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Autore: Knitting    05/01/2017    3 recensioni
Mentre stringeva il suo quinto oro consecutivo, Victor aveva capito una cosa: non vi sarebbe stato un altro come lui. Qualcuno altrettanto aggraziato, così pulito e sobrio nell'esecuzione. Sapeva di essere il pupillo provetto, la più grande soddisfazione tecnica di un coach.
Forse per alcuni la sua consapevolezza era una mancanza di modestia, ma con tali traguardi alle spalle gli sembrava da idioti far finta di non rendersene conto. E Victor capiva bene di essere il migliore.
Ma non gli importava.
Che cosa c'è davvero nella mente di Victor? Forse la leggenda vivente quale è ha molti più dubbi, insicurezze di quante ne mostri. Forse i suoi pensieri, che pare custodire gelosamente, sono molto più confusi e infelici di quanto ci si aspetterebbe. Poche parole per cercare di comprendere la personalità del russo attraverso alcuni momenti della storia, vissuti dal suo punto di vista.
(Il Rating potrebbe crescere)
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Victuuri Nessuno danzava come Victor Nikiforov e tutti i cronisti erano concordi che non vi sarebbe mai stato qualcuno in grado di superarlo. Viktor era la perfezione, aveva uno stile impeccabile e una precisione nei movimenti impareggiabile.
Un altro salto perfetto! Esultò uno dei cronisti. In fin dei conti cosa potevamo aspettarci da un campione come lui? La sua eccellenza non dovrebbe sorprenderci più ormai.

E in effetti era vero.
Mentre stringeva il suo quinto oro consecutivo, Victor aveva capito una cosa: non vi sarebbe stato un altro come lui. Qualcuno altrettanto aggraziato, così pulito e sobrio nell'esecuzione. Sapeva di essere il pupillo provetto, la più grande soddisfazione tecnica di un coach.
Forse per alcuni la sua consapevolezza era una mancanza di modestia, ma con tali traguardi alle spalle gli sembrava da idioti far finta di non rendersene conto. E Victor capiva bene di essere il migliore.
Ma non gli importava.
Dopo essere salito sul podio, sul gradino più alto, aveva capito un'altra cosa, ovvero che vincere aveva smesso di essere la sua ambizione più grande, la sua soddisfazione primaria. Quando si era riflesso in quel metallo giallo, solo un oro. si era sentito vacillare.
Si era riconosciuto in quell'immagine, aveva osservato il suo volto impassibile, indugiando nel suo stesso sguardo trovandolo solo vuoto. Ne triste, ne disperato, semplicemente piatto.
L'inappuntabile Victor, l'ineccepibile.
Aveva lavorato sodo per essere al primo posto, per non lasciar trapelare il minimo errore, per nascondere qualsiasi gesto fuori posto. Perfezione e sorpresa, quella era la sua combinazione vincente.
La sorpresa incantava, abbagliava lasciando storditi per poi svanire com'era venuta, rimanendo giusto il tempo di un'esecuzione sui ghiacci. E la perfezione? Era un incanto per gli occhi, il sogno di ogni esteta e la gioia di un critico. Ma cos'era in confronto al tumulto di un cuore? Victor non lo sapeva più.
Osservava spesso gli altri pattinatori, i più giovani e si, persino i più goffi. Si sentiva più empatico con loro, con i loro errori, le loro cadute, coinvolto dalle loro storie che dalla sua stessa esecuzione. Provava più emozioni per loro che non erano arrivati al podio che per sé.
Lo sognava ancora il podio?
Si sentiva irrequieto dalla sua ultima vittoria, guardava i suoi successi e invece di trovarvi sicurezza si sentiva solo più confuso. Che cosa voleva davvero? Forse vincere non gli bastava più.
Sii il mio coach, Victor!
Un'esebizione ricordava in particolar modo. Il piccolo giapponese aveva passato la maggior parte del tempo per terra, eppure non era riuscito a smettere di guardarlo. Lo aveva osservato da in cima gli spalti e ad ogni caduta aveva dovuto reprimere l'istinto di alzarsi in piedi, incitarlo al pari di un tifoso di una partita di calcio.
Anche fuori dall'anello di ghiaccio lo aveva trovato goffo e timido, non il genere di avversario con cui era abituato a confrontarsi e nemmeno il genere di persona che solitamente prediligeva. Eppure anche in occasione del Galà non era riuscito a non gettargli qualche occhiata furtiva.
Per favore, sii il mio coach Victor!
Aveva strillato, completamente inconsapevole di sé e di ciò che faceva. Non c'era niente di aggraziato o fine in lui, era solo buffo e molto, molto ubriaco. Un rosso vivo gli tingeva le gote, i movimenti rallentati e un pò impacciati, nessun imbarazzo. Lo aveva abbracciato con slancio e Victor, invece di ridergli in faccia o allontanarlo, era rimasto a guardarlo e aveva sentito un pungolo di calore nel petto.
Forse per il caldo o per l'euforia si era sentito arrossire.
Devi essere impeccabile Vitya, solo così diverrai intoccabile per la critica. Gli aveva detto tanti anni prima il suo allenatore.
Impeccabile, intoccabile, lontano, freddo. Priva d'emozioni. Vuoto.
Non fu in grado di associare nessuno di questi aggettivi all'imbranato Yuri mentre si esibiva nel pezzo che aveva regalato a Victor l'ennesimo oro, l'ennesima vittoria all'ultimo Gran Prix. Il giovane pattinatore era l'imprecisione fatta a persona, si muoveva in un modo non comparabile allo stile di un atleta di prima categoria.
Ma a Viktor, di nuovo, non importò. Nell'osservarlo lo trovò diverso dall'immagine di sé che vedeva sugli schermi. Tuttavia non riuscì a sentirsi superiore, al contrario si sentì manchevole come non gli succedeva da tempo. Gli parve di tornare il bambino che guardava con frustrazione i più grandi, smanioso di salire al loro stesso livello e dimostrare quanto poteva valere, ansioso di sorprendere tutti.
Durante i minuti del video che scorrevano il cuore di Victor aumentò di qualche battito, lo sentì distintamente. Si trovò sconcertato nell'emozionarsi, nello scoprire che il suo pezzo, quello su cui aveva lavorato così a lungo, sembrava essere sentito più da qualcun altro. Pareva appartenere più al timido pattinatore, una persona che nemmeno conosceva ma lo aveva incuriosito, piuttosto che a lui stesso.
Emozioni, sentimenti. Persino il più cauto, lieve o triste sentimento surclassava la pefezione di Victor, non agli occhi del mondo, ma di sicuro ai propri.
Qualcosa non andava, si era spostato e non riusciva più a rimetterlo apposto.
Ripensò al se stesso di tanto tempo prima, alla sua esperienza, alle sue medaglie eppure non riuscì a sentirsi soddisfatto, dopo quel video più che mai.
Sei uno siocco, è solo un ragazzo. Non c'è dubbio che ti abbia sorpreso, ma niente di più.
Se lo ripetè più volte quella notte.
Cinque ori erano parecchi ed era consapevole di non desiderarne altri. Non ne valeva più la pena, non sentiva più lo stimolo, un vero amore che lo spingesse a gareggiare ancora. Le sue ambizioni, la sua passione si erano affievolite da tempo ormai, notò con un certo orrore.
Sei così freddo.
Il ragazzo giapponese non era freddo per niente. Era sbadato e maldestro, sicuramente la pista di pattinaggio aveva ancora il segno del suo sedere a terra. Era impreciso, insicuro, ogni passo era titubante e lo sguardo era basso.
No, non era freddo. Nel guardarlo Victor non aveva sentito lo spietato sensso della competizione. Aveva provato tenerezza, interesse, curiosità e sì, lo aveva anche trovato esteticamente e profondamente bello, nonstante tutto.
Tecnicamente sarebbe potuto migliorare. Una volta raggiunto un buon livello l'esebizione del ragazzino sarebbe stata da togliereil fiato.
Se solo avesse aggiustato un paio di cose...bé forse un pò di più.
Però il risultato di certo ne sarebbe valso la pena, già riusciva a vederlo. Il battito riaccellerò di nuovo, più forte e deciso. Nella sua mente si disegnarono una serie di coreografie per quel corpo molto più esile del suo.
Che cosa diamine stai pensando?
Si era accorto solo allora di essersi alzato dal letto e di star vagando per la sua stanza. Per l'ennesima volta da alcuni giorni si chiese che ci faceva lì, in una città con cui aveva perso ogni legame, sbiaditi ricordi, una passione affievolita, la confusione che continuava a montare inesorabile.
Aveva dato il massimo tutta la vita, non avrebbe gettato tutto al vento proprio allora. Qualcosa doveva cambiare.
Sii il mio coach, Viktor!
Che cosa doveva fare per trovare un pò di pace?

-.-.-.-.-

Qual'è il vero probelma Victor? Forse sei diventato troppo vecchio.
Era vecchio in effetti per la sua categoria, il più anziano ma ancora il migliore. Era questo a fermarlo? Perché diavolo si faceva tutte quelle tiritere mentali?
Sei il migliore eppure sei qui, in un paesino sperduto, un'isoletta grabde un decimo della Russia, a cercare nemmeno tu sai cosa.
Era atterrato ad Hasetsu da meno di un'ora  e già si sentiva su un'altalena. Da una parte si ricordava perché era lì, nel giro di pochi attimi tornava fiducioso e certo, sentiva la passione scorrergli dentro, dirompente. Percepiva l'entusiasmo che lo aveva spinto a partire, il brivido dell'impulsività e com'era riuscito a sorprendere se stesso, di nuovo per davvero.
Nel giro di altrettanto poco tempo si chiedeva cosa gli fosse preso, quale mattone e quanto pesante lo avesse colpito in testa per fare tutta quella strada, per un ragazzino sconfortato ed intimorito, dominato dalle ansie. Un bambino in un certi senso, probabilmente nascosto da qualche parte a fingere di non esistere.
Maccachin intanto dava i primi segni d'impazienza. Si aggrappava ai suoi stinchi con tenacia, scodinzolando a più non posso, facendo penzolare la lingua gioioso. Voleva fare una corso o una bella passeggiata per quel nuovo paese ma Victor era ancora dubbioso.
Gli grattò distrattamente la parte dietro le orecchie mentre ancora pensavae ripensava.
Non era da lui.
Se al mondo esisteva qualcuno di deciso, bé quello era Victor. Ne da bambino, ne da ragazzo, ricordava di aver  mai tentennato o di aver fatto trasparire dubbi, insicurezze, timori per se stesso e per il futuro.
Forse era l'età che pian piano lo stava escludendo dal giro, gli anni che cominciavano davvero a pesare e lo stavano allontanando dal suo mondo. Forse aveva solo paura, paura di una vita diversa e distante dai pattini, una vita che si sarebbe rivelata fredda e vuota.
Victor aveva lottato fin da subito per il suo posto nel mondo. Il pattinaggio era l'unica cosa su cui potesse contare, su cui concentrarsi e dove sentirsi se stesso. Una volta ottenuta la sua più che spaziosa nicchia aveva fatto di tutto per mantenerla, sentendosi protetto in essa. Non era riuscito ad accettare con lo scorrere del tempo, che era giunto il momento di voltare pagina,di dare un nuovo aspetto allo spazio che si era ritagliato nell'esistenza.
Sbuffò sonoramente perché nemmeno deprimersi era da lui. Tutta quella confusione, che non era mai stata parte del suo carattere, lo stava sfiancando.
Chiuse gli occhi mentre Maccachin tirava il guinzaglio ansioso di esplorare.
Sii il mio coach, Victor!
Quelle parole rimbombarono potenti nella sua mente, una serie d'immagini si susseguirono dietro le sue palpebre serrate.
Vide due occhi grandi e castani, caldi e luminosi durante le esibizioni. Un corpo longilineo ed insicuro, intimidito dagli sguardi eppure flessuoso ed elegante. Sovrappose quell'immagine a quella del ragazzo imbranato ma sensuale del banchetto.
Gli venne da sorridere.
In fine i ricordi del video, la canzone che lui stesso  aveva danzato, la musica che sembrava plasmare e allo stesso tempo fluire dal piccolo giapponese, i battiti del cuore che aumentavano irrazionali.
Inspirò a fondo e riaprì i propri occhi al mondo.
Si, posso farlo.

-.-.-.-.-

L'effetto sorpresa era il biglietto da visita di Victor, così anche quella volta decise di usarlo a suo favore. Si presentò alla porta della famiglia di Yuri, non diede nemmeno  il proprio nome ai proprietari, nonché genitori del suo nuovo pupillo, e sorrise caloroso chiedendo di provare le famose terme.
Loro non parvero fare una piega, non lo riconobbero, notò solo un vago rossore in una ragazza lì accanto. Non si stupì più di tanto, era abituato a fare un certo effetto che non era mai riuscito a contaggiarlo intimamente.
Osservò la signora Katsuki riservargli uno sguardo gentile e aperto, non troppo interessata al suo nominativo che gli avrebbe chiesto in seguti, probabilmente per non irritarlo al momento.
Quello sguardo mite parve accendersi nel posarsi su Maccachin. Non era la reazione che si sarebbe aspettato, di solito i proprietari di ristoranti o negozi storgevano un pò il naso alla vista del battuffoloso ed esuberante barboncino, pensando a cosa avrebbe potuto combinare con quegli occhioni curiosi e la coda che si muoveva frenetica.
"Lo posso accarezzare?" Chiese lei, la timidezza verso lo straniero sovrastata dall'entusiasmo per il cane.
Vcktor sorrise di nuovo cordiale, un pò sorpreso, gli occhi addolciti verso chiunque avesse simpatia  per il suo piccolo Maccachin. "Certo!"
La signora Katsuki arrossì di gioia e prese ad accarezzare il barboncino un pò troppo cresciuto. Lei era poco più alta dell'animale, sembrava una bambina in confronto alla stazza di Victor. Quest'ultimo pensò distrattamente che la signora sarebbe potuta salire in groppa a Maccachin , tanto era piccola.
Nell'osservare lo sguardo emozionato e gli occhi caldi e castani della signora a Victor venne in mente Yuri. La stessa dolcezza nello sguardo, forse meno timido ma riservato, le curve tenere del volto.
"Sa, mio figlio aveva un cane uguale." Disse la donna, cercando di fare della conversazione senza però forzarlo.
"Ah si? E come si chiamava?" Continuò allora lui accomodante, non volendo troncare il tentativo della donna di essere amichevole e sinceramente curioso di sapere qualcosa su Yuri.
"Vicchan."
A Victor scappò un a piccola risata.
Vicchan, eh? Quel ragazzo non smetteva ne di stupirlo ne di divertirlo.
La signora non sembrò risentita da quella reazione, anzi rise breve e piano anche leei, tutta contebta perché il cane gli  stava trottando intorno felice.
"Immagino lui non possa entrare." Constatò Victor indicando Maccachin. "Ma sono sicuro sarà in buona compagnia qui con lei."
Lei annuì non lasciando mai il sorriso caloroso che gli aveva visto fin dal primo momento.

-.-.-.-.-

Percepì una certa confusione e l'abbaiare di Maccachin provenire dal corridoio, i suoni ovattati dai  vapori e dai sensi  intorpiditi dall'acqua calda. Non era certo quanto tempo fosse passato ma ad un certo punto aveva cominciato a rilassarsi, i dubbi sostituiti dall'ansia e la curiosità di vedere Yuri.
Si era messo tranquillo, assaporando quegli attimi di calma, creandosi un discorso da fare al ragazzo una volta incontrato. Nessuno aveva saputo dirgli consicurezza dove fosse, così si era arreso al tepore delle terme.
E se Yuri non lo avesse voluto?
La parte arrogante di se lo trovò impossibile, la parte più insicura, nata negli ultimi tempi, invece gli provocò una fitta allo stomaco, un senso di abbandono che non provava da molto.
Hai fatto male i tuoi conti, Victor, sei finito. Sei vecchio, il tuo astro si sta spegnendo...Ah, già, si era dimenticato della parte depressa di sé, gentile regalo dei dubbi dell'ultimo periodo. Riemergeva di solito a braccietto con l'ansia per il futuro.
Non importava come il mondo vedesse Victor, la leggenda vivente quale era, non importava più. Lo sguardo dell'uomo su se stesso era irrimediabilmente combiato ed era l'unica immagine di sé, quella attraverso i suoi stessi occhi, che riusciva ad interpretare come vera e reale.
La porta a scorrimento si aprì, la luce inondò con più forza la stanza.
Un giovane si catapultò dentro, i capelli spettinati e gli occhiali appannati. Era senza dubbio fuori forma tuttavia Victor non se ne curò.
Era troppo preso dall'emozione irrazionale che gli assordava le orecchie e lo spinse ad alzarsi di scatto. Dispiegò il braccio verso lo sconvolto ragazzino davanti a sè.
"Yuri!A partire da oggi sarò il tuo allenatore! E ti farò vincere le finali del Gran Prix!"
E proprio quando credeva che il più piccolo sarebbe svenuto, afono di parole, questi tirò un urlo di sorpresa, sorprendendo ancora Victor con quella semplice reazione.
Si comincia!
E un piccolo pezzo dell'animo di Victor andò apposto.


 
  
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