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Autore: DarkRose86    26/05/2009    2 recensioni
Lo incontravo ogni giorno, stesso posto stessa ora;
lui mi guardava, così come si osserva una succulenta preda.
Per qualche oscura ragione mi attraeva, nonostante il volto severo e gli occhi di ghiaccio.
La verità è che i tipi strani mi hanno sempre incuriosita...
ma mai mi sarei aspettata, prima di allora, di potermi innamorare d'un rubacuori.
.KakuzuIno.
III° classificata al contest "Le Parole che non ti ho detto", indetto da oKelio
Genere: Triste, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Kakuzu
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction classificatasi 3° ( e vincitrice del premio Nonsense ) al concorso "Le Parole Che Non Ti Ho Detto" , indetto da oKelio sul Forum di EFP, a pari merito con la storia di Bimba_Chic_Aiko.
Faccio tanti complimenti a tutte, specie alla mia neechan Saeko no danna, che è arrivata prima. ^^ ringrazio la giudice e la fantastica creatrice di banner, ovvero Shurei. Grazie.
Buona lettura!

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Lo incontravo ogni giorno, stesso posto stessa ora;
lui mi guardava, così come si osserva una succulenta preda.
Per qualche oscura ragione mi attraeva, nonostante il volto severo e gli occhi di ghiaccio.
La verità è che i tipi strani mi hanno sempre incuriosita...
ma mai mi sarei aspettata, prima di allora, di potermi innamorare d'un rubacuori.

The Heartbreaker ~

La prima volta che lo vidi mi spaventò quasi, immobile con la schiena appoggiata a quell'albero e lo sguardo vuoto, assente. Stavo tornando a casa, camminando come ogni giorno all'interno del piccolo parco giochi che separava il mio quartiere da quello in cui abitava Sakura, la mia migliore amica. Era buio, guardai l'orologio: le undici. Sapevo bene che mia mamma mi avrebbe sgridata come al solito, ma non m'importava; decisi di stare un po' più del solito nel parco, che mi aiutava a rievocare lontani ricordi d'infanzia. Mi sedetti sull'altalena, contemplando il cielo stellato e la luna che mi accarezzava la pelle con la sua candida luce; era bella, adoravo osservarla. Mi dondolai un poco, guardandomi intorno. Poi, lo vidi: fermo sotto la pianta sulla cui tronco erano incisi i nostri disegni, gli occhi fissi su di me. Mi inquietò quell'immagine, malinconica ed affascinante allo stesso tempo. Il mio cuore di bambina mi disse d'avvicinarmi, e fu quel che feci; lui sussultò appena, quando lo sfiorai per assicurarmi che stesse bene.
Che vuoi, ragazzina? ” tuonò, “ Lasciami in pace. ”
Certo non si era comportato in modo molto garbato. Sbuffai seccata, voltandogli le spalle; feci per andarmene, ma prima volli rispondere a tono.
Non sono una ragazzina, e tu faresti meglio ad essere un po' più cortese. ” lo ammonii, correndo poi verso casa.
Odiavo essere chiamata così. In fondo, il mio diciassettesimo compleanno si stava avvicinando, e nessuno aveva il diritto di apostrofarmi a quel modo; specialmente uno sconosciuto maleducato come quel tizio.
Eppure, nonostante avessi deciso di dimenticarlo – alla fin fine, non aveva significato nulla –, non riuscivo a togliermelo dalla testa; avevo letto tanta, troppa tristezza sul suo volto. Non sembrava star bene, in verità. E la mia indole di futuro medico m'intimava di tornare là, di controllare le sue condizioni. Pero' non potevo certo uscire di casa nel cuore della notte... decisi dunque di aspettare un giorno, per un motivo che ancora mi è ignoto ero certa che l'avrei ritrovato lì. E così fu.

Credo che fra noi sia scoccata una sorta di scintilla, quella sera. Infatti, l'indomani era ancora nello stesso posto, in piedi a meditare su chissà che cosa.
Sei di nuovo qui? Che seccatura. ” borbottò, mentre il vento che sibilava fra le fronde degli alberi gli scompigliava i capelli corvini.
Caspita, che gentile! E dire che ero preoccupata! ” esclamai, adirata.
Perché? ” domandò, incontrando il mio sguardo; pareva incuriosito. Bene, finalmente ero riuscita a far scomparire dalla sua faccia, anche se per poco, quell'odiosa maschera d'indifferenza.
Non lo so. Forse perché non appena ti ho visto mi hai incuriosita. E perché... mi sembra che tu non ti senta molto bene. ” spiegai, osservandolo barcollare appena.
Sei un medico? ”
Studio per diventarlo. ” sorrisi.
Allora lascia perdere. Nessuno può aiutarmi. ” disse poi, voltandosi a guardare i disegni incisi sulla corteccia dell'albero.
Quelli... alcuni li ho fatti io. Quelli firmati col nome Ino. ”
Ino... ” ripeté, e il mio nome mi parve tanto bello, pronunciato da lui. In verità quell'uomo non era affatto affascinante; era rozzo e particolarmente burbero, non sorrideva mai e sul volto presentava diverse cicatrici, atte a rendere il suo aspetto ancor più inquietante agli occhi di chi gli stava intorno. Dunque perché mi sentivo così attratta?
La risposta l'ebbi qualche settimana dopo, non ricordo esattamente quante. E' vero che al cuor non si comanda, e il mio era indissolubilmente legato a lui.
Scoprii che si chiamava Kakuzu, ma non volle mai dirmi per quale motivo affermava di non poter essere aiuto da nessuno. Non mi parlò del suo passato, né mi disse quanti anni aveva; mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più su di lui. Io, invece, non facevo che raccontare; della mia vita, delle amicizie, degli amori... e lui mi ascoltava senza dire nulla, annuiva col capo e non mi diceva mai di smettere. Fu il primo. Di solito venivo liquidata con semplicissimi “ho da fare, ne parliamo dopo”. Quell'uomo era diverso dagli altri, e seppur fosse indubbiamente strano, riuscivo a fidarmi di lui; quando gli stavo vicino mi sentivo bene, libera. Potevo parlare di tutto, essere me stessa.

Senti, Kakuzu... ma tu dove vivi? ”
Io non ho una casa. ”
Ah, e... come fai ad andare avanti? Intendo dire... dove mangi? E dove dormi? ”
Fai sempre troppe domande, Ino. ”
Quel giorno, lo ricordo come fosse ieri, mi zittì con un bacio. Un gesto che da lui, sempre pacato e costantemente immobile, non mi sarei mai aspettata. Se lui mi abbia amata non so dirlo con certezza, ma di sicuro v'era del sentimento in quelle carezze fugaci. Passò la mano sui miei capelli biondi e mi strinse forte a sé, quasi come se avesse paura di perdermi; io ricambiai l'abbraccio felice, se potevo stargli così vicina non m'interessava nient'altro. Che importava chi fosse e da dove venisse? Quel che realmente contava era che egli esisteva. Esisteva ed era caldo, passionale. Viveva e mi toccava testando la morbidezza della mia pelle, mi guardava intensamente come si osserva una preda, come si divora con gli occhi il più prelibato dei cibi. Ma mi ero oramai abituata al suo sguardo e non ci facevo più caso, faceva parte di lui e per questo mi piaceva.
Pero', ancora non sapevo. Perché Kakuzu non aveva mai avuto il coraggio di dirmi chi fosse in realtà, probabilmente pensando che non gli avrei creduto. Beh, in verità la cosa mi sconvolge ancora oggi, quando ci ripenso.

L'unica cosa che so è che egli l'ha fatto per proteggermi. Per questo l'osservavo ritrarsi quando cercavo di accorciare ancor di più la distanza fra di noi, per questo un giorno se ne andò senza avvertirmi. Ricordo di averlo cercato in ogni angolo del parco: la panchina sulla quale ero seduta quando detti il primo bacio ad un ragazzo, l'altalena, lo scivolo, perfino nei bagni pubblici. Niente. Mi sentii perduta, abbandonata; alla fine, anche lui era come tutti gli altri?
...no.
Ma vi starete domandando chi fosse quel tipo e perché scomparve all'improvviso senza lasciare traccia.
Beh, Kakuzu... era un rubacuori. Non nel vero senso della parola, anche se a dire il vero il mio l'aveva rubato eccome.
Piansi fino ad esaurire le lacrime, sola in quel parco così buio e così grande. Appoggiai la schiena al nostro albero, nascondendo il volto fra le mani. Mi sentivo stupida, mi ero innamorata di una persona che non conoscevo affatto e che se n'era andata così, senza un saluto, una motivazione.

Purtroppo, pero', non era così. Il giorno dopo tornai lì, un barlume di speranza brillava ancora dentro me, seppur flebile; non volevo pensare che non lo avrei più rivisto. Mi feci coraggio, guidata dalla forza dell'amore che tutto può, anche far male; soprattutto, far male. E lo trovai in quel luogo, seduto per terra..
Kakuzu! Mi spieghi perché eri sparito? Ho avuto una paura folle che tu te ne fossi andato... per sempre! ” lamentai, notando poi che pareva essere ancor più debole del solito.
Lasciami stare, te l'ho già detto più volte ma non hai mai voluto ascoltarmi. Vattene via, io non sono umano. ”
Strabuzzai gli occhi.
Cos'hai detto? ”
Che non sono umano. Non so da dove vengo, non so perché esisto. Mi nutro del cuore degli esseri umani, di coloro che hanno il coraggio di starmi vicini. Non appena ti ho vista ho pensato che il tuo sarebbe stato perfetto. Così puro ed innocente... ” spiegò, neppure in quel momento la sua espressione mutò.
Ma di che stai parlando? Non ti capisco... tutto questo è assurdo. ” balbettai, confusa; non avevo mai sentito una storia del genere, e a dirla tutta non avevo mai creduto all'esistenza di creature sovrannaturali.
Così puro ed innocente... troppo. Vai via, Ino. Non voglio nutrirmi di te. ”
Non posso andare via! Io ti... ”
Fallo, non sarò capace di trattenermi oltre. ” mi minacciò, scacciandomi con una spinta; l'ultima dimostrazione d'autorità e forza di quel corpo in decomposizione. Caddi all'indietro sbattendo la testa sul vialetto, perdendo i sensi.

Quando mi risvegliai, tutto era finito. Kakuzu giaceva sotto l'albero esanime, gli occhi che tanto adoravo si erano chiusi per sempre. Tentai di rianimarlo, ma il suo cuore oramai aveva cessato di battere; non ci fu niente da fare. Lo strinsi forte, capendo finalmente tutto; non mi aveva mai detto niente perché in realtà non voleva che fuggissi, che scappassi via da lui. Desiderava calore umano, un po' di compagnia. Pero' sentiva che non ce l'avrebbe fatta, se avesse rinunciato a nutrirsi per lungo tempo; per questo appariva stanco e debole.
Ma alla fine, cos'era successo? Chi era stato egli, in verità?
Non so ancora rispondere, posso solo dirvi che avrei voluto strapparmi il cuore dal petto pur di farlo ritornare in vita; pur di vedere ancora una volta i suoi occhi di smeraldo brillare guardandomi, prima di addormentarmi per sempre. Non lo feci, pero'. Forse perché avevo paura della morte.

Gli uomini hanno paura di ciò che non capiscono. ” *

Corsi via, probabilmente scontrandomi con qualche passante, ma non ricordo con precisione. Quando arrivai a casa ero stremata, e mi chiusi in camera buttandomi scompostamente sul letto; non volevo pensare a niente, volevo che la mia mente si svuotasse, che tutto sparisse così com'era nato. Quel sentimento così scomodo, quell'uomo che avevo amato con tutta me stessa, quell'albero su cui erano incisi i nostri nomi. L'avevo fatto una mattina quando lui non c'era, chissà cos'aveva pensato quando se n'era accorto. Già, chissà poi perché appariva solo di sera, quando ormai il sole era tramontato.
Domande che non riceveranno mai risposta.
Domande che affolleranno la mia mente per sempre.
E quelle parole che non mi ha mai detto che mi martellano tuttora in testa, chissà se un giorno scompariranno anche loro.
Quanto avrei voluto sentirmi dire: “ Ino, hai rubato il mio cuore. Adesso donami il tuo. ”

End ~

Note:

* citazione di Joseph Carey Merrick, meglio conosciuto come “The Elephant Man”, vissuto dal 1862 al 1890, deceduto in giovane età a causa delle malformazioni causategli dalla Sindrome di Proteo. La mia ammirazione per questa persona mi ha spinta ad inserire l'aforisma in nella fanfic, dal momento che l'ho trovata alquanto significativa. Consiglio la visione del film che narra la sua vita, aiuta a riflettere ed è splendidamente commovente.

Il titolo può essere tradotto in più modi, mi sono informata su wikipedia e vari vocabolari, e può anche significare “Il Rubacuori”.


  
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