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Autore: Helena Hufflepuff    11/01/2017    4 recensioni
Ted Tonks e Andromeda Black vengono da due mondi così distanti che sembra impossibile che si siano incontrati. Eppure niente, nemmeno la famiglia più intransigente sulle questioni di sangue, può niente contro l'amore vero.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La mia famiglia

La prima volta fu sul treno. Lui trascinava il suo pesante baule, cercando uno scompartimento libero sull’Espresso per Hogwarts, pochi minuti prima delle undici.

Non conosceva nessuno lì; del resto, come avrebbe potuto? Aveva scoperto solo poco tempo prima che era stato ammesso alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La cosa sembrava così improbabile che all’inizio i suoi avevano pensato a uno scherzo o chissà cosa; si fidarono solo quando una giovane donna rotondetta e dal sorriso contagioso si presentò alla porta con una pianta buffissima e cominciò a decantare le lodi del giardino, l’orgoglio di sua madre. Una volta ingraziatasi i genitori, raccontò loro della magia e del fatto che il loro bambino aveva le qualità giuste per diventare un ottimo mago nella loro scuola.

E così eccolo lì, per la prima volta in viaggio senza i suoi amati genitori, alla disperata ricerca di un posto dove accomodarsi: era un lungo viaggio, da Londra al cuore della Scozia! Chissà com’era…

Proprio mentre era perso in questa fantasticheria, si schiantò contro di lei .

“Scu- scusami, ero… ero distratto” borbottò diventando tutto rosso.

“Non fa niente, davvero” gli disse lei, aiutandolo a tirarsi su. I loro sguardi si incrociarono, e lui si sentì stranissimo. Cos’era quello sfarfallio alla bocca dello stomaco?... “Sei anche tu al primo anno, vero? Anch’io lo sono, mi chiamo Andromeda. Purtroppo il mio scompartimento è già pieno, se no ti inviterei a venire là con mia sorella, Bella. Sai già in quale Casa finirai? Io purtroppo sono certa che finirò in Serpeverde, tutta la mia famiglia è sempre finita lì… la nobile Casata dei Black va sempre in Serpeverde … e tu?”

“Mmm… Serpeverde?” azzardò lui, dato che gli sembrava che la sua nuova amica stesse parlando arabo.

“No, mi sa di no!” disse lei, scoppiando a ridere. “Non ti offendere, ma se tu sei un Serpeverde io sono una vecchia scarpa rotta!... Be’, mia sorella si starà chiedendo che fine ho fatto… le ho detto che andavo alla toilette, ma in realtà ho seguito la donna del carrello per comprare una Cioccorana. Ah, ho visto uno scompartimento pieno di primini maschi poco più avanti, sono certa che ti accoglieranno volentieri! Ci vediamo a scuola!” scavalcò il baule con una grazia da ballerina e corse lungo il corridoio.

“Ci vediamo… Andromeda”.

 

Lei fu tra i primi ad essere Smistati, e dopo un paio di minuti sotto il Cappello venne collocata nelle schiere Serpeverde. Ted non conosceva la fama sinistra di quella Casa, ma tramite le chiacchiere dei suoi coetanei aveva capito che non era il massimo finire lì. Non capiva il perché: certo, c’erano delle persone inquietanti a quel tavolo, prima tra tutte la sorella di Andromeda con le palpebre pesanti, Bellatrix, ma tutti potevano esserlo: quante volte s’era spaventato del suo stesso viso, appena sveglio di prima mattina!

Era così distratto a quei pensieri che quasi non s’accorse del professore che chiamava il suo nome.

Sotto il Cappello non vide niente, ma in compenso sentì una voce che gli disse: “Vedo che sei una persona gentile e di buon cuore, che sa amare e apprezzare la gente al di là delle apparenze. Mi raccomando, coltiva queste tue capacità, sono preziose. Ecco perché ti Smisto in TASSOROSSO!”

La tavolata piena di ragazzi dalle belle uniformi oronere lo accolse con un boato. Lanciò un’occhiata al tavolo di Andromeda: lei gli sorrideva, ma non appena lui ricambiò, distolse lo sguardo, mentre la sorella parlava con una smorfia al suo vicino. Sapeva di chi parlava: di lui, chiaramente Nato Babbano. Chissà perché, c’erano ragazzi che lo vedevano come fumo negli occhi… non tutti però!

E con questo pensiero confortante, dopo il discorso del Preside, cominciò ad affrontare la sua nuova vita ad Hogwarts.

 

Le stagioni e gli anni si susseguirono velocemente per Ted: l’eccitazione per tutte quelle novità iniziali si sostituì alla gioia di lavorare e aiutare tutti coloro che si sentivano spaesati come lui.

Era una bella giornata di primavera del quinto anno, e stava portando davanti a sé un enorme sacco di terriccio per mandragole dal magazzino alla serra.

“Ehi, bada a dove vai, lurido Mezzosangue!” Non aveva bisogno di vedere il viso per capire chi l’aveva apostrofato così: Bellatrix Black, palpebre pesanti e labbra arricciate come se avesse appena visto un cane morto sulla sua strada.

Lui non rispose e si allontanò: s’era accorto che negli ultimi tempi molti giovani, soprattutto Serpeverde e Purosangue, si stavano unendo ai Mangiamorte, un gruppo che riteneva che solo loro fossero i “veri” maghi. Che assurdità, borbottò mentre si metteva per bene il paraorecchie e cominciava a travasare le piantine nella tranquillità della serra. Ad un certo punto sentì una mano delicata sfiorargli la spalla. Quando si voltò, fece quasi cadere la Mandragola a terra per la sorpresa.

“Andromeda! Che ci fai qui?”

“Volevo… volevo parlarti” disse lei, insicura, mentre le guance le si colorivano.

“Dimmi pure”

“Magari quando avrai rinvasato quella mandragola, o le nostre urla si sentiranno fino a Londra!”

“Oh, giusto… scusa” Mentre sistemava la Mandragola e la copriva, si domandò perché ogni volta che c’era di mezzo quella ragazza faceva puntualmente la figura del cretino. Uffa.

“Cosa… cosa volevi dirmi?” chiese lui mentre appoggiava i due paraorecchie nella cesta apposita.

“Volevo… chiederti scusa. Mia sorella s’è unita ai Mangiamorte, ha un sacco di idee strane in testa, e Narcissa la segue molto da vicino, ma io… io non la penso come loro. Ecco, volevo solo che tu lo sapessi, e chiederti scusa per le loro offese” A queste parole, il viso di Andromeda passò dal rosa al rosso intenso.

“Ah, oh. Ok. Perfetto” fu tutto quello che lui riuscì a rispondere. Pensava che a quel punto lei se ne sarebbe andata così com’era venuta, invece sembrava lo stesse guardando con aria critica. “Ehm… devi dirmi qualcos’altro?”

“Hai tutta la divisa sporca” disse lei semplicemente. “Dato che Pozioni è tra poco, non hai il tempo di cambiarti… vuoi che te la pulisca io?”

“Sai fare gli incantesimi di pulizia? No, perché io sono completamente negato!”

“Consolati, io in Erbologia arrivo alla sufficienza stiracchiata per ancora non so bene quale miracolo. Nessuno è perfetto, no?” disse lei con un sospiro, mentre estraeva la bacchetta dalla tasca del mantello verde argento. “Gratta e netta! ” In un tocco, la divisa di Ted tornò come nuova. “Sai, se passi spesso in serra le possibilità sono due: o tieni una divisa di scorta nella borsa, o impari a pulirtela ogni volta.”

“Mi insegneresti?” chiese lui prima ancora di rendersi conto di quel che diceva.

Lei lo guardò per qualche secondo, poi gli sorrise e rispose: “Volentieri… Ted. Ma adesso corriamo, o una punizione con Lumacorno non ce la nega nessuno!”

 

Arrivarono in ritardo, e ricevettero la stessa punizione (eviscerazione di rospi). In quelle ore, e in quelle scarsamente proficue di incantesimi casalinghi, Andromeda e Ted cominciarono a parlare del più e del meno, a ridere e scherzare su tutto. Ted avrebbe voluto fare il grande salto, ma non poteva: aveva capito il pensiero del resto della famiglia di lei, e sapeva che loro non l’avrebbero mai accettato.

Arrivò il momento più temuto: i MAGO erano terminati ed Hogwarts con essi; lui non l’avrebbe vista mai più. Era il momento di buttarsi, così invitò Andromeda al limitare della foresta, al tramonto dell’ultimo giorno.

“Volevo ringraziarti per i tuoi appunti di Erbologia: senza non avrei passato l’esame!” le disse Andromeda. “E sai, sono molto orgogliosa di te: ieri il davanzale della Guferia che ti avevo assegnato era quasi decente. Ted, cosa c’è? Sei così taciturno…”

“Andromeda, è da un po’ che volevo… che tu… cioè io… noi… ed ecco…” Poi non riuscì a trovare le parole: così la baciò teneramente, e la sua risposta entusiasta lo riempì di gioia.

“Erano sette anni che desideravo farlo!” disse lui col fiato corto, sorridendogli con aria da idiota.

“Erano sette anni che aspettavo che ti facessi coraggio!” disse lei ridacchiando, mentre giocava coi capelli di lui. Come sarebbe stato bello restare così per tutta la vita, pensò Ted, ebbro di felicità.

Un suono brusco ruppe l’idillio. Un gemito, un soffio rabbioso, e una fuga precipitosa.

“Oh no!” Andromeda si staccò rapidamente da Ted, ma era troppo tardi: Narcissa l’aveva vista, e stava senza dubbio correndo per andare a scriverlo alla madre. Ted guardò nella sua direzione, e non appena capì la abbracciò mentre singhiozzava convulsamente, raggomitolata sul tappeto di foglie della foresta; poi la accompagnò fino all’entrata del castello e la lasciò andare.

 

Quella sera e il giorno dopo la cercò come un pazzo ovunque con lo sguardo, ma non c’era da nessuna parte: vide da lontano soltanto Narcissa, ma evitò accuratamente di passare vicino allo scompartimento Serpeverde. L’ansia lo attanagliava: sapeva che Andromeda era una donna forte, ma con una famiglia come la sua, non riusciva a non pensare al peggio.

Tornò a casa, sotto una pioggia battente, divorato dall’angoscia. Sua madre lo chiamò per cena, ma non rispose: non poteva mangiare, senza sapere come stesse lei. Così rimase in camera sua a rimuginare e a lambiccarsi il cervello, finché uno scampanellio all’ingresso non interruppe bruscamente il filo dei suoi pensieri.

“Ted, va’ ad aprire la porta, ho le mani nel detersivo!”

Ted, pur contrariato, andò all’ingresso, e lei era lì di fronte a lui: era bagnata fradicia, spettinata, aveva alcuni tagli sul viso e tremava come una foglia sotto il mantello della scuola. Ted la invitò ad entrare, e solo in quel momento si accorse che piangeva – e a giudicare dagli occhi, non aveva fatto altro per tutto il giorno.

“Oh santo cielo, che ti è successo?” disse lui mentre le sfilava il mantello e accendeva il caminetto con un tocco di bacchetta.

“Narcissa” disse lei, mentre si accomodava sulla poltrona, battendo i denti. “L’ha… l’ha detto a tutti. Mio padre voleva uccidermi subito. Mia madre m’ha detto che prima dovevo soffrire per… per purificarmi. C’ha pensato Bella. La Maledizione Cruciatus è il suo forte, ma ama anche scrivere, sai?” disse lei tremando, e le mostrò le braccia sanguinanti, piene di parole oscene incise sulla pelle. “Non ricordo bene come ho fatto… ma sono riuscita a scappare. Mi sono Materializzata da Jordan Macmillan, che m’ha detto dove vivevi, e poi…”

Lui la abbracciò; proprio in quel mentre arrivò sua madre con una tazza di tè. La lasciò sul tavolino, accarezzò la testa bagnata di Andromeda e le disse semplicemente: “Bevi, ti farà bene. Ti porto subito dei vestiti asciutti. Tesoro, sei a casa adesso”.

 

Ted le lasciò la sua camera, e sua madre si occupò delle ferite del corpo e dell’anima della giovane; dopo due settimane fu dichiarata fuori dalla fase critica, anche se era ancora debole.

“Grazie mille signora, per tutto. Ma ormai sono quasi guarita… forse è meglio se me ne vado”.

“Sciocchezze, cara. Non ti sei ancora ripresa del tutto, e poi non sei di alcun disturbo. E poi, dove andresti?”

“In realtà… non ne ho idea. Una Black rinnegata è una reietta, e suppongo che Bella non aspetti altro che trovarmi per farmi fuori”.

“C’è un solo modo perché tu non sia più tale” le disse Ted prendendole la mano.

“E come?” chiese lei.

“Diventa la signora Tonks, oggi” disse lui, d’impulso. Non sapeva dire perché, ma sapeva che era la cosa giusta. La madre si sfilò un anellino da poco dall’anulare e lo diede al figlio, che lo porse alla giovane ancora nel letto.

“Sì. Sì!” disse lei, gettandosi al collo di Ted, mentre lui le infilava l’anello al dito. La mamma, piangendo, disse: “Che bello averti in famiglia, figlia mia! Vado subito a cercare un pastore!” Ma i giovani già non l’ascoltavano più, persi nella loro bolla di felicità.

 

Si sposarono quella sera stessa, in casa Tonks. Erano solo gli sposi, i genitori di lui e Jordan Macmillan. Andromeda indossava l’abito da sposa della signora Tonks: le era corto e largo, ma agli occhi di Ted era la sposa più bella che avesse mai visto.

“Scusami, cara, tu meriteresti un matrimonio in grande stile, come si addice alla tua famiglia!”

“Ma non hai ancora capito? La mia famiglia sei tu” le disse lei baciandolo, radiosa.

   
 
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