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Autore: Sole Walker    07/01/2017    1 recensioni
Francesca Evans ha 16 anni e vive a New York quando si ritrova catapultata in una realtà nuova. Il suo mondo viene stravolto in un' età già delicata di per sé... Lei non avrebbe mai potuto immaginare di essere una semidea, non ha nessuno che puó aiutarla e così lo scopre da sola di colpo.
É fuori per ben quattro anni dalla regola dei riconoscimenti promessa alla fine della guerra dei titani dagli dei su richiesta di Percy Jackson... e la cosa suona molto strana e richia di scatenare un grave litigio sull' olimpo che dovrà essere fermato prima che degeneri... ma forse Francesca non é una semidea qualunque...
PS: siate buoni è la mia prima storia... Recensiteee!!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gli Dèi, Mostri, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sbattei le palpebre più volte per mettere a fuoco ciò che c’era attorno a me,il silenzio era totale e la mia mente si stava riprendendo dalla confusione che il vortice aveva creato. Piccole bolle d’aria salivano verso l’altro passandomi tra i capelli e facendomi il solletico al viso, alzai il viso per seguirle con lo sguardo, la luce del sole filtrava sopra di noi. Strinsi la mano a Sole che mi rivolse uno sguardo confuso, i suoi occhi mi scrutavano interrogativi e i suoi capelli mossi dall’acqua sembravano tendere verso la luce. Sollevai lentamente la mano sinistra e gli indicai quella che poteva essere la nostra salvezza, la sua bocca si aprì in un sorriso e insieme nuotammo verso la superficie, improvvisamente le nostre bocche trovarono l'aria fresca e prima che riuscissi a rendermene conto il mondo si era di nuovo capovolto, i nostri corpi vennero trascinati fuori dall’acqua da una forza invisibile, lanciai un grido e atterrammo di pancia contro una superficie morbida.
Tastai con le mani il terreno erboso e mi girai sulla schiena ritrovandomi a guardare il sole splendente sopra di noi, Sole si alzò sistemandosi la maglia, si passò la mano nei capelli per poi tendermela e aiutarmi ad alzarmi.
-Cosa è successo?- gli chiesi massaggiandomi la testa, l’erba aveva attutito il colpo ma probabilmente mi sarebbe spuntato un bel bernoccolo.
-Anima Cogitans- cominciò e lo guardai stupita -Ne ho sentito parlare quando ero al Campo Giove- il suo volto si scurì prima di continuare la spiegazione, avevo sempre la sensazione che non si trovasse completamente a proprio agio con i suoi compagni romani -praticamente è come un viaggio nel tempo, l’unica differenza è che non puoi interferire con gli eventi-  vedendomi ancora perplessa continuò -È la proiezione molto realistica di un pensiero-
-Ahhh, potevi dirlo prima che affogassimo in quella strana acqua asciutta- sbottai guardandolo storto.
-Non so come funzioni, so cosa è. Comunque- disse guardandosi intorno -Dove siamo?-
-Non lo s...- mi interruppi e guardandomi attorno più attentamente continuai -ho già visto questo lago, vieni-
Lo condussi fino in cima ad un pendio e insieme guardammo il Campo Mezzosangue estendersi sotto di noi. Mi venne una stretta al cuore: vedere tutti quei semidei felici passeggiare per il prato ridendo e pensare a quello che stavo passando io lontano da casa mi faceva stare male.
-Andiamo- Sole mi tirò per la mano e scendemmo nel prato avviandoci verso le case sistemate a forma di ferro di cavallo, un gruppo di ragazzi ci passò accanto senza vederci, stavano andando tutti alla mensa per pranzare e le abitazioni dei semidei ormai erano deserte. Mentre il gruppo si allontanava da noi sul prato scendeva il silenzio -Siamo nel passato- dissi interrompendo il filo dei pensieri di Sole.
-Da cosa l'hai capito?- mi chiese guardandomi con curiosità, -È sicuramente prima della guerra con i Titani, Percy non ha ancora stretto il patto. Vedi- indicai gli spazi vuoti dietro di noi -Mancano quelle per i figli di Ade e degli dei minori: Iride, Ipno, Nemesi, Nike, Ebe, Tyche e Ecate- rimanemmo in silenzio per qualche secondo camminando molto lentamente, in attesa che qualcosa spezzasse quella quiete a cui non eravamo più abituati.
-In che anno credi che ci troviamo?- chiesi ad un certo punto.
Sole si guardò intorno e indicò un ritardatario che si affrettava ad uscire dalla casa XI infilandosi la maglietta arancio nei jeans larghi, sul suo viso erano ancora impresse le pieghe del cuscino, molto probabilmente un figlio di Ipno ancora indeterminato -A giudicare dall'abbigliamento siamo negli anni novanta, alla fine per la precisione- lo guardai e scuotendo le spalle spiegò con non curanza -Quel modello di scarpe è uscito nel '95 e sembrava un po' consumato- accennò con la testa al ragazzo che si allontanava dietro di noi.
-Non guardarmi come se fossi un alieno!- protestò per la mia faccia stupita, stavo per rispondere ma lui mi zittì, qualcosa alle mie spalle aveva attirato la sua attenzione, mi voltai e vidi un ragazzo sui diciotto anni con i capelli scuri trascinare dietro alla casa undici una ragazza bionda che protestava animatamente. Senza dire una parola li seguimmo.
***
-Vuoi dirmi che ti succede Claire?- stava dicendo il ragazzo.
Lei incrociò le braccia e con voce aggressiva disse -Non ho nulla! Vuoi smetterla di perseguitarmi?-
Lui sbuffò levando con un movimento della testa una ciocca di capelli neri dagli occhi, lo guardò storta ma il suo sguardo venne ignorato -Sono settimane che sei strana! E Trevor mi ha detto che ieri notte ti ha visto riempire uno zaino con vestiti e cibo- alzò gli occhi al cielo, quel dannato ragazzino l'aveva tradita -Stupido bambino... gli avevo detto di tenere la bocca chiusa-
Per un attimo rimasero in silenzio, si guardavano negli occhi e sotto lo sguardo preoccupato e sincero di lui la finta indifferenza di Claire cedette.
-Devo andarmene Paul- disse tutto d'un fiato -solo io e lui-
L'espressione di Paul si fece dura -Lui chi Claire?-
La ragazza avrà avuto diciassette o diciotto anni al massimo, distolse lo sguardo dal viso dell’amico e posò una mano sulla propria pancia -Io e mio figlio- attese l'esplosione di rabbia e le urla di lui che però non arrivarono. Alzò lo sguardo timorosa e vide che lui la guardava incredulo, i suoi occhi la scrutavano in cerca di indizi, come se si aspettasse di vederla scoppiare a ridere per uno scherzo ben riuscito -Non stai scherzando- concluse, lei scosse la testa e osservò il viso di lui passare da rabbia, a preoccupazione e infine a gioia -Ma è una notizia grandiosa! Beh tranne per il padre che dovrà vedersela con me per averti lasciata sola, a proposito chi è? No ora non ha importanza, dobbiamo dirlo agli altri: ti aiuteranno e ne saranno felicissimi e poi...- parlava a raffica pieno di eccitazione. La testa di Claire scoppiava e spazientita lo fermò -Non lo dirò a nessuno, e nemmeno tu lo farai-
Paul la guardò sorpreso, aveva il fiatone e le sue braccia tremavano in preda a quell’eccitazione frenetica, la ragazza sbuffò -Questo non è un bambino come gli altri, lo sento. È diverso dai mortali e anche da noi- gli occhi le si riempirono di lacrime -Non posso restare qui, partirò stanotte-
-Ma perché??- chiese lui
-Li hai visti anche tu! I mostri arrivano da ogni parte sempre più spesso, già tre persone sono finite in infermeria- era vero, il campo non aveva barriere abbastanza resistenti per tenere lontano i mostri e nelle ultime settimane il lavoro per le sentinelle era diventato molto più duro, più di una volta piccoli gruppi di mostri erano riusciti a penetrare nel Campo sfuggendo ai ragazzi sorvegliavano i confini. Due notti prima una chimera era riuscita a spingersi fino alle case e si era diretta senza esitazioni verso quella di Apollo, Claire se l’era trovata davanti aprendo la porta per uscire ad aiutare gli altri. Cercavano lei, volevano ucciderla e restare al campo metteva a rischio la vita di tutti.
-E questo cosa c'entra?- Paul si spazientì.
-È lui!- gridò lei perdendo la pazienza e indicandosi la pancia con entrambe le mani -Il suo potere li attira, non posso restare qui-
Il ragazzo abbassò lo sguardo e rimase in silenzio, grosse lacrime scendevano lungo il viso di Claire. Voleva che Paul le credesse, che capisse quanto la situazione era pericolosa e che non avrebbe fatto altro che peggiorare mentre il bambino cresceva, doveva lasciarla andare.
-Io vengo con te- disse Paul infine, il suo sguardo non ammetteva repliche ma lei non si diede per vinta -Scordatelo. Non questa volta. Non centri niente con questa storia e non posso coinvolgerti-
-Togliti dalla testa che io ti lasci da sola- continuò lui guardandola negli occhi. L'azzurro e il verde si mischiarono, si guardavano così intensamente che sembrava stessero continuando la conversazione con il pensiero. Poi Paul fece una cosa inaspettata, si inginocchiò appoggiando il braccio sulla propria gamba e parlò piano all'altezza della pancia di Claire -Tranquillo piccolo, probabilmente non puoi sentirmi... non credo che le orecchie si formino così in fretta- accarezzò la pancia -ma sappi che d'ora in poi, ci sarà lo zio Paul a prendersi cura di voi- guardó Claire negli occhi, la conversazione ormai era chiusa, l’aveva convinta -e comunque hai una mamma bellissima- lei iniziò a piangere e appena Paul si alzò gli gettò le braccia al collo. 

***
La scena iniziò a sfumare lentamente, voltai la testa e vidi Sole sfregarsi nervosamente la mano libera sugli occhi. Non dissi nulla.
Il paesaggio non cambiò, eravamo sempre dietro alla casa undici nel Campo Mezzosangue, ma all'improvviso si era fatto buio, alzai lo sguardo e vidi la luna alta nel cielo il coprifuoco era passato da molto tempo. Un rumore ci fece sussultare, girammo attorno alla casa per vedere mio padre uscire guardandosi attorno circospetto. 
***
Paul strinse ansioso la tracolla di un grosso borsone verde scuro chiaramente pieno di viveri e vestiti, appeso ad una spalla penzolava uno zaino da cui spuntava l'elsa di una spada in bronzo celeste. Dopo aver dato un'ultima occhiata alla strada deserta si incamminò e a passo felpato superò la casa di Efesto, salì i gradini della numero sette e lanciò un' occhiata alle proprie spalle pensando a quanto sarebbe stato brutto essere sorpresi da un’arpia dopo il coprifuoco. Mentre un brivido lo percorreva si avvicinò alla porta e, appoggiando la guancia sinistra sulla superficie dorata, sussurrò -Hey... riccioli splendenti sei pronta?-
Dopo un attimo di silenzio dall'interno giunse un sibilo scocciato -Non chiamarmi così!- con un sorrisetto Paul si voltò appoggiandosi ad una delle colonne color oro e tenne d'occhio la strada fino a quando il rumore della porta che veniva aperta non lo fece voltare. Claire era davanti a lui con un grosso borsone rosso a tracolla, in una mano stringeva uno zaino aperto e con l'altra cercava di far entrare una mappa di Long Island spingendo da parte un arco, una faretra piena di frecce e due o tre libri che nessun altro sarebbe riuscito a far entrare in quello zainetto. Aveva i capelli raccolti in una coda disordinata, una felpa nera con il cappuccio sopra ad una maglietta rossa e un pugnale appeso ai jeans ciondolava sul suo fianco, nulla di speciale ma per lui era sempre bellissima.
-Allora andiamo?- chiese scuotendolo dai suoi pensieri, annuì senza esitare, prese la carta dalle mani di Claire e la infilò velocemente nel proprio zaino semivuoto. Scesero i gradini in silenzio e si allontanarono dalle case, raggiunsero il fiume e senza dire una parola lo attraversarono cercando di non scivolare sulle rocce bagnate. Solo quando si trovarono a pochi metri dalla casa grande Paul parlò -Il piano qual è?-
-Dammi la mappa- disse lei, lui si frugò nello zaino estrasse la cartina e una torcia, Claire prese la mappa, si avvicinò ad una delle pareti della casa grande e facendo il minor rumore possibile l’aprì, Paul accese la torcia e la illuminò.
-Il piano è uscire dai confini del campo senza farci vedere e prendere il taxi fino a qui- indicò con l'indice sottile un punto sulla mappa. Paul guardò, la ragazza indicava un punto tra Riverhead e Northampton ma c’era solo una macchia di alberi -Ma non c'è nulla lì-
-Esatto- disse lei trionfante -una piccola radura lontana dalle strade, da New York e da altri semidei. Ma abbastanza vicina ad una città in cui potremmo rifornirci di ciò che ci serve- spiegò indicando il centro di Riverhead
-Ma cosa faremo una volta là?- non riusciva a capire cosa avesse in mente, sperò che nella mente della compagna ci fosse un piano ben studiato che per qualche ragione non voleva rivelargli.
-Ho una piccola tenda da due nella mia sacca e dopo esserci stabiliti dovremo pensare a costruire qualcosa di più... solido diciamo, tipo una casetta- Claire alzò lo sguardo dalla mappa e lo guardò con apprensione -credi sia possibile?-
Paul ci pensò bene prima di rispondere, ma poi guardandola negli occhi decise che valeva la pena provarci -Siamo semidei, nulla è impossibile- le rispose sorridendo -Quello che non capisco è: perché proprio questo punto?- chiese osservando che c'erano molti altri spazi liberi ancora più lontani dalla città.
-Forse potrà sembrarti stupido, ma sono giorni che sogno questo posto- lo guardò, probabilmente aspettandosi che scoppiasse a ridere ma Paul la osservava incuriosito e lei continuò -Sorvolo Long Island e quando arrivo in questo punto scendo lentamente tra gli alberi, faccio qualche passo e mi ritrovo nella radura. C’è una piccola casa in rovina, basterebbe davvero poco per metterla a nuovo e poi…- si interruppe, indecisa se continuare o meno.
-E poi?- la incitò Paul, lei rivolse i suoi grandi occhi al cielo - quel posto emana un po’ della magia che si sente qui. Credo che potremmo sentirci a casa-
-Ma come faremo con i mostri?- chiese interrompendola -saremo soli, non sarà come essere al Campo-
-Ho fatto delle ricerche- rispose Claire con un sorriso quasi folle, tolse uno dei libri dallo zaino e lo aprì nel punto in cui aveva infilato un segnalibro. Le pagine erano ingiallite e delicate, l’inglese settecentesco attirò la curiosità di Paul -Dove l’hai preso?-
-Sono entrata nella casa dei figli di Atena un paio di giorni fa, quando tutti eravate a vedere la gara di canoe, e ho cercato informazioni sulla zona-
-I figli di Atena lasciano sempre qualcuno di guardia, non ho mai capito perché- commentò Paul -i ragazzi della casa XI sono entrati  parecchie volte, ma non sono mai riusciti a trovare nulla di interessante prima di essere scoperti-
-Se cerchi informazioni e non armi potenzialmente pericolose i figli di Atena hanno un sacco di cose interessanti, e io volevo solo dare una spiegazione logica al mio sogno ricorrente- obiettò Claire alzando un sopracciglio senza però distogliere lo sguardo dalla pagina che stava leggendo.
-In ogni caso non ti avrebbero mai lasciata entrare nella loro preziosa libreria dopo l’incidente con i dardi infuocati-
-C’era Marie di guardia, mi ha aiutata- spiegò girando pagina.
“Ah ecco…” pensò Paul, Marie Lows era la figlia di Atena più strana che avesse mai conosciuto: pallida con dei lunghissimi capelli biondi lisci e dei grandissimi occhi grigi sempre persi nel vuoto. Poteva sembrare svampita e assente, ma aveva una mente geniale e notava ogni particolare, in più era socievole e non si interessava alle faide che i suoi fratelli aprivano con i membri delle altre case.
-Trovato- sussurrò Claire indicando una riga con l’indice -“luogo con un’alta distorsione della realtà, si intima agli abitanti della zona di mantenere le distanze da quest’area potenzialmente pericolosa per le loro anime pure”-
Paul la guardò perplesso -perdonami, ma non stavamo cercando un luogo più sicuro?-
-Era l’anno del processo di Salem, per qualche ragione le idee di quella gente erano arrivate fino a Riverhead. Io sono convinta che nella zona abbia vissuto un figlio di Ecate o qualcosa di simile molto tempo fa perché c'è un'alta concentrazione di foschia su tutta l'area fino alla città e credo che con i giusti sacrifici a Ecate riusciremo a viverci- un sorriso spuntò anche sulle labbra di Paul -dovrebbe bastare per coprirlo fino a quando non crescerà, quanto a noi: i figli di Apollo non emanano molto potere, tu non sei mai stato riconosciuto e non hai mai mostrato grandi poteri- continuò lei e vedendo la faccia del compagno aggiunse -questo non toglie che tu sia un grande spadaccino e un ragazzo molto intelligente e forte- un rumore in lontananza attirò la loro attenzione, Paul spense la torcia prese la mappa e dopo averla chiusa a casaccio la infilò nello zaino, Claire mise via il libro e rimasero in silenzio per un po’.
-Andiamo- disse lui ad un certo punto, era tutto pronto non mancava nulla.
-Aspetta- la ragazza balzò sul portico della sala grande e tolse dalla tasca dei suoi jeans una lettera che infilò sotto la porta -ecco ora possiamo andare, non potevamo non salutarli dopo tutto quello che hanno fatto per noi-
-Cosa hai scritto?- chiese Paul curioso mentre si allontanavano.
-"Il campo ci sta stretto, le nostre strade si separano. Grazie di tutto, Claire Walker e Paul Evans" e un piccolo postscriptum in cui chiedo a Chirone di spiegarlo agli altri-
Salirono fino in cima alla collina più alta e si girarono a guardare per l'ultima volta il Campo Mezzosangue. Era stata la loro casa per molto tempo ma ora non poteva più proteggerli, Paul sospirò pensando ai ragazzi della casa undici che erano stati la sua unica famiglia e che tra qualche ora si sarebbero svegliati senza di lui, ma poi sorrise pensando che la persona più importante per lui era lì accanto e la prese per mano -Andiamo- lei annuì e scesero il pendio di corsa.
Arrivati in fondo Paul estrasse una dracma oro e lanciandola in aria disse -Stêthi. Ô hárma diabolês!- il taxi delle Sorelle Grigie si fermò cigolando davanti a loro. Salirono senza fiatare e una volta dentro Claire disse sicura -Northampton- , Paul ebbe appena il tempo di guardare fuori dal finestrino dopodiché il paesaggio sparì e il taxi sfrecciò tra gli alberi allontanandosi a tutta velocità.

***
-Hanno preso lo stesso taxi con cui sono partita per questa missione- pensai a voce alta mentre il paesaggio mutava attorno a noi, i colori si mescolavano e colavano a terra trasformandosi nella stessa acqua che ci aveva portati al campo fra i ricordi di Claire.
-Come credi si andata a finire?- chiese ad un certo punto Sole rompendo l'ostinato silenzio in cui si era chiuso -Penso che stiamo per scoprirlo- gli strinsi la mano mentre l'acqua ci sommergeva di nuovo e la tenni stretta quando si ritirò lasciandoci cadere bruscamente a faccia in giù. Con un lamento alzai lo sguardo, intorno a noi c'erano molti alberi che si alzavano coprendo la luce ma in lontananza dietro di noi arrivavano risate e voci confuse.
-Andiamo- Sole si alzò in fretta ed iniziò ad avanzare seguendo i suoni, il bosco si diradò man mano e alla fine sbucammo in una radura aperta, una graziosa casetta in legno era stata costruita al centro. Poco lontano un uomo sollevava un bambino biondo che rideva a crepapelle tutte le volte che lo lanciava in aria e lo riprendeva al volo. La chioma bionda del bambino scintillava al sole, avrà avuto due anni.
Stavo ancora ammirando Paul giocare con il bambino che ovviamente era Sole quando un rumore alle nostre spalle ci fece voltare tutti. Calò il silenzio, l'atmosfera si fece gelida e Paul improvvisamente smise di ridere.
ANGOLO AUTRICE:
Ed eccomi qui, con un altro pezzo del capitolo. Capiamo un po' di cose del passato di Paul e Claire entrando in una versione anni '90 del Campo Mezzosangue sprovvisto della protezione di Talia, del vello d'oro e dell' Athena Parthenos.
Ah, non abituatevi al clima pacifico della storia perchè tutto sta per cambiare. I problemi iniziano con il prossimo capitolo!
Cosa ne pensate della relazione tra Paul e Claire? E cosa ha fatto calare il gelo sulla radura? Da da da dannn... ok ok la smetto.
Che le parche vi sorridano
le Walker
   
 
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