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Autore: Robigna88    04/01/2017    1 recensioni
Allison Morgan credeva di essersi lasciata alle spalle gli Originali con i loro drammi, i loro segreti e quel sempre e per sempre in nome del quale avrebbero fatto qualunque cosa. Sono suoi amici e vuole loro bene ma ha già abbastanza problemi e nemici di cui occuparsi e non vuole avere a che fare anche con quelli dei Mikaelson. Questo fino a quando Rebekah non la chiama in cerca di un aiuto per trovare un posto sicuro per lei e la piccola Hope e orde di cacciatori sono pronti a raggiungere New Orleans in seguito a strani avvenimenti che hanno attirato la loro attenzione. Allison si sente in dovere di avvertire Klaus ed Elijah; solo avvertirli e niente di più. Una volta arrivata nella città del Quartiere Francese però, tutto cambia e lei viene risucchiata dai loro problemi, come già le era successo in passato. Decide quindi di rimanere per un po'. Nel frattempo, in Kansas, Dean e Sam Winchester, avvertito il tumulto tra i cacciatori decidono di partire per New Orleans ed indagare senza sapere però che quel caso-non caso li condurrà dritti dalla loro amica cacciatrice e dai suoi strani amici.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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28.

IL BIVIO

 

 

 

 

 

“Sono morta?” domandò Allison sgranando gli occhi, le iridi nocciola piene di sgomento poggiate su Dio, anzi, Chuck come preferiva essere chiamato. All’inizio, doveva ammetterlo, aveva pensato dapprima ad uno scherzo, poi ad un sogno. Ma aveva sbattuto gli occhi e si era data dei pizzicotti che le avevano arrossato il braccio, e non si era svegliata. “Sono morta” ripeté di nuovo, stavolta a se stessa.

“Per sbaglio” precisò lui allungando poco le mani in avanti, come per tranquillizzarla. “Non era ancora il tuo momento.”

“Come cavolo si muore per sbaglio Chuck? Non è possibile!”

“Beh, essendo Dio, posso dirti per certo che può succedere. Potresti essere colpita per sbaglio da una pallottola destinata a qualcun altro, o essere investita per sbaglio sulle strisce pedonali e…” si fermò e fece un grosso respiro. “E tu sei arrabbiata, lo capisco, davvero. Ma ti prego di credermi che appena ho saputo cosa era successo sono corso per rimediare.”

“Corso per rimediare? Corso da dove? E come puoi rimediare a… questo?” chiese lei guardandosi intorno. “Da quanto sono morta?”

“Tre mesi.”

“Tre mesi?” urlò la cacciatrice, poi si passò le mani tra i capelli e scosse il capo allibita. “Questo deve essere uno scherzo o un incubo da cui non riesco a svegliarmi.”

“Okay” sussurrò lui spostando una sedia e aiutandola a sedersi. “Ascoltami attentamente adesso, va bene?”

Allison annuì facendo un grosso respiro, ma i suoi pensieri vagavano liberi da una parte all’altra. Non avrebbe saputo dire quale delle due parti le facesse più male e più paura.

“Miles Brown ha chiesto ad una strega di lanciarti una maledizione. Ti considera una traditrice e quindi, secondo lui, come tale dovevi morire. Ricordi il marchio sul tuo braccio?” la donna fece cenno di sì col capo e Chuck continuò. “Quando sei morta per la tua anima si è scatenata una specie di guerra: l’Inferno ti voleva, il Paradiso credeva che ti meritassi la pace tanto sudata. Alexa, una delle mie figlie più devote e giuste ha vinto e così ha portato la tua anima qui tra le nuvole.”

La cacciatrice sollevò un sopracciglio mentre lui sorrideva nella speranza di smorzare la tensione. Lei però non ci trovava niente di divertente. “Ti rendi conto che hai appena parlato della mia anima come se fosse un premio da vincere? Chuck, sono morta da tre mesi… che ne è stato del mio corpo? E i Winchester e Castiel? Elijah” si fermò e si coprì la mano con la bocca. “Come sta Elijah? Era con me quando sono morta vero?”

Chuck annuì. “Sì, era con te e non se la sta passando molto bene. Quanto ai Winchester e Castiel, hanno provato a contattarmi diverse volte ma ero… fuori portata. Sono venuto appena mi sono accorto della gravità della situazione” disse di nuovo. “Di’ loro che mi dispiace, quando tornerai in vita. Ammesso che tu voglia tornare in vita.”

Allison lo guardò perplessa. Di prima acchito la domanda le sembrò incredibilmente sciocca, retorica, poi però una parte di sé ripensò a Joel e ai gemelli. Ripensò ai suoi genitori, a suo fratello che stava scrivendo un film, alla sua vita normale e felice e la domanda le sembrò sensata, anche troppo. Cielo… c’erano così tante cose che voleva chiedere.

“Chiedi pure!” le disse Chuck sedendosi accanto a lei e, visto che stava parlando con Dio, che le avesse letto il pensiero le sembrò normale in fondo.

“Se la mia morte è un errore, perché non mi hai semplicemente riportata indietro?”

“Perché tra tutte le cose che vi ho donato, ce n’è una che mi sta particolarmente a cuore.”

Allison sorrise tristemente. “Lasciami indovinare, il libero arbitrio.”

“Esatto. La verità è che volevo venire qui e semplicemente riportarti indietro, come hai detto tu, ma ti ho visto dare alla luce due bambini, ti ho vista felice e realizzata e mi sono ricordato che non sta a me decidere.”

La donna fece un grosso respiro, infine si alzò ma gli diede le spalle. “Hai detto che Elijah non se la sta cavando molto bene. Che significa?”

“Diciamo che non ha preso bene la tua morte. Ha abbassato l’interruttore, per spegnere il dolore.”

“Ha spento la sua umanità?” chiese lei ma la risposta era piuttosto ovvia. “Se decidessi di rimanere, tu potresti… aiutarlo? Fargli riaccendere la sua umanità, liberarlo dal dolore?”

“No” Chuck scosse il capo. “Non posso farlo Allison. Ma non basare la tua decisione su questo, perché non sono certo che tornando tu riusciresti ad aiutarlo. Potresti provarci, senza dubbio, ma niente è sicuro.”

“E se decidessi di tornare?”

“Cancellerò ogni ricordo che hai di questo posto e tornerai alla tua vita normale.”

“Joel. Lui è… morto?”

“Non che io sappia, e io so tutto” provò a scherzare lui. Ma tornò subito serio. “Vorrei darti il tempo che ti serve per decidere cosa fare Allison, ma la verità è che non ne hai molto. Ho bisogno di una risposta e ne ho bisogno adesso.”

“Nessuna pressione…” lei abbozzò un sorriso. “Cosa ne è stato del mio corpo? Non mi hai risposto prima.”

“Non ha importanza,” lui le prese le mani. “Se deciderai di tornare non devi preoccuparti di questo.”

Allison deglutì a vuoto, poi diede la sua risposta.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison era davanti alla nursery quando Joel arrivò alle sue spalle e la fece sobbalzare. Così persa nei suoi pensieri non si era accorta di lui, eppure le sue scarpe di gomma facevano quel fischio rumoroso sul linoleum dell’ospedale.

“Scusa,” le disse lui baciandole la tempia. “Non volevo spaventarti, anche se te lo meriteresti dopo lo spavento che mi hai fatto prendere in sala parto.”

Lei si strinse addosso la giacca e si lasciò andare contro il suo petto, confortata dal battere del suo cuore, dal calore della sua pelle. “Mi dispiace per quello” gli disse. “Ma guarda” con un dito indicò i loro gemelli che dormivano in una culletta doppia, le loro piccole mani una sopra l’altra quasi se la stessero stringendo. “Li abbiamo fatti noi. Anche se tu ti sei preso solo la parte divertente.”

“Ah le gioie di essere un uomo” ridacchiò lui, tornando serio quando lei lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. “Allison, stai bene?”

“Ti amo Joel. Grazie per tutto quanto, per i nostri bambini soprattutto.”

“Ti amo anche io” lui le baciò le labbra e lei chiuse gli occhi lasciando cadere alcune lacrime.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Quando li riaprì si ritrovò sdraiata su un pavimento polveroso, nel buio semi illuminato solo dalla luce della luna piena attraverso le finestre. Piano Allison si alzò e fece un grosso respiro scoprendo che stava tremando, le guance bagnate di lacrime e un freddo mai sperimentato prima. Riprendendo il controllo si guardò intorno cercando di capire dove fosse e quando finalmente le fu chiaro si incamminò verso l’uscita. Fuori dalla scuola di musica si toccò le tasche scoprendo, con grande sorpresa, di avere un cellulare. Non era suo e non sapeva di chi fosse ma poco importava, sarebbe andato bene.

Pensò di telefonare ad Elijah ma poi ricordò quello che Chuck le aveva detto. Poi pensò a Marcel ma si accorse ben presto che gli unici che poteva davvero chiamare erano i Winchester e Castiel. Così compose il numero dell’ex angelo e attese quattro squilli prima che lui rispondesse.

“Cass, sono io. Ti prego, non riattaccare.” gli disse scoppiando in lacrime.

“Allison?”

“Chuck mi ha portata indietro, ha detto che lo avete tanto cercato dopo che sono morta. Ascolta, vi racconterò ogni cosa ma ho bisogno che veniate a prendermi.”

“Allison, dove sei?” era la voce di Dean e lei capì di essere in vivavoce.

“Sono alla scuola di musica a Baton Rouge, quella che ho comprato per mia madre.”

“Dove avevi appuntamento con Elijah quando…”

“Sì, quella.”

“Rimani dove sei, stai dentro fin quando non arriviamo” le disse Cass.

“Partiamo ora!” aggiunse Dean.

“Okay” mormorò lei con voce tremante. Poi riattaccò e si rifugiò dentro, in attesa.

   
 
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