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Autore: 20florina01    08/01/2017    0 recensioni
Una ragazza di nome Flora viene a sapere che il mondo magico in cui avrebbe voluto sempre vivere è reale e lei ne fa parte da quando è nata.
AVVISO
Per leggere questo libro bisogna aver letto o visto tutta la saga di Harry
Potter.
(Tratto dal 2° capitolo)
«Tu pensavi che la storia di Harry fosse infantile, vero?»
«Si» risposi, ma non capii dove volesse arrivare.
«Chi ti ha consigliato di leggere questa saga, anche se sapeva che non ti interessava?» chiese lui con sguardo che non tradiva emozioni.
«La zia, ma-» non finii la frase che venni interrotta.
«Flora, ma non capisci? Lei sapeva e sa tutt'ora del mondo magico, di me, ma soprattutto, di te. Tu sei una strega, Flora. Tu riesci a fare cose che gli altri maghi non possono. Vedi, tu non devi usare la bacchetta per fare magie o incantesimi. Tu sei diversa. Diversa da tutti noi. Tu... sei speciale.»
So che la storia all'inizio può sembrare affrettata, ma è la mia prima storia e non voglio cambiarla ora che sono migliorata.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Oliver Wood/Baston, Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Quel giorno io ed Hermione sgranocchiammo un po’ dei dolcetti degli ammiratori di Harry – nell’attesa che lui si svegliasse – dando la colpa a Ron. In proposito, avevo scopeto che le Cioccorane erano molto meglio della Nutella. Madama Chips aveva detto che quel giorno si sarebbe dovuto svegliare, probabilmente. ‘Probabilmente.’ Dopo aver parlato con i professori in infermeria, eravamo rimaste un po’ con Ron che si era decisamente ripreso. Era passata molta gente tra i quali anche Thomas, Seamus, Monica e Oliver. Quest’ultimo entrò dal portone dell’infermeria correndo, appena ci vide venne verso di noi guardandoci... guardandomi, dritto negli occhi. Appena fu davanti a me scosse la testa con uno strano sorriso e mi abbracciò. «Siete state delle stupide incoscienti!» mi strinse forte a se in u abbraccio fraterno. Sorrisi e ricambiai il suo abbraccio. ‘Che dolce, si è preoccupato per me.’ Quando si staccò si girò verso Hermione «Ma anche tu, pensavo che aveste un po’ di sale in zucca!» Dopo qualche ramanzina da parte di Oliver, lo convincemmo che in quel momento stavamo bene e non contava se eravamo andate dentro la botola. «L’importante è che non vi siate fatte male» disse in fine sospirando. «Ah, finalmente lo hai capito...» feci io esasperata. Ero impaziente di sapere cos’era successo la sotto. I professori avevano detto di aver trovato Harry svenuto e con la pietra in mano. Nient’altro. Quando ce lo dissero io scoppiai di gioia e non fu difficile capire che feci una figura del cavolo. Non me ne importava un fico secco. Dovevo sapere la storia direttamente da Harry. Per questo ero nella Sala Grande a magiare la mia fetta enorme di pasticcio. Dovevo lasciare che prima parlasse con il nonno. Con quest’ultimo, non ci avevo ancora parlato. Le rare volte che ci incontravamo per la scuola lo guardavo con la coda dell’occhio, vedendo che anche lui guardava me, e me ne andavo dalla parte opposta. Non volevo ammetterlo, ma dovevo scusarmi con lui, non dovevo scaricare la mia rabbia su di lui, ma ero troppo orgogliosa per dirglielo. «Oggi pomeriggio andiamo a trovare Harry?» domandò Hermione al mi fianco. Come se su Hermione fosse stata usata l’Occlumanzia, Neville entrò nella Sala Grande venendo verso di noi correndo e ansimando. «Si è svegliato, si è svegliato!» disse col respiro affannoso. Ron si alzò subito dal tavolo, seguito da me ed Hermione. Percorremmo i corridoi correndo. Pensai al povero Neville che doveva farsela un’altra volta di corsa ma... «Ehi!» sentii gridare qualcuno. Mi fermai bruscamente e Ron, dietro di me, mi venne addosso. Girai la testa e vidi alcuni capelli corvini coprire degli occhi verdi che guardavano nella nostra direzione. ‘Occhi di Lily’ pensai sghignazzando. «Harry!» Gli corsi in contro e lo abbracciai forte. Mi ero preoccupata così tanto... Meno male che stava bene, non so cos'avrei fatto se si fosse fatto del male, o peggio. Mentalmente pensai ‘Espulso’. Risi nuovamente. Lasciai che gli altri lo abbracciassero e poi iniziai con le domande. Lui rispose a ogni cosa. Era un po’ imbarazzato, lo si capiva dal quasi impercettibile rossore che aveva sulle guance. Disse che Voldemort – appena pronunciò il nome, Ron quasi svenne, di nuovo – lo aveva deriso perché era andato lì tutto soletto. «Beh, non penso riderà più alle tue spalle d’ora in poi» Ron tirò fuori quel sorriso da scapestrato. «In effetti...» Passò del tempo, non saprei dire quanto, ma gli studenti e i fantasmi che ci passavano accanto a poco a poco divennero meno, e capii, o meglio: il mio stomaco capì, che era ora di cena. Passammo vicino alle clessidre che segnavano i punti delle case. La clessidra di Serpeverde era quella con più cristalli nella parte inferiore, e quella di Grifondoro era quella con meno, ma non per molto. La Sala Grande era già addobbata con i colori di Serpeverde: verde e argento. Non mi erano mai piaciuti quei colori, erano troppo freddi. Non che non mi piacesse il freddo, l’inverno era la mia stagione preferita, ma quei colori non esprimevano niente, se non l’anima vuota della maggior parte dei Serpeverde. Quando fummo seduti ai nostri posti di Grifondoro, molti ragazzi vennero a congratularsi con noi. Io ringraziai tutti, ma rimasi un po’ in parte. Come aveva detto il nonno, quello che era successo nella botola era segretissimo e quindi, naturalmente, tutta la scuola lo sapeva. ‘Naturalmente. Troppi avverbi!’ Nella vita c’erano troppi avverbi. Perché doveva esserci quel naturalmente? Anzi, perché esisteva la parola naturalmente? Non aveva senso. Era una parola insignificante, con un significato altrettanto futile, e... «Un altro anno è passato!» la voce del nonno rimbombò nella Sala Grande «E io devo tediarvi con una chiacchierata da vecchio bacucco, prima che possiamo affondare i denti nelle nostre deliziose leccornie. Che anno è stato questo! Si spera che adesso abbiate la testa un po' meno vuota di quando siete arrivati... E ora, avete tutta l'estate davanti a voi per tornare a vuotarvela, prima che cominci il nuovo anno...» fece una lunga pausa «Ora, se ho ben capito, deve essere assegnata la Coppa delle Case, e la classifica è la seguente: al quarto posto Grifondoro, con trecentododici punti; al terzo posto Tassorosso, con trecentocinquantadue punti; al secondo posto Corvonero, con quattrocentoventisette punti e al primo posto, con quattrocentosettantadue punti... Serpeverde!» Tutti i Serpeverde cominciarono a gridare e a battere le mani gioiosi, molti cappelli furono lanciati in aria. Alzai gli occhi al cielo, gioivano troppo presto. «Sì, sì, molto bene, Serpeverde» continuò il nonno «ma ci sono alcuni recenti avvenimenti che vanno presi in considerazione.» Per alcuni secondi la stanza piombò nel silenzio. «Primo, al signor Ronald Weasley...» Guardai Ron che era arrossito, fino a confondere il suo volto con i capelli. «Per la migliore partita a scacchi che si sia vista a Hogwarts da molti anni a questa parte, attribuisco al Grifondoro cinquanta punti.» Dal nostro tavolo partirono fischi d’ammirazione, e Ron divenne ancora più rosso. Dopo applausi e un Percy molto orgoglioso che si vantava di Ron, calò di nuovo il silenzio. «Secondo, alla signorina Hermione Granger... per avere usato freddamente la sua logica di fronte al fuoco, attribuisco alla casa di Grifondoro cinquanta punti.» Altri fischi ed esclamazioni. «Terzo, alla signorina Flora Silente...» cominciò. Spalancai la bocca. Avrebbe dato dei punti anche a me? «Per la sua scaltrezza, mentre altri erano in pericolo, attribuisco al dormitorio di Grifondoro cinquanta punti.» Sentii altri fischi e molte pacche sulle spalle ma non ci badai: non avevo ancora realizzato il tutto. Non mi aspettavo che il nonno mi assegnasse dei punti. «Esistono molti tipi di coraggio» disse il nonno sorridendo. «Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici. E pertanto... attribuisco dieci punti al signor Neville Paciock.» «Grande Neville!» sentii dire da Ron. Ok, non me l’aspettavo, ma dovevo riprendermi! «E per ultimo, ma non meno importante, al signor Harry Potter...» nella sala non si udì più volare una mosca. Ok, mi ero ripresa. «...per il suo sangue freddo e l'eccezionale coraggio, attribuisco al Grifondoro altri sessanta punti!» Tutta la tavolata si alzò in piedi, me compresa – anche se un po’ in ritardo – ed esultò. Avevamo vinto, ed io avevo contribuito! Il frastuono divenne sempre più assordante. Molti studenti ci davano pacche sulla schiena, congratulandosi. Io abbracciai forte Hermione. «Ciò significa» la voce del nonno sovrastò nuovamente tutto il baccano che facevamo «Ciò significa» ripeté «che un cambio di... arredamento – possiamo dire – è d’obbligo.» Alzò una mano verso le decorazioni verdi-argento che cambiarono, diventando di colorii caldi. Molto comuni per me: oro e rosso. Un gargoyle. Era solo una statua che si girava... perché mi spaventava così tanto? Feci un passo avanti, un passo molto incerto. Ne era conferma la mia gamba tremante. ‘Apriti.’ Non successe niente. ‘APRITI.’ Stesso risultato del precedente. Forse il nonno aveva messo un incantesimo per bloccare l’entrata. No, non era possibile. Forse ero io che non mi stavo concentrando abbastanza. Ci riprovai più e più volte. Risultato nullo. Devo decidermi o apro la porta o me ne vado via: oggi è l’ultimo giorno, se non lo faccio ora non lo farò prima del prossimo anno pensai. Rimasi ancora ferma per qualche secondo e poi girai su me stessa per tornare nel dormitorio dei Grifondoro. La mia tasca si mosse, Shade si mosse. Uscì velocemente da quello che era stato il suo nascondiglio per tutto l’anno, e mi si piazzò davanti, impedendomi di proseguire. Scosse il minuscolo capo in segno di dissenso. “Devi andarci.” “No.” “Si. “ “Non voglio. E non riesco.” “Ma devi...” Sentii un rumore di passi provenire a dietro di me. Dalla camminata era una sola persona. La persona non era impacciata o altro, e sicuramente la persona non era uno studente. La persona si schiarì la voce. ‘Oddio, no!’ La persona si fermò. ‘Ce la posso fare. Ce la posso fare.’ “Ce la puoi fare.” Shade entrò lentamente nella mia tasca sistemandosi per bene, com’era suo solito fare. Mi girai lentamente. ‘Per tutti i folletti, non ce la posso fare!’ “Sì, invece.” «Flora.» Disse solo una parola, che però mi fece tremare le gambe. «Ciao» dissi abbassando la sguardo sulle punte delle mie scarpe. Lui non rispose. Dovevo iniziare io la conversazione, avrei preferito essere interrogata in storia della Magia su tutto il Comportamento dei Lupi Mannari del 1965. «Volevo parlarti» cominciai iniziando a giocare con i miei capelli. «Come mai non sei venuta nel mio studio?» chiese perplesso. «Non sono riuscita ad entrare...» risposi e poi aggiunsi sottovoce «penso che centrasse con il fatto che non avevo tanta voglia di venire.» «Beh, adesso puoi parlarmi, cosa volevi dirmi?» «Volevo dirti che mi dispiace» poche e semplici parole. «Per cosa?» mi domandò. «Per essermela presa con te, quella sera: non dovevo. Ero arrabbiata con me stessa e non riuscivo a... controllarmi.» Me ne ero accorta solo in quel momento. Avevo avuto un momento di crisi e non ero riuscita a controllarmi. Non avevo pensato a niente, se non altro che ero arrabbiata con me stessa e quindi con il mondo intero. «Flora, tutti abbiamo dei momenti di cedimento. Tu eri arrabbiata con te stessa, e hai avuto un crollo emotivo. Magari non sei avvezza ad avere questi momenti di debolezza, ma – e non per sconsolarti – ma ne avrai altri. Sei ancora giovane e hai una lunga vita davanti. Forse più lunga della mia...» ‘Quanta comprensione.’ Non me l’aspettavo. «Se fossi stata io, non mi sarei comportata così...» «Ma io invero, non sono te. Se fossi te, starei tutto il giorno a saggiare le risorse dei miei poteri» spiegò con un sorrisetto divertito, mettendomi una mano sulla spalla. In quel momento seppi che mi aveva perdonato. Feci un passo verso di lui e lo abbracciai. Lui, a mi abbracciò a sua volta. Perché non riuscivo mai a coglierlo alla sprovvista? Mi sarebbe piaciuto vederlo sorpreso almeno una volta. «Aspetta... forse hai una giratempo. Ecco come fai a non sorprenderti mai...» sussurrai quel pensiero. Avevo sussurrato troppo forte, quindi soffocai le ultime parole nelle pieghe della tunica del nonno. «Non ti chiederò in che modo sei arrivata a questa deduzione, ma sappi che sono molto intuitivo.» Cavolo, aveva sentito. ‘Me e la mia stupida boccaccia che non sa sussurrare.’
   
 
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