Film > Miss Peregrine - La casa dei Bambini Speciali
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Autore: Soly_D    10/01/2017    1 recensioni
#01. E bruciare per te − «Eri geloso di Abe e lo sei anche di Jake. Perché, Enoch?».
#02. Il più bel 3 settembre 1943 di sempre − A Olive era sempre piaciuto aiutare Enoch nel suo laboratorio.
#03. Promesse di matrimonio − «Vorresti sposare Jake?».
#04. Un futuro da costruire insieme − «Saresti potuto morire!».
#05. Di draghi e principesse − «È vero quello che mi hai detto a casa? Non vuoi più essere mia amica?».
[Raccolta Enoch/Olive♥]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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He saw the darkness in her beauty,
she saw the beauty in his darkness.





#02. Il più bel 3 settembre 1943 di sempre



A Olive era sempre piaciuto aiutare Enoch nel suo laboratorio: gli passava le pinze e le forbici, metteva in ordine i barattoli sugli scaffali, puliva il tavolo a lavoro completato. Come ricompensa, Enoch le concedeva di assistere alle battaglie tra i suoi burattini e, di tanto in tanto, un “grazie” appena udibile accompagnato da un vago sorriso. A Olive bastava quello, o almeno se lo faceva bastare, in attesa del giorno in cui Enoch l’avrebbe guardata con occhi diversi.
Tuttavia era da un paio di giorni che lui la teneva fuori dal suo laboratorio. «Sto lavorando ad un progetto molto importante, non voglio distrazioni», le aveva detto con tono perentorio. Olive non sapeva se sentirsi offesa o lusingata da quelle parole perché il fatto che Enoch la considerasse una distrazione poteva significare due cose: o che talvolta la sua presenza lo attirasse più delle marionette (e in tal caso , Enoch cominciava a guardarla con occhi diversi, e Olive non poteva che esserne felicissima) o che la considerasse un peso, un ostacolo che gli impediva di concentrarsi totalmente sul suo lavoro. O forse entrambe, Olive non riusciva proprio a capirlo. In qualunque caso, opporsi alla volontà di Enoch sarebbe stato del tutto inutile, quindi decise che avrebbe atteso pazientemente che terminasse da solo il suo lavoro.
Una settimana dopo, le cose non sembravano affatto cambiate. Enoch passava giorni interi chiuso nel suo laboratorio, uscendo solo per dormire e mangiare; inoltre era diventato più burbero e taciturno del solito e, se qualcuno in casa gli chiedeva cos’avesse, lui rispondeva sbuffando e sbattendo le porte.
Olive cominciava ad essere seriamente preoccupata. Non aveva mai visto Enoch così indaffarato e nervoso, e inoltre moriva dalla curiosità di sapere a cosa stesse lavorando. Stanca di aspettare, preparò un vassoio con una tazza di tè scaldata con le sue stesse mani e qualche biscotto di quelli appena sfornati, e si appostò sotto la porta del laboratorio. Esitò qualche secondo prima di bussare. Non era sicura che fosse un buona idea − Enoch le aveva espressamente raccomandato di non disturbarlo per nessun motivo, Spettri e Vacui a parte − ma quello era l’unico modo per verificare che andasse tutto bene e magari estorcergli anche qualche informazione sul suo progetto.
Bussò piano e un lieve toc toc risuonò nel silenzio del corridoio. Enoch non rispose, probabilmente non l’aveva sentita, quindi Olive bussò in maniera più decisa e finalmente uno scocciato «Sì?» venne fuori dall’interno della stanza.
«Sono io... Olive. Mi chiedevo se ti andasse un tè. Sei lì dentro da stamattina, non sei nemmeno un po’ stanco?».
Enoch rispose con un sospiro e un flebile «Entra».
Olive, soddisfatta, aprì la porta e se la richiuse alle proprie spalle. Con un sorriso stampato sul volto raggiunse il tavolo da lavoro di Enoch, come sempre disseminato di parti di bambole, cuori di animale e attrezzi sporchi di sangue. Olive non si impressionò: ci aveva ormai fatto l’abitudine a tutto quello. Anzi, se all’inizio il gusto di Enoch per il macabro la inquietava, con il passare del tempo osservarlo ridare vita a esseri inanimati e organizzare combattimenti all’ultimo sangue era diventato parecchio divertente.
Ciò che in quel momento spiccava al centro tavolo era un fagotto bianco. Olive capì immediatamente che Enoch si era premurato di nascondere il suo lavoro poco prima che lei entrasse e questo la incupì a tal punto da toglierle il sorriso. Significava che Enoch non si fidava di lei e questo non andava bene. Tolta la fiducia, che era alla base della loro amicizia, cos’altro le rimaneva? Tuttavia si impose di non far trasparire la delusione, quindi poggiò il vassoio in un angolo libero del tavolo e piantò lo sguardo su Enoch.
«Allora, come procede il lavoro?».
«Procede», rispose allusivo il giovane O’Connor, afferrando un biscotto e sgranocchiandolo con aria annoiata.
Olive non si lasciò scoraggiare. «Dev’essere parecchio importante per te... deduco che non è un semplice burattino da combattimento».
«No, non lo è», rispose Enoch, afferrando la tazzina del tè.
«Mi chiedevo...». Olive si morse le labbra, incerta se continuare o meno, «mi chiedevo se potessi dirmi di cosa si tratta. Solo un piccolo indizio», e mimò con il pollice e l’indice una quantità invisibile. «Prometto che non ne faccio parola con gli altri! Sarò muta come un pesc−».
«AAAH, SCOTTA!».
Enoch aveva spalancato gli occhi e la bocca: con una mano teneva ancora la tazzina bollente e con l’altra si sventolava il viso rosso come un peperone, cercando di placare la sensazione di bruciore.
«Oddio, Enoch, mi dispiace tanto!». Olive scattò verso di lui per aiutarlo, ma Enoch si ritrasse all’istante, come se anche Olive scottasse [eppure lei non avrebbe mai, mai potuto fargli del male]. La fulminò con lo sguardo, prese il vassoio con il tè e i biscotti, e glielo ficcò tra le mani.
«Fuori dal mio laboratorio. ORA».
Olive sentì gli occhi pizzicare. Enoch non era mai stato così brusco, o almeno non con lei.
«Ma io volevo solo...», tentò, allungando una mano verso di lui.
«Ho detto fuori!».
A quel punto, a Olive non restò altro che voltarsi e andarsene via con la coda tra le gambe. Non era la prima volta che un evento del genere accadeva − Miss Peregrine continuava a ripeterle che “A nessuno piace il tè bollente”1
ma Olive, nel prepararlo, aveva la sensazione che fosse sempre troppo poco caldo − e tuttavia Enoch non si era mai arrabbiato tanto. Le poche volte in cui gli era successo di scottarsi le aveva chiesto un bicchiere d’acqua fresca e le aveva detto di non preoccuparsi.
Questa volta Olive si rendeva conto di aver combinato un pasticcio, peggiorando una situazione già di per sé spiacevole. Sperò con tutto il cuore che il suo rapporto con Enoch non ne fosse uscito irrimediabilmente compromesso perché non lo avrebbe mai sopportato.

***

Nei giorni a venire, Olive si chiese se non fosse il caso di andare a scusarsi con l’amico, ma l’indifferenza che le mostrava a tavola le suggeriva che forse lui non aveva nessuna intenzione di perdonarla, men che meno di rivederla nel suo laboratorio, almeno per ora.
Quel giorno, nonostante fosse il suo giorno dell’anno preferito − o meglio, il suo 3 settembre 1943 preferito − Olive si svegliò di pessimo umore. Strisciò fuori dal letto, si vestì e raggiunse la sala da pranzo dove l’aspettava una sontuosa colazione, un coro di “Tanti auguri a te!” e uno striscione con scritto “BUON COMPLEANNO, OLIVE” a caratteri cubitali appeso al caminetto, sotto il quale campeggiava una torre di pacchi di diverse dimensioni e colori. Dal giorno in cui aveva formato l’anello temporale, Miss Peregrine aveva ben pensato di tenere il conto dei giorni reali, così da permettere ai suoi amati bambini di festeggiare tutte le festività dell’anno. E quel giorno il calendario della casa dei Bambini Speciali segnava che fuori dall’anello era l’8 gennaio2, cioè il compleanno di Olive.
Come ogni anno, scoprire che i suoi amici e la direttrice non si erano dimenticati di organizzarle una festa non potè che scaldarle il cuore, tuttavia qualcosa − o meglio, qualcuno − le impediva di essere completamente felice. E quel qualcuno se ne rimase in disparte per tutta la festa lanciandole di tanto in tanto qualche occhiata... fino al momento di scartare i regali.

***

«Oh grazie, Horace, è meraviglioso!», esclamò Olive stringendo tra le mani il suo vestito nuovo, al quale avrebbe abbinato i raffinati guanti ricamati che le aveva regalato Miss Peregrine. Sul tavolo erano poggiati un vasetto di miele pregiato da parte di Hugh − oh, lei adorava il miele − e un mazzo di fiori profumati − girasoli, i suoi preferiti − da parte di Fiona, e altri regali altrettanto belli da parte degli altri membri della numerosa famiglia.
Olive si sarebbe sentita al settimo cielo se alla fine non si fosse resa conto che l’unico regalo che mancava all’appello era quello di Enoch. Per un attimo, solo per un attimo, pensò che lui, tutto preso da quel lavoro, si fosse dimenticato del suo compleanno o che, peggio ancora, fosse talmente arrabbiato con lei da non volerle fare nemmeno un misero regalo. Ma quando la sala da pranzo si svuotò e Enoch la afferrò per un polso borbottando «Il mio regalo è di là», Olive ritrovò finalmente il sorriso dopo svariati giorni e si lasciò guidare verso il laboratorio dell’amico, completamente dimentica di quanto le fosse costata l’attesa.

***

Quando furono dentro, Enoch chiuse la porta e raggiunse il tavolo da lavoro, accendendo la lampada, la cui debole luce illuminò una semplice scatola rossa. «Non ho fatto in tempo ad incartarla», le spiegò, ma a Olive poco importava: un momento con Enoch era sempre un momento speciale, indipendentemente da tutto il resto. Per di più notò che, oltre alla sedia di Enoch, ce n’era un’altra proprio di fronte al tavolo, messa lì apposta per lei. «Siediti», la invitò il ragazzo.
Incuriosita, Olive si accomodò e Enoch andò a sedersi dall’altra parte, cosicché si ritrovarono l’uno di fronte all’altro. Enoch la fissava in silenzio e Olive si ritrovò ad arrossire senza un vero motivo. Forse era la luce soffusa della lampada che illuminava solo i loro volti lasciando il resto della stanza in penombra, o magari era il fatto che si trovasse da sola con Enoch proprio il giorno del suo compleanno, o forse ancora l’impazienza che lui cercava inutilmente di nascondere dietro il volto serio. Fatto sta che a Olive quell’atmosfera, quell’intera situazione sembrava piuttosto... intima. Abbassò lo sguardo in imbarazzo e si lisciò le pieghe del vestito sulle ginocchia, attendendo la prossima mossa dell’amico.
«Avanti, apri», la incitò lui.
Olive si sporse in avanti e sollevò il coperchio della scatola che nascondeva un involucro di carta. Lo scostò con delicatezza, infilando le mani all’interno. Quello che si ritrovò a toccare era liscio e morbido. Quando lo estrasse dalla scatola, Olive inarcò le sopracciglia e si lasciò sfuggire un «Oh» di stupore.
Era la bambola più bella che avesse mai visto: i riccioli biondi ricordavano i capelli di Claire, sul viso roseo e paffuto erano incastonati un paio di splendidi occhi azzurri che sembravano osservarla con curiosità; un vestitino rosa e un paio di scarpette nere contribuivano a rendere quella piccola figura ancora più dolce e realistica.
Che stupida era stata a credere che Enoch si fosse dimenticato del suo compleanno!
Con gli occhi liquidi di felicità, Olive aprì la bocca per ringraziarlo, ma lui la bloccò indicandole la superficie del tavolo. «Poggiala qui».
Olive eseguì. La bambola riusciva a mantenersi sulle proprie gambe e Enoch si sporse verso di essa, sussurrandole nell’orecchio qualcosa che Olive non riuscì ad udire. Un secondo dopo, come per magia, la bambola sollevò piano la testa, osservando Olive con i suoi occhioni blu, come se fosse viva, e prese a muoversi nella sua direzione, un passo dopo l’altro, in maniera del tutto naturale, nulla a che vedere con i gesti veloci e meccanici delle tipiche marionette di Enoch.
Quando le arrivò di fronte, la bambola si fermò, sollevò piano un braccio posando la sua manina sulla guancia di Olive e la sfiorò delicatamente fino al mento. Totalmente ipnotizzata, Olive chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare: l’aveva capito, finalmente, che era quello il progetto a cui Enoch aveva lavorato per giorni interi, tenendola lontana affinché non lo scoprisse. Quando riaprì gli occhi, Olive lo guardò ed ebbe come la sensazione che quella dolce carezza gliel’avesse fatta lui, che in qualche assurdo modo Enoch fosse stato in grado di trasferire nella bambola non solo la sua volontà, ma anche i suoi sentimenti – amicizia, amore o magari entrambi, ma che importava? Olive poteva sentirli proprio lì, tra la pelle della sua guancia e il palmo della mano della bambola. Gli occhi le si inondarono di lacrime.
«Progettavo questa bambola da un mese. Non immagini quanto sia stato difficile renderla vagamente... carina».
Tirando su col naso, Olive sorrise intenerita. Era innegabile che i burattini di Enoch avessero sempre avuto un aspetto terrificante: un teschio al posto della testa, un arto più lungo e uno più corto, il petto squarciato che nascondeva il cuore di un animale, zampe di gallina o chele di granchio al posto delle dita. Eppure quella bambola era semplicemente perfetta. All’inizio Olive ne era rimasta stupita: non credeva che le mani di Enoch, abituate a costruire rozze marionette soldato, potessero dar vita ad un qualcosa di tanto bello. Ma in quel momento non potè far altro che ricredersi e rimproverarsi mentalmente per non esserci arrivata prima: nonostante fosse il ragazzo più burbero e scortese della casa, Enoch aveva un cuore d’oro e quella bambola ne era la dimostrazione.
«L’ho smontata e rimontata parecchie volte, non ero mai soddisfatto del risultato finale. E per questo me la prendevo con tutti voi, in particolare con te, Olive. Temevo che non fosse all’altezza delle tue aspettative. Mi dispiace per come mi sono comportato, spero che tu mi possa perdonare».
E a quel punto Olive non potè far nulla per impedire alle lacrime di colare lungo le guance. In una frazione di secondo mise da parte la bambola, si alzò e girò intorno al tavolo fino a raggiungere Enoch. Gli strinse il viso tra le mani e si chinò a baciargli la fronte. «Stupido». Un bacio sul naso. «Stupido». Un bacio sulla guancia. «Stupido». Poggiò la fronte contro quella di Enoch e sorrise. «Non hai nulla di cui scusarti, è senza dubbio il regalo più bello, più bello che tu potessi farmi».
«Tu sei bella». Enoch l’aveva sussurrato appena, ma Olive riuscì a sentirlo ugualmente, e quello le bastò per avere il coraggio di poggiare le labbra su quelle di Enoch e infine baciarlo con tutto l’amore di cui era capace. E quando avvertì Enoch risalire con le mani lungo la sua schiena e invitarla a sedersi sulle proprie gambe per approfondire il bacio, Olive pensò che ne era valsa la pena aspettare e lottare e crederci fino in fondo, se quello era il sapore della felicità.
Quello fu indubbiamente il più bel “3 settembre 1943” – o “8 gennaio” o “compleanno”, che dir si voglia − della sua lunga vita di Speciale.


«Enoch, la bambola ci sta fissando».
«Ma no, non credo».
«Ti dico di sì».
Enoch guardò oltre la spalla di Olive.
Gli occhioni azzurri della sua creatura gli restituirono uno sguardo malizioso.
«...Hai ragione».
Un sussurro e la bambola si rimise a dormire nella scatola.
«Dov’eravamo rimasti...?»
Un sorriso e un bacio, poi un altro e un altro ancora.









1 “A nessuno piace il tè bollente” (Miss Peregrine a Olive, nel film)
2  8 gennaio: compleanno di Olive (trovato su tumblr)

Note dell'autrice:
L'altro giorno ho pubblicato il primo capitolo come storia unica, poi mi sono venute in mente altre idee e ho deciso di trasformarlo in un'intera raccolta. Mi sono letteralmente innamorata di questa coppia e non credo che mi passerà tanto facilmente :'D credo inoltre che pubblicherò anche qualche altra fanfiction a parte, magari su Jake ed Emma, così anche Miss Peregrine avrà il suo piccolo fandom ♥
Se qualcuno passa di qui, un breve commento non mi dispiacerebbe :)

La regina degli sfigafandom
Soly Dea

  
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