Ipersonaggi sono della scrittrice Jk Rowling.la storia riprende anche
la canzone del film di Sweeney Tood,con
Jhonny Deep,Alan Richman and Helena Bohuman Charter.
Era Notte. Pioveva. Il cielo
era coperto di nuvole e la luna ogni tanto faceva capolino tra
di esse,il vento tirava glaciale e tagliente. Con un nuvolo di fumo nero
una figura, si materializzò in un viale ghiaioso, fangoso e soprattutto
deserto. La figura che era alta e massiccia, iniziò a
camminare velocemente. Indossava un lungo soprabito nero e logoro, con
il cappuccio che gli copriva il volto. Dopo qualche metro si posizionò
davanti a un cancello in ferro battuto e vi appoggiò una mano su un’anta chiusa.
Sospirò forte e dell’aria condensata usci dalla sua bocca. Sospinse il cancello
e percorse il vialetto;era di un castello,che
apparentemente, era disabitato da anni. L’uomo arrivò davanti alla porta e
bussò con forza. Dopo nemmeno mezzo secondo, la porta si aprì lentamente e
l’incappucciato, tutto bagnato, entrò dentro.
“che onore riaverla qui padrone” disse un
sommesso elfo domestico inchinandosi fino a fare toccare a terra il naso
appuntito e le enormi orecchie da pipistrello. Con un “crak”
un secondo elfo si smaterializzò e strabuzzando gli enormi occhi a palla disse:
“finalmente,signor Lestrange…è
tornato…abbiamo lasciato tutto com’era, ci siamo presi cura della casa
nonostante la sua assenza…” Rodh ghignò e si tolse il
mantello nero gettandolo letteralmente sopra le due creature che non degnò
nemmeno di uno sguardo: troppo occupato ad ammirare casa sua.
Con passo lento, si incamminò, passando per il lungo corridoio con un altrettanto
lungo tappeto rosso sopra la pavimentazione di marmo nero, per arrivare nel
salotto dove un enorme camino acceso l’attendeva. Sospirò ancora. Si avvicinò
al centro della stanza dove un tavolino basso ospitava il suo Wisky incendiario con tre bicchierini di cristallo *troppo piccolo* pensò, e fece apparire un bicchiere due volte più grande di quello che c’era sul
tavolo. Lo riempi fino all’orlo del prezioso liquido ambrato e poi bevve tutto d’un fiato. *ahh..era ora…* si disse. Poi si voltò ad osservare la lugubre casa
disabitata,se non dagli elfi, da ben 15 anni. Gli antenati
lo guardavano dai quadri senza proferire parola, nemmeno lo riconoscevano:mal vestito, denutrito, il volto bianco come uno scheletro,con profonde
occhiaie, conferivano a Rodolphus Lestrange,
un’aria funerea esasperata.
Si avvicinò al camino e
guardò le foto che c’erano sopra il ripiano in legno,
una di queste era doppia:da una parte vi erano due bambini,lui e Rabastan, con i capelli neri come la pece,che salutavano
felici. Il più grande dei due, dopo avere salutato, tirava i ricci del più
piccino che poi piangeva. Nell’altra parte c’erano i due bambini visibilmente
cresciuti. Erano l’uno accanto all’altro, i capelli scuri entrambi: Rodh lisci e corti, con un accenno di barba, che conferiva
fierezza al suo volto arricchito dai suoi due occhi
neri e profondi. Rabastan,più
alto del fratello, con capelli ricci poco più lunghi di quelli del maggiore,
ghignava accanto a Rodh, mostrando vestito con la
divisa sa quidditch il suo distintivo da capitano. Lo
sguardo nero, e accentuato da due profonde occhiaie, di Rodolphus,
si posò su un’altra cornice. Su questa c’erano lui e Bellatrix il giorno del matrimonio. Bella non rideva, come al solito, ma aveva lo sguardo felice, seppur concatenato in
un’aria sontuosa e superba. Lui, semplicemente la guardava estasiato. La prese in mano, poi alzando lo sguardo, notò un’altra
fotografia. Non c’erano loro, inoltre,si evinceva
dalla cornice, era più recente delle altre. *c’e lo zampino di Narcissa qui…*si trovò
a pensare. Sulla foto c’era lei infatti, seduta su una
sedia, sempre bella come l’aveva lasciata, ma con quindici anni in più. Dietro
di lei con le mani affusolate, poggiate sulle spalle di Cissa,
c’era una ragazzina. Sembrava Narcissa all’età di 13
anni. E poi ricollegò: 13 anni fa in cella, si
vociferava, che quel traditore di Lucius, avesse
avuto un altro figlio. *dunque è vero, ed
è anche una femmina..thz…* , scosse la testa a mò
di no,rimettendo a posto la foto sua e di Bella.
Con andamento lento,poi, si dileguò al piano superiore. Camminando, si diresse
in un’ala remota del castello e sterzando veloce sulla destra, apri una porta
sparendo dietro di essa. Il volto ceruleo di Rodh, finalmente sembrava soddisfatto. Sospirò
pesantemente. La stanza che gli si era parata davanti era l’unica che non era
stata pulita durante la sua lunga prigionia, era tutto impolverato, sembrava
come se vi fosse una pesante brina mattutina tutt’intorno.
Quello era il suo mondo. Li c’era il suo scrittoio e la sua sedia, con lunghi
braccioli terminanti con un leone a fauci spalancate intarsiato e con,ormai,
vecchie copie della Gazzetta del Profeta, una comoda poltrona in pelle nera e
un tavolinetto tre piede circolare, ove c’erano
quattro bicchierini a calice di colore diverso e una bottiglia
vecchia,impolverata e semivuota, di Fire Wisky con accanto una radio. Si avvicinò poi all’enorme
finestra sul lato destro della stanza, tirò le lunghe tende impolverate e,
attraverso il vetro unticcio, notò che non pioveva più e che c’erano solo le
nuvole nere che l’avevano accompagnato da quando era
fuggito. Si voltò: . *tutto come avevo lasciato* considerò. Ma la sua attenzione
fu attratta dall’armadio in fondo alla stanza. Rodh
sorrise perversamente e uno stano bagliore si insinuò
nei suoi occhi. Camminava lentamente lasciando definite
impronte su pavimento polveroso. Aprì contemporaneamente le due ante pesanti in
legno.
Su un ripiano c’era una
scatola d’argento di medie dimensioni, con intarsiati preziose ametiste. Con
estrema cautela,il mangiamorte,
la prese e passando il pollice sul coperchio, scopri l’incisione dorata del suo
nome: Rodolphus Lestrange.
Con mani tremanti e sguardo
esaltato l’apri. *eccoti amica mia…*
pensò felice quasi come un bambino. Accarezzò la cosa all’interno della scatola
incantato, si voltò e poggio la scatola sullo scrittoio;con
cura maniacale, poi, estrasse dallo scrigno la sua maschera da mangiamorte… “è argento cesellato signore…” …la voce
tremante del fabbro che gli costruì la maschera anni addietro, gli riecheggiò
nella testa. “si, argento cesellato…”ripetè in un
sussurro Rodolphus,guardandola
luccicare sotto la luce della luna, apparsa proprio in quell’
istante tra le tenebre,diffondendo nella stanza un bagliore di luce perlaceo.
Rodh aveva la maschera tra le mani e la rigirava tra esse…
*meravigliosa…finalmente..*
These
are my friend, see how it glisten,
see this one shine,
how he smiles in the
light
my friend , my
faithful friend…
Speak
to me friend whisper,
I’ll listen, I know, I know you’ve been locked
out of sight all these years
Like
me, my friend,
But
I’m come home ,to find you waiting
Home, and we’re together!
And
we’ll do wonders…won’t we?...
(questa è la mia amica, guardate come
luccica,
guardate quanto brilla come
sorride alla luce.
Amica mia, mia fedele amica.
Parlami,amica, sussurra, io ascolterò.
Lo so,lo so, ti hanno rinchiuso, nascosto alla
vista per tanti anni come me amica mia
Ma ora sono tornato a casa e ti ho trovato ad aspettarmi
A casa! Ora siamo insieme e faremo meraviglie…non è vero?...)
Appoggiò delicatamente la
maschera sullo scrittoio e tornò all’armadio,dove
protetto da un incanto antiusura, c’era il suo splendente mantello nero come la
notte. Lo prese fuori, lo guardò e passò una mano delicatamente,come se stesse accarezzando un bambino,sulla manica. Lo
guardò portandoselo davanti, lo teneva per le spalle in modo che non
strisciasse sul pavimento impolverato, se lo avvicinò al petto e l’annusò
forte: l’odore di sangue e bruciato ancora si sentiva…
You
there my friend come let me hold you,
now with sigh, you
grow warm in my hand,
my friend, my clever friend…
(tu , amico mio, vieni lascia che ti
stringa,
ora con un sospiro sento il tuo
calore
amico mio,mio sapiente amico..)
Era come se fosse in trance. Poi si ridestò e, con un prillo, lo rimise
nell’armadio. Andò allo scrittoio e rimise a posto con cura la maschera nella
scatola. Tornò con essa all’armadio e la ripose piano
sullo scaffale più in alto.
Rest
now my friends, soon I’ll unfold you, soon you know.
Splendors you never have dreamed, all your
days,
My
lucky friends, still now your shine, was merely silver…
Friends...
(Ora riposate amici miei, presto vi
farò uscire di qui
Presto conoscerete splendori mai sognati in tutta la vita,
miei fortunati amici,Fino ad ora il
vostro luccicare,è stato solamente argento, amici…)
Poi tastò in fondo all’armadio, sul ripiano in
mezzo, tra le varie scartoffie e, con un ghigno malvagio, tirò fuori con
lentezza, una scatola di legno lunga quasi 20cm. L’aprì e sospirando portò la sua bacchetta all’altezza degli occhi bramosi: *la mia bacchetta…* pensò estasiato.
You shall drip rubies, you’ll soon drip precious rubies…
(Gronderai
rubini,presto gronderete preziosi rubini…)
Giocherellò con la bacchetta tra le dita, si
voltò di scatto e si avvicinò all’enorme finestra che dava sull’immenso prato, dalla
quale entrava un tenero bagliore di luce lunare, che andava e veniva tra le
nubi nere, illuminando il viso bianchissimo del mangiamorte.
“FINALMENTE, IL MIO BRACCIO E
DINUOVO COMPLETO!” decretò ad alta voce con la bacchetta puntata in altro verso
il cielo nero; che proprio in quel momento, regalò al Lestrange
un tuono in lontananza, come se anche il cielo fosse contento del suo ritorno.