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Autore: channy_the_loner    07/01/2017    3 recensioni
Ogni storia d’Amore degna di essere raccontata comincia con il fiabesco C’era una volta.
Ma se vi parlassi di vampiri, spiriti, guerra, salvezza, maledizioni, sacrifici, tentazioni e paura, l’Amore sarebbe ancora così puro?
Loro non sono affatto innocenti fanciulle in attesa del principe azzurro; una giovane giornalista, una sorella protettiva, un’atleta ottimista, una superstiziosa combattente, una tenera fifona e una silenziosa malinconica, nient’altro che sei normali ragazze appartenenti a mondi totalmente diversi, ma accomunate dallo stesso Destino. Saranno costrette ad affrontare un viaggio attraverso l’Inconcepibile, dove tutto è permesso, per scoprire la loro vera identità; oltre il Normale, le certezze crollano e s’innalzano i dubbi, muri e muri di fragilità, ma dietro l’angolo ci sono anche motivi per abbatterli.
Si può davvero vivere per sempre felici e contenti, quando l’esistenza non è altro che un accumulo di dolore e lacrime? Quanto deve essere forte, l’Amore, per far nascere un sorriso nonostante tutto il resto? E infine, la Vita è un libro già scritto, o è il suo protagonista a prendere le redini del gioco?
-IN REVISIONE-
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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-SWEET PASSION AND SOUR AGONY.

 

 

«E dimmi, Kanato-kun, come è nata la tua passione per i dolci?»

Nonostante sapesse perfettamente la doppia personalità del vampiro dai capelli violetti e dalle profonde occhiaie nere, Miki si trovava bene a chiacchierare con il quarto Sakamaki; non sapeva spiegarsi se fosse dovuto ad un qualche concetto di affinità o per il semplice fatto che gli opposti si attraevano, ma non le importava più di tanto. Le piaceva stare in compagnia di quel vampiro e di quel suo preziosissimo peluche, nonostante fosse bizzarro anche solo pensarlo. Lei, una fifona per natura, in compagnia di uno degli esseri più pericolosi esistenti al mondo, creatura protagonista di numerose novelle più o meno spaventose, all’apparenza spietata e sadica, ma dopotutto di buon cuore e divertente, sotto alcuni punti di vista.

«Ma che domande fai, Miki-chan? I dolci mi piacciono dalla nascita, piacciono dalla nascita a tutti. È logico, ne?»

«Davvero?»

«Certo! Il latte è dolce, per esempio, e ai neonati piace.»

«Sì, hai ragione, Kanato-kun. Avrei dovuto pensarci.»

Kanato non poteva certamente lamentarsi della presenza di Miki. Oltre al suo sangue – che era il più buono e dolce che avesse bevuto in vita sua – di cui poteva usufruire tutte le volte che voleva, era piacevole averla accanto a sé tutti i giorni. Adorava stare con Teddy e parlare con lui fino a mattino inoltrato ma, da quando quella ragazza tanto paurosa quanto adorabile era diventata la sua compagna – oltre che una sottospecie succo di frutta vivente – le sue giornate si erano improvvisamente trasformate in qualcosa di più allegro; chiacchierare, giocare, canticchiare o anche semplicemente stare in silenzio, con lei, era piacevole e rilassante. Era consapevole della diminuzione dei suoi attacchi bipolarmente isterici e sapeva anche che il merito era solo di quella ragazza, ma evitava accuratamente di dirglielo – non era diventato orgoglioso come Ayato o Subaru, ma preferiva dimostrarglielo in altri modi, magari perfezionando giorno per giorno il momento in cui le avrebbe fatto un discorso talmente commovente da farle accettare di entrare a far parte della sua collezione.

No, certo che no, non gliel’avrebbe mai chiesto. Era felice di aver trovato una persona capace di sopportare lui e il suo brutto carattere e di regalargli sorrisi sinceri giorno per giorno, perciò non voleva separarsi da lei per nulla al mondo. Forse, lei sarebbe stata l’unica – l’unica con cui avrebbe continuato a parlare, l’unica con cui avrebbe continuato a cucinare dolci, l’unica con cui avrebbe cantato tutte le canzoni esistenti, l’unica che avrebbe continuato ad amare per l’eternità.

Teddy era pienamente d’accordo con lui; gliel’aveva detto, gliel’aveva sussurrato, sin dai primi giorni in cui aveva imparato a conoscerla, quando quella ragazza tremava ancora per ogni piccolezza – e gli sembrava così carina! “È lei, Kanato. Lo sento, so che è lei quella giusta. Mi fido di questa ragazza”, gli aveva mormorato Teddy mentre entrambi tentavano di prender sonno, nonostante non ci fossero mai riusciti in tutti quegli anni.

Strinse un po’ più a sé l’orsacchiotto quando i suoi occhi caddero sul timer del forno; non mancava molto allo scadere del tempo della cottura di quei biscotti al cioccolato che si era divertito a preparare con Miki, ma quell’attesa, nonostante la preziosa compagnia della ragazza e dell’orsacchiotto, stava diventando sempre più soffocante. L’odore dello zucchero e del cacao si era sparso per tutta la cucina, aumentando l’acquolina sulle sue labbra, nonostante stesse tentando in tutti i modi di nasconderla tra una parola e l’altra; in quel momento, l’ultima cosa che desiderava era spaventare quella ragazza. Certamente, vedere le ragazze terrorizzate era uno spettacolo esilarante, ma avrebbe provveduto a farla correre urlando col cuore a mille un’altra notte; altrimenti, chi avrebbe sfornato i biscotti? Quel forno era uno degli oggetti che gli facevano perdere la testa – tutte quelle manopole, quei simboli, quelle lucine… Lo facevano andare in bestia. Fosse stato per lui, avrebbe impostato quell’aggeggio girando quelle levette completamente a intuito e, una volta scaduto il tempo, avrebbe tirato fuori la teglia di biscotti senza neanche preoccuparsi della temperatura bollente del ferro arroventato, visto che, essendo un vampiro, non poteva effettivamente percepire le temperature esterne al proprio corpo. Ma il suo amato Teddy avrebbe rischiato di ferirsi, quindi Kanato aveva silenziosamente optato per lasciare a Miki quel compito. Si erano seduti sul bancone a isola, di fronte al forno, con le gambe penzoloni – data la bassa statura di entrambi – per osservare meglio e comodamente i biscotti messi a cuocere. Mai quel marmo duro e freddo era sembrato così comodo e caldo come nel momento in cui le loro mani si erano sfiorate, quasi per caso, mentre erano intenti a parlare gesticolando appena.

«Ne, Kanato-kun» lo chiamò la ragazza girandosi leggermente per osservare il suo profilo fanciullesco.

Anche il vampiro si voltò verso di lei, i suoi grandi occhi violetti a incontrare quelli blu della ragazza altrettanto grandi e dolci; la invitò silenziosamente a continuare, facendo contemporaneamente voltare anche Teddy, in modo che la guardasse anche lui.

«Hai una canzone perfetta?» gli chiese un po’ timidamente, ma senza mai smettere di guardarlo.

«Cos’è una canzone perfetta?» domandò lui, curioso.

«Oh, la canzone perfetta è quella canzone che si adatta perfettamente a te, alla tua vita, a quello che ti circonda. Quella canzone che non ti stancheresti mai di ascoltare e che canteresti anche senza accorgertene. Quella canzone che ti fa venire la pelle d’oca tutte le volte che l’ascolti perché sembra sempre la prima volta. È un po’ come essere innamorati… della musica o del testo, o di entrambi, senza far troppo caso al cantante originale. Quando si è innamorati non si tradisce mai il proprio partner, e la stessa cosa succede con la canzone perfetta: non ce n’è un’altra, è unica al mondo, bisogna solamente saper aspettare che arrivi, oppure andare di persona a cercarla» spiegò lei, con gli occhi chiusi, la testa rivolta verso l’alto e le labbra increspate in un sorriso. «Capisci che intendo?»

Kanato restò immobile a fissare un punto indefinito davanti a sé, come pietrificato; era rimasto incantato dalla spiegazione tanto elementare quanto profonda della ragazza, e quelle parole dette con tanta passione e gaiezza l’avevano fatto tentennare. Si limitò a rispondere sottovoce: «Scarborough Fair.»

«Cosa?»

«La mia canzone perfetta. Scarborough Fair.» disse alzando leggermente il tono di voce, per farsi sentire meglio. «La cantavo spesso anche quand’ero piccolo. Ricordo che la prima volta che l’ascoltai rimasi quasi stordito, perché ero riuscito a comprendere il significato già all’epoca.» Poi strinse maggiormente Teddy al petto, come se fosse un’ancora di salvezza, non appena disse: «Piaceva molto anche alla mia mamma.» Ricordava ancora quei lunghi capelli viola, quegli ammalianti occhi verdi, quel vestito nero di seta, quella pelle bianca e candida da farla assomigliare ad una bellissima bambola di porcellana.

 

«Canta, mio piccolo usignolo! Canta per la mamma!»

 

Quelle parole gli risuonavano in testa, non gli davano tregua. Quanto l’aveva odiata?

«Miki-chan, tu conosci questa canzone?» le chiese mentre l’immagine della madre si apprestava a scomparire lentamente dalla sua mente, lasciando spazio alla ragazza sedutagli di fianco.

Di tutta risposta, Miki schiuse le labbra e intonò le parole del ritornello:

“Are you going to Scarborough Fair? Parsley, sage, rosemary and thyme…”

Kanato sorrise e continuò, con la sua voce delicata e perfetta per quella canzone:

“Remember me to ones who lives there, for she once was a true love of mine…”

Proprio in quel momento, il forno emise un trillo acuto, per avvertir loro che la cottura dei biscotti era giunta al termine. I due si guardarono ancora una volta, promettendosi silenziosamente di continuare a cantare quella canzone un’altra volta, per concluderla insieme, proprio come la versione originale.

Miki scese dal bancone afferrando dei guanti da cucina per non scottarsi e, subito dopo aver aperto cautamente lo sportello del forno, tirò fuori la teglia con i biscotti circolari, appoggiandola dove precedentemente era seduta. Kanato si spostò appena, incantato alla vista di quei piccoli tesori col retrogusto al cioccolato. Il vampiro fu veloce ad allungare la mano e afferrarne uno, per poi portarselo alla bocca e addentarlo con impazienza, la stessa impazienza che svanì nel nulla non appena le sue papille gustative entrarono in contatto con quella delizia. Stava iniziando a credere davvero che Miki sapesse cucinare dolciumi molto meglio di Reiji.

«Kanato-kun! Ma non è meglio aspettare che si raffreddino un po’?» chiese la ragazza, allarmata.

«Dimentichi che sono un vampiro» rispose lui con la bocca piena. «Non posso percepire né dolore né le temperature esterne al mio corpo.»

«Questo sì, ma…»

«Ma cosa?»

«Non è una questione psicologica? Nel senso, non lo puoi percepire, ma il tuo corpo sì. Magari non te ne rendi conto.»

«Lo escludo» rispose Kanato, risoluto, prendendo un altro biscotto dalla teglia. «Se fosse come dici tu, sarei già morto da parecchio tempo» aggiunse, con voce più bassa.

Miki, però, lo sentì comunque. Sgranò gli occhi nel pensare al perché di quella risposta tanto sicura. «Kanato-kun, non avrai per caso tentato--»

«Il suicidio?» concluse la domanda al posto suo. «Sì, un paio di volte, in modi diversi, ma non è servito a nulla. Sono ancora vivo e vegeto.»

Alla ragazza mancò il respiro; come era riuscito a rivelarle di aver tentato di compire – molteplici volte, tra l’altro – un’azione così terribile senza neanche un piccolo tentennio nella voce? Le parve di scorgere un sorriso triste sul volto del vampiro, quasi malinconico, o forse rassegnato. I comuni esseri umani, quelli che erano costantemente presenti nella vita quotidiana della ragazza, avevano il brutto vizio di compiere le azioni più stupide e spericolate, per poi rifugiarsi nelle chiese o nei templi per pregare il loro Dio, ormai fragili e vulnerabili, prossimi alla morte; nessuno di loro avrebbe desiderato morire, tantomeno lei, almeno fino a quel momento. Non sapeva per quanto tempo era rimasta in silenzio, ma si fece coraggio e schiuse lentamente le labbra. «Perché vuoi morire, Kanato-kun?» chiese balbettando appena.

Il vampiro la guardò, per nulla turbato da quella domanda. Si limitò a scrollare le spalle e a raddrizzare Teddy, che aveva fatto sedere sul bancone di fianco a lui. «Non lo so» rispose osservando distrattamente la teglia ormai mezza vuota di biscotti di fianco a sé. «Non mi piace vivere perché sono costretto a stare qui, e stare qui è noioso. Non c’è mai niente da fare, nessuno con cui passare il tempo…»

«E i tuoi fratelli? E Teddy?» lo interruppe, il fiato mozzato dalle parole dette da lui.

«I miei fratelli sono totalmente insensibili e inutili, per quanto mi riguarda. Teddy la pensa come me, ne Teddy?»

Miki avrebbe potuto vedere il volto malinconico del vampiro anche da un chilometro di distanza con assoluta nitidezza. E le lasciava uno strano senso di angoscia dentro, un’angoscia straziante che provvedeva ad invaderle velocemente il petto, mozzandole il respiro già ansimante di suo. Voleva tirare su il morale del vampiro, perché non ce la faceva a guardare i suoi occhi ombrati persi nel vuoto, le labbra sottili contratte e la schiena ricurva, come se sopra di essa ci fosse un enorme masso da trasportare. E in cuor suo sapeva come fargli tornare l’entusiasmo. Fece qualche passo verso di lui, tenendo la testa bassa, e posò una mano tremante sulla sua spalla. «Kanato-kun» lo chiamò, nonostante sapesse di avere già la sua più completa attenzione. «Se può farti sentire meglio…» Il vampiro restò in silenzio, curioso. La castana deglutì. «Se può farti sentire meglio, puoi bere il mio sangue.»

Kanato non se lo fece ripetere due volte; con uno scatto fulmineo scese dal bancone e afferrò la ragazza per i fianchi, tirandola prima verso di sé e poi la fece indietreggiare di qualche passo, per farla appoggiare al punto dove erano seduti in precedenza. Le fece alzare il viso con due dita sotto il mento, le punte dei nasi a sfiorarsi leggermente, gli occhi di lei semiaperti per la paura di provare troppo dolore. «Sei stata carina a farmi questa proposta. Avevo giusto sete» le disse con voce bassa.

«Figurati» gli rispose lei accennando un sorriso e piegando appena la testa di lato.

Kanato avvicinò il suo viso al collo della ragazza, lasciandosi trasportare dal suo profumo dolce e invitante. Posò le labbra sulla sua pelle, dandole un bacio leggero e veloce, per ringraziarla silenziosamente; subito dopo affondò i canini in quello stesso punto, facendole emettere un piccolo lamento, soffocato dalla consapevolezza di star facendo sentire bene qualcuno. Percepì il sangue essere succhiato via e la testa iniziò a girarle, sempre più velocemente, offuscandole la vista; sentì le gambe farsi molli, come se stessero per cedere da un momento all’altro. Si aggrappò alle spalle del vampiro, come se fosse un salvagente per restare a galla, e strinse forte la stoffa della sua camicia; a sua volta, Kanato, percependo la mancanza di forze di Miki e comprendendo i suoi tentativi di non svenire, le strinse maggiormente i fianchi, quasi avvolgendola in un abbraccio, e avvicinò ancora di più i loro corpi, per farla restare in piedi e cosciente.

In passato non gli era mai importato di un’umana e aveva sempre provveduto ad ucciderla, prosciugandole il sangue e aggiungendola alla propria collezione di cadaveri; ma qualcosa gli diceva – o meglio dire, urlava – che con lei avrebbe dovuto comportarsi diversamente, avrebbe dovuto tentare di trattarla meglio rispetto alle altre. Non sapeva a chi appartenesse quella voce che continuava a ripetergli quelle raccomandazioni, ma sapeva per certo che avrebbe almeno provato a dargli retta.

Dal canto suo e nonostante le condizioni in cui versava, Miki non sapeva come aveva fatto ad arrossire quando aveva percepito le braccia del vampiro stringerla più forte, ma poi si era lasciata trasportare dalla stanchezza e chiuse gli occhi, appoggiando la fronte nell’incavo del collo di Kanato. Era rimasta sbalordita dal suo stesso comportamento, ma se l’era fatto andare bene. Dopotutto, in qualche strano modo, era riuscita a comprendere il vero significato delle parole del vampiro e ad entrare in sintonia con lui; aveva capito la sua disperazione, e aveva deciso di disperarsi con lui. Si diede mentalmente della pazza, e solo in quel momento si sentì ancora più simile a Kanato – era pazzo anche lui e Miki era convinta che se lo fosse ripetuto da solo almeno un migliaio di volte. Eppure, non le dispiaceva così tanto impazzire, se poi il premio di consolazione fossero stati quei momenti di tranquillità e pace surreale, che solo un essere superiore avrebbe potuto comprendere, lo stesso essere superiore che probabilmente avrebbe compreso lo sconforto di quel vampiro dalle profonde occhiaie; gli uomini erano liberi di fare e dire qualsiasi cosa, perché il loro destino prevedeva la morte e la vita eterna in un altro luogo, dove tutti i loro peccati e i loro sbagli sarebbero stati perdonati, ma Kanato? Kanato era costretto a vivere giorno per giorno con i sensi di colpa, rinchiuso nel suo egoismo incentrato nelle poche certezze che aveva. Kanato non poteva convivere serenamente con gli scheletri negli armadi e i fantasmi di un lontano passato che, di tanto in tanto, provvedevano a riaprirgli le ferite che aveva tanto faticato a chiudere con piccole e sottili suture. Kanato non poteva pensare al giorno della sua morte, perché non sarebbe mai arrivato e, con esso, non sarebbe arrivato neanche il perdono divino, che gli avrebbe donato finalmente una tregua e la pace interiore. Kanato era destinato a portare sulle spalle l’enorme macigno carico dei suoi sbagli per l’eternità. Perché Kanato avrebbe continuato a vivere per sempre.

 

 

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Eccomi tornare in grande stile, my dear readers: un capitolo mucho malinconico. Eh, già, qualcuno doveva pur sempre togliervi del tutto l’entusiasmo natalizio. Mi dispiace per non aver aggiornato prima (è passato un mese! O.o) ma, a parte il Natale da ricovero, sono stata travolta da un’ondata di ispirazione per una storia che avevo in mente già da un po’ di tempo e che fa wrestling con questa. Oh, giusto, se ve lo state chiedendo: NON ho intenzione di pubblicarla, quindi toglietevi dalla testa quelle idee malsane stanno già facendo capolino dai vostri cervelletti (perché io posso leggere nel pensiero della genteh). O, almeno, per il momento.

Coooomunque, sweeties, a parte le cavolate varie, che ne pensate? Io stavo per piangere quando ho riletto il tutto, specialmente la parte finale! Sarà che sono emotiva di mio (nonostante la mia tsunderaggine devastante) maaaa okay. E qui, il dubbio mi sale da dentro: Kanato-kun è OOC? Per favore, cookies, ditemelo, ne ho bishogno!

Kanato: Più che OOC sono kawaii u.u

Kou: Fa anche rima lmao.

Subaru: Ma ti pare il momento? E comunque, NON FA PER NIENTE RIMA, BAKA!

Kou: Subaru-kuuun ti intendi di rime?

Subaru: MA CHE DOMANDA È?!

Laito: Che fa rima con cioè.

Subaru: *demolisce Wall-chan a testate*

LOOOOL MINNA-SAAAN. Comunque, people, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio per aver letto ;D Io tornerò presto, tranquilli, che ho ricaricato per bene le batterie e adesso sono più sprizzante che mai! Ma anche no, dato che tempo un giorno e ricomincia la scuola, ma questi sono dettagli che non voglio approfondire altrimenti mi sale di nuovo l’angoscia che manco Christa ai tempi della torre.

-Channy

  
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