Fanfiction
classificatasi
3° ( e vincitrice del premio Nonsense ) al concorso "Le
Parole Che Non Ti Ho Detto" , indetto da oKelio sul Forum di
EFP, a pari merito con la storia di Bimba_Chic_Aiko.
Faccio tanti complimenti a tutte, specie alla mia neechan Saeko no
danna, che è arrivata prima. ^^ ringrazio la giudice e la
fantastica creatrice di banner, ovvero Shurei. Grazie.
Buona lettura!
Lo incontravo ogni giorno,
stesso posto
stessa ora;
lui mi guardava, così come si
osserva una succulenta preda.
Per qualche oscura ragione mi attraeva,
nonostante il volto severo e gli occhi di ghiaccio.
La verità è che i tipi
strani mi hanno sempre incuriosita...
ma mai mi sarei aspettata, prima di
allora, di potermi innamorare d'un rubacuori.
The Heartbreaker ~
La
prima volta che lo vidi mi spaventò quasi, immobile con la
schiena appoggiata a quell'albero e lo sguardo vuoto, assente. Stavo
tornando a casa, camminando come ogni giorno all'interno del piccolo
parco giochi che separava il mio
quartiere da
quello in cui abitava Sakura, la mia migliore amica. Era buio,
guardai l'orologio: le undici. Sapevo bene che mia mamma mi avrebbe
sgridata come al solito, ma non m'importava; decisi di stare un po'
più del solito nel parco, che mi aiutava a rievocare lontani
ricordi d'infanzia. Mi sedetti sull'altalena, contemplando il cielo
stellato e la luna che mi accarezzava la pelle con la sua candida
luce; era bella, adoravo osservarla. Mi dondolai un poco, guardandomi
intorno. Poi, lo vidi: fermo sotto la pianta sulla cui tronco erano
incisi i nostri disegni, gli occhi fissi su di me. Mi
inquietò
quell'immagine, malinconica ed affascinante allo stesso tempo. Il mio
cuore di bambina mi disse d'avvicinarmi, e fu quel che feci; lui
sussultò appena, quando lo sfiorai per assicurarmi che
stesse
bene.
“
Che
vuoi, ragazzina? ” tuonò, “ Lasciami in
pace. ”
Certo non si era comportato in modo molto garbato. Sbuffai seccata,
voltandogli le spalle; feci per andarmene, ma prima volli rispondere
a tono.
“
Non
sono una ragazzina, e tu faresti meglio ad essere un po' più
cortese. ” lo ammonii, correndo poi verso casa.
Odiavo essere chiamata così. In fondo, il mio
diciassettesimo
compleanno si stava avvicinando, e nessuno aveva il diritto di
apostrofarmi a quel modo; specialmente uno sconosciuto maleducato
come quel tizio.
Eppure, nonostante avessi deciso di dimenticarlo – alla fin
fine,
non aveva significato nulla –, non riuscivo a togliermelo
dalla
testa; avevo letto tanta, troppa tristezza sul suo volto. Non
sembrava star bene, in verità. E la mia indole di futuro
medico m'intimava di tornare là, di controllare le sue
condizioni. Pero' non potevo certo uscire di casa nel cuore della
notte... decisi dunque di aspettare un giorno, per un motivo che
ancora mi è ignoto ero certa che l'avrei ritrovato
lì.
E così fu.
Credo che fra noi sia scoccata una sorta di scintilla, quella sera.
Infatti, l'indomani era ancora nello stesso posto, in piedi a
meditare su chissà che cosa.
“
Sei
di nuovo qui? Che seccatura. ” borbottò, mentre il
vento che
sibilava fra le fronde degli alberi gli scompigliava i capelli
corvini.
“
Caspita,
che gentile! E dire che ero preoccupata! ” esclamai, adirata.
“
Perché?
” domandò, incontrando il mio sguardo; pareva
incuriosito.
Bene, finalmente ero riuscita a far scomparire dalla sua faccia,
anche se per poco, quell'odiosa maschera d'indifferenza.
“
Non
lo so. Forse perché non appena ti ho visto mi hai
incuriosita.
E perché... mi sembra che tu non ti senta molto bene.
”
spiegai, osservandolo barcollare appena.
“
Sei
un medico? ”
“
Studio
per diventarlo. ” sorrisi.
“
Allora
lascia perdere. Nessuno può aiutarmi. ” disse poi,
voltandosi a guardare i disegni incisi sulla corteccia dell'albero.
“
Quelli...
alcuni li ho fatti io. Quelli firmati col nome Ino. ”
“
Ino...
” ripeté, e il mio nome mi parve tanto bello,
pronunciato da
lui. In verità quell'uomo non era affatto affascinante; era
rozzo e particolarmente burbero, non sorrideva mai e sul volto
presentava diverse cicatrici, atte a rendere il suo aspetto ancor
più
inquietante agli occhi di chi gli stava intorno. Dunque
perché
mi sentivo così attratta?
La risposta l'ebbi qualche settimana dopo, non ricordo esattamente
quante. E' vero che al cuor non si comanda, e il mio era
indissolubilmente legato a lui.
Scoprii
che si chiamava Kakuzu, ma non volle mai dirmi per quale motivo
affermava di non poter essere aiuto da nessuno. Non mi parlò
del suo passato, né mi disse quanti anni aveva; mi sarebbe
piaciuto sapere qualcosa di più su di lui. Io, invece, non
facevo che raccontare; della mia vita, delle
amicizie, degli
amori... e lui mi ascoltava senza dire nulla, annuiva col capo e non
mi diceva mai di smettere. Fu il primo. Di solito venivo liquidata
con semplicissimi “ho da fare, ne parliamo dopo”.
Quell'uomo era
diverso dagli altri, e seppur fosse indubbiamente strano, riuscivo a
fidarmi di lui; quando gli stavo vicino mi sentivo bene, libera.
Potevo parlare di tutto, essere me stessa.
“
Senti,
Kakuzu... ma tu dove vivi? ”
“
Io
non ho una casa. ”
“
Ah,
e... come fai ad andare avanti? Intendo dire... dove mangi? E dove
dormi? ”
“
Fai
sempre troppe domande, Ino. ”
Quel
giorno, lo ricordo come fosse ieri, mi zittì con un bacio.
Un
gesto che da lui, sempre pacato e costantemente immobile,
non
mi sarei mai aspettata. Se lui mi abbia amata non so dirlo con
certezza, ma di sicuro v'era del sentimento in quelle carezze fugaci.
Passò la mano sui miei capelli biondi e mi strinse forte a
sé,
quasi come se avesse paura di perdermi; io ricambiai l'abbraccio
felice, se potevo stargli così vicina non m'interessava
nient'altro. Che importava chi fosse e da dove venisse? Quel che
realmente contava era che egli esisteva. Esisteva ed era caldo,
passionale. Viveva e mi toccava testando la morbidezza della mia
pelle, mi guardava intensamente come si osserva una preda, come si
divora con gli occhi il più prelibato dei cibi. Ma mi ero
oramai abituata al suo sguardo e non ci facevo più caso,
faceva parte di lui e per questo mi piaceva.
Pero',
ancora non sapevo. Perché Kakuzu non
aveva mai avuto il
coraggio di dirmi chi fosse in realtà, probabilmente
pensando
che non gli avrei creduto. Beh, in verità la cosa mi
sconvolge
ancora oggi, quando ci ripenso.
L'unica cosa che so è che egli l'ha fatto per proteggermi.
Per
questo l'osservavo ritrarsi quando cercavo di accorciare ancor di
più
la distanza fra di noi, per questo un giorno se ne andò
senza
avvertirmi. Ricordo di averlo cercato in ogni angolo del parco: la
panchina sulla quale ero seduta quando detti il primo bacio ad un
ragazzo, l'altalena, lo scivolo, perfino nei bagni pubblici. Niente.
Mi sentii perduta, abbandonata; alla fine, anche lui era come tutti
gli altri?
...no.
Ma vi starete domandando chi fosse quel tipo e perché
scomparve all'improvviso senza lasciare traccia.
Beh,
Kakuzu... era un rubacuori. Non nel vero senso
della parola,
anche se a dire il vero il mio l'aveva rubato eccome.
Piansi
fino ad esaurire le lacrime, sola in quel parco così buio e
così grande. Appoggiai la schiena al
nostro albero,
nascondendo il volto fra le mani. Mi sentivo stupida, mi ero
innamorata di una persona che non conoscevo affatto e che se n'era
andata così, senza un saluto, una motivazione.
Purtroppo, pero', non era così. Il giorno dopo tornai
lì,
un barlume di speranza brillava ancora dentro me, seppur flebile; non
volevo pensare che non lo avrei più rivisto. Mi feci
coraggio,
guidata dalla forza dell'amore che tutto può, anche far
male;
soprattutto, far male. E lo trovai in quel luogo, seduto per terra..
“
Kakuzu!
Mi spieghi perché eri sparito? Ho avuto una paura folle che
tu
te ne fossi andato... per sempre! ” lamentai, notando poi che
pareva essere ancor più debole del solito.
“
Lasciami
stare, te l'ho già detto più volte ma non hai mai
voluto ascoltarmi. Vattene via, io non sono umano. ”
Strabuzzai gli occhi.
“
Cos'hai
detto? ”
“
Che
non sono umano. Non so da dove vengo, non so perché esisto.
Mi
nutro del cuore degli esseri umani, di coloro che hanno il coraggio
di starmi vicini. Non appena ti ho vista ho pensato che il tuo
sarebbe stato perfetto. Così puro ed innocente...
” spiegò,
neppure in quel momento la sua espressione mutò.
“
Ma
di che stai parlando? Non ti capisco... tutto questo è
assurdo. ” balbettai, confusa; non avevo mai sentito una
storia del
genere, e a dirla tutta non avevo mai creduto all'esistenza di
creature sovrannaturali.
“
Così
puro ed innocente... troppo. Vai via, Ino. Non voglio nutrirmi di te.
”
“
Non
posso andare via! Io ti... ”
“
Fallo,
non sarò capace di trattenermi oltre. ” mi
minacciò,
scacciandomi con una spinta; l'ultima dimostrazione
d'autorità
e forza di quel corpo in decomposizione. Caddi all'indietro sbattendo
la testa sul vialetto, perdendo i sensi.
Quando mi risvegliai, tutto era finito. Kakuzu giaceva sotto l'albero
esanime, gli occhi che tanto adoravo si erano chiusi per sempre.
Tentai di rianimarlo, ma il suo cuore oramai aveva cessato di
battere; non ci fu niente da fare. Lo strinsi forte, capendo
finalmente tutto; non mi aveva mai detto niente perché in
realtà non voleva che fuggissi, che scappassi via da lui.
Desiderava calore umano, un po' di compagnia. Pero' sentiva che non
ce l'avrebbe fatta, se avesse rinunciato a nutrirsi per lungo tempo;
per questo appariva stanco e debole.
Ma alla fine, cos'era successo? Chi era stato egli, in
verità?
Non so ancora rispondere, posso solo dirvi che avrei voluto
strapparmi il cuore dal petto pur di farlo ritornare in vita; pur di
vedere ancora una volta i suoi occhi di smeraldo brillare
guardandomi, prima di addormentarmi per sempre. Non lo feci, pero'.
Forse perché avevo paura della morte.
“ Gli uomini hanno paura di ciò che non capiscono. ” *
Corsi via, probabilmente scontrandomi con qualche passante, ma non
ricordo con precisione. Quando arrivai a casa ero stremata, e mi
chiusi in camera buttandomi scompostamente sul letto; non volevo
pensare a niente, volevo che la mia mente si svuotasse, che tutto
sparisse così com'era nato. Quel sentimento così
scomodo, quell'uomo che avevo amato con tutta me stessa, quell'albero
su cui erano incisi i nostri nomi. L'avevo fatto una mattina quando
lui non c'era, chissà cos'aveva pensato quando se n'era
accorto. Già, chissà poi perché
appariva solo di
sera, quando ormai il sole era tramontato.
Domande che non riceveranno mai risposta.
Domande che affolleranno la mia mente per sempre.
E quelle parole che non mi ha mai detto che mi martellano tuttora in
testa, chissà se un giorno scompariranno anche loro.
Quanto
avrei voluto sentirmi dire: “ Ino, hai rubato il
mio cuore.
Adesso donami il tuo. ”
End ~
Note:
* citazione di Joseph Carey Merrick, meglio conosciuto come “The Elephant Man”, vissuto dal 1862 al 1890, deceduto in giovane età a causa delle malformazioni causategli dalla Sindrome di Proteo. La mia ammirazione per questa persona mi ha spinta ad inserire l'aforisma in nella fanfic, dal momento che l'ho trovata alquanto significativa. Consiglio la visione del film che narra la sua vita, aiuta a riflettere ed è splendidamente commovente.
Il titolo può essere tradotto in più modi, mi sono informata su wikipedia e vari vocabolari, e può anche significare “Il Rubacuori”.