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Autore: BiGcRaZy    28/05/2009    0 recensioni
Tutto inizia nel 1969. La missione Apollo11 stava per giungere al termine. L’Eagle stava atterrando dolcemente sul suolo lunare. Il comandante Neil Armstrong guardava fuori dall’oblò: vedeva lo spazio. Era immenso…infinito! Un piccolo sussulto fu l’evidente segno dell’atterraggio ben riuscito. I tre piloti a bordo festeggiavano contenti. Neil finalmente abbassò il portello e scese sulla Luna. Era il primo uomo a camminare sulla Luna. Come era conciato non credo che si sarebbe potuto definire uomo: quella tuta enorme, il casco, il tubo collegato all’astronave. Era sulla Luna però! Balzò più volte aiutato dalla forza di gravità o, in verità, dalla mancanza di quest’ultima. E pronunciò quelle parole che sarebbero state leggendarie nel seguito degli anni: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità!”. Questa è la storia raccolta negli archivi, nella memoria di chi ha vissuto quell’impresa, nei libri di storia… è un'idea che mi è appena saltata in mente...spero vi piaccia...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Moon’s Warriors

Moon’s Warriors

 

Tutto inizia nel 1969. La missione Apollo11 stava per giungere al termine. L’Eagle stava atterrando dolcemente sul suolo lunare. Il comandante Neil Armstrong guardava fuori dall’oblò: vedeva lo spazio. Era immenso…infinito! Un piccolo sussulto fu l’evidente segno dell’atterraggio ben riuscito. I tre piloti a bordo festeggiavano contenti. Neil finalmente abbassò il portello e scese sulla Luna. Era il primo uomo a camminare sulla Luna. Come era conciato non credo che si sarebbe potuto definire uomo: quella tuta enorme, il casco, il tubo collegato all’astronave. Era sulla Luna però! Balzò più volte aiutato dalla forza di gravità o, in verità, dalla mancanza di quest’ultima. E pronunciò quelle parole che sarebbero state leggendarie nel seguito degli anni: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità!”. Questa è la storia raccolta negli archivi, nella memoria di chi ha vissuto quell’impresa, nei libri di storia…ma pochi, o meglio, nessuno sa che Neil in un cratere lunare non molto distante dalla sua navicella trovò quattro strane pietre luminose, non più grandi di quelle palline che rimbalzano. Neil le raccolse e le portò con sé. Quelle strane pietre turbarono la quiete di Neil che si ammalò gravemente. Così per cercare di guarire nascose quelle quattro pietre nella grotta di Macpela. Neil tenne le pietre segrete a tutti. Ma nel 1993 quelle pietre sparirono…al loro posto vi erano quattro splendidi bimbi. Furono trovati e cresciuti da famiglie che non immaginavano nemmeno il loro immenso potere.

 

Calixto era un ragazzo di quindici anni. Abitava nell’immensa Città del Mexico anche se non aveva una buona condizione economica. Viveva in una baracca in periferia, aveva solo la mamma: il papà morì quando aveva solo quattro anni. A lui d’altronde non importava molto la sua condizione: era un ragazzo con una straordinaria forza d’animo e soprattutto un ragazzo pensieroso e abbastanza “strano”. Era un ragazzo alto, moro, aveva gli occhi verdi...non era muscoloso ma aveva una forza fuori dal comune. Andava a scuola come tutti i ragazzi ma lavorava anche da un meccanico non lontano da casa sua.

Quella mattina era piuttosto nervoso. Si alzò dal letto alle sette di mattina. Si mise la sua immancabile canottiera bianca e aderente e i suoi jeans preferiti. Urlò dalla sua stanza: “MAMMA TORNO STASERA!”. Aprì la finestra e con un bel balzo uscì. Imboccò la strada per la scuola… “Oh no! C’è questo odioso mercato” pensò Calixto. Passò tra la gente che comprava in bancarelle strette e piene di fumo o di nauseanti fragranze. Finalmente fu fuori dal quell’inferno: prese due boccate d’aria pura e riprese a camminare. Si guardava spesso in torno: quella zona era tutto tranne che tranquilla. Finalmente vide i ragazzi nel cortile della scuola…era un edificio orrendo. Prima aveva la funzione di carcere minorile e Calixto pensava che non era cambiato proprio nulla. Era soprapensiero(solo i diavoli sanno cosa gli girava per la testa) quando una mano gli strinse la spalla, si girò di scatto e fece molto male al mal capitato: era Inez, il suo migliore amico. “Che diavolo fai!” urlò Inez. “Scusami” fu la risposta di Calixto che ritornò pensieroso.

Si era isolato, non era da lui e Inez lo sapeva bene: si avvicinò all’amico che di tutta risposta gli diede un’occhiata che avrebbe fatto indietreggiare il più pericoloso dei malviventi ma no Inez…voleva sapere cosa aveva il suo migliore amico. Stava per aprire bocca quando Calixto disse: “Stanotte ho fatto il mio solito sogno… la Luna esplodeva!!...e se come non bastasse la mia voglia sul petto sembrava illuminarsi!”. “Ma faceva parte del sogno?” chiese Inez. “Che cosa?” fu la risposta di Calixto. “Cioè…voglio dire…una voglia che si illumina?? E’ impossibile!! Era nel sogno, giusto??”. “Credo proprio di no, Inez”. Il dialogo tra i due fu interrotto dalla campanella della scuola…Calixto si alzò e si avviò verso la sua classe.

Furono delle ore di lezione noiosissime ma finalmente la campanella dell’ultima ora(Calixto sembrava aspettarla da una vita) suonò. Uscì nel cortile, salutò con un gesto della mano Inez e si avviò all’officina. Gli piaceva quella strada: era sempre ombrosa e ventilata. La percorse lentamente, quasi voleva godersela. Arrivò all’officina con pochi minuti di ritardo ma il signor Alejandro subito attaccò con la sua ramanzina. Calixto non ne poteva più. Era una sgridata di circa un’ora. Meno male che arrivò un cliente! “Scusi un’informazione” disse l’uomo. Calixto, da sotto la macchina che stava riparando, fece un piccolo sorriso: conosceva la “gentilezza” del signor Alejandro. Infatti quest’ultimo replicò: “Questa è un officina, non un ufficio informazioni…esca immediatamente”.

Fu allora che si sentirono due spari di pistola. Lo sconosciuto aveva ammazzato il signor Alejandro. Calixto uscì da sotto la macchina e si avventò contro l’omicida. Solo a quel punto realizzò che erano due gli sconosciuti nell’officina. Arrivò davanti al primo: con una mano gli fece cadere la pistola, con l’altra assestò un duro pugno al volto dell’omicida che cadde a terra privo di sensi. Si voltò verso il secondo: stava caricando la sua pistola. Calixto afferrò una chiave inglese dal bancone di lavoro e la lanciò verso il suo nemico: colpì in pieno la mano che lasciò cadere la pistola. Si precipitò verso lo sconosciuto e senza pensarci su lo colpì con un calcio nel petto: si sentirono le ossa della gabbia toracica scricchiolare come legno.

Il ragazzo respirò affannosamente, alzò lo sguardo al soffitto e cercò di calmarsi. Guardò i corpi inermi di quei due assassini e poi, come se gli fosse tornato in mente solo ora, corse dal signor Alejandro. Strinse il corpo nelle sue braccia e cominciò a piangere. Un’ombra si mosse all’entrata dell’officina ma il ragazzo non si accorse di niente. Piangeva, come mai aveva fatto. Si sentì un altro sparo di pistola. Il ragazzo si accasciò ancora con le lacrime al viso. Un terzo assassino sorrise sull’uscio dell’officina e poi sparì.

 

Era tutto completamente buio! Calixto finalmente iniziò a riaprire gli occhi. Vedeva tutto sfogato. Riuscì a mettere qualcosa a fuoco:…un albero! Gli girava la testa. Finalmente trovò la forza di guardarsi in torno: era in un bosco. Ma come ci era finito lì?

Non riusciva a collegare gli eventi né a ricordare qualcosa. Sentì dei passi avvicinarsi e si sdraiò di nuovo al suolo. “Liberiamoci del secondo cadavere e abbiamo finito” disse una voce. Calixto riuscì a ricordare tutto: la morte di Alejandro e la sua! Ma allora era morto?

Ancora una domanda a cui non riusciva a dare una risposta. Sentì una mano tirarlo per i capelli. Sferrò una ginocchiata nel ventre di quel criminale che subito cadde al suolo inerme. Il secondo estrasse la pistola e sparò. Cinque proiettili erano diretti verso il ragazzo che li schivò agilmente senza alcun problema. Il malvivente cominciò a correre ma Calixto non aveva alcuna intenzione di lasciarlo scappare. Lo raggiunse e con un calcio spezzò il collo dell’assassino.

La sua vendetta era stata completata.

Ma ora cercava risposte: come faceva ad essere vivo? Perché non riportava alcuna ferita? I suoi strani sogni erano collegati?

Decise di tornare a casa anche se non era troppo tardi. La sua tranquilla giornata si era trasformata in un incubo. La sua mente pensava senza sosta. Un turbine di idee gli girava nella testa. Il traffico, i rumori, lo smog, il caos della città sembravano non sfiorare nemmeno l’animo del ragazzo che era ormai immerso nei suoi pensieri.

Tornò a casa, chiuse violentemente la porta, si sdraiò sul divano e chiuse gli occhi aspettando il ritorno della madre.

Poche ore dopo la serratura di casa girò più volte, la madre del ragazzo entrò, si tolse la giacca e si avviò in cucina. Calixto fu svegliato dall’odore del cibo che si espanse nella casa. Si alzò dal divano. Andò in cucina. Abbracciò calorosamente la mamma e le sussurrò: “Dobbiamo parlare…”. I due si sedettero a tavola. Erano uno di fronte all’altro. Calixto era vistosamente nervoso. Aveva paura. Aveva paure delle risposte che avrebbe avuto dalla madre. Aveva paura che in realtà era davvero morto. Aveva paura della sua natura.

Il ragazzo socchiuse gli occhi, fece un respiro profondo e poi iniziò a raccontare quell’incredibile giornata.

Finita la sua storia, rifece un bel respiro e disse: “…questo è tutto!...cosa sono mamma?”. La sua voce era fioca e tremolante come una piccola fiamma che ormai era sul punto di spegnersi. La mamma chiuse gli occhi e li riaprì velocemente; tentò di fissare lo sguardo del ragazzo ma non le riuscì, abbassò lo sguardo. “Non lo so amore”: fu questa la risposta della mamma. Il ragazzo si alzò dalla sedia, voltò le spalle alla madre e le chiese: “Non sono tuo figlio,vero?”. La madre rimase senza parole. Non sapeva cosa fare: doveva raccontare tutto o era presto?. Calixto si girò la fissò negli occhi e disse: “Allora?”. Quegli occhi verdi come un diamante prezioso, quello sguardo ferito ma forte fecero prendere una decisione alla madre. “Siediti Calixto e ascoltami” disse la madre. Il ragazzo obbedì. Furono una seconda volta faccia a faccia ma questa volta fu la madre a prendere la parola: “Io in realtà ti adottai. Non so nemmeno se sei umano. Eri in una grotta con altri tre bimbi. Le autorità ti affidarono a me. Ma per me sei come un figlio, e lo sai”. Calixto rimase pochi secondi imbambolato, sconvolto, ma poi chiese: “Gli altri tre? Che fine hanno fatto?”. “Il governo li affidò ad altre famiglie…se vuoi posso darti i nomi…sei libero di andarli a cercare” disse la madre. Calixto annuì. La madre si alzò, rovistò in un cassetto e diede a ragazzo un fascicolo con i nomi delle famiglie coinvolte nel ritrovamento e poi un bigliettino: sopra vi era segnato un numero di telefono. “Chiamalo” gli raccomandò la madre.

Il ragazzo abbracciò la madre, la baciò sulla guancia e le disse: “Grazie di tutto mamma, io ora saluto Inez e vado…. Non so se ci rivedremo…ma non ti dimenticherò mai!”. Il ragazzo uscì di corsa e la madre scoppiò in un profondo pianto.

 

  
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