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Autore: JacquelineKeller01    16/01/2017    2 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Lea ha diciassette anni quando torna nella sua città natale in seguito ad alcuni problemi familiari. Tutto ciò che vuole, dopo un anno intero passato a guardarsi le spalle, è recuperare il rapporto con suo padre e un po' di sano relax. Ma sin da subito il destino sembra prendere un'altra piega.
Isaac è l'essere più irritante che Lea abbia mai incontrato nella sua vita, con quella sua arroganza e i repentini cambiamenti di umore, porterà novità e scompiglio nella vita della giovane.
Tra un rapporto che fatica ad instaurarsi, vecchie ferite non ancora del tutto sanate ed un patrigno che sembra darle la caccia, Lea si ritroverà ad affrontare sentimenti che non sapeva essere in grado di provare, specialmente non per uno come Isaac Hall.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Lea non si aspettava di rivedere Isaac tanto presto, convinta del fatto che, da quel momento in poi, le sarebbe stato alla larga, trovandola una ragazzina piena di problemi e disturbi. Ed invece era lì, con lo sguardo fisso sul parquet, probabilmente alla ricerca di spiegazioni.
Pensare che si era talmente immersa in quella chiacchierata a cuore aperto che aveva finito con il dimenticarsi del possibile campanello d'allarme che il suo ''piccolo'' attacco di panico doveva aver acceso in lui.
Suo padre sorrise candido, dando una possente pacca sulle spalle del ragazzo, che barcollò leggermente.
«Stavamo giusto facendo colazione...» Lo informò, invitandolo, con un gesto della mano a prendere posto sul divano. «...Vuoi unirti a noi?»
Isaac scosse il capo, accennando un sorriso di rimando. «La ringrazio, Signor Wilson, ma ho appena finito di fare colazione con mio padre.»
Lea lesse sul volto di suo padre una sfumatura di compassione, e le tornarono in mente le parole di Patrick. 
''Ho tirato fuori la questione di suo padre.'' 
Ma di quale questione stava parlando?
«Bene, allora io vi lascio soli.» Esclamò l'uomo, intimando alla figlia, con lo sguardo, di comportarsi bene. «Se vi servisse qualcosa non chiamatemi e prendetevela da soli, io sarò di sotto a sfare l'asciugatrice.» Esclamò prima di scomparire oltre la porta del seminterrato.
Seguirono momenti di puro silenzio.
Si rese conto che capitavano spesso da quando si era trasferita nuovamente in quella cittadina e poteva giurare che era arrivata in cima alla lista delle cose che più odiava.
«Che cosa ci fai qui, Isaac?» Domandò improvvisamente, più brusca di quanto volesse.
Sapeva di dovergli tanto e che probabilmente non avrebbe mai finito di ringraziarlo e sdebitarsi, ma l'idea che potesse ''costringerla'' a rivelare più di quanto, in realtà, volesse la metteva sulla difensiva.
Isaac alzò il capo, accarezzandosi il mento ricoperto da un lieve accenno di barba.
«Sono passato a vedere come stavi.» Esclamò, rivolgendole uno sguardo che la mise leggermente in soggezione. Non la stava osservando, né studiando, ma letteralmente scannerizzando. «Ieri sera eri abbastanza sconvolta, volevo accertarmi che ti fossi ripresa.»
Lea inarcò un sopracciglio, non riuscendo proprio a tenere a freno la lingua. «Perché mai te ne importa? Neanche fossimo amici.»
«La faccia della gentilezza.» La schernì lui, provocando un leggero rossore per l'imbarazzo.
Non voleva trattarlo a quel modo, ma era preda di un mare di emozioni che si ritrovava a non saper gestire.
«Mi spiace..» Mormorò, infatti, dopo qualche secondo di silenzio. «Non volevo trattarti male.»
Isaac rise, stringendosi nelle spalle. «No, credo di meritarmelo dopo tutti i pugni che ti ho scaricato a dosso quando eravamo bambini.»
«Giusto! Ritiro tutte le mie scuse, te li meriti tutti i miei insulti e le mie cattiverie, razza di scimmione.» Esclamò, provocando una nuova risata nel ragazzo. 
Era strano pensare che fosse passata dal trattarlo male, al riderci e scherzarci come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Sinceramente era abbastanza convinta di star ancora sognando, dal momento che una cosa del genere non sarebbe mai stata possibile nella realtà, ma d'altro canto neanche invitarlo a vegliare su di lei lo era, quindi...
«Sei passato solo per vedere come stavo?» Domandò, questa volta utilizzando un tono decisamente più dolce. 
Gli occhi azzurri di Isaac presero una sfumatura più scura ed una nuvola nera sembrò calare su di lui.
«In realtà sono venuto qui per chiederti un favore, anche se so che probabilmente farai apposta a fare tutt'altro.» Lea gli rivolse un'occhiata truce. La prima volta che si erano rincontrati, l'aveva accusata di avere una bassa considerazione di lui. C'era da dire che anche lui non riponeva troppa fiducia in lei. «Sta lontana da Patrick.»
In tutta risposta, la giovane roteò gli occhi.
Ma era per caso la giornata ''Diciamo a Lea di stare lontano da qualsiasi cosa respiri finché non si ritroverà a morire sola nel suo monolocale a New York con un bicchiere di vino in una mano ed un pasticcino nell'altra mentre i cani Alsaziani si cibano della sua carne in stile Bridget Jones''?
«Mio fratello mi ha detto la stessa cosa. Riguardo te, però.» Lo informò, senza troppi giri di parole.
Isaac cambiò posizione, visibilmente a disagio nel dover parlare del suo ex migliore amico. «Tu ed Aiden avete parlato di me?»
Lea si rese tristemente conto del cambiamento repentino che aveva subito dopo aver sentito parlare di Aiden. 
In un certo senso vederlo in quello stato le faceva uno strano effetto; quei due erano stati molto più che migliori amici, ma fratelli. La fine di quel rapporto aveva irrimediabilmente spezzato entrambi; ma se Isaac sarebbe anche stato disposto ad implorare perdono, Aiden non era disposto a darglielo.
Istintivamente si ritrovò ad afferrargli la mano. 
Le stesse mani forte che la sera prima l'avevano rimessa in piedi con una facilità disarmante adesso sembravano quasi tremare.
«Isaac posso farti una domanda?» Domandò cauta, accarezzando con il pollice, il dorso della sua mano. «Cosa è successo tra te ed Aiden? Se non vuoi rispondere va bene lo stesso, non sei costretto.» Lo rassicurò.
Isaac scosse il capo, con un sorrisetto amaro dipinto sul volto. «Mi sono comportato da idiota e ho finito con lo spezzargli il cuore.»
Lea si ritrovava con più domande di prima al momento, ma decisa di non indagare oltre. «Sai ti fa sembrare come qualcuno di molto Gay, vero?» Domandò con l'unico intento di sdrammatizzare.
Il ragazzo, che nel frattempo sembrava aver ritrovato colore e vitalità, le lanciò a dosso un cuscino, rivolgendole poi un sorrisetto malizioso.
«Se vuoi posso dimostrarti quanto ti sbagli a riguardo!»
«Pompato.»
«Non fare la difficile ed ammetti che ti alletta l'idea.»
«Come un dito su per il cu..»
«Non essere scurrile.»
«Stavo per dire cunicolo nasale.»
La risata cristallina di Isaac si propagò per tutto il salone e Lea lo imitò con qualche secondo di ritardo.
Per un momento si ritrovò quasi a pensare che che le sarebbe piaciuto avere un rapporto di amicizia con lui, ma allo stesso tempo era convinta a priori che non avrebbe potuto funzionare. 
«Allora, lo farai?» Domandò lui, tornando improvvisamente serio.
La giovane si grattò il capo, cercando di capire a cosa si stesse riferendo. «Intendi stare lontana da Patrick.» Il ragazzo le annuì. «Solo se mi darai un motivo valido per farlo.»
«Non puoi trovare in te la forza per fidarti di me?»
«Vuoi che perda tempo a risponderti o ci arrivi da solo?»
Isaac sbuffò, passandosi nervosamente una mano sul volto. «Non è un ragazzo sincero.»
«Probabilmente neanche tu.»
«Ti vede solo come un giocattolo.»
«Veramente mi sembrava davvero preso da me.»
«Non lo era.»
«Come fai ad esserne tanto sicuro?»
«Perché mi ha proposto una scommessa su chi dei due ti avrebbe rimorchiata prima.»
Lea sentì il respiro bloccarsi in gola.
Sapeva che qualcosa non andava in Patrick, ma non si aspettava di essere presa in giro in modo così meschino.
''Probabilmente avrebbe persino vinto'', pensò amaramente.
«Hai accettato?» Ringhiò a denti stretti.
Isaac scosse la testa. «Lo avrei fatto con chiunque altra, ma non con te.»
«E perché mai? Non è un segreto che non mi sopporti, sarebbe stata solo l'ennesima palla curva che mi lanciavi addosso.»
Se gli sguardi avessero potuto uccidere probabilmente oramai sarebbe stata morta e sepolta. «Perché sei la sorella del mio migliore amico, ed il fatto che io non sappia come parlare con te non significa che io ti odi.» Replicò lui, adirato.
In un certo senso si sentì sollevata nel sentire certe parole, segno che evidentemente, almeno un pochino, ci teneva a lei. 
«E' questo il vero motivo per cui vi siete picchiati?» Improvvisamente le cose si stavano facendo più chiare nella sua testa. 
L'entrata in scena quasi teatrale, la promessa della sera più bella della sua vita, i continui complimenti, l'estrema confidenza, il gesto di Isaac, quel bacio dato tanto per farla stare zitta..
«Volevo farlo da un po'. Tu sei stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.»
«Grazie per non aver accettato e per avermi avvertita! Gli starò lontana.» Acconsentì Lea. 
L'aveva letteralmente salvata da una delusione, almeno questa glielo doveva.
Non poteva dire, però, di non essere nemmeno un pochino triste. Magari non sapeva baciare, ma in un certo ci si era immaginata al fianco di Patrick.
Il ragazzo sorrise, sporgendosi per baciarle la fronte.
«Solo io posso prendermi gioco di te, Piccola Wilson.» Esclamò ridendo.
«Questo significa che non mi libererò mai di te?» Domandò fingendosi disperata ed esasperata.
«Mai.»
Lea emise un sospiro frustrato, anche se, in un certo senso, non era più tanto sicura di volerlo.
   
 
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