II.
Per
Marco rimanere indietro quando l’intera famiglia, e relativa
servitù, si
spostava non era una novità, era così da sempre,
da quando ancora era bambino e
seguiva sua madre ovunque andasse, solo allora iniziava a comprendere
che lo
stesso trattamento che ora riservavano a lui era stato riservato alla
donna. Da
una parte provava sollievo nel vedere la residenza vuota, nessun ordine
urlato,
nessuno scalpiccio seguito dallo schiocco di una frusta, nessuna
punizione se
ritardava. Aveva pensato di fuggire, una volta, prima di rendersi conto
di non
aver alcun luogo in cui andare, nessun posto sicuro in cui nascondersi
finché
non si fossero dimenticati della sua esistenza. Ma in una casa grande
come
quella aleggiava un’impenetrabile senso di solitudine che non
riusciva mai a
scrollarsi di dosso, soprattutto non quando le tenebre facevano calare
lo scuro
mantello e lui vagava per i corridoi rischiarato da una candela che
gettava
lunghe ombre. Non era più un bambino spaventato dal buio,
quella sensazione era
diversa e non sapeva spiegarsela a parole.
Approfittava
spesso, in quei rari giorni, per chiudersi nella biblioteca sfogliando
pagine
su pagine di antiche storie finché i raggi del sole non lo
svegliavano; altre
volte restava nel cortile interno con una spada di cui non conosceva la
provenienza e che, almeno in teoria, non avrebbe dovuto toccare, a
combattere
immaginari nemici, ogni giorno più veloce, più
preciso.
«Credevo
non ci fosse nessuno!» Marco si voltò con la spada
davanti a sé difensivo,
davanti a lui stava un giovane avvolto in un mantello scuro e dai
capelli che
sfioravano le spalle. Aveva alzato le mani trovandosi la spada puntata
contro,
Marco lo guardò con gli occhi spalancati, non era di certo
un ladro ma quello
non spiegava comunque la sua presenza, abbassò la spada
guardando come
l’intruso abbassava a sua volta le mani con un sorriso.
«Non
volevo spaventarti.» Disse tranquillo per poi indicare una
seconda porta più
nascosta dall’altro lato del cortiletto. «Quando so
che non c’è nessuno uso
questa come scorciatoia.» Ammise imbarazzato aspettando un
qualche commento dal
giovane che però non arrivò. «Non mi
aspettavo di trovare qualcuno.» Un attimo
dopo si accigliò studiando il suo viso, inclinò
il capo da un lato
avvicinandosi di qualche passo. D’istinto Marco
arretrò, la spada ancora
stretta con entrambe le mani puntata verso il suolo.
«Ci
siamo già incontrati, vero?» Esclamò
dopo qualche istante puntando gli occhi
azzurri su di lui, gli stessi che Marco non era riuscito a dimenticare,
annuì
con un movimento rapido tenendo le labbra saldamente chiuse.
«Ma certo! Non
dimentico facilmente un volto come il tuo.» Era una frase che
aveva sentito in
passato, con più cattiveria di quella che Messer Medici
stava usando, al
contrario lui era gentile, sorridente, faceva suonare quelle parole
come un
complimento, qualcosa a cui Marco era tutto fuorché
abituato. Né preparato.
Indietreggiò nuovamente prima di voltarsi e sparire
all’interno della residenza
silenziosa.
«Aspetta!»
Per una ragione che ancora ignorava si fermò voltandosi
mentre era già per metà
oltre la porta. «Per favore non dire che uso il cortile come
passaggio.»
Osservò il giovane che sembrava preoccupato che il segreto
potesse essere
scoperto, alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso
prima di chiudersi la
porta alle spalle e riporre la spada al suo posto accompagnato solo dal
rumore
dei suoi passi. C’erano molte cose da fare prima che la casa
tornasse ad essere
abitata, ancora pochi giorni di silenzio e pace.
Incontrare
di nuovo quel giovane non era nei progetti di Cosimo pur non negando di
esserne
rimasto affascinato la prima volta. Il fascino era svanito quando la
sua
signora lo aveva tirato indietro e incolpato per qualcosa di cui non
aveva
colpa, non del tutto almeno, Cosimo era stato distratto da un banco del
mercato
quando si erano scontrati. Eppure lei aveva voluto fortemente incolpare
il
servitore. Una rabbia che non sapeva spiegarsi era subentrata e Cosimo
si era
dovuto affrettare a metterla da parte.
Incontrarlo
una seconda volta era stato davvero completamente casuale, aveva
sentito che la
famiglia si era recata fuori città per il matrimonio di una
figlia e quel
cortiletto era un ottimo passaggio per raggiungere il Duomo senza dover
passare
dalle vie principali. In quel momento però il Duomo, uno dei
suoi soggetti
preferiti, non era più il centro del suo interesse.
Alzò lo sguardo sulle
finestre trovando solo tende tirate e nessun volto sbucare da un lato
con
curiosità.
“Peccato…”
Pensò estraendo un quadernetto e un carboncino sedendosi su
una panchina su un
lato del cortile, aprì il quadernino scorrendo le pagine
spesse fino a trovarne
una vuota abbozzando a memoria un volto contornato da folti ricci e una
barba
appena accennata.
Qualcosa stonava in quel ritratto, una volta che Cosimo lo completò, non avere il soggetto davanti era complicato ma non era quello il reale problema, il volto era rimasto impresso nella sua mente abbastanza a lungo e lucido da riportarlo sulla pagina. No, il problema era un altro, gli occhi. Più osservava quel piccolo ritratto e più il giovane Medici notava quanto quelli fossero gli occhi più tristi che avesse mai incontrato.
Angolino dell'Autrice: Mentre pubblico questo capitolo il terzo è quasi concluso e spero di caricarlo il prima possibile. Mi rendo conto di averli fatti incontrare prima di quanto detto nella serie , spero che questo non sia un problema :3
Bye Bye~
Aki