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Autore: shamarr79    04/01/2017    3 recensioni
Scrivo, perchè molto di più avrei voluto leggere su Magnus Bane, cercando di riempire vuoti e silenzi lasciati dalla Clare; voglio fantasticare, su di lui, sui suoi amori, su Alec, ovviamente, ma anche immaginare i suoi capricci, le angosce, gli amici, i nemici. Ma essenzialmente Magnus, potente e fragile come solo una forza della Natura può essere. Seguendo la trama dei libri, mi intrufolo tra le pagine, alla ricerca di spazi da riempire con le parole. Un riferimento in alto indica il capitolo in cui mi inserisco, ripeto solo qualche parola del libro, per farvi orientare senza essere noiosa. Si inizia quando ancora Magnus e Alec non si conoscono, entrambi sono insoddisfatti e nervosi, alla ricerca di qualcosa che ancora non comprendono. Il Magnus della Clare è il riferimento, ma scrivendo diventa sempre più autentico, distinto e poetico. Anche Cat per me è una figura importante, perchè non riesco ad immaginare un Magnus senza una Cat, grande amica del cuore. Il resto è mio. Scrivo per me, inutile negarlo, ma spero che vi piaccia. E, lo scrivo sinceramente, sarò lieta di leggere qualsiasi cosa, brutta o bella, vi venga in mente ascoltando di queste righe sparse il suono.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20

Quando per miracolo tace la guerra
(Città di cenere, tra i capitoli 4 e 6)


 

Milioni di volte Alec era stato nello studio di sua madre. Dalle pesanti tende color crema raramente filtrava luce anche in pieno giorno, i rumori della città giungevano sempre ovattati forse per via degli scaffali imponenti pieni di antichi volumi, codici e pergamene che ricoprivano le pareti, non c'erano dipinti appesi nei pochi spazi vuoti, solo armi e un antico stemma in ferro battuto proprio sopra la sobria e scura scrivania in legno di noce, di lato, vicino la finestra, troneggiava la statua di Raziel a grandezza umana, profilo severo, labbra sottili, elmo lucido e spada sguainata e quando qualche sparuto raggio riusciva ad oltrepassare la soffice barriera di cotone grezzo, riuscendo a lambirne l'armatura, si aveva l'impressione che la grazia di Dio fosse scesa in terra, magari solo per assicurarsi che i figli dell'angelo assolvessero ai propri doveri.

 

O almeno così aveva pensato Alec per anni, ma in quel momento non ne era più tanto sicuro.

 

Il giovane cacciatore aveva trascorso centinaia di ore in piedi davanti la porta o appoggiato sul divano più scomodo mai esistito nella storia dei divani, una struttura di legno robusta coperta da durissimi e ruvidi cuscini color verde melma, ore trascorse per lo più guardando il pavimento di marmo rosso, talvolta ascoltava precisi ordini, talvolta riceveva raccomandazioni senza evidenti tracce di premura materna, più spesso assisteva in prima fila all'elogio del grande Jace impavido combattente senza macchia né paura, più raramente i complimenti erano rivolti alla lucida e furba Izzy, quasi mai a lui: non c'è gran gloria per chi tiene ben sicure le retrovie. Sempre rimaneva immobile, desiderando ardentemente di essere qualcun altro in qualsiasi altra parte del mondo, ma rimaneva lì, perché quello era il suo posto, quello il suo “sacro dovere” e, in fondo, perché non aveva dove altro andare. Eppure quella notte qualcosa in cuor suo lo fece sentire diverso, nonostante la fitta bolla di angoscia addensatasi nel suo stomaco proprio sotto il cuore da quando aveva lasciato Brooklyn.

 

“Entrate pure”, aveva detto Maryse, guardando i figli oltre lo scorcio dello stipite “sedete. Dobbiamo parlare”.

 

Doveva capirlo subito che qualcosa di strano era all'opera. Stranamente sua madre non sembrava così sicura di sé, teneva lo sguardo basso, la voce severa sembrava incrinata, più rauca del solito e c'erano troppe pause e verbose perifrasi nel suo discorso. E per un attimo, quando il silenzio sembrò prendere il sopravvento, fu davvero preoccupato, si scoprì anche in pena per sua madre, glaciale guerriera in evidente imbarazzo davanti ai suoi figli tanto che non riusciva a dare un suono alle parole. Poi la cacciatrice parlò e fu un lento e ininterrotto racconto: Valentine, il circolo, la guerra e l'esilio, l'accordo con il Clave e il tradimento di Hodge. Tutto in brevi ma concise frasi, nessuna emozione sembrava trapelare dalle parole di Maryse ad eccezione dello sguardo che proprio non riusciva a posarsi da nessuna parte. Isabelle gli sedeva a fianco e Alec ne percepiva il calore del corpo, sentiva in lei i muscoli irrigidirsi e la rabbia crescere, stringeva i pugni così forte che le dita si arrossarono e le nocche sbiancarono, era tesa.

 

“Spero capirete come, alla luce di tutto questo, agire con cautela sia di fondamentale importanza, molti potrebbero ora nuovamente dubitare di noi, sospettando che Jace abbia sostenuto segretamente suo padre in tutti questi anni tramando contro di noi e contro il Clave”.

“È assurdo!” – Isabelle si alzò di scatto, era così rossa che gli occhi le sarebbero potuti schizzare via dalle orbite. “No, madre, io non capisco un bel niente! É follia. Da anni rischiamo la nostra vita per difendere il Clave, gli accordi, i mondani, i Nascosti e le leggi. Ogni sera da anni andiamo a pattugliare le strade. Jace più di tutti ha rischiato la via e ha protetto questo Istituto e adesso come se fossimo degli estranei dobbiamo dimostrare la nostra lealtà? Adesso nostro fratello viene visto come un traditore perché un pazzo assassino salta fuori da chissà dove? Ora scopriamo che Valentine era un vostro ex caro amico di infanzia? Ma siete impazziti? E come, di grazia, siete passati dal sacro dovere di rispettare le leggi a quello di voler sterminare tutti i Nascosti ? Ma vi aveva dato di volta il cervello?”

“So che è difficile, ma devi sforzarti di capire”.

“Difficile? Combattere demoni ogni notte senza farsi ammazzare, è difficile. Svegliarsi alle 6 per gli allenamenti dopo una notte di pattuglia, è difficile. Affrontare la giornata sperando che nessuno dei tuoi fratelli ti muoia tra le braccia, è difficile. Questo è orribile”.

Isabelle era una furia, aveva urlato le parole in faccia a sua madre tanto che per un attimo Alec temette per l'incolumità di sua sorella, ma Maryse non solo non reagì ma rivolse alla figlia uno sguardo pieno di comprensione.

“È difficile che voi capiate, ma è necessario.”

“Hodge è stato più di uno di famiglia per noi, si è sempre occupato di noi mentre voi eravate in giro a saldare alleanza e ora scopriamo che ci ha venduti. Per l'angelo, mentre Alec stava agonizzando invece di aiutarci ha quasi ammazzato Clary e Jace per rubargli la coppa! Difficile? Se quella sera non fosse arrivato Magnus che per inciso è un Nascosto che fortunatamente non siete riusciti a uccidere nel vostro periodo di bravate notturne, Alec sarebbe morto, morto mamma, morto. Lo capisci?”

Alec sentendo sua sorella pronunciare quel nome fu scosso da un tremito, per un attimo tornò a quella notte da incubo e si sentì gelare. Maryse manteneva ancora basso lo sguardo.

“Bane si è rivelato sempre molto utile, in tante occasioni e, fidati, non è affatto facile da uccidere!”

 

Uccidere?... Bane non è facile da uccidere... quindi ci avevano provato? Ecco perché questo odio verso i Cacciatori, questo risentimento, non glielo aveva mai detto, eppure quella sera alla festa non era affatto felice di vederli … eppure li aveva aiutali, aveva aiutato Clary, Simon e i suoi amici. E aveva salvato lui.

 

Le parole uscite dalla sua bocca nel loft mentre era attanagliato dal terrore di perdere Jace gli fecero ribrezzo. Si era comportato esattamente come i suoi genitori: senza alcun motivo aveva ferito un uomo gentile e premuroso, lo aveva ferito solo perché aveva paura, solo perché poteva farlo. Eppure se non fosse stato per quel Nascosto di rara bellezza, lui non sarebbe neanche sopravvissuto. Doveva scusarsi per quelle parole, per quell'atteggiamento folle, per i suoi genitori, per il Circolo, per tutto. Si alzò.

 

“Non mi pare di aver detto che potete andare”, lo gelò la madre che con lui era stata sempre più severa.

 

“Non vedo ragione di rimanere. Ho capito perfettamente, per quanto condivida le... perplessità di mia sorella. Trovare Valentine, a quanto dici, è compito del Clave. Jace, della cui lealtà io non dubiterei neanche se ne dipendesse la mia stessa vita, è al sicuro e sta tornando a casa, scortato dal capo dei lupi, un Nascosto scampato alla vostra cieca furia passata e che, fortunatamente, non vi odia a tal punto da prendersela con noi. Io ho una città su cui vegliare per cui intendo riprendere la ronda che ho interrotto per accorre ad ascoltare questo entusiasmante racconto sui vostri furori giovanili. A meno che le regole non siano state riscritte e, in quel caso, ti prego caldamente di avvertirmi prima che affronti un altro demone superiore, il compito di vegliare sui Mondani e sui Nascosti spetta ancora a me e intendo svolgerlo”.

“Capisco”.

Maryse aveva ceduto ma non avrebbe permesso alla sua voce di tradire i suoi sentimenti, per cui continuò impassibile. “Allora è bene che tu ti rechi all'Hunter Moon. È appena arrivato un messaggio di fuoco, è stato ucciso un giovane lupo, potrebbero essere stati i vampiri, ma occorre esserne certi. Recati sul luogo, parla con i Nascosti che incontri, uno stregone dovrebbe essere già lì e aggiornami al più presto, intendo convocare il leader dei vampiri domani. Ma riposa prima, sembri ... stanco”.

Solo le ultime parole tradirono un'emozione, una preoccupazione ben celata.

Alec annuì e usci. Isabelle lo segui, sbattendo la porta. Suo fratello attraversò di corsa il corridoio, volò su per le scale e si rintanò in camera sua. Lei lo seguì di buon passo, rimase per un po' in corridoio vicino la porta, poi bussò.

“Da quando bussi?”

Appena entrò, Isabelle intravide il fratello in piedi vicino alla finestra, guardava fuori, la mano destra chiusa a pugno poggiata sul vetro.

“Non ti ci abituare”.

“Piove ancora”.

“Sei fradicio. Dovresti cambiarti. Alec … mi spiace, davvero”

“E tu che c'entri?”

“Mi spiace di averti chiamato, di averti fatto venire, di averti costretto a restare. Mi spiace per tutta la storia. Hai sentito la mamma... Bane si è rivelato sempre molto utile e fidati non è facile da uccidere... non riesco a smettere di pensarci. Lui dovrebbe odiarci, avrebbe dovuto...” si interruppe.

“... avrebbe dovuto lasciarmi morire, lo so. Nessuno lo aveva assunto, né pagato, nessuno gliene avrebbe fatto una colpa, come nessuno gli darà mai il merito di aver salvato il figlio dei nemici giurati dei Nascosti”

“Non sono più cosi. E noi non siamo loro, non siamo il circolo, né Valentine. Noi non siamo i nostri genitori”.

“Non so se sono meglio di loro”.

“Si che lo sei. Io ti conosco”.

“Tu non c'eri oggi. Dopo che hai chiamato non so cosa mi è preso, ho detto cose folli, sono impazzito e dovevo correre via, lui ha cercato di fermarmi e io l'ho quasi colpito, gli ho detto cose orribili... un attimo prima ero tra le sue braccia e un attimo dopo sembravo un suo nemico. Forse non sono così diverso da tutti loro”.

Izzy si avvicinò al fratello, le mani si intrufolarono attraverso il giubbotto da cacciatore, gli cinsero la schiena e si intrecciarono sul suo sterno, proprio all'altezza del cuore.

“Si che lo sei, lo sento e lui lo sa meglio di tutti. Basta Alec, corri da lui, scusati, inventati qualcosa, parla con lui non con me e …”

Izzy sospirò. Alec si girò, in silenzio, in attesa. Sua sorella sapeva sempre cosa dire per farlo stare meglio, sapeva sempre trovare la parola giusta, a volte non aveva neanche bisogno di parlare, le bastava uno sguardo o un abbraccio stritolante, ma di sicuro, Isabelle Lightwood sapeva sempre cosa dire. E eppure la frase le era appena morta in gola.

“Fratellone, appena sei con lui ... digli quello che provi, almeno … quello che pensi di provare. Provaci. Se lo merita. E anche tu.”

 

Alec chiuse gli occhi e deglutì, fu un attimo di silenzio profondo e assoluto, tutto sembrò così assurdo e folle, senza senso, squallido e feroce. Tutto, tranne lui. Lo rivide, con l'aria sognante e divertita nel parco mentre il vento gli spettinava i capelli, con le ciglia corrugate e lo sguardo imbarazzato mentre si scusava per averlo materializzato a velocità contro il muro del soggiorno, bello da abbagliare gli occhi e perfetto come solo un dio può essere mentre si scusava per aver solo pensato di fare l'amore, rivide quel corpo perfetto a cui si era avvinghiato come se il mondo stesse per finire, sentì il suo odore, il suo sapore e si perse nel ricordo di quei baci che l'avevano portato così vicino al paradiso. Fu un attimo, eterno, si abbandonò, completamente travolto da quei ricordi. E, come per magia, perché Magnus evidentemente era magico, la guerra del mondo e quella del suo animo tacquero di colpo, la nebbia dei suoi pensieri si diradò, le angosce sparirono e con la fronte persa tra i capelli di sua sorella, la schiena contro la finestra gelata e le orecchie assordate dal rumore della pioggia, sorrise così forte da far rumore.

 

Un attimo, piuttosto lungo nella sua testa, solo un attimo. Schizzò fuori dalla stanza alla velocità della luce, si fiondò attraverso il corridoio ed era quasi a metà delle scale quando si fermò, tornò indietro, corse in camera sua, trovò Izzy esattamente dove l'aveva lasciata, l'abbracciò con tutta la forza che aveva, frugò nell'armadio, tirò fuori dei vestiti a caso sperando che fossero se non proprio dello stesso colore almeno simili, si cambiò (tutto in 3 secondi) e corse via.

Di nuovo.

“Alec inizia dall'Hunter Moon, sarà andato lì per il lupo, il messaggio di fuoco diceva che non riuscivano a rintracciarlo ma che erano sicuri che sarebbe andato....”.

Izzy aveva cercato di parlare più velocemente che potesse, ma suo fratello era già sparito ben prima che finisse la frase. Il suo fratellone, l'uomo più incredibile buono e generoso mai esistito. E per la prima volta in vita sua, innamorato per di più di uno stregone pazzoide bellissimo e scandalosamente colorato a cui anche lei già voleva bene. Il mondo andava a rotoli, un pazzo maniaco amico intimo dei loro genitori voleva ucciderli e erano in mezzo ad una guerra. Ma non le importava, per la felicità saltò sul letto di Alec sprofondando tra le lenzuola e respirò l'odore di suo fratello con una gran voglia di cantare.

Il giovane cacciatore già invisibile agli occhi dei mondani correva veloce sotto la pioggia gelata delle notti di Ottobre. Ripensava alla bellissima musica che aveva ascoltato venir fuori dal telefono di Magnus prima che il mondo andasse a rotoli, sicuramente lo cercavano per il lupo morto, era importante ma lui non si era neanche alzato per controllare chi fosse. Tu sei più importante, gli aveva detto. Tu sei più importante. Alec correva, non sapeva di preciso in quale direzione andare ma sapeva esattamente dove voleva arrivare, il più in fretta possibile.

Al diavolo tutto!
Ora avrebbe ascoltato solamente il suo cuore e … sua sorella!

 

 
angolo dell'autrice

Si, lo so mi sto dilungando, ma ho indugiato per un pò dentro la testa di Alec, dal momento che Magnus al momento era impegnato. La pace tra i due a breve, una microstoria d'amore nella storia e la mia versione della chiave.... insomma delirio! Vi voglio bene, voi mie muse preziose e voi lettrici silenziose. Vi ringrazio come sempre del tempo che dedicate a questa storia. Ps. La serie non mi dispiace anche se non osa mai, un peccato visto i caratteri.
   
 
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