Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Urban BlackWolf    03/01/2017    3 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Inseguendo la verità

 

 

Possibile che fai sempre tardi? Non sta bene fare aspettare le donne.

Scusa Haru, ma sai, anche io ho le mie battaglie da combattere che non sempre vengono vinte.

Haruka si raggomitolò ancora di più su se stessa. Era passato un altro giorno da quando l'aveva saputo. Michiru aveva cercato di dirglielo con tutto il tatto e la dolcezza delle quali era capace, ma non aveva potuto impedirle di provare un dolore spaventoso dopo.

Haru, non puoi immaginarti quante cose so... ora.

Lo aveva solo sognato, ma ora che sapeva tutto, ora che la battaglia combattuta da Mattias era stata persa, ora, solo ora, capiva il senso di quelle parole.

Sono venuto a salutarti Haru. Torno a casa. Lo aveva visto il suo piccolo amico, avvertendone il calore della mano nella sua, ed ancora, nonostante tutto, non riusciva a credere che fosse stato solo frutto del suo delirio.

Eppure sia Michiru che successivamente il dottor Kurzh, le avevano detto che negli istanti nei quali affermava di averci parlato, lei stava lottando contro la morte e quest'ultima vinceva abbattendo le ultime resistenze del giovane Mattias.

“Si è spento serenamente Haruka.” La rassicurazione del medico. Ma questo non era certo bastato per consolarla. Come non erano bastate le parole di Michiru e come non poteva bastare il cappellino della Toro Rosso che stringeva ora nelle mani.

Una volta che Kurzh aveva ricevuto dalla madre di Mattias il cappellino che tanto rappresentava quell’amicizia così particolare, lo aveva consegnato a Michiru perché lo custodisse. Lei lo aveva riposto con cura nella stanza della compagna, in attesa, come se sapesse che presto sarebbe servito. Ora che alla bionda avevano detto tutta la verità, quel piccolo oggetto era stato portato personalmente in laboratorio dal medico per farlo sterilizzare e sempre quello stesso medico che mai si scomponeva di fronte ai suoi pazienti, glielo aveva consegnato, quasi con pudore, stupendosi lui per primo per quel gesto tanto lontano dal suo essere tutto d'un pezzo. Era stato reticente nel farlo, forse sentendosi in colpa per non essere riuscito a salvare il bambino e di fatti una volta visti gli occhi umidi di Tenou, era sparito subito dopo gettandosi anima e corpo nel lavoro quotidiano.

Haruka tornò a guardare i colori rosso e bianco della visiera, leggendo per l'ennesima volta la scritta che quel “piccolo teppista” aveva lasciato sul suo preziosissimo cappellino.

Anche se dovessi frignare o aver paura, sei e resterai sempre la più figa di tutti, Haru. Il tuo grande amico Mattias.

Com'era possibile che durante un recupero fittizio, dove il corpo prima della fine si sente meglio e le energie sembrano tornare ad inondare i tessuti, un bambino avesse intuito l'ineluttabilità del momento lasciando un ricordo così vivido di se. La madre aveva confessato al dottor Hurzh che Mattias aveva avuto un comportamento strano per tutto il giorno, insolitamente affettuoso, imponendosi poi di scrivere quella dedica a tutti i costi, nonostante la sera iniziasse a sentirsi molto stanco.

Haruka sorrise coprendosi gli occhi con una mano. Perchè non l'ho capito prima, stupida idiota che sono! Sotto la visiera eri pieno di capelli castani e non parlavi più con quel tuo ridicolo accento teutone..., pensò risentendo nella mente quella vocina petulante che la canzonava.

Stai per piangere he!?

“Non ci penso proprio piccolo disgraziato. Bello scherzo del cazzo che mi hai fatto...” Disse a bassa voce accarezzando la stoffa com'era solita fare con la sua guancia quando guardando un film lui stava per arrendersi al sonno.

Che strano - Penso’ infine guardando le dediche di Ricciardo da un lato e quella ancora più preziosa di Mattias dall'altro.-I miei due più cari amici hanno avuto la stessa idea. Uno per incoraggiarmi nella passione per il mio lavoro e l'altro per incoraggiarmi nella vita.

E tornando a raggomitolarsi sotto le lenzuola strinse quell'oggetto come se fosse stato il corpo del suo piccolo amico.

 

 

Michiru salutò un paio di monaci proseguendo verso il giardino delle erbe mediche. Sentiva sulla pelle delle braccia una leggera brezza e nelle orecchie il gracchiare di alcuni corvidi che tornavano nei nidi per la notte. Il sole stava tramontando incendiando di una luce calda e quasi autunnale la foresta che si estendeva tutto intorno alle strutture monastiche. Camminando ancora per svariati metri si diresse dove le avevano detto che l'amica era solita aspettare il crepuscolo godendo della pace di quel luogo tagliato fuori dal mondo.

La produttività di Giovanna all'interno del monastero si era arrestata di colpo ed impossibilitata nello svolgere una qualsiasi delle mansioni di fatica che tanto le piacevano, si era dovuta accontentare di brevi lavoretti in cucina, tipo pelare le patate o sbucciare fagiolini. Insomma, per lei una vera e propria tortura. Così aveva preso a scrivere suo portatile tornando a dar cenno di se al mondo lasciato a casa. E mail in primis e contatti social in secundis.

Svoltato l'angolo di uno dei terrazzamenti che accoglievano gli alberi da frutto, Michiru la vide scrivere velocemente alla tastiera seduta in terra con la schiena poggiata al mattonato di un muro.

“Allora lo vede che la tecnologia non è poi tanto male, Architetto!?"

L'altra sorrise non staccando lo sguardo dal monitor. ”Spiritosa Dottoressa Kaiou, molto spiritosa.” Terminò salvando e chiudendo il Pc.

“Non vedendoti arrivare credevo ti fermassi in clinica anche questa notte. - Le confessò osservandola curiosa prendere posto sul terreno battuto accanto a lei. - U là là. Non è da lei sedersi in terra.”

Michiru non rispose che con un debole sorriso, lasciando che lo sguardo andasse a perdersi oltre la palizzata che recintava la piccola piazzola dov'erano, fermandolo poi alla scarpata sottostante da dove proveniva il suono di un torrente in lontananza. Quella sera aveva bisogno di stare con qualcuno e di cercare di non pensare a nulla.

“Che cos'è successo? La zucca vuota ti ha trattata male? Con il cellulare non si è data una calmata?”

Certo che si era calmata, anzi. Ma era quello che era accaduto successivamente e proprio grazie al contatto telefonico, che aveva scombussolato tutto. “Ho dovuto darle una brutta notizia, di quelle alle quali non basta il conforto di una voce, ma ci sarebbe la necessità di abbracci e parole sussurrate nell'intimità della propria casa, non nel via vai di una stanza sterile.”

L'altra strinse le labbra afferrando. “Posso fare qualcosa?”

Michiru piegò allora le ginocchia poggiandovi la fronte. No, proprio non poteva. Aveva cercato di consolarle la compagna in ogni modo, ma non era servito a nulla. E come poteva. Lei per prima era rimasta sconvolta nell'apprendere la notizia della morte di Mattias.

“No Giovanna, grazie. A questo non c'è rimedio.”

Qualche istante di silenzio poi l'amica cercò un qualcosa da dire.

“Dai Kaiou... Sai cosa facciamo? A cena ci prendiamo una ciucca come il primo giorno così ti fai una bella dormita fino a domani. Ti porterei in un Pub irlandese se potessi, perchè per divertirsi in posti come questo ci vuole più della fantasia che si partorisce dopo due o tre bicchieri di rosso, ma... accontentiamoci.”

Michiru sospirò. Nella mente ancora gli occhi increduli di Haruka, il suo scuotere la testa, il suo mutismo.

“Non mi piace perdere il controllo, Giovanna. Ho solo bisogno di un po' di pace per pensare, perché questa volta Ruka mi ha presa in contropiede. Non l'avevo mai vista reagire così. In clinica è venuto a mancare un ragazzino con il quale aveva legato tantissimo. Si spalleggiavano come amici di vecchia data. Forse a causa della malattia o al fatto che alle volte la mia donna è più una bambina che un'adulta fatta, ma sta il fatto che quei due erano inseparabili. Credevo che ...” Lasciò cadere continuando a tenere la testa poggiata alle ginocchia.

“Credevi urlasse, sbraitasse, o piangesse per elaborare il lutto?” Domandò elencando le classiche ed umane reazioni ad una perdita di quel tipo.

“O se la prendesse con Kurzh, con Dio o con qualcun'altro. Ma niente. - Concluse alzando finalmente lo sguardo su di lei. - Sono convinta che se avesse potuto, avrebbe afferrato le chiavi della sua moto stando fuori tutta la notte a correre su e giù per le autostrade di mezzo Canton Ticino, ma chiusa la dentro... Non so neanche se lo stia elaborando un lutto o creda ancora che quello che è successo a Mattias sia solo il frutto di una nostra malsana fantasia. A continuato a dirmi fino allo sfinimento di averlo sognato, di averlo visto, di averci parlato. Il che non puo' essere, visto che entrambi erano sospesi tra la vita e la morte. Questa volta non credo di poterla aiutare.”

“E' per questo che sei andata via dalla clinica?”

Michiru annuì ammettendo che Haruka le aveva fatto ben capire di volere restare un po' da sola e comunque divise da un vetro sarebbe stato difficile non fare altrimenti.

“Capisco.”

“Ecco lo vedi?! Ora ti è chiaro perchè la mia spiritualità sia tanto labile Giovanna!? Quando sembra che stia andando tutto nel verso giusto arriva inesorabile lo schiaffo divino.”

Facendosi estremamente seria l'altra la penetrò con uno sguardo severo. “Ricordati Kaiou che per uno che muore, un altro vive. Per una famiglia che soffre, un'altra tira un sospiro di sollievo. Per una donna che piange..., un'altra sorride.”

Michiru comprese a cosa stesse alludendo e poggiandosi sua sua spalla aspettò in silenzio l'ora della cena.

 

 

Nonostante il vino, il cibo, la cordialità e la pace che pervadeva ogni pietra di quel posto benedetto, Michiru non era riuscita a cambiare umore, anzi. Ora che la notte era alta ed il silenzio ne aveva preso lo scranno, tutto le sembrava più cupo e triste di prima. Immobile a fissare il soffitto voltato, non poteva non domandarsi che cosa stesse facendo Haruka in quel momento. Dormiva? Era sveglia non riuscendo a chiudere occhio? Cosa.

Forse avrei dovuto restare, si chiedeva ad intervalli regolari, ascoltando il respiro ritmico della donna distesa accanto a lei.

Giovanna ha ragione. Questa volta non posso prendermela con i “massimi sistemi”. Non sono forse stata ascoltata? Avevo chiesto una possibilità di lotta e l'abbiamo ottenuta. Cosa pretendi Michiru, che si salvino tutti? No, non è così che va la vita. Lo sai bene. Lo sai fin troppo bene.

Si girò nuovamente sul fianco puntando la finestra. La luce della luna illuminava l'impalcato dei castagni del giardino antistante disegnando strane ombre sulle persiane chiuse. Rimase per un pò a guardare i giochi chiaroscurali che il movimento delle fronde formavano sulle doghe di legno, poi spostò la sua attenzione alla schiena davanti a lei. Sorrise al ricordo di quella di Haruka. Le mancava tutto di lei, persino i difetti, ma una delle cose delle quali sentiva più la necessità erano le spalle, perchè adorava letteralmente abbracciarla da dietro per appoggiare il suo viso a quel tepore muscolare.

“Proprio non riesci a dormire, eh Kaiou?!”

Michiru si arrese all'evidenza tirandosi su a sedere. "Scusami."

"Scommetto che stai pensando ad Haruka."

"Mmmm.... "

“Lo sai, mi piacerebbe arrivare ad amare tanto una persona come tu ami lei. Ho visto cosa vi lega. Perdonami, nonostante tutto quello che hai fatto e detto su Haruka non avevo bene inteso la forza del vostro rapporto fino a quano non ho visto come vi guardate. Un amore come il vostro non dovrebbe mai essere sporcato da segreti e mancate verità. Ci ho pensato su parecchio in questi giorni e credo non sia giusto chiederti di nasconderle ancora di me. Anche se ho una paura fottuta di lei e delle aspettative che potrebbe nutrire nei miei confronti se volesse conoscermi. Se riterrai opportuno dirle chi sono Michiru..., fallo pure in qualsiasi momento. Confido nel tuo giudizio e nel fatto che cercherai di non farla sentire in debito verso di me o spingerla in tutti i modi ad accettarmi. - Disse rimanendo voltata. - “Ora però cerca di dormire un po' o per tirarti giù dal letto domani dovrò farne due di macchinette del caffè.”

Michiru allungò una mano per toccarle una spalla, anche se in piccola così simile a quella di Haruka. Era riconoscente a quella donna ogni giorno di più.

 

 

Giovanna partì per Roma qualche giorno dopo. Notando quanto la gamba fosse migliorata e quanto Kurzh avesse avuto ragione, le stampelle erano state restituite ed anche se ancora zoppicante, aveva potuto imbarcarsi senza troppi problemi. Michiru aveva insistito per accompagnarla all'aeroporto, convinta in cuor suo che si sarebbe persa al primo tabellone informativo. Ed in effetti il suo aiuto era stato provvidenziale. Quella sorta di Gianburrasca troppo cresciuto non riusciva proprio a muoversi a suo agio in quegli spazi con il loro fluire di umanita'.

“Mi raccomando chiamami quando atterri a Fiumicino. Mettiti la felpa quando sei in aereo e non mangiare niente. Ricorda che all'andata hai avuto la nausea. Non trascinarti la sacca con la gamba ancora ancora debole, aspetta un carrello. Intesi?” Le aveva raccomandato abbracciandola.

“Ma anche con Haruka fai così o credi che sia io ad essere limitata?"

“Tanto lo so che fate come vi pare e piace e il mio e' solo fiato sprecato.

“Ok mammina. Farò la brava. Ci vediamo al tuo ritorno nella capitale. Qualunque cosa..., fammi uno squillo.”

“Si. Fai buon viaggio.” E guardandola prendere la sacca in una mano e lo zaino nell'altra, l'aveva seguita con lo sguardo mentre si dirigeva al check-in, sentendosi un po' più sola.

Così tra luci ed ombre, in breve i giorni di isolamento di Haruka passarono. Sempre un po' taciturna, ma di umore leggermente più sostenibile, una mattina come tante si vide recapitato a domicilio dalla sua donna un bacio a fil di labbra, capendo così in maniera più che concreta, che i suoi leucociti avevano finalmente raggiunto la soglia considerata sicura per poter tornare in mezzo al mondo.

Seduta sul suo letto Michiru se la tenne stretta al petto, comparando il tempo trascorso senza che avesse avuto la possibilità di baciarla, con quello che l'aveva vista vivere da sola in Italia. Un inferno sulla terra.

“Arguisco che sono fuori dal pericolo di un contagio, mia piccola untrice.” Le sussurrò all'orecchio la sua tremenda bionda contraccambiando la stretta. E da quell’ennesimo passo di vittoria scattava l'ora del secondo countdown, ovvero quello di un’agognata e fino ad un mese prima, insperata dimissione.

 

 

Bussando alla porta Haruka attese ed entrò subito dopo l'invito dello specialista. Erano arrivati alla fine del mese senza pestarsi troppo i piedi e grazie anche alla mediazione esercitata da Michiru, avevano convissuto all'interno della struttura come un cane ed un gatto dentro un'appartamento; guardandosi da lontano senza venire quasi mai a contatto. Ora con summa soddisfazione del medico ed una velata riconoscenza della paziente, si lasciavano quell'interminabile periodo alle spalle salutandosi in maniera pressoché definitiva. Haruka avrebbe dovuto presentarsi in clinica per le periodiche visite di controllo, ma se tutto avesse continuato ad andare così bene, passati sei mesi non avrebbero più avuto occasione di vedersi. E forse era anche per questo che, in quella mattina di pioggia, nel guardarsi le rispettive iridi chiare sembravano quasi dispiaciuti nel lasciarsi.

“Si accomodi Haruka. Ho qui le ricette e la dieta da seguire. - Disse porgendole i fogli mettendosi comodo a sua volta. - “Nulla di crudo almeno fino a Natale. Verdure, pesce o carne. Latte o... pizza.”

“Pizza! Come niente pizza!” Ecco la prima lagna.

L'uomo smorfiò il viso rimanendo impassibile. "Si Haruka. Nel caso solo fatta in casa. Almeno fino al periodo natalizio. Poi vedremo.” La guardò corrugare la fronte mente leggeva rapidamente le indicazioni sentendosi soddisfatto del suo operato.

Aveva contribuito a salvare quella giovane donna e se ne sentiva compiaciuto. Sorrise notando quanto il colorito, la respirazione, il tono muscolare di lei fossero migliorati. Aveva preso anche qualche chilo e non l'aveva mai vista tanto vitale neanche durante i primi giorni di ricovero, accorgendosi forse per la prima volta, di quanto fosse bella. Molto bella.

“Per quanto riguarda le medicine? Sono tutte per via orale?”

“Si. Basta con gli aghi. Le sue vene hanno bisogno di riposo, proprio come lei. Non ricominci a lavorare subito e si ricordi che dovrà restare chiusa in casa per almeno un altro mese. Niente contatti con altre persone che non siano la sua compagna. Niente animali. Se dovesse uscire usi la mascherina e copra sempre la gola, soprattutto quando inizieranno le prime nevicate. L'aria fredda non gioverebbe ai suoi polmoni.”

Non troppo convinta la bionda rilesse più volte l'elenco dei farmaci. Parlando spesso con altri pazienti, sapeva benissimo quali venivano dati dopo un trapianto. “Scusi dottor Kurzh, ma ho notato che sia nella profilassi post intervento al quale mi avete sottoposta, sia in questa lista, i soliti farmaci anti rigetto che in genere si usano non ci sono. So che a differenza di altri trapianti, quello di midollo non costringe ad assumerli per tutta la vita, ma questi che leggo... - Fece una pausa corrugando la fronte. - ..., non li conosco proprio.”

Lui strinse la mascella non sapendo cosa risponderle. Bella ed anche molto perspicace. Binomio pericoloso. Glissando con un mezzo sorrisetto cercò di eludere dalla trappola. Se si fosse trattato di un'altra paziente avrebbe sfoderato il suo charme, ma con Tenou rischiava la vita. Monto’ cosi una mezza verità, anche abbastanza puerile.

“Anche il suo cuore deve riposare. I farmaci che le ho prescritto sono a basso dosaggio. Li assumerà per circa sei mesi, poi valuteremo se interromperli definitivamente. - Alzandosi frettolosamente si diresse verso l’uscita non dandole gli occhi. - Haruka vorrei restare per spiegarle, ma ho un intervento. Comunque non si dia pensiero e lasci che il medico lo faccia io. Nei farmaci che prenderà sono presenti alcuni fattori di tolleranza che l’aiuteranno con il nuovo innesto. Perciò ribadisco..., stia tranquilla.” Sottolineò compensando vistosamente il suo essere stato preso in contropiede ed aprendole la porta la guardò alzarsi a sua volta.

“Come crede lei, dottore. Comunque grazie... Per tutto. So di non essere stata un soggetto facile, ma non può negare che le ho anche dato delle belle soddisfazioni.” E finalmente piegarono entrambi le labbra in un sorriso sincero scambiandosi una stretta di mano.

“Al prossimo controllo, Haruka. Mi raccomando.”

Lei uscì per dirigersi nella stanza che era stata sua e che ora conteneva solo il suo borsone da viaggio. Percorse lentamente i corridoi che portavano alle degenze, sapendo di stare compiendo il giro più lungo per non passare così davanti alla camera che era stata di Mattias. Non era più riuscita a farlo, tenendosene rigorosamente alla larga e quando qualche giorno prima la madre del suo piccolo amico era venuta in clinica per ritirare alcuni certificati, l'aveva intravista e contro ogni previsione della bionda, la donna se l'era abbracciata stretta, sollevata nel vederla finalmente in piedi ed in procinto di lasciare quel posto. Haruka aveva avvertito un'ondata di amore materno travolgerla ed aveva contraccambiato quell'abbraccio nascondendo il viso nel suo collo trattenendo a stento le lacrime.

“Figlia mia, come sono felice di vedere che stai bene. - Le aveva detto lasciandola per poggiarle il palmo della mano sulla guancia. - Vivi anche per lui Haruka e ricordalo ogni tanto.”

Lo avrebbe sempre portato nel cuore il suo piccolo amico e nessuna morte avrebbe mai potuto strapparle questa convinzione.

Arrivata alla sua stanza vi entrò richiudendosi la porta alle spalle. Guardò nuovamente le ricette scuotendo la testa. Qualcosa proprio non quadrava. Aveva letto e riletto più volte ogni sorta di articolo in merito e quel tipo di farmaci erano essenziali, ed avrebbe dovuto assumerli per non correre il rischio di mandare tutto all'aria. In un solo caso avrebbe potuto farne a meno, ovvero se il suo corredo genetico fosse stato molto simile a quello del donatore. Il che non poteva essere. Guardò il cappellino della Toro Rosso accanto al borsone e prendendolo lo mise con cura nella sacca. Richiuse la lampo puntando lo sguardo lontano, alle case basse dai giardini curati che tanto le avevano fatto compagnia in quei mesi di lotta.

Si sentiva strana. Da quando aveva ricevuto le cellule di un'altra persona e queste si erano insediate nel suo corpo, aveva come l'impressione di essere stata profanata. Naturalmente questo non macchiava il gesto di un donatore che si ritrovava a benedire tutti i giorni, ma quella sensazione di disagio non accennava ad abbandonarla. Forse era solo un cambiamento naturale dettato dall'esperienza vissuta o forse avevano ragione molti trapiantati quando dicevano che avendo un organo nuovo dentro di loro, un cuore, un fegato, un rene, era come se avessero unito la loro personalità a quella del donatore.

O forse ho solo bisogno di tornarmene a casa mia, pensò mentre Michiru faceva capolino dalla porta.

“Amore, la macchina è pronta. Possiamo andare.”

“Si... arrivo.” Rispose tornando a guardare le ricette.

“Hai le ricette! Sei già' passata dal dottor Kurzh.” Sorrise vedendosi allungare i fogli.

“Dagli un'occhiata tu, per favore e dimmi se sono io ad essere paranoica o qui manca qualcosa.” La guadò fare un'espressione strana avvertendo uno scampanellio nell'istinto.

Michiru capi' al volo e come aveva fatto il medico poco prima, cercò di svicolare non sentendosi ancora pronta.

“Dai Ruka, cosa vuoi che manchi. Andiamo o non arriveremo mai a Bellinzona entro il primo pomeriggio.”

La compagna socchiuse gli occhi mentre l'intuito si faceva certezza. Conosceva troppo bene le mille sfaccettature dell'espressività di Michiru e mentre poteva confondere gli altri dissimulando, non avrebbe mai potuto ingannare lei.

“Piuttosto... Quello lo vuoi davvero lasciare qui? In fin dei conti è un ricordo.” Le chiese riferito al poster incorniciato di Depero.

L'altra lo guardò di sfuggita. Tanto era stato un salvagente e tanto ora non le interessava più avercelo sotto agli occhi. “ Lascia che se lo goda qualcun'altro.” E il tono improvvisamente gelido lascio Michiru di sasso.

“Non sono d’accordo. È un ricordo del nostro primo incontro.”

Alzando le spalle la bionda divenne se possibile ancora più acida. “Fai come credi. A me non interessa.”

Sai qualcosa e non hai il coraggio di dirmela. - Continuò tra se quasi con rabbia mentre arpionava i manici della sacca e ed imboccava la porta. - Ma parlerai molto presto mia cara Michiru. Te lo posso assicurare.

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Urban BlackWolf