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Autore: Ormhaxan    10/01/2017    7 recensioni
«I am the son and the heir of a shyness that is criminally vulgar, I am the son and heir of nothing in particular.»
È il 1985 a Londra e tra le strade della City si propaga la musica degli Smiths, simbolo di una generazione incasinata, affamata di vita, di riscatto e successo.
È il 1985 e Andrea fa del suo meglio per arrivare a fine mese, destreggiarsi tra un lavoro in un pub a Camden Town, pagare le bollette entro la scadenza e non finire fuori corso. La sua vita da ragazza di ventidue anni procede tranquilla, tra un turno di lavoro estenuante e una birra tra amici, fino a quando una serata come tante la sua migliore amica, Zoe, non fa un annuncio che lascia tutti di stucco: è finalmente entrata a far parte di una rock band, di cui diventerà la cantante, grazie a un annuncio trovato in un negozio di musica. Da quel momento, nulla sarà più come prima e il destino di Andrea deciderà di intrecciare i propri fili con quelli di altre persone quasi del tutto dimenticate, con la vita di un ragazzo scostante e apparentemente insignificante che vive esclusivamente per la musica.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Londra, 1985





Alza il bavero del pesante cappotto scuro e aumenta il passo. Lip alza lo sguardo al cielo, osserva le nuvole scure e compatte che si distendono a perdita d’occhio come un mare di fuliggine, constatando suo malgrado che quella non è la classica pioggia inglese, ma un temporale con i fiocchi.

A Londra da meno di un giorno e già un bel temporale di fine autunno. Spero solo di non prendermi un raffreddore, perché Ned non mi farà da balia.

Ha comunicato il suo arrivo a Londra cinque giorni prima con una chiamata internazionale dalla Germania, dove si trovava da oramai tre mesi, che era costata un occhio della testa sia a lui, ospite di amici che aveva dovuto rimborsare fino all’ultimo centesimo per quella notevole spesa, che a suo fratello.
Edward è stato sorpreso di sentirlo: Lip non è mai stato un tipo da telefonate, da sempre preferisce a queste lunghe e dettagliate lettere spedite nei momenti e dai posti più assurdi, ma quando il minore aveva annunciato il suo ritorno in patria, stanco di girovagare il mondo come un gitano insieme alla loro madre, indipendente fotografa con due divorzi alle spalle e uno spirito libero, Ned non si era tirato indietro e aveva accettato subito di prenderlo in casa e dividere, momentaneamente, lo stesso tetto.
Edward è sempre stato come loro padre, ligio al dovere e fedele fino alla morte alla famiglia, ai principi che fanno di una persona un vero uomo, un padre di famiglia. Loro padre non ha mai accettato il divorzio, la scelta della moglie di voler essere libera da quella prigione dorata che, senza cattiveria, lui le aveva costruito attorno; ancor meno ha accettato o compreso la scelta di Lip, allora dodicenne, di andare con la madre in giro per il mondo, anche lui impaziente come lei di lasciare la caotica Londra e immergersi a capofitto nel fluire del mondo, dei suoi colori e dei suoi suoni, delle sue civiltà e dei suoi curiosi linguaggi.
Solo Ned era rimasto a Londra, quattordicenne dalla mente sveglia e pupillo di suo padre, che per lui sognava una carriera accademica in una delle università più prestigiose del paese – Oxford o Cambridge — il riconoscimento di una mente arguta e brillante.
Ha fatto strada, Edward: si è laureato con lode in Letteratura e, meno di un anno dopo, si ritrova a condividere la cattedra di Storia Medioevale alla UCL; molti, nell’ambiente, sostengono che tale carica sia stata ottenuta grazie all’influenza di suo padre, papabile futuro rettore della Royal College of Art, ma Lip è certo che quella posizione Edward se la sia meritata. Suo fratello è un genio, lo è sempre stato; ha una mente brillante, attenta, una fame di conoscenza che lo ha portato a laurearsi prima di tutti gli altri del suo corso.
Merita il meglio, Edward, perché è lui il migliore dei due. Lo è sempre stato e sempre lo sarà.
 
Un ragazzo coperto da capo a piedi saetta alla velocità della luce su di una bicicletta sgangherata, in spalle una custodia di quello che, in un primo istante, pare un basso o una chitarra. Va veloce come il vento che in quel momento sferza il viso di Lip eppure non abbastanza per impedire alla mente del ragazzo di ripensare, dopo tanti mesi, a una sua vecchia conoscenza londinese.
Sono passati quasi due anni dall’ultima volta che ha visto o sentito Leslie, quella folle bassista dal colore di capelli sempre diversi con cui, spesso, si è ritrovato a suonare sia per noia che per passione; la musica è sempre stata una costante della vita di Lip, nella sua mente l’immagine di una chitarra strimpellata viene ancor prima di un libro, del saper leggere o scrivere, e in cuor suo ha sempre sognato di poter vivere di quello.
Non che diventare una rock star gli interessi; Lip non vuole diventare il prossimo Keith Richards o il futuro Jimmy Page, semplicemente vuole vivere facendo ciò che più lo fa sentire vito, senza rimpianti.
Si domanda, a pochi isolati dalla casa di suo fratello, se Leslie suoni ancora, se sia interessata a un chitarrista, fondare una sgangherata band, a fare le cose sul serio; gli piacerebbe suonare con lei, con quella ragazza mezza pazza che non ha paura di nulla, che suona il basso con tutta l’energia che ha in corpo. Insieme sarebbero una forza e con un buon batterista e un cantante abbastanza carismatico…

Meglio non costruirsi castelli in aria: non sa ancora come rintracciarla, in effetti non sa niente di niente; la sua mente, come al solito, è stata precipitosa e si è fatta prendere dall’entusiasmo delle fantasticherie da sempre definite da suo padre come sciocche.
La verità, la triste e crudele verità, è che non ha un lavoro, in tasca ha circa cinquanta sterline, tutto ciò che gli è rimasto dopo settimane di bagordi e nessuna idea su cosa fare della sua misera e disastrata vita.
Dopo tutto, non a caso lui è sempre stato il fratello problematico, quello che ha lasciato gli studi dopo il diploma, che non ha mai saputo fare altro se non suonare la chitarra.

 

**


Edward accoglie il fratello minore sulla soglia della porta del suo appartamento piuttosto spazioso. Non vede Lip da un anno, non ha idea di cosa abbia combinato in Germania in tutto quel tempo, tantomeno cosa o chi lo abbia convinto a tornare a Londra.
Lui ha sempre odiato Londra, il suo trambusto, la gente troppo grigia e troppo concentrata sulla sua vita per accorgersi di guardarsi intorno; non ha mai sopportato il loro padre, spesso si è scontrato anche con lui, eppure adesso è tornato ed Edward non ha idea di quanto tempo rimarrà là o cosa farà.
Sinceramente, non ha neanche avvisato suo padre del ritorno del figlio minore, troppo preoccupato di una sua reazione spropositata, della reazione di Lip. Suo fratello non accetterebbe mai l’aiuto del vecchio, di questo ne è convinto, così come il vecchio non riuscirebbe a prodigarsi per mettere qualche buona parola qua e là, immischiarsi nella già incasinata vita di suo figlio.

Lip non è come me, non lo è mai stato. Lui è uno spirito libero, un giovane uomo a cui le regole non sono mai piaciute. Lip è come nostra madre.

Quando i loro occhi si incontrano, Edward nota subito l’espressione infreddolita sul suo volto, il naso simile al suo completamente arrossato dal freddo e pensa che mettere dell’acqua per il thè sul fuoco sia stata una grande idea. Non ha idea di quanti chilometri si sia fatto a piedi, di quanto le sue mani e i suoi piedi siano freddi; il vento di Londra è ancor più freddo di quello tedesco, totalmente diverso da quello dell’Africa o dell’Oriente. Lip dovrà farci l’abitudine e presto.
«Ciao, fratellino! – esclama con un sorriso sornione e le braccia incrociate — Pensavo ti fossi perso tra le strade della City.»
«Quei dannati taxi neri sono più lenti di quanto ricordassi. Sono certo che l’indiano, o qualsiasi fosse la sua nazionalità, abbia allungato il percorso di proposito. – risponde, sfregandosi le mani guantate – L’ho costretto a fermarsi a metà strada e ho fatto a piedi l’altra restante. Per rimanere in forma, sai…»
Edward scuote la testa: «Ora capisco perché sei magro come un chiodo. – lo squadra da capo a piedi — Ti trovo bene.»
«Tu, invece, sei sempre il solito impettito. Un fottuto cockney della classe abbiente.»
 
Si scambiano uno sguardo complice e, scostandosi, Edward fa accomodare Lip in casa. Entrambi, una piccolissima parte di entrambi, vorrebbe abbracciare l’altro; entrambi, però, non sono inclini agli slanci di affetto e alle smancerie. Su questo, sono uguali al padre.
Lip si guarda intorno mentre appoggia sfila lo zaino e poggia la custodia rigida in cui è conservata la sua chitarra, una Gibson Les Paul gialla e arancione del ’75 che sua madre gli ha comprato per i suoi diciotto anni.
È la sua piccola bambina, il suo tesoro più prezioso e Lip la custodisce da sempre come un amante geloso della propria donna. A nessuno è permesso suonarla, anche solo sfiorare le sue corde, i tasti in madreperla; solo Ned l’ha suonata una volta, durante le feste di Natale passate insieme a Londra cinque anni prima, strimpellata per pochi secondi in un modo talmente orrendo che a Lip è venuta la pelle d’oca e una gran voglia di maledire il fratello.

«Non c’è che dire: un’ottima casa. Mi domando quanto nostro padre l’abbia pagata.»
Ned aggrotta la fronte, per nulla contento di quella frase: «Nostro padre ha pagato solo la metà e solo perché ha insistito. Io, invece, sto pagando il resto con il mio stipendio di assistente universitario. – asserisce piccato, guardando torvo Lip — E, se proprio vuoi saperlo, non credo sia giusto che il vecchio venga tenuto all’oscuro di tutto. Sei sempre suo figlio.»
«Sarà, ma sei sempre stato tu il suo preferito. E questo anche prima del divorzio. — Lip si lascia cadere a peso morto sul divano in pelle del salotto dalle pareti beige — Inoltre, non si è mai interessato troppo alla mia vita, ai miei interessi, degli interessi che lui ha sempre osteggiato e ritenuto bizzarri. Proprio come quelli di mamma.»
«Questo non toglie che ti vuole bene. – incalza nuovamente Ned — Inoltre, come giustamente hai fatto presente, questa è anche casa sua e io non ho intenzione di ospitarti alle sue spalle. Se dovesse chiedermelo, io non mentirò per te.»
Lip ghigna: «Da te non mi sarei mai aspettato niente di meno. – intreccia le braccia dietro la nuca, mettendosi comodo — Nonostante questo, per quanto sia assurdo, sono contento di essere qui e di poter avere finalmente una sana relazione tra fratelli.»
«Questo significa che resterai qui per molto?»
«Perché, vuoi già sbarazzarti di me, fratellone?»
Edward si gratta la nuca: «Che stronzate vai dicendo? Certo che no. Sei mio fratello, questa sarà anche casa tua se lo vorrai, ma vorrei anche sapere cosa ti frulla per la testa.»
«Sinceramente? — domanda retoricamente — Non ho ancora un piano, ma di una cosa sono certo: fare il gitano mi ha stancato, così come stare dietro i casini di nostra madre, a ritmo della sua scapestrata vita, sempre a cambiare un uomo dopo un altro. Un divorzio dopo l’altro. Ho voglia di stabilità e dove cercarla se non qui, da mio fratello?»
«In questo caso è meglio che tu inizi a pensare a trovare un lavoro serio, perché non ho intenzione di provvedere al tuo flaccido culo piatto per i prossimi mesi.»
«Sì, Professore!»
«Fanculo, stronzetto!»
«Crepa, idiota!»
Edward ride: «Mi sei mancato, Lip.»
«Anche tu mi sei mancato, Ned.»
 

**
 


In piedi con una tazza fumante tra le mani, Lip osserva curioso l’ampia libreria stracolma di libri perfettamente impilati negli scaffali. Ne legge i titoli, alcuni noti e altri mai sentiti nominare, quando il suo sguardo cade sulle fotografie incorniciate in portafoto di metallo sullo scaffale centrale: una raffigura Ned e sua madre il giorno della sua laurea, avvenuta qualche anno prima, l’ultima volta in cui si sono rivisti tutti e quattro insieme; un’altra raffigurava loro due da piccoli, mentre giocavano in spiaggia. Lip ricorda perfettamente quell’estate: aveva sei anni e Ned ne aveva otto; insieme ai loro genitori, erano partiti per due settimane per un viaggio in Italia, nella calda Roma. Là, tra un barboso museo e un altro, avevano ritagliato un’intera giornata in spiaggia, in una città vicina alla capitale, dove avevano preso una cabina e un ombrellone. Di quel giorno ricorda il caldo, il vociare degli italiani, sempre così rumorosi ma simpatici, le onde del mare, i castelli di sabbia costruiti con fatica insieme a suo fratello e i sorrisi dei loro genitori, all’epoca ancora felici e innamorati.
Sorride malinconicamente, passando alla foto successiva racchiusa in una cornice laccata di bianco che raffigurava suo fratello con due amici, un ragazzo con una zazzera di capelli neri e una ragazza con lunghi capelli biondi e il viso ovale.
La ragazza è di una bellezza particolare, indossa un chiodo di pelle e dei jeans scuri; ha delle scarpe da ginnastica, una pesante sciarpa che le nasconde parte del mento e sorride spensierata. Si domanda se suo fratello li frequenti ancora, se la frequenti ancora, perché qualcosa dentro di sé gli dice che quella tipa è particolare, qualcuno che vale la pena conoscere, avere come amica. O semplicemente portare a letto.

«Chi sono? – chiede, continuando a fissare la foto – La ragazza è carina: te la sei scopata?»
«Lip! – Ned lo riprende, sentendosi immediatamente bacchettone. Dopo tutto quello è suo fratello, pensa, e con lui può anche smettere di essere così ingessato — Cazzo, ma non sai pensare ad altro? E comunque no, non mi sono scopato Andrea.»
«È così che si chiama? Andrea?»
Ned annuisce: «Ci siamo conosciuti durante il liceo. Io facevo il quinto e lei il terzo; eravamo nello stesso club di letteratura e siamo diventati quasi subito amici. L’altro ragazzo è Justin, un nostro comune amico che adesso vive in America.»
«Anche lei si è trasferita in America?»
«No, curiosone, lei è ancora a Londra. Frequenta l’università e lavora in un pub come cameriera. Nonostante la borsa di studio e il lavoro in banca di suo padre è sempre stata una ragazza indipendente.»
«Indipendente, proprio come me. – Lip fece schioccare la lingua sul palato – Chissà, magari siamo spiriti affini.»
«Giù le mani, fratellino. – Ned tenta di simulare un tono scherzoso, ma dalla sua frase trapela fastidio, quasi gelosia – È una brava ragazza, una ragazza seria. Non fa per te.»
«Tranquillo, fratellone, tranquillo. – Lip scuote la testa e ride — Ti stavo solo prendendo in giro e poi neanche la conosco. Probabilmente non la conoscerò mai, visto che da quando sembra non la vedi o senti da un bel pezzo, quindi rilassati.»
«Piuttosto, – continua subito dopo — cosa mi hai preparato per cena? Muoio di fame.»
«Mi hai preso per una fottuta massaia? Se hai fame vai in cucina, sfoglia l’agenda con i ristoranti d’asporto e ordina qualcosa. Una pizza, magari, o del cinese. -  si inumidisce le labbra secche – Sai, ora che mi ci fai pensare ho proprio voglia di un riso alla cantonese.»


 

*

 
Angolo Autrice: Salve, gente! In questo secondo capitolo conosciamo i due protagonisti maschili di questa storia, i fratelli Lip e Ned. Entrambi, anche se diversamente, sono piuttosto incasinati e con un passato alle spalle non facile. Il ritorno di Lip porterà aria di cambiamento nella vita di Ned, un cambiamento che non sarà sempre positivo. Cosa ve ne pare di loro? Vi siete già fatti una prima idea? Sono molto curiosa! :3
Grazie, infine, a chi ha recensito il primo capitolo. Ho apprezzato moltissimo.

Alla prossima,
V.
  
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