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Autore: Lady_Cissa_    26/05/2009    4 recensioni
è la prima song-fic che scrivo,siate clementi,ma leggete tutto e commentate. E' su Rodolphus Lestrange,uno dei pg della Rowla poco descritti. Io come anche altri,lo vedo con il volto del mitico Jhonny Deep in "Sweeney Todd". Il tutto è ambientato dopo la fuga di azkaban,con qualche modifica della sotria e della canzone.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era Notte

Ipersonaggi sono della scrittrice Jk Rowling.la storia riprende anche la canzone del film di Sweeney Tood,con Jhonny Deep,Alan Richman and Helena Bohuman Charter.

Era Notte. Pioveva. Il cielo era coperto di nuvole e la luna ogni tanto faceva capolino tra di esse,il vento tirava glaciale e tagliente. Con un nuvolo di fumo nero una figura, si materializzò in un viale ghiaioso, fangoso e soprattutto deserto. La figura che era alta e massiccia, iniziò a camminare velocemente. Indossava un lungo soprabito nero e logoro, con il cappuccio che gli copriva il volto. Dopo qualche metro si posizionò davanti a un cancello in ferro battuto e vi appoggiò una mano su un’anta chiusa. Sospirò forte e dell’aria condensata usci dalla sua bocca. Sospinse il cancello e percorse il vialetto;era di un castello,che apparentemente, era disabitato da anni. L’uomo arrivò davanti alla porta e bussò con forza. Dopo nemmeno mezzo secondo, la porta si aprì lentamente e l’incappucciato, tutto bagnato, entrò dentro. che onore riaverla qui padrone” disse un sommesso elfo domestico inchinandosi fino a fare toccare a terra il naso appuntito e le enormi orecchie da pipistrello. Con un “crak” un secondo elfo si smaterializzò e strabuzzando gli enormi occhi a palla disse: “finalmente,signor Lestrange…è tornato…abbiamo lasciato tutto com’era, ci siamo presi cura della casa nonostante la sua assenza…” Rodh ghignò e si tolse il mantello nero gettandolo letteralmente sopra le due creature che non degnò nemmeno di uno sguardo: troppo occupato ad ammirare casa sua.

Con passo lento, si incamminò, passando per il lungo corridoio con un altrettanto lungo tappeto rosso sopra la pavimentazione di marmo nero, per arrivare nel salotto dove un enorme camino acceso l’attendeva. Sospirò ancora. Si avvicinò al centro della stanza dove un tavolino basso ospitava il suo Wisky incendiario con tre bicchierini di cristallo *troppo piccolo* pensò, e fece apparire un bicchiere due volte più grande di quello che c’era sul tavolo. Lo riempi fino all’orlo del prezioso liquido ambrato e poi bevve tutto d’un fiato. *ahh..era ora…* si disse. Poi si voltò ad osservare la lugubre casa disabitata,se non dagli elfi, da ben 15 anni. Gli antenati lo guardavano dai quadri senza proferire parola, nemmeno lo riconoscevano:mal vestito, denutrito, il volto bianco come uno scheletro,con profonde occhiaie, conferivano a Rodolphus Lestrange, un’aria funerea esasperata.

Si avvicinò al camino e guardò le foto che c’erano sopra il ripiano in legno, una di queste era doppia:da una parte vi erano due bambini,lui e Rabastan, con i capelli neri come la pece,che salutavano felici. Il più grande dei due, dopo avere salutato, tirava i ricci del più piccino che poi piangeva. Nell’altra parte c’erano i due bambini visibilmente cresciuti. Erano l’uno accanto all’altro, i capelli scuri entrambi: Rodh lisci e corti, con un accenno di barba, che conferiva fierezza al suo volto arricchito dai suoi due occhi neri e profondi. Rabastan,più alto del fratello, con capelli ricci poco più lunghi di quelli del maggiore, ghignava accanto a Rodh, mostrando vestito con la divisa sa quidditch il suo distintivo da capitano. Lo sguardo nero, e accentuato da due profonde occhiaie, di Rodolphus, si posò su un’altra cornice. Su questa c’erano lui e Bellatrix il giorno del matrimonio. Bella non rideva, come al solito, ma aveva lo sguardo felice, seppur concatenato in un’aria sontuosa e superba. Lui, semplicemente la guardava estasiato. La prese in mano, poi alzando lo sguardo, notò un’altra fotografia. Non c’erano loro, inoltre,si evinceva dalla cornice, era più recente delle altre. *c’e lo zampino di Narcissa qui…*si trovò a pensare. Sulla foto c’era lei infatti, seduta su una sedia, sempre bella come l’aveva lasciata, ma con quindici anni in più. Dietro di lei con le mani affusolate, poggiate sulle spalle di Cissa, c’era una ragazzina. Sembrava Narcissa all’età di 13 anni. E poi ricollegò: 13 anni fa in cella, si vociferava, che quel traditore di Lucius, avesse avuto un altro figlio. *dunque è vero, ed è anche una femmina..thz…* , scosse la testa a di no,rimettendo a posto la foto sua e di Bella.

Con andamento lento,poi, si dileguò al piano superiore. Camminando, si diresse in un’ala remota del castello e sterzando veloce sulla destra, apri una porta sparendo dietro di essa. Il volto ceruleo di Rodh, finalmente sembrava soddisfatto. Sospirò pesantemente. La stanza che gli si era parata davanti era l’unica che non era stata pulita durante la sua lunga prigionia, era tutto impolverato, sembrava come se vi fosse una pesante brina mattutina tutt’intorno. Quello era il suo mondo. Li c’era il suo scrittoio e la sua sedia, con lunghi braccioli terminanti con un leone a fauci spalancate intarsiato e con,ormai, vecchie copie della Gazzetta del Profeta, una comoda poltrona in pelle nera e un tavolinetto tre piede circolare, ove c’erano quattro bicchierini a calice di colore diverso e una bottiglia vecchia,impolverata e semivuota, di Fire Wisky con accanto una radio. Si avvicinò poi all’enorme finestra sul lato destro della stanza, tirò le lunghe tende impolverate e, attraverso il vetro unticcio, notò che non pioveva più e che c’erano solo le nuvole nere che l’avevano accompagnato da quando era fuggito. Si voltò: . *tutto come avevo lasciato* considerò. Ma la sua attenzione fu attratta dall’armadio in fondo alla stanza. Rodh sorrise perversamente e uno stano bagliore si insinuò nei suoi occhi. Camminava lentamente lasciando definite impronte su pavimento polveroso. Aprì contemporaneamente le due ante pesanti in legno.

Su un ripiano c’era una scatola d’argento di medie dimensioni, con intarsiati preziose ametiste. Con estrema cautela,il mangiamorte, la prese e passando il pollice sul coperchio, scopri l’incisione dorata del suo nome: Rodolphus Lestrange.

Con mani tremanti e sguardo esaltato l’apri. *eccoti amica mia…* pensò felice quasi come un bambino. Accarezzò la cosa all’interno della scatola incantato, si voltò e poggio la scatola sullo scrittoio;con cura maniacale, poi, estrasse dallo scrigno la sua maschera da mangiamorte… “è argento cesellato signore…” …la voce tremante del fabbro che gli costruì la maschera anni addietro, gli riecheggiò nella testa. “si, argento cesellato…”ripetè in un sussurro Rodolphus,guardandola luccicare sotto la luce della luna, apparsa proprio in quell’ istante tra le tenebre,diffondendo nella stanza un bagliore di luce perlaceo.

Rodh aveva la maschera tra le mani e la rigirava tra esse… *meravigliosafinalmente..*

These are my friend, see how it glisten,

see this one shine,

how he smiles in the light

my friend , my faithful friend…

Speak to me friend whisper,

I’ll listen, I know, I know you’ve been locked out of sight all these years

Like me, my friend,

But I’m come home ,to find you waiting

Home, and we’re together!

And we’ll do wonders…won’t we?...

(questa è la mia amica, guardate come luccica,

guardate quanto brilla come sorride alla luce.

Amica mia, mia fedele amica.

Parlami,amica, sussurra, io ascolterò.

Lo so,lo so, ti hanno rinchiuso, nascosto alla vista per tanti anni come me amica mia

Ma ora sono tornato a casa e ti ho trovato ad aspettarmi

A casa! Ora siamo insieme e faremo meraviglie…non è vero?...)

Appoggiò delicatamente la maschera sullo scrittoio e tornò all’armadio,dove protetto da un incanto antiusura, c’era il suo splendente mantello nero come la notte. Lo prese fuori, lo guardò e passò una mano delicatamente,come se stesse accarezzando un bambino,sulla manica. Lo guardò portandoselo davanti, lo teneva per le spalle in modo che non strisciasse sul pavimento impolverato, se lo avvicinò al petto e l’annusò forte: l’odore di sangue e bruciato ancora si sentiva…

You there my friend come let me hold you,

now with sigh, you grow warm in my hand,

my friend, my clever friend…

(tu , amico mio, vieni lascia che ti stringa,

ora con un sospiro sento il tuo calore

amico mio,mio sapiente amico..)

Era come se fosse in trance. Poi si ridestò e, con un prillo, lo rimise nell’armadio. Andò allo scrittoio e rimise a posto con cura la maschera nella scatola. Tornò con essa all’armadio e la ripose piano sullo scaffale più in alto.

Rest now my friends, soon I’ll unfold you, soon you know.

Splendors you never have dreamed, all your days,

My lucky friends, still now your shine, was merely silver…

Friends...

(Ora riposate amici miei, presto vi farò uscire di qui

Presto conoscerete splendori mai sognati in tutta la vita,

miei fortunati amici,Fino ad ora il vostro luccicare,è stato solamente argento, amici…)

Poi tastò in fondo all’armadio, sul ripiano in mezzo, tra le varie scartoffie e, con un ghigno malvagio, tirò fuori con lentezza, una scatola di legno lunga quasi 20cm. L’aprì e sospirando portò la sua bacchetta all’altezza degli occhi bramosi: *la mia bacchetta…* pensò estasiato.

You shall drip rubies, you’ll soon drip precious rubies…

(Gronderai rubini,presto gronderete preziosi rubini…)

Giocherellò con la bacchetta tra le dita, si voltò di scatto e si avvicinò all’enorme finestra che dava sull’immenso prato, dalla quale entrava un tenero bagliore di luce lunare, che andava e veniva tra le nubi nere, illuminando il viso bianchissimo del mangiamorte.

“FINALMENTE, IL MIO BRACCIO E DINUOVO COMPLETO!” decretò ad alta voce con la bacchetta puntata in altro verso il cielo nero; che proprio in quel momento, regalò al Lestrange un tuono in lontananza, come se anche il cielo fosse contento del suo ritorno.

  
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