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Autore: Losiliel    04/01/2017    6 recensioni
Il salvataggio di Maedhros da parte di Fingon in chiave moderna.
Una Russingon modern-AU.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Celegorm, Curufin, Figli di Fëanor, Fingon, Maedhros
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'First Age Daydream'
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CAPITOLO 10

dove Maedhros prende una decisione

 

 

 

Maedhros aveva la mente più lucida.

Forse perché la ferita al collo lo tormentava con un nuovo dolore, che non gli permetteva più di assopirsi, o forse perché gli ultimi effetti del farmaco erano alla fine svaniti.

I suoi sensi stavano tornando poco a poco alla vita. Percepiva un sapore metallico in bocca e alle narici l’odore del sangue, misto a quello dei muri che trasudano umidità. I brividi sulla pelle, la stoffa della camicia bagnata contro il petto, i jeans che aderivano gelidi alle cosce.

Anche la vista era più nitida. Gli occhi, abituatisi ormai alla penombra, riuscivano a distinguere meglio ciò che lo circondava e a riconoscere le distanze. Non che ci fosse molto da vedere nella stanza spoglia, oltre alla scrivania e alla sedia a circa un paio di metri da lui. Uniche vie d’uscita: la porta sulla parete opposta alla sua e, su quella adiacente, la finestra, troppo alta da raggiungere per uno nelle sue condizioni, anche se fosse stato libero dalla manetta.

Con la vista, tornò anche la capacità di comprendere ciò che vedeva.

La luce che entrava dalla finestra era senz’alcun dubbio dovuta alla luna, non si trattava di luce artificiale, il che significava che si trovavano in un posto isolato. Il brillio rosso sopra la porta indicava che la telecamera di sorveglianza era attiva. Il sensore di movimento sulla finestra non aveva alcuna spia luminosa, ma non c’era motivo di credere che fosse disattivato, dato che la telecamera non lo era.

Scoraggiato, Maedhros passò a valutare lo stato del suo fisico.

La sete lo perseguitava e, col ritorno dei sensi, il freddo e il dolore si facevano più acuti. La ferita al collo lo aveva privato di una grande quantità di sangue, che ora impregnava la sua camicia e rendeva viscido il pavimento sotto di lui. Si chiese quanto avrebbe potuto sopravvivere in quelle condizioni. Il giovane dai capelli troppo rossi, col suo gesto avventato, rischiava di far perdere al suo capo la loro unica fonte di informazioni.

Quel pazzo! Gli sembrava di sentirne ancora aleggiare la presenza intorno a sé. Scrutò tra le ombre, ma la stanza era vuota.

Era solo.

Bene. Questo non era mai stato un problema. Si era sentito solo per gran parte della sua vita, nonostante i suoi sei fratelli e i numerosi compagni di stanza ai tempi dell’università. C’era sempre stato qualcosa che lo aveva trattenuto dal farsi coinvolgere del tutto, quando aveva instaurato una nuova amicizia. 

Tranne una volta.

Maedhros si stropicciò le palpebre con la mano e si concentrò sul presente.

Forse non aveva alcuna possibilità di liberarsi, ma restare a tremare nel proprio sangue che si seccava non l’avrebbe di certo portato da nessuna parte.

Pensò al mattone che aveva notato poche ore prima.

Scivolò a terra, sorreggendosi a fatica sul braccio libero, e si sdraiò su un fianco.

Era troppo buio, ora, per distinguere qualcosa là sotto, ma ricordava il punto in cui aveva visto l’intonaco scrostato e il mattone incrinato, leggermente non in linea con gli altri. Lo trovò al tatto e cominciò a grattare con le dita per rimuovere la calce che lo teneva saldo.

Cosa volesse ottenere non lo sapeva con certezza, forse solo tenersi occupato, forse solo distogliere l'attenzione dal dolore, dal freddo, dalla sete. 

Le unghie iniziarono a incidere piano ma inesorabili la piccola breccia che si era formata tra il mattone spezzato e quello adiacente.

La superficie dura e ruvida a contatto con la mano lo riportò con la memoria a pareti di roccia, ai tempi in cui arrampicava, e a chi glielo aveva insegnato.

Fingon. Ancora.

Perché il suo ricordo continuava a riemergere? E soprattutto, perché era sempre accompagnato dal senso di colpa? Non aveva forse fatto il suo dovere, allontanandolo dal pericolo? Non era questo che doveva fare una persona quando teneva a qualcuno? Quando amava qualcuno.

Infastidito da quel pensiero, grattò con più vigore: il mattone cominciò a cedere. Cercò di afferrarlo e scoprì che le sue dita non facevano presa perché erano bagnate. Le avvicinò al viso e vide del sangue che ricopriva i polpastrelli, non si era accorto di essersi spezzato le unghie. Si pulì la mano contro i jeans e strinse di nuovo i bordi del mattone liberato dalla calce. Tirò più forte che poté, e questa volta riuscì a muoverlo.

Un altro strattone e lo sfilò di un centimetro dal muro.

Infine, con un ultimo sforzo, lo strappò alla presa della parete.

Lo afferrò come se tutta la sua vita dipendesse da quel frammento di argilla. Lo osservò alla debole luce della luna: poco più grande del suo palmo, quasi nero nel punto in cui era stato esposto all’aria, più chiaro sugli altri lati, una superficie aguzza in corrispondenza della frattura col pezzo che era rimasto incastrato nel muro. Solido e pesante nella sua mano, Maedhros lo appoggiò a terra con una certa riluttanza, poi si aggrappò alla tubatura e si tirò seduto, la schiena contro il muro umido, il braccio incatenato che pendeva inerte e insensibile fin dove la manetta glielo consentiva.

Confidando che il buio lo avrebbe tenuto al riparo dall’occhio della telecamera, prese il mattone e lo tenne stretto a sé.

Cominciò a pensare a come utilizzarlo.

Tentare di nasconderlo e aggredire il giovane dai capelli scarlatti quando si fosse avvicinato la prossima volta?

Accanirsi sulla catena della manetta, con colpi ripetuti, per cercare di liberarsi?

Nessuna delle due strade sembrava condurre a scenari favorevoli.

In più, i suoi pensieri continuavano a tornare a Fingon, come se ci fosse qualcosa di importante che gli sfuggisse. L’aveva lasciato per tenerlo al sicuro, non c’era niente di più giusto. Maedhros era stato minacciato, gli avevano ucciso il padre, non avrebbe mai permesso che facessero del male anche a lui.

Allora perché sentiva che qualcosa non quadrava?

Aveva forse sbagliato nel metodo? Come si proteggevano le persone?

Fingon usava una corda, quando arrampicavano insieme, per farlo sentire al sicuro.

Ma cosa lo faceva sentire così al sicuro, in realtà, quando si trovava a diversi metri d’altezza, con solo la forza dei suoi muscoli a separarlo dalla caduta?

Non era la corda. Era la fiducia. La fiducia totale che lui riponeva in colui che gli apriva la strada, e quella che Fingon riponeva in lui, nelle sue capacità.

Era sempre stata solo la fiducia reciproca alla base di tutto ciò che c’era tra loro.

E lui, allontanandolo, non gliel’aveva più concessa. Negare la fiducia a uno come Fingon, che ancora dubitava del proprio valore, era un errore imperdonabile.

Puoi ancora rimediare, gli aveva detto il padre, in un sogno che già sbiadiva.

Ma non era vero. Anche se non fosse stato prigioniero e in fin di vita, come poteva rimediare dopo quello che aveva fatto?

Non c'è mai stato niente di vero, gli aveva detto, senza riuscire a guardarlo negli occhi.

Non ho mai detto che ti amavo, non ho mai detto che sarebbe durata, aveva sostenuto, in uno squallido bar, sottraendo la mano alla presa di Fingon, appena prima che questo potesse afferrarla.

Un contatto sarebbe bastato per mandare in fumo la sua determinazione. Un solo sfiorarsi di dita l’avrebbe fatto alzare da quella orrenda sedia di plastica e gli avrebbe fatto prendere il compagno tra le braccia e gli avrebbe fatto dire cose che non aveva mai avuto il coraggio di dirgli, e al diavolo le apparenze, al diavolo i tabù, e la morale, e il giusto e lo sbagliato. 

Ma non lo aveva fatto. Era rimasto lì a guardare mentre Fingon si faceva l'idea di non essere abbastanza per lui.

No, non poteva più rimediare. Aveva buttato via l'unica cosa davvero preziosa della sua vita, in cambio di vendetta, e rancore, e solitudine.

E ora: morte.

Quando cominciò a prendere in considerazione l’ipotesi di usare il mattone come arma contro sé stesso, capì che era giunto alla fine.

Chiuse le palpebre. Una lacrima scese lungo la guancia ferita. Il battito rallentò. 

Mentre scivolava nell’incoscienza, ebbe quasi l’impressione di sentire della musica.

No, non della musica.

Sembrava… una canzone.

Con forze che non sapeva di avere, Maedhros tornò ad aprire gli occhi e si tese in ascolto.

Una canzone che non sentiva più da anni, che aveva sentito in un locale tantissimo tempo prima, quando aveva afferrato una mano come se ne andasse della sua vita, e per un istante non era stato più solo.

(We passed upon the stair - We spoke of was and when)

Come poteva sentire lì, adesso, quella canzone? Era di nuovo preda delle allucinazioni? Scosse la testa. Una fitta scaturì dalla nuca e riverberò nelle tempie. Ma non mise a tacere la musica.

(Although I wasn't there - He said I was his friend)

Maedhros sentì il cuore che accelerava e i suoi pensieri si affastellarono incoerenti, mescolandosi ai ricordi. Un sorriso raggiante, due occhi sorpresi.

(Which came as some surprise - I spoke into his eyes)

Allora comprese. Fingon era lì.

Nonostante tutto quello che gli aveva fatto, nonostante il male che gli aveva causato, Fingon era lì fuori che lo stava cercando. Che non lo aveva dimenticato.

(I thought you died alone - A long long time ago)

Stai calmo, si disse. Devi proteggerlo. 

Ma il suo corpo non gli obbedì. I talloni si puntarono a terra e spinsero la schiena contro il muro. Le ginocchia fecero leva e riuscirono a sollevarlo. Maedhros si trovò in piedi senza sapere come.

(Oh no, not me - I never lost control)

Fermati, si disse. Devi lasciarlo andare.

Doveva, doveva lasciarlo andare. Doveva fare la cosa giusta. Era una scelta già compiuta tanto tempo prima, quando aveva rinunciato a tutto il suo mondo, il suo mondo imperfetto, il suo mondo macchiato dalla colpa, eppure meraviglioso, in cambio della vendetta.

(You're face to face - with the man who sold the world)

Contro ciò che gli comandava la ragione, Maedhros fece appello a tutte le sue forze residue, strinse forte il pugno, alzò il braccio sopra la testa… e scagliò il mattone contro la finestra.

 

 

 

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Note

Il prossimo capitolo: domani!

 

  
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