aveva provato a seguire quel suono. Mano a mano che sentiva quell’eco più vicino, si era resa conto che assomigliava sempre più ad un lamento, come se qualcuno stesse piangendo. E quando aveva imboccato un piccolo corridoio alla sua destra, aveva visto in lontananza la figura di una persona rannicchiata e appoggiata contro il muro. Più volte l’aveva chiamata, ma senza ottenere risposta. Così, aveva deciso di avvicinarsi, per poi scoprire con stupore di conoscere bene quella persona: si trattava di Castiel.
La ragazza schiuse la bocca, spiazzata dalla realtà che si trovò davanti e di cui non era a conoscenza fino a quel momento: Castiel stava parlando.
Lisa sapeva che Castiel poteva parlare, se voleva, ma nei mesi in cui lei faceva ancora parte della vita di Dean, il ragazzo dagli occhi blu non aveva mai proferito parola e si era espresso sempre e solo attraverso il block notes.
“Tu…” – balbettò la giovane, imbarazzata.
Castiel la osservò, ma non disse nulla, limitandosi ad annuire.
“È.… è una cosa bella” – aggiunse poi, sorridendo leggermente.
Il ragazzo non riuscì a ricambiare il sorriso e annuì di nuovo.
Lisa si soffermò sull'altro, sospirando leggermente. Non si sarebbe mai aspettata di trovare Castiel lì, nella scuola. E dovette ammettere che, vederlo, richiamò in lei sgradevoli ricordi: la festa di Halloween, le sue grida, le parole di Dean, la porta di casa Talbot che si chiudeva, ponendo così fine alla sua storia con il giovane Winchester. Per i primi tempi, Lisa aveva odiato Castiel, aveva nutrito del rancore per quel ragazzo che era apparso all'improvviso nella loro vita, sconvolgendo così la loro realtà, e lo aveva ritenuto l'unico responsabile della sua rottura con Dean. E questo, per un po', aveva aiutato la giovane, lenendo le ferite del suo cuore. Ma, in seguito, tanto odio e rancore erano via via scomparsi, lasciando solo la consapevolezza che, in verità, la colpa di quanto successo non era di nessuno: né di Castiel, né di Dean, e nemmeno sua. Probabilmente era una cosa che doveva succedere e basta, o forse lei e Dean semplicemente non erano destinati a stare insieme, ma solo ad incrociare le loro strade e fare una parte del cammino della vita insieme. E ora che Castiel era lì di fronte a lei, con gli occhi visibilmente segnati dal pianto, Lisa si vergognó dei sentimenti negativi provati per lui.
“Sei qui con Dean?” – chiese la cheerleader, richiamando di nuovo l'attenzione dell'altro.
“Sì...”
“E lui dov'è?”
Castiel esitó, abbassando lo sguardo. Aveva detto al suo ragazzo che sarebbe tornato subito e invece i suoi ricordi e le sue emozioni lo avevano trascinato via, lontano, e lui non era riuscito ad opporsi. Da quanto tempo era via? Quanto tempo era passato da quando aveva lasciato la palestra? E Dean come aveva reagito, non vedendolo tornare? Il moro fece una smorfia. Dean doveva essere sicuramente preoccupato, e questo non fece altro che alimentare il senso di colpa di Castiel nei suoi confronti. Odiava far preoccupare Dean, gli pesava terribilmente, perché sentiva di limitare fortemente il suo ragazzo. Ogni volta che Dean lo seguiva sempre, affiancandolo e standogli vicino, era come se Dean camminasse su linee già tracciate, che ruotavano attorno alla figura di Castiel, e dalle quali il biondo non poteva discostarsi. E tutto ciò faceva male al ragazzo con gli occhi blu, perché in questo modo era come se Dean fosse prigioniero nella gabbia della sua sordità, insieme a lui.
“Castiel?” – lo chiamò Lisa, toccandolo di nuovo e facendogli sollevare lo sguardo – “Dov'è Dean?” – chiese ancora.
“In palestra...” – mormorò l'altro.
“Ok...” – annuì lei, prendendosi una pausa, per poi proseguire – “Castiel, stai bene? Perché sei qui da solo? Dean lo sa che sei qui?”
Il giovane non rispose e nascose di nuovo il viso tra le ginocchia.
La ragazza indugiò un attimo. Aveva capito che qualcosa non andava, già subito dopo aver incrociato i suoi occhi. Inoltre, il fatto che Dean non fosse lì era davvero strano. Lisa si guardò in giro, indecisa. Cosa doveva fare? Non poteva di certo andarsene e tornare dalle proprie compagne come se nulla fosse, lasciando l'altro lì da solo, e soprattutto in quelle condizioni. La giovane sospirò, affranta, perché in quel momento l'unica soluzione possibile era di avvisare Dean. In tutti quei mesi lei e Dean non si erano più rivolti la parola, e quando si incrociavano nei corridoi si limitavano ad ignorarsi a vicenda. Pertanto, l'idea di trovarsi faccia a faccia con lui e di dovergli parlare, non era proprio una cosa che Lisa avrebbe desiderato fare. Ma, d'altronde, non aveva alternative. Certo, se avesse avuto ancora il suo numero, avrebbe potuto chiamarlo, evitando così di esporsi tanto, ma lo aveva cancellato poco dopo la loro separazione.
La ragazza indugiò un attimo sul da farsi, ma poi si decise e raccolse i pom pom che aveva appoggiato lì a terra, poco prima.
“Castiel” – lo avvisò, attirando la sua attenzione – “Aspettami qui, torno subito”.
 
“Maledizione!” – smozzicò Dean, sbattendo la porta del bagno.
Dopo essere uscito dalla palestra, Dean aveva setacciato tutti i corridoi limitrofi in cerca di Castiel. Fortunatamente, dal momento che la partita aveva ripreso, non c'era quasi più nessuno in giro e questo aveva facilitato la ricerca. Insieme agli altri, che avevano deciso di seguirlo, aveva anche controllato nei vari bagni dislocati in quell'ala della scuola, invano. Castiel non si trovava da nessuna parte, sembrava scomparso.
“Dean” – tentò Charlie, subito dietro di lui – “Vedrai che sarà qui in giro, non ti dev-”
“Non dirmi che non mi devo preoccupare, cazzo!” – ringhiò il giovane, voltandosi verso di lei e facendo così indietreggiare l'amica di un passo, spaventata dalla sua reazione.
Dean la superò, continuando a muoversi nervosamente su e giù per quel tratto di corridoio, come un animale in gabbia.
“Non lo troviamo da nessuna parte, e non risponde ai miei messaggi! Dove cazzo è finito?!” – sbraitò ancora, gesticolando.
“Dean” – lo richiamò Benny.
“Lo sapevo! Lo sapevo che dovevo andare con lui!” – continuò Dean, ignorando il giovane – “Non dovevo lasciarlo andare da solo!”
“Ehi, amico” – riprovò Benny, intercettando i suoi movimenti e parandosi di fronte a lui.
“Non dovevo accettare di portalo qui! Ma lui ha insistito e continuava a dire di voler venire, maledizione!” – proseguì il biondo, ormai perso nei suoi sproloqui.
“Ehi!” – esclamò Benny, afferrandolo per le spalle e costringendolo a fermarsi.
“Cosa vuoi?!” – sbottò Dean, infastidito dall’intromissione dell'altro.
“Datti una calmata, Dean!” – ribatté Benny – “Perché così non sei di aiuto a nessuno!”
“Che cazzo nei vuoi sap-”
“Lo so che sei preoccupato!” – lo interruppe l'amico, perentorio – “E lo siamo anche noi, credimi” – continuò, abbassando il tono.
Dean incrociò gli occhi chiari di Benny e, dopo qualche secondo, sentí la rabbia e l'agitazione mollare un po' la presa su di lui, permettendogli così di essere più lucido.
“Io...” – mormorò, abbassando lo sguardo, mortificato per aver inveito così contro di lui.
“Ragioniamo un attimo” – disse Benny, lasciando andare la presa sulle spalle di Dean – “Deve essere ancora nella scuola, per forza”.
Il ragazzo si grattò il mento, pensando al da farsi.
“Ok” – continuò – “Propongo di dividerci. Chuck, tu controlla i corridoi vicino alla mensa, io andrò verso la zona della biblioteca. E voi due” – aggiunse, rivolgendosi a Dean e Charlie – “Controllate il corridoio vicino alle caldaie”.
“Ok” – annuì la ragazza.
Benny fece per muoversi, ma poi si fermò, avvicinandosi alla rossa.
“Ehi, tienilo d'occhio” – le sussurrò, facendo cenno col capo in direzione di Dean, per poi allontanarsi insieme a Chuck.
Charlie li seguì con lo sguardo, fino a vederli sparire dietro l'angolo, e poi si voltò verso Dean.
Il ragazzo era vicino al muro, girato di spalle e con le mani abbandonate lungo i fianchi. La giovane sospirò e gli si avvicinò.
“Ehi” – disse dolcemente, mettendosi di fronte a lui.
Dean non rispose e tenne lo sguardo basso.
“Dean” – lo richiamò lei.
Il giovane alzò piano il viso e incrociò gli occhi dell'amica, che gli sorrise dolcemente.
“Mi dispiace…” – mormorò lui – “Per prima...io non...”
“Shh, non ti preoccupare” – lo tranquillizzò Charlie, accarezzandoli un braccio.
I due rimasero in silenzio per un po'.
“Coraggio” – spronò lei – “Andiamo a controllare dove ci ha detto Benny”.
“Ok...”
Entrambi si mossero, con Dean davanti, incamminandosi lungo il corridoio, ma quando il giovane girò a sinistra, si scontrò malamente contro qualcosa. O, per meglio dire, contro qualcuno.
“Ma che diavolo…” – borbottò Dean, ancora stordito, prima di bloccarsi completamente, di fronte alla persona che si trovava davanti a lui.
“Lisa…” – sussurrò, incredulo.
La ragazza lo guardò, altrettanto sorpresa.
“Dean…”
I due si guardarono, senza aggiungere altro, visibilmente imbarazzati per quell’incontro improvviso e del tutto imprevisto.
“Dean” – lo richiamò Charlie, di fianco a lui.
“Sì…” – annuì l’altro, schiarendosi la voce – “Scusa, Lisa, ma devo andare…”
“Un attimo, Dean, io ti stav-”
“Mi dispiace, ma non è il momento” – la liquidò lui, superandola.
“Aspetta, Dean! Devo dirti una cosa!” – tentò di richiamarlo lei, inseguendolo.
“Adesso non posso!” – ribatté il biondo, aumentando il passo.
“Si tratta di Castiel!” – sbottò fuori l’altra.
Dean si fermò di colpo e si girò verso Lisa, pallido in volto.
“Cas?”
“Sì…”
“Lo hai visto?” – si affrettò a chiedere Dean.
“Sì, prim-”
“Dov’è?” – la interruppe lui, facendo un passo in avanti.
“L’ho visto e-”
“Lisa, ti prego, dimmi dov’è!”.
La giovane scrutò le iridi verdi del ragazzo e una strana sensazione la colpì, che lei poi identificò in un misto di amarezza e nostalgia.
“Seguimi” – sospirò infine, muovendosi e incitando gli altri due a seguirla.
 
I tre ragazzi percorsero un tratto di corridoio deserto, accompagnati solo dal rumore dei loro passi concitati. Lisa girò a destra, guidando Dean e Charlie, dietro di lei. Ad un tratto la cheerleader si fermò, imitata dagli altri due.
“Eccolo” – disse solamente, indicando con una mano alzata un punto fisso davanti a loro.
Dean fece un passo in avanti e, nella penombra, vide una figura a terra, appoggiata contro il muro.
“Cas!” – esclamò Dean, prima di raggiungerlo.
Mano a mano che si avvicinava a Castiel, Dean sentì il suo cuore quasi esplodergli nel petto. Lo aveva trovato, finalmente, e questo aveva lenito la sua agitazione, ma non per molto. Nel vedere il suo ragazzo lì, seduto a terra e con il volto nascosto tra le ginocchia, la sua preoccupazione raggiunse di nuovo picchi martellanti, che pulsavano nella sua testa, in sincronia con i battiti del suo cuore. Cos’era successo? Perché era lì, lontano dalla zona della palestra? Si era forse sentito male? E se sì, perché non lo aveva avvisato?
Quando gli fu vicino, si accovacciò di fronte a lui. Fece per toccarlo con una mano, ma si bloccò, quasi temesse di vederlo sparire davanti ai suoi occhi, se lo avesse fatto. Strinse la mano in pugno e si morse un labbro.
“Cos’è successo?” – chiese, voltandosi verso Lisa, che nel frattempo si era avvicinata, insieme a Charlie.
“Non lo so…”
“Non ti ha detto niente?” – domandò l’altro.
“No…ho provato a chiedergli perché fosse qui, ma non mi ha risposto…”
Dean serrò la mascella, deglutendo un paio di volte e poi annuì. Tornò a guardare l’altro e sospirò, cercando di raccogliere tutto il suo coraggio. Dolcemente posò la mano sulla spalla di Castiel, sentendolo sussultare impercettibilmente sotto il suo tocco. Poco dopo, il viso di Castiel si sollevò e Dean strinse le labbra. Gli occhi blu di Castiel erano gonfi e lucidi per il pianto, mentre i suoi lineamenti sembravano sbattuti.
“Ehi…” – disse Dean, sforzandosi di sorridere, senza successo.
Il moro abbassò lo sguardo, distogliendolo così da quello dell’altro.
Dean si inginocchiò completamente e gli prese il viso con entrambe le mani, costringendolo a guardarlo.
“Cos’è successo?” – chiese poi.
Castiel incrociò gli occhi verdi di Dean, e le labbra tremarono leggermente.
“M-mi dispiace…” – mormorò.
E fu lì che Dean capì cosa era successo, o almeno così credeva. All’improvviso una scintilla di rabbia brillò dentro di lui, infiammandogli le viscere e risalendo fino al petto. Temeva che sarebbe andata a finire così, e aveva provato anche a farlo capire a Castiel, sebbene in maniera velata, per non offenderlo. Ma Castiel aveva insistito, e Dean davvero non capiva il perché il moro continuasse imperterrito a voler affrontare situazioni che lo mettevano in grossa difficoltà. Cosa voleva dimostrare? Che poteva fare anche lui tutto quello che facevano gli altri? Perché? Dean non voleva che Castiel si sforzasse così, che si mettesse costantemente alla prova, e questo perché, al di là degli evidenti fallimenti del giovane, a Dean non importava. Non gli importava di andare al cinema con lui o ad una stupida partita scolastica. A lui interessava solo stare con Castiel e soprattutto che il suo ragazzo stesse bene. Per Dean, Castiel andava bene così com’era e non doveva dimostrare niente a nessuno.
“Dean…”
La voce di Castiel lo ridestò dai suoi pensieri, in tempo per trovarsi il ragazzo tra le braccia. Il giovane nascose il volto nell’incavo del collo del biondo, e Dean poté sentire il suo respiro caldo sulla pelle. Quel senso di stizza e di rabbia che il ragazzo provava, sembrò così affievolirsi, senza tuttavia sparire del tutto.
“Portami a casa…” – mormorò Castiel.
Il cuore di Dean si strinse in maniera quasi dolorosa. In quel momento Castiel gli sembrò così fragile tra le sue braccia, che Dean temette si potesse rompere da un momento all’altro. Non sopportava di vederlo così, perché in quei momenti Dean si sentiva impotente. D’istinto lo strinse a sé, offrendogli il suo calore e la sua vicinanza, le uniche cose che poteva dargli.
“Ci sono qui io, Cas…” – sussurrò, conscio comunque del fatto che l’altro non potesse sentirlo.
 
Lisa si morse un labbro di fronte a quella scena, e il suo senso di colpa per aver covato così tanto rancore nei confronti di Castiel si presentò ancora, più forte.
“S-sta bene?” – chiese, con un filo di apprensione nella voce.
Dean sollevò lo sguardo verso di lei.
“Sì…non ti preoccupare”.
“Ok…” – disse la giovane, indugiando – “Allora…è meglio che torni in palestra, mi stanno aspettando” – aggiunse poi, facendo un cenno con il capo in direzione del corridoio.
Dean continuò a guardarla e annuì.
La ragazza distolse lo sguardo e si voltò, iniziando ad allontanarsi.
“Lisa” – la richiamò piano Charlie, facendola voltare nuovamente – “Grazie…” – aggiunse poi, abbozzando un sorriso.
Lisa incrociò i suoi occhi per un istante e poi annuì. Infine si voltò definitivamente e sparì nella penombra del corridoio.
 
 
°°°
 
 
Dean continuò a camminare lungo il corridoio, tenendo saldamente la mano di Castiel nella sua, e ignorando gli sguardi curiosi delle poche persone che incontravano. In quel momento l’unica cosa che gli interessava era di portare via Castiel da quel maledetto posto, e non gli importava se d’ora in avanti a scuola avrebbero sparlato di lui.
Dopo averlo trovato, Dean era rimasto vicino al suo ragazzo, tenendolo tra le braccia per diverso tempo. Quando Castiel si era scostato leggermente, il biondo lo aveva aiutato ad alzarsi e, senza dire nulla, lo aveva preso per mano, per poi incamminarsi verso l’uscita della scuola. Charlie li aveva seguiti fino ad un certo punto, mentre si affrettava ad avvisare Chuck e Benny tramite messaggio. La ragazza, però, aveva intuito una specie di tensione, proveniente soprattutto da Dean. Il giovane infatti aveva continuato a camminare in silenzio, ignorando persino le deboli parole che Castiel gli aveva rivolto. Pertanto Charlie aveva deciso di salutarli e di lasciarli da soli.
 
Mentre camminava di fianco a Dean, Castiel lo guardò con la coda dell’occhio e si morse un labbro. Dean era arrabbiato, e Castiel lo aveva compreso dalla forza con cui l’altro gli stringeva la mano e dal fatto che non si era voltato verso di lui neanche una volta, nemmeno quando aveva cercato di parlargli.
I due ragazzi seguirono il corridoio, fino ad arrivare al cortile interno e poi nell’atrio. Una volta lì, Castiel tentò debolmente di rompere il contatto con lui, senza riuscirci, perché Dean aveva risposto rafforzando la presa.
“Dean…” – lo richiamò, inutilmente.
Il moro esitò un attimo e poi riprovò.
“Dean?”
“Che vuoi?” – rispose brusco l’altro, dopo essersi fermato e girato.
Castiel si irrigidì.
“Io…” – tentennò – “Mi dispiace…”
“Ti dispiace?” – ripeté Dean, sardonico – “Seriamente, Cas?! E per cosa ti dispiace?! Per il fatto di essere sparito, facendomi spaventare a morte? O per aver insistito di venire qui, quando sapevi benissimo che poteva finire così?”
Castiel spalancò gli occhi e schiuse le labbra. I lineamenti di Dean erano contratti e i suoi occhi verdi duri come pietre.
Da quando avevano lasciato quel corridoio, infatti, la rabbia di Dean aveva ripreso a bruciargli dentro, ardente e scoppiettante, senza che il giovane riuscisse a placarla, o, forse, non voleva farlo. Tutta la paura, l’agitazione e la preoccupazione provata per Castiel non erano sparite, in realtà, ma si erano trasformate in energia, che alimentava la sua rabbia.
Castiel non riuscì a reggere il peso di quello sguardo e, soprattutto, il peso della colpa nei confronti di Dean.
Il biondo riprese a camminare, tenendo l’altro sempre per mano, e dirigendosi verso l’uscita. Proseguirono così, in silenzio, fino a raggiungere la macchina. Dean mollò la presa su Castiel e si diresse verso il posto guida.
“Mi dispiace, davvero…” – disse Castiel, alle sue spalle.
A quelle parole, Dean si voltò di scatto.
“Smettila e sali in macchina!” – ringhiò poi, alzando un braccio e indicandogli il lato del passeggero.
Castiel lo osservò con i suoi grandi occhi blu, e poi lentamente si diresse verso lo sportello dell’Impala, lo aprì e salì in macchina.
Dean raggirò il cofano e raggiunse l’altro lato. Dopo essere entrato nell’abitacolo, mise in moto e partì bruscamente, lasciando che lo stridore delle gomme sull’asfalto gridasse al posto suo.
 
 
 
 



 
~ L’Angolo Dell’Autrice Disadattata ~
 
Ciao a tutti! E buon anno nuovo!
Bene bene, eccoci qui con un nuovo aggiornamento. Il mistero attorno a questa fantomatica Hannah è stato svelato. Non è apparsa fisicamente e non ha messo i bastoni tra le ruote ai nostri due protagonisti, come molti di voi temevano, ma indubbiamente il suo ritorno dal passato di Castiel è stato sufficiente per sconvolgere l’animo già turbato del ragazzo. Come avete visto, questa serata nella scuola di Dean è stata disastrosa, perché non ha fatto altro che portare a galla spiacevoli ricordi, ricordi che hanno abbracciato diversi aspetti della vita del giovane: scuola, amici e, ovviamente, la sordità. Ricordi dai quali Castiel non riesce a sganciarsi, trovando quindi nella fuga e nel nascondersi un rifugio.
Lisa fa la sua apparizione a sorpresa (ve l’aspettavate?), ma è una Lisa completamente diversa da quella che avevamo lasciato a casa Talbot, nel capitolo 8 (mi sembra così distante >.<). Ho voluto dare un motivo di riscatto a questa ragazza, e fare in modo che la rottura con Dean sia stata per lei motivo di riflessione e di crescita personale. In fondo, anche se brutte, le esperienze e i problemi servono anche a questo.
Nel capitolo vediamo finalmente anche una reazione da parte di Dean, portata all’estremo. Dean ovviamente non si è arrabbiato solo per questo episodio. Diciamo che la sua rabbia si è accumulata nel vedere che l’altro si ostina a fare cose che lo mettono in difficoltà e nelle quali arriva quasi sempre a fallire. Dean sembra non capire l’ostinazione di Castiel, e questo perché a lui il suo ragazzo con gli occhi blu va bene così, e non è necessario che cambi. Dall’altro lato, invece, Castiel si sente quasi in dovere di sopperire alla sua sordità, un peso che lui porta, ma che non vuole che a portarlo sia anche Dean. È sicuramente una situazione molto complessa, che vede i due a confronto, e che spero di aver presentato in modo chiaro. Oltretutto questo capitolo è stato abbastanza difficile da scrivere, e di nuovo devo ringraziare la mia beta per la sua presenza e supporto costanti.
Direi che è tutto, fatemi sapere qualcosa a riguardo, se vi va ;)
La sezione “varie ed eventuali” questa settimana ospiterà solo le fan art, godetevele!
Alla prossima!
Sara
 
 
 
 
~ Varie ed eventuali ~
 
Fan art!

                                        

 
   
 
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