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Autore: Jules_padfoot    14/01/2017    1 recensioni
Era stato il mio primo amore e non l’avrebbe mai saputo, non avevo avuto il coraggio di dirglielo e ora era troppo tardi...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Sirius Black, Un po' tutti | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Ero lì, a guardare il soffitto, nella stanza che ogni anno dividevo con Ginny.
Da un po’ di mesi si respirava la paura, la potevi vedere nell’aria, ma, come i granelli di pulviscolo atmosferico, quando tendevi la mano per afferrarla ti sfuggiva.
Io ero strana: le emozioni scappavano dal mio controllo e si divertivano a vagare nella mia anima scatenando un caos interiore che mai avevo provato in vita mia, per cui passavo da un eccesso all’altro.
Così, mentre contemplavo le travi di legno che sorreggevano il tetto, mi venne in mente un’immagine, un ricordo, che fece sprofondare il mio cuore nell’oblio.

Avevano appena ripristinato l’Ordine della Fenice e Sirius Black aveva fatto diventare casa sua, Grimmauld Place n°12, il nuovo quartier generale.
Io fui invitata dai Weasley per passare l’estate alla Tana, ma, con le riunioni sempre più frequenti dell’Ordine, si trasferirono in Casa Black e mi portarono con loro.
Per la prima volta dopo due anni lo rividi: era lì con lo sguardo puntato sui suoi ospiti e un sorriso leggermente malinconico. 
Sirius era bello, aveva riacquistato i lineamenti di un uomo e quegli occhi color ghiaccio, che facevano sembrare i capelli ancora più scuri, erano vivi. L’unica cosa che tradiva quella bellezza giovanile erano le profonde occhiaie che gli scavavano il viso, la prova della distruzione della sua stessa persona.
Aveva dei demoni interiori che lo tormentavano, lo vedevo nei piccoli dettagli, l’inclinazione delle labbra quando sorrideva, le leggere rughe che gli solcavano il volto anche quando era apparentemente rilassato. Sapevo anche perché quella tensione non lo lasciava mai. Sirius era stato un degno Malandrino: andava contro tutte le regole, sapeva di essere bello e aveva il fascino del ragazzo ribelle. La guerra lo aveva cambiato e con la morte di James si era lasciato andare. Non sapevo cosa successe in quei dodici anni ad Azkaban, ero a conoscenza solo di come fosse evaso.
Da allora aveva iniziato a nascondersi e da due anni era tornato nel posto che più aveva odiato da ragazzino, Casa Black, e così si mostrava felice di esserci, ma il senso di colpa per ciò che era successo ai Potter non lo abbandonava mai.
E, tra le varie cose, era costretto a restare sempre in quel maledetto posto perché altrimenti avrebbe perso la sua anima con un bacio, l’ultimo della sua vita, quello del Dissennatore.
In un primo momento c’era un cordiale distacco tra noi, poi, una sera, dopo una delle innumerevoli riunioni dell’Ordine, tutti si trattennero lì per cena, e, come ogni volta in cui si ha paura, partirono risate immotivate come quelle dei bambini, innocenti, spensierate, così un ondata di gioia schiuse i nostri cuori. Nessuno voleva rinunciare a quell’improvvisa pace appena ritrovata e tornare nella solitudine delle proprie vite, perciò fecero in modo di protrarre il rientro a casa e utilizzarono il grammofono della signora Weasley per cullarsi sulle note di vecchie canzoni. I gemelli, che per quel giorno non avevano fatto abbastanza scherzi, decisero che quello era troppo, e stregarono il disco facendo partire le canzoni, più rumore che musica, delle discoteche babbane.
Io non ho mai amato ballare, così, avendo seguito gli altri in soggiorno, mi ero messa da parte ad osservarli: era bello vedere tutti felici e rilassati. Mentre continuavo a spiare le loro vite qualcuno mi si avvicinò facendomi trasalire, Sirius, mi porse un braccio invitandomi a ballare, lo guardai attonita, poi uno strano senso di nausea si impadronì di me, morivo dalla voglia di seguirlo, ma mi rifiutai, avevo paura, come sempre d’altronde. Lui non si arrese e indicandomi la "pista" mi invitò ad osservare gli altri e mi chiese se non potevo ballare meglio del trenta percento delle persone che si trovavano lì. Dovetti ammettere che quasi tutti erano fermi che ridevano e parlavano cercando di sovrastare la musica, allora acconsentì a seguirlo con la promessa che non avrei ballato. Così mi ritrovai al centro del salotto con Sirius che, almeno in teoria, ballava.
Mi feci contagiare dalla semplicità del momento iniziando a ridere come una bambina.
I gemelli, stanchi delle continue lamentele della madre, spezzarono l’incantesimo e riiniziarono le canzoni lente, al centro della stanza c’erano il signore e la signora Weasley che aprirono le danze, poi li seguirono scherzosamente Ginny con Tonks, Fred con Malocchio, George e Ron, per la prima volta non mi tirai indietro e, nonostante lo stupore iniziale di tutti, ballai con Sirius: insieme giravamo e ci muovevamo e così, improvvisamente, si innescò uno strano meccanismo che ci faceva avvicinare e al tempo stesso allontanare, eravamo succubi di un gioco più grande di noi del quale non sapevamo le regole.
Iniziammo ad avvinghiarci a sguardi rubati, sorrisi innocenti, mani che si sfioravano, carezze, e così ci innamorammo irrazionalmente e inspiegabilmente.
Non ero la prima e non sarei stata neanche l’ultima ad essere vittima del suo fascino, pensavo di non poter essere ricambiata, in fondo io ero solo una ragazzina troppo acerba e insicura, ma quando mi sorrideva e mi diceva che se ci provavo potevo fare tutto io ci credevo, mi ero illusa che potesse bastare amarlo.
Forse quel bizzarro marchingegno che ci muoveva altro non era che la vita, ci aveva investiti con tutta la sua potenza, bellezza e pienezza. Tememmo di non esserne all’altezza, di non esserne capaci, di non poter supportare tutto quel peso da soli, non capimmo in tempo che non eravamo soli.
Il gioco continuò nonostante le nostre paure ci tenessero lontani, facevamo un passo avanti e due indietro, non riuscivamo a capire la meccanica del cuore.                                                                  
Il primo di settembre era giunto e Sirius, nonostante il divieto dell’Ordine, ci accompagnò a King’s Cross, lì lo salutai un’ultima volta con un caloroso abbraccio e lui mi promise un futuro felice.
Arrivò quella notte, la fatidica notte in cui lui, l’ultimo dei Black morì.
Bellatrix lo aveva fatto sparire davanti ai miei occhi e io non avevo fatto niente per impedirlo, non un incantesimo, non un passo. Era finito sotto il mantello e non restava di lui neanche il corpo, quel velo nero nascondeva le anime dagli occhi dei vivi e le custodiva gelosamente, soprattutto da quando aveva rischiato di perdere Euridice per mano di Orfeo, non sarebbe successo, non avrebbe corso di nuovo il rischio, nessuno né umano né divino si sarebbe più potuto avvicinare.
E io ero ancora lì, come era possibile che lui fosse morto e che il mondo ancora girasse? Come poteva essere così?
Ma il bello e il brutto della vita è questo, non guarda in faccia la morte, tira avanti e continua il suo corso imperterrita.

Riemersi dal ricordo che ormai mi aveva marchiato l’anima e ripensai ad un libro letto quando ancora non ne capivo il significato, diceva che ciò che pesa tra noi e coloro che non ci sono più non è tanto l’assenza quanto le parole non dette.
Purtroppo, a malincuore, devo ammettere che l’autrice aveva ragione, lui mi mancava, ma a pesarmi sul cuore era il fatto di non aver mai ammesso di esserne innamorata: era stato il mio primo amore e non l’avrebbe mai saputo, non avevo avuto il coraggio di dirglielo e ora era troppo tardi.
Mi alzai e ripresi le mie cose, dovevo uscire da quella stanza ed iniziare a rincorrere la vita che finora mi ero negata.                                
Il mondo era una macchia senza forma in cui tutto si sfaceva e tingeva di sé ogni altra cosa, così, inconsapevolmente, mi aveva contagiato la sua voglia di vivere e finalmente ero lì, pronta a usare quel dono che mi aveva fatto.
Forse, quando tutto questo sarà finito potrò rivederlo e insieme potremmo custodire il nostro amore il nostro piccolo segreto di quell’estate perduta.


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ANGOLO AUTRICE 
Spero vi sia piaciuta.
Volevo provare per una volta a fare qualcosa di mio, no, scrivendo non mi sono cambiata in meglio: ho solo consumato un po’ di incoscienza. Che ci si salvi l’anima scrivendo non è detto: scrivi, scrivi, e già la tua anima è persa.
Per quel che riguarda il libro di cui parlavo è “Va dove ti porta il cuore” e una delle ultime frasi scritte, quella che va da il mondo… a …ogni altra cosa è una citazione de “Il visconte dimezzato”.
Purtroppo non capisco com’è la storia nel complesso perché per raccontare come vorrei bisognerebbe che questa pagina bianca diventasse la Tana, Grimmauld Place n°12 e soprattutto l’ala Misteri al Ministero della Magia, con le lettere dovrei riuscire a incidere il foglio, ma con leggerezza.
Ho continuato a girare in torno all’argomento quindi basta, la storia ho deciso di raccontarla per avere un ricordo concreto di quest’estate, ovviamente il reale lui non è morto, ma ho preferito raccontare la mia storia attraverso personaggi che già conoscevo, credo per paura, e poi non metterò qui né il mio né il suo nome perché sarebbe come pensare che siamo solo queste parole, mentre io so che lui è molto di più, non solo quello che ho visto o ho voluto vedere io.
Il rating è giallo perché volevo parlare liberamente della morte senza dover omettere niente.
Vi saluto sperando di non aver fatto troppa confusione, se dovesse essere così almeno vi è stato risparmiato l’ingarbugliamento peggiore, che è nella mia testa.                                                                                          
   
 
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