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Autore: Tota22    12/01/2017    2 recensioni
Dopo una lunga separazione Maka e Soul si rincontrano per risolvere un mistero. Perché Soul è stato isolato in Oceania per tre anni? Perché la percezione delle anime di Maka è diventata sempre più difficile da controllare? Arma e Artigiana dovranno fare i conti con la loro risonanza perduta e con quei sentimenti che, per troppo tempo, sono rimasti sopiti nei recessi delle loro anime.
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.Toccata e Fuga



La stazione centrale di Adelaide, a quell'ora di notte, appariva un luogo spettrale e malinconico. Il vento freddo d'agosto non era d'aiuto a rendere l'ambiente più piacevole. La sala d'aspetto, poi, era illuminata da fastidiose luci bluastre, in netto contrasto con la penombra aranciata creata dai lampioni sulla banchina.

 
All'ingresso nella stanza gli occhi di Soul dovettero abituarsi al cambio di luminosità. Il ragazzo se li sfregò, spostando il ciuffo spesso e bianco che gli ricadeva sul viso.
Ormai portava i capelli piuttosto corti rispetto a tre anni prima, l'epoca in cui Maka lo prendeva in giro per i cerchietti che indossava durante gli allenamenti.
Nonostante fossero lunghi solo qualche centimetro sui lati, per combattere la calura che permaneva nel deserto indipendentemente dalle stagioni, ciocche ribelli gli coprivano comunque la fronte, ultime vestigia della sua chioma leonina.
 
Soul si grattò nervosamente la nuca, guardandosi intorno in cerca di Maka.
I sedili era quasi tutti vuoti, ad eccezione di due o tre viaggiatori notturni in attesa della coincidenza: un signore anziano dalla barba argentea che sonnecchiava sul sedile di fronte allo schermo della partenze, una ragazza bruna avvolta in una sciarpa pesante e un altro uomo che leggeva il giornale. Nessuna traccia della sua Meister.
Soul guardò il grande orologio appeso ad una delle pareti della sala, segnava le 22.35.
 
Lei doveva esserci, non era mai in ritardo.
 
Il ragazzo sentiva nello stomaco un macigno che diventava via via più pesante. L'ansia iniziò a pervaderlo e si ritrovò a fissare con sguardo vacuo il contenuto del distributore di snack che ronzava a pochi passi da lui. Durante il suo lungo viaggio in moto non aveva provato altro che febbrile trepidazione, mentre in quel momento una serie di dubbi lo assalivano. Era successo qualcosa a Maka? Perché tardava? La cartolina era forse uno scherzo?
 
Arrivò a pensare che forse lei non l'aveva riconosciuto ed era andata via. Magari, da fuori, aveva buttato un'occhiata veloce attraverso la porta a vetri della sala e l'aveva scambiato per un viaggiatore qualsiasi.
Soul si sentiva cambiato da quando era partito da Death City. Non solo perché era cresciuto di parecchi centimetri e il suo fisico mingherlino si era tramutato in una corporatura asciutta e muscolosa... era qualcosa al di là dell'aspetto fisico.
La sua facciata da ragazzo cool aveva lasciato spazio a una studiata calma, un'apatia che si rispecchiava nella sua postura, nel suo modo di muoversi, nell'espressione del suo viso. Era tornato a rinchiudersi nel suo mondo personale, maestro nel dissimulare emozioni, un camaleonte ben addestrato in grado di mescolarsi tra la gente e passare inosservato. Il che era tutto dire, dati i suoi tratti fisici a dir poco anomali.
 
Poco dopo averlo pensato, però, Soul si diede dello stupido. Assumere che Maka non lo riconoscesse era pura follia. Se sei legato così in profondità ad una persona, che importa se la pelle cambia quando l'anima è la tua impronta digitale?
Tuttavia i minuti passavano e in Soul l'angoscia aumentava; nel quarto d'ora, che gli sembrò il più lungo della sua vita,  qualche viaggiatore era entrato o uscito dalla sala d'aspetto, ma nessuno era colei che stava aspettando.
 
Ad un tratto sentì un tocco leggero sulla propria spalla, accompagnato da un brivido lungo la schiena. I suoi nervi erano in fiamme dalla tensione, si voltò di scatto e davanti a lui c'era una ragazza.
Era la stessa che era rimasta seduta al suo posto da quando era entrato nella stanza. Indossava dei jeans scuri molto stretti, stivali fino al ginocchio col tacco, neri come la giacca di pelle che aveva addosso. Una sciarpa rossa le copriva metà del viso e lunghi capelli corvini le nascondevano la fronte, scivolando ondulati sulle spalle.
Gli tese una mano guantata.
- Lei deve essere Soul Evans, giusto? Mi chiamo Monica Ray, grazie per avermi incontrata qui, mi manda suo fratello Wes. -
ll cuore di Soul fece un paio di salti mortali nella sua gabbia toracica. Tormento e sorpresa lo assalirono allo stesso tempo.
 
Chi Diavolo era Monica Ray? Dove si trovava Maka? Il mittente della cartolina era un'altra persona?
 
La voce della ragazza riverberò nella sua coscienza come una campana: gli era arrivata attutita dalla lana che avvolgeva il viso di lei fino al naso, ma la falce colse una sfumatura familiare.
Soul non rispose subito e rimase impalato a squadrare quella ragazza, cercando di capire come mai  dentro al suo petto sentisse una sensazione di calore e la sua anima vibrasse come una corda legata a un tasto del pianoforte.
Ci doveva essere un errore. Era forse una trappola? Suo fratello Wes non era il tipo da inviare qualcuno come un pacco per potergli parlare, dal momento che poi potevano sentirsi benissimo per telefono. Quella voce però... era così simile a quella di Maka e poi come spiegarsi quel fremito nella sua anima che presagiva la risonanza?

Ancora sconcertato dall'aspetto della ragazza, dato non combaciava con i ricordi della sua partner, Soul incrociò gli occhi di lei:  due pozze color verde oliva, inconfondibili.
Sì era proprio Maka e da sotto la lana della sciarpa il suo sorriso spuntava brillante come un gioiello.
 
Era caduto nel caso opposto del suo stesso timore, di qualche minuto prima, di non essere riconosciuto.
Soul guardò la ragazza bruna sconcertato e confuso, poi seguì lo sguardo apparentemente distratto di lei che si era fermato su uno dei viaggiatori seduto su una poltroncina, non molto lontana da loro. Lo sconosciuto li osservava di sottecchi, da dietro il giornale aperto ad arte davanti al viso, fallendo miseramente il tentativo di sembrare disinteressato.
 
Il ragazzo capì allora il motivo del travestimento di Maka e della messa in scena. Qualcuno li teneva d'occhio, la situazione era molto peggiore di quanto si aspettasse.
A quel punto, con naturalezza, Soul strinse la mano che Maka gli aveva porto, sfoggiò il suo migliore ghigno sbilenco e si preparò a reggerle il gioco.
 
- Lieto di incontrarla Monica. Come mai mio fratello la manda da queste parti, invece di scomodarsi di persona?-

- Immagino lei sappia che è molto impegnato, è nel mezzo del suo tour in Sud America. Ha preferito mandare la sua fidata assistente, vorrebbe comunicarle una notizia importante. - rispose lei con un occhiolino.

- Capisco, tipico di Wes...ha fame? Conosco un ristorante italiano che resta aperto fino a tardi...-

"Monica" rispose che aveva una fame da lupi e concordò sul fatto che chiacchierare davanti a una pizza era un'ottima idea.
 
Con passi svelti i due ragazzi uscirono dalla sala d'aspetto e si diressero verso il parcheggio dove Soul aveva lasciato la sua moto. Notarono subito con disappunto che il viaggiatore sospetto li stava seguendo.

Maka posizionò la sua borsa nel vano sotto la sella e indossò il casco che Soul aveva portato per lei. Una volta seduta dietro Soul, allacciò le braccia attorno alla vita del ragazzo con sicurezza, come quando erano abituati a viaggiare sulle strade polverose di Death City. Quell'abbraccio costretto sembrò a Soul frettoloso e per niente soddisfacente, quando gli sarebbe piaciuto assaporare il loro incontro con più calma. Sfortunatamente la situazione era piuttosto critica.
 Maka appoggiò impaziente la guancia vicino al colletto della giacca di Soul e gli sussurrò nell'orecchio:

- Vai verso sud, attraversando la strada principale, da lì ti guido io. Fai presto questo tizio non mi piace per niente -

Senza farselo ripetere due volte Soul partì sgasando, mentre un' auto parcheggiata vicino a loro accese i fari e mise in moto.
Sfrecciarono per il centro con l'ombra di una berlina nera sempre alle calcagna.
Il traffico era quasi assente, ciò li rendeva sfortunatamente molto visibili agli inseguitori.
Il ragazzo alla guida non conosceva le strade e si stupiva della meticolosità con cui la sua compagna gli descriveva gli incroci e le deviazioni successive. Era lì da molto allora, se conosceva bene l'urbanistica di Adelaide? Chissà per quanto tempo erano stati vicini senza che lui lo sapesse. Una smania lo assalì e accelerò quasi impennando, mentre Maka con un piccolo grido di sorpresa rinforzava la presa sui suoi fianchi.

Dopo una mezzora di giri in tondo, l'artigiana  gli indicò una stretta strada laterale, che Soul imboccò a folle velocità. Il ragazzo dovette frenare poi di botto per non schiantarsi contro il muro di una palazzina. Maka saltò giù agilmente dalla moto e si diresse verso l'ingresso malandato dell'edificio.

- E' un vicolo cieco! Che ti è saltato in testa?-

- Fidati di me, presto da questa parte -

Proprio mentre i fari dell'auto scura illuminavano l'imboccatura del vicolo, Soul e Maka trascinarono per il manubrio la moto di Soul dentro il palazzo, da un portone troppo piccolo per lasciar passare una macchina. Dopo aver attraversato uno scantinato buio i due rispuntarono dall'altro lato, su una strada parallela alla precedente.
Avevano seminato la berlina e, dopo un altro quarto d'ora di strada, finalmente Maka indicò a Soul un parcheggio ben nascosto, nei pressi del porto di Adelaide, dove poter lasciare la moto.
La ragazza lo portò a piedi all'interno di un altro edificio antico e malmesso che sembrava abbandonato da parecchi anni.
Scesero numerosi rampe di scale ricoperte da muffa e ciarpame fino al piano interrato. Maka tirò fuori dalla borsa delle chiavi arrugginite e aprì l'unica porta presente sul pianerottolo.

- Lo so... non è il massimo ma almeno qui possiamo stare tranquilli. -

L'appartamento era piccolo, praticamente un monolocale, arredato con mobili scompagnati e di fortuna, ma era caldo pulito e accogliente. Risultava stranamente vissuto. La posizione era ottima poiché, anche se le luci rimanevano accese, non era possibile scorgere dalla strada se ci fosse qualcuno nella stanza.

Soul era ancora agitato per l'inseguimento e pieno di domande da porgere alla sua Meister, che quasi si sentiva scoppiare la testa. Non riusciva però a spiccicare parola.

Poteva solo guardare Maka sperando che la sua presenza, in quella camera di qualche metro quadro, non fosse solo un'illusione; pregare che fosse reale e non sparisse da un momento all'altro.

L'alienazione che aveva vissuto per anni si era come dissolta nell'aria, mentre la falce sentiva la sua essenza vibrare e stiracchiarsi;  la sua anima era circospetta, in attesa del tocco di quella di lei per sentirsi di nuovo piena e completa.
Maka lo fissava a sua volta e sorrideva in silenzio, mentre si sfilava la giacca di pelle, la sciarpa pesante e infine anche la parrucca corvina.

Soul era così felice di rivedere i suoi capelli biondi arruffati e la frangetta.
La ragazza indossava anche una delle sue solite camice bianche con le spalline a sbuffo, ricoperta da un sottile gilet oxford grigio. Quell'immagine di lei così familiare quasi commosse Soul che non poté fare a meno di sentirsi a casa.

Maka era la sua casa.

Senza aspettare oltre la placcò e la strinse forte, unendo i loro corpi in un abbraccio ferino: un incastrarsi di gomiti e ginocchia in una danza perfetta.
Iniziò a girare su se stesso come una trottola, trascinando Maka con sé.

Voleva sentirla vicina, pelle contro pelle, lasciare le loro anime sfiorarsi dopo tanto tempo.
Lei lo abbracciò forte di rimando, ridendo mentre lo rimbeccava per i suoi capelli corti,  per l'orribile camicia floreale che indossava e per il fatto che non l'avesse riconosciuta subito. Era il suo modo di dire "Mi sei mancato" e "Sono felice di vederti". Soul lo sapeva.

Alla fine sì accasciarono sul divano malconcio che campeggiava al centro della stanza, sempre abbracciati.

- Non sei cambiata per niente Maka, hai sempre le tette piccole - riuscì finalmente a dire Soul.

Si beccò un fulmineo Maka-Chop perpetrato con un tomo enorme, che la ragazza aveva estratto da chissà dove; il ragazzo rise tra le lacrime di dolore, aveva avuto nostalgia persino dei gesti violenti della sua ex partner.

- E tu sei sempre il solito cafone Soul! -
Dopo poco Maka si districò dall'abbraccio e sistemò i suoi due codini ai lati della testa.

-Mangiamo? C'è del curry  in frigo da preparare, se vuoi. -

Gli angoli della bocca di Soul si piegarono in un ghigno e i suoi occhi cremisi brillarono di aspettativa.

- Come ai vecchi tempi? -

-Sì, come ai vecchi tempi -






N/A
Ciao a tutti, grazie ancora se siete arrivati fin qui con la lettura, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Dal prossimo Soul e Maka finalmente si confronteranno sulla situazione e sulle forze misteriose che sembrano accerchiarli... Stay tuned!
A presto :)
T
  
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