Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: ChiaraBJ    05/01/2017    4 recensioni
Il padre di Ben bussa alla porta di casa di Semir, è preoccupato perché non riesce a contattare il figlio. Entrambi si recano nell’appartamento del giovane poliziotto e lì fanno una agghiacciante scoperta . Ben è scomparso. Rapimento? E se fosse così, per mano di chi? In questa nuova FF Semir dovrà ancora una volta tentare di salvare la vita al suo socio, in una lotta contro il tempo e non solo.
Questa storia fa parte della serie ‘Legami speciali ed indissolubili’.
Consigliata, ma non indispensabile la lettura delle storie precedenti.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami speciali ed indissolubili'
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Semir e Ben: uno contro l’altro

Un ammaccato, ma ancora vivo Ben si aggirava nuovamente per la periferia di Colonia; ormai aveva preso la sua decisione, avrebbe lasciato la città, diventata troppo pericolosa. E per la sua fuga avrebbe scelto un mezzo alternativo, magari qualcosa di meno ‘vistoso’.
All’inizio pensò di prendere un autobus di linea con destinazione Berlino, poi passando accanto ad una stazione di servizio, vide diversi autoarticolati.
Alcuni avevano i cassoni coperti solo da teli, si sarebbe nascosto all’interno di uno di quelli, al momento la meta era irrilevante per ora la priorità era lasciare la città e far perdere per quanto fosse possibile le sue tracce.
Prima di partire si recò alla toilette della stazione di servizio. Lo aspettava un lungo viaggio, oltretutto voleva per quanto fosse possibile medicarsi alla meno peggio il piccolo taglio che aveva sulla fronte che si era procurato sbattendo la testa, mentre con la macchina finiva giù per la piccola scarpata.
Entrando incrociò alcuni camionisti, ma nessuno di essi gli rivolse la parola. Si avvicinò ad uno specchio, guardandosi la piccola lacerazione sulla fronte.
“Beh dopo quello che ho passato questo è un taglietto insignificante” e prendendo alcune salviettine di carta dopo averle imbevute d’acqua si mise a tamponarlo.
Istintivamente chiuse gli occhi la ferita bruciava un po’,e ancora una volta nella sua testa risuonarono sprazzi di ricordi appartenenti al suo passato.
Qualcuno lo inseguiva a piedi, forse chiamandolo per nome.
Spari, urla, il rombare di un motore di un elicottero sopra di lui.
“Dai collega adesso basta, facciamola finita” la voce sembrava la sua.
Subito dopo l’urlo di una donna che gridava un nome…uno strano nome.
Forse turco? Tedesco no di certo.
Mi dispiace…” ma questa volta non era lui a parlare.
Altre urla, altri spari, immediatamente percepì un fitto dolore al petto che svanì per fortuna dopo pochi istanti.
Di colpo riaprì gli occhi, la fronte imperlata di sudore, una mano sul petto, sopra la ferita.
“Ecco ci mancherebbe solo questo… un infarto” pensò preoccupato.
A riportarlo alla realtà la porta della toilette che si apriva, qualcuno entrava e salutava, riflessa nello specchio un’altra uniforme.
Cercando di restare il più calmo possibile Ben si asciugò la fronte, si lavò le mani e senza guardare nessuno negli occhi si avviò verso l’uscita, sotto lo sguardo curioso dell’agente.
“Signore si sente bene?” chiese gentilmente il poliziotto, ma Ben non gli rispose uscendo senza degnarlo né di uno sguardo, né di una parola.
 
Intanto Semir si stava lentamente riprendendo dallo sconforto. Salì nuovamente sull’auto per far ritorno in città.
Lungo la strada pensava se Ben a questo punto avrebbe rischiato di ritornare a Colonia per fare un ultimo tentativo nella speranza di ricordare qualcosa o se invece avrebbe lasciato la città per sempre.
“Maledetti Raisser”  inveì Semir “Alla fine siete riusciti a distruggerci, a dividerci. Razza di bastardi…” il resto della frase gli morì in gola.
Stava passando vicino ad un’area di servizio, quando la sua attenzione fu letteralmente rapita da un uomo e ancora una volta il suo cuore ebbe un sussulto.
Furtivamente per il parcheggio si aggirava il suo ‘ragazzo’, camminava curvo, zoppicando vistosamente.
Senza dare troppo nell’occhio Semir entrò nell’area di servizio.
Stava per scendere dall’auto quando fu notato da Ben.
 “Ancora lui? Ma che ho addosso? Un GPS?” imprecò Ben e aumentando il passo si addentrò nel parcheggio limitrofo alla stazione in quel momento piena di TIR in sosta.
“Stavolta non ci sono boschi, ti prenderò socio, giuro che lo farò anche a costo di spararti” pensò il piccolo ispettore inseguendolo.
Mentre cercava di nascondersi tra i vari mezzi Ben ebbe un’idea. Se fosse riuscito a prenderlo, a disarmarlo, forse avrebbe potuto sapere davvero se era Winterberg.
Purtroppo il suo passo era decisamente lento, e salire in fretta su qualche TIR sarebbe stato impossibile.
“Ben! Ben!” urlò Semir.
Il ragazzo era a una ventina di metri da lui, ma non dava segnali di volersi fermare, come era logico aspettarsi.
Fu allora che Semir fece l’unica cosa che in quel momento gli sembrava più saggia da fare estrasse la pistola esplodendo un colpo in aria.
Ma nonostante questo Ben non si fermò, voleva arrivagli in qualche modo alle spalle, forse sarebbe riuscito a sorprenderlo di nuovo.
Semir si ritrovò a dover decidere in una frazione di secondo.
Non voleva che Ben gli sfuggisse per l’ennesima volta,  conscio che se questa volta non lo avesse fermato il  ragazzo molto probabilmente sarebbe scomparso per sempre.
Fu così che a malincuore, non trovando altra soluzione mirò e sparò un colpo ad altezza ‘uomo’, colpendo una catasta di bancali di legno nel medesimo istante in cui Ben gli passò accanto. Alcune schegge colpirono al viso il ragazzo costringendolo a fermarsi di colpo.
Gli spari riecheggiarono nell’aria giungendo alle orecchie del poliziotto che alcuni minuti prima era entrato nella toilette dell’area di servizio.
Ben alzò le mani in segno di resa, pensò che ormai era finita, stavolta niente e nessuno lo avrebbe più salvato. Lentamente si girò e i suoi occhi incrociarono di nuovo quelli di Semir.
Semir ebbe un tuffo al cuore, gli sembrava che il ragazzo stesse in piedi per puro miracolo, aveva il respiro affannoso, lo vedeva provato, sembrava che stesse tremando, in fondo cominciava a fare freddo e Ben era vestito solo con una tuta da ginnastica, ma quel che contava di più in quel momento era che finalmente lo aveva lì davanti a lui.

Purtroppo quello che uscì dalla bocca di Ben per Semir fu pari ad una stilettata al cuore.
“Se come i suoi colleghi vuole uccidermi lo faccia pure, almeno troverò un po’ di pace. Mi spari, facciamola finita, sono stanco di scappare, le chiedo solo di avere pietà…di fare in fretta”
La frase sembrò una supplica alle orecchie di Semir e quel ‘facciamola finita’ suonò come un macabro déjà-vu.
“Ben non ti voglio…” gli rispose scrollando la testa, ma il resto gli morì in gola; chissà quante ne aveva passate, quanto dolore per supplicarlo in quel modo, si chiese cosa gli avevano fatto in carcere per desiderare la morte.
Una morte veloce e possibilmente indolore.
Prepotente gli venne in mente il ricordo di quella volta che nel bosco vicino all’autostrada Semir gli aveva puntato una pistola contro. Anche allora Ben era evaso da una prigione in cui lui stesso lo aveva mandato pensando fosse una spia.
“Allora se non è sua intenzione uccidermi mi lasci andare…” supplicò ancora Ben.
“No, non ti lascerò andare, non adesso che ti ho trovato” replicò Semir.
“Se lo può scordare, non verrò con lei, se è quello che vuole” fu la secca risposta del ragazzo.
Semir era disperato, non sapeva come convincerlo a fidarsi di lui, e ancora più male gli fece quel ‘lei’, il piccolo turco si rese conto che in quel momento per Ben era un perfetto estraneo. Oltretutto se avesse abbassato la pistola il ragazzo sarebbe fuggito di nuovo, quindi non ripose l’arma tenendola sempre puntata verso Ben che stava a una decina di metri da lui sempre con le mani alzate.
“Ben…” farfugliò Semir non sapendo bene cosa dirgli.
“Perché mi chiama così…io non la conosco…non mi ricordo di lei” gli urlò contro con voce rabbiosa.
“Il tuo nome è Ben Jager, sei un poliziotto, non sei Felix Winterberg, sei il mio socio, il mio partner, il mio migliore amico da più di sei anni…” replicò deciso Semir.
“Mi spiace, ma non ho nessun ricordo di lei e ora come ora non posso permettermi di fidarmi di nessuno. Mi sono fidato di un suo collega sicuramente lo stesso che mi ha sparato alle spalle facendomi finire nel lago…nemmeno il mio cadavere volete che trovino…mi chiedo cosa ho fatto per meritare questo…” gli occhi di Ben divennero lucidi e per Semir fu un altro colpo al cuore.
“Non hai fatto niente di male, Ben questo te lo posso assicurare. E’ per questo che ti sto cercando da giorni, voglio che tu smetta di scappare…ti hanno fatto credere di essere un’altra persona” cercò di convincerlo Semir  “E chi ti ha sparato…non è un mio collega. Tu sei il mio collega”
“Colleghi??? Cosa ne sa lei??? Felix Winterberg era il collega di Joachim Heineken …e lo ha ucciso senza pietà” rimbeccò Ben, con tono che rasentava la disperazione, ma fu interrotto da Semir, che ancora una volta cercava di farlo ragionare, di farlo convinto.
“Ben lo so cosa ti è successo, prima che evadessi dal carcere, dopo…conosco la storia, ma ora devi fidarti…” ma anche lui fu interrotto da Ben.
“Fidarmi? Lei mi parla di fiducia? L’ultima volta che mi sono fidato di un poliziotto sono quasi morto! E poi chi mi assicura che lei non stia trovando una scusa per portarmi chissà dove per uccidermi…senza testimoni…qui siamo in un luogo pubblico…”
“Ben ti prego…” Semir non sapeva più cosa fare o dire, ma ciononostante teneva sempre la pistola dritta davanti a lui.
“Sa una cosa?” proseguì il ragazzo “Un vecchio mi ha salvato la vita, suo figlio è morto, ucciso da un poliziotto che potrei essere io” ora Ben aveva le lacrime agli occhi.
“Ben posso capire che sei confuso, disperato, arrabbiato, ma ti prego…” ma fu interrotto nuovamente da Ben.
“Confuso, arrabbiato? Maledizione tutti mi vogliono morto, non posso permettermi di fidarmi di nessuno, perché …perché nemmeno so perché mi vogliono morto e soprattutto chi mi vuole morto”

Semir non sapeva davvero più cosa fare.
Triste pensò che una volta Ben gli aveva confidato che lui era l’unica persona di cui si fidava ciecamente, purtroppo ‘quel Ben’ non c’era più, l’amnesia lo aveva spazzato via.
“Senti facciamo così” propose Semir “Io abbasso la pistola, ti faccio vedere delle foto, sono io con te…la mia famiglia…ne ho una in cui ci sei tu con Livyana”
“Chi è Livyana?” chiese Ben non sapendo neanche il motivo per cui voleva saperlo.
Semir tentò il tutto per tutto.
“Livyana è tua figlia, è disperata, piange sempre…ti riporto da lei…dai vieni con me”
Ben ebbe un tuffo al cuore, l’unica cosa che ricordava del suo passato era l’allegra risata di una bambina.
Semir lentamente ripose la pistola nella fondina inserendo la sicura, notando come cambiò l’espressione di Ben dopo che gli aveva detto di Livyana.
Il giovane ispettore lentamente abbassò le mani.
“Avvicinati, adesso ti faccio vedere le foto” propose ancora Semir.
Il ragazzo con enorme cautela si avvicinò, Semir estrasse lentamente il portafoglio prendendo una foto, la stava per consegnare a Ben quando questi lo prese alla sprovvista.
Come un fulmine gli sfilò la pistola dalla fondina fece qualche passo indietro e togliendole la sicura la puntò contro Semir.
In quei gesti il piccolo ispettore vide il ‘vecchio’ Ben, un poliziotto attento, scaltro e soprattutto veloce.

“Ben…non fare stupidaggini” disse Semir senza nemmeno alzare le mani.
“Non ho intenzione di spararle, a meno che non ne sia costretto, quindi giri i tacchi e se ne vada…” la voce di Ben era dura, decisa come pure lo sguardo.
“Dovrai spararmi, perché non me ne andrò…” altrettanto decisa e dura fu la risposta di Semir.
Ben aveva il dito sul grilletto, guardava dritto negli occhi quello che era da anni il suo migliore amico.
Semir tentò di fare un passo verso il ragazzo, muovendosi lentamente, con molta cautela.
“Ben ascoltami…” cominciò a parlare tendendo la mano come per farsi restituire l’arma.
Il ragazzo non gli lasciò il tempo di finire la frase, premendo il grilletto.

Il proiettile si piantò nel terreno a pochi centimetri dai piedi di Semir che nemmeno si scompose.
“Un altro passo e giuro che le sparo di nuovo, come vede non ho niente da perdere. La prossima volta non mirerò ai piedi”
In quei concitati istanti nella mente di Semir risuonarono le parole dette da Kim alcune ore prima:
“Jager è fuori controllo, chi le assicura che la prossima volta non si comporti in maniera diversa…cerchi di essere obiettivo Jager potrebbe essere pericoloso per chiunque, anche per lei…Jager che le piaccia o no non sa nemmeno chi è lui, figuriamoci se può riconoscere lei…”
“No” le rispose mentalmente Semir “In qualche remoto angolo della testa, del suo cuore Ben sa chi sono io, sa cosa è lui per me e io per lui. L’amnesia ha spazzato via i suoi ricordi, ma il Ben che conosco…c’è ancora…Ben non mi farà del male”
Incurante del pericolo il piccolo ispettore fece un altro passo verso Ben.
“Ben…” fu l’ultima parola di Semir.
Poi nell’aria riecheggiò uno altro colpo di pistola.

Angolino musicale: Dunque tanto per cambiare finisco un capitolo con il ‘mio classico’ colpo di pistola (paragonarlo alle ‘stelle’ di Dante sarebbe un azzardo e il Sommo Poeta giustamente verrebbe a tirarmi le gambe, ma concedetemi questa similitudine…). Ora: Grimilde con l’aiuto di Ben ha fatto fuori Semir? Un altro colpo ai piedi del turchino? Nessuna delle due ipotesi? Allora che è successo? Tutto e molto ancora nel prossimo capitolo…
Alex Band ‘Last Goodbye’ (ultimo addio).
Per ascoltarla:  https://www.youtube.com/watch?v=F-Sc1Y4Mj3Y
Volto pagina La mia storia finisce Dico addio a tutti i miei amici So che sta diventando tardi Ora la luce è sul mio volto Ho girato gli orologi di nuovo indietro E chiesto perdono per i miei peccati Perché’ non so dove andrò Bene, questo è tutto quello che so veramente…Ho le cicatrici che lo provano Bene so che la strada è lunga Ma sarò forte Non piangere Perché’ questo non è il mio ultimo addio Sto scoprendo il modo più difficile di fare le cose S’impara prima di perdere la grazia di Dio Possiamo crescere nelle ombre Noi siamo i semi che seminiamo Attraverso ogni singola ora che si spegne Dalla sabbia alla pietra, dalla roccia all’argilla Questa sinfonia è dolce e amara Godi del dono che hanno donato a te e a me

 
  
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