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Autore: lady lina 77    16/01/2017    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era da due giorni che non chiudeva occhio ed era stravolta, talmente stanca che si sarebbe potuta addormentare ovunque. Ma purtroppo non se la sentiva di dormire, di andare a riposare in un'altra stanza e di lasciare Ross alle cure di qualcun altro, anche se Leslie e gli altri suoi lavoranti della locanda si erano offerti di darle una mano per permetterle di riposare.

Andava avanti, per inerzia, dondolandosi sulla sedia a dondolo accanto al letto, sfogliando di tanto in tanto, distrattamente, i libri contabili da controllare e non togliendo gli occhi di dosso a suo marito.

Il perché Ross fosse lì a Londra le era ancora sconosciuto, sapeva solo che era ferito gravemente e che il suo sonno era talmente profondo che nessun medico, nemmeno il più grande luminare di Londra fatto chiamare il giorno prima, avrebbe saputo spezzare.

Si prendeva cura di lui, passandogli un panno umido sulla pelle, bagnandogli le labbra con una spugna, medicandogli la ferita sulla testa. Nessuno avrebbe potuto mettere in discussione il fatto che era un'efficente infermiera. Era questo che ci si aspettava da lei, giusto? Erano questi i suoi doveri di moglie, malgrado tutto, doveva accudirlo e prendersi cura di lui... E lo stava facendo, con gesti assenti, meccanici, privi di qualsiasi sentimento o affetto. Si sentiva svuotata, fredda e lontana da ogni emozione, non c'era amore, non c'erano sentimenti nei suoi gesti e in quello che faceva per lui, non c'erano carezze, abbracci, lacrime di preoccupazione, era come se i suoi occhi si fossero prosciugati e il suo cuore inaridito. Più di una volta era stata tentata dall'idea di farlo trasportare all'ospedale cittadino per farlo seguire da personale medico qualificato, nessuno avrebbe potuto accusarla di niente, Ross non se ne sarebbe nemmeno accorto e lei avrebbe potuto far finta che nulla fosse successo e avrebbe potuto riprendere la sua vita, tornare a casa, fare l'albero di Natale coi suoi bambini e continuare a seguire i suoi affari, senza altre preoccupazioni.

Sarebbe stata la strada più facile... Eppure non se la sentiva di seguirla e di abbandonarlo a se stesso, anche se le aveva fatto del male, anche se non l'aveva mai amata e non aveva avuto cura nemmeno di suo figlio. Non riusciva ad abbandonarlo a se stesso e lo guardava in silenzio, dalla sedia a dondolo, trovandolo solo, smarrito, debole e indifeso... Ed era così strano vederlo così, lui sempre tanto forte, coraggioso, testardo, incosciente e indistruttibile...

La voce di Leslie la raggiunse da dietro la porta, dopo che la ragazza ebbe bussato. "Signora, ci sono visite per voi".

Stancamente, Demelza si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la porta. Chi diavolo poteva essere? Non aspettava nessuno e non aveva certo voglia di fare conversazione. Aprì la porta con un gesto seccato. "Chi sarebbe?".

La ragazza annuì, facendole segno con la testa verso il fondo del corridoio. "Miss Penvenen".

Demelza chiuse gli occhi, stanca, sospirando. "Caroline...". Voleva stare sola ma stranamente, sentire che l'amica era lì, la rincuorava. Uscì dalla stanza e corse verso la ragazza che, nel suo mantello azzurro, la aspettava all'imbocco delle scale. La abbracciò, aggrappandosi a lei come una bambina, lasciandosi andare a un pianto sommesso e disperato che, si rese conto solo in quell'istante, aveva bisogno di fare. "Caroline, è successa una cosa..." - singhiozzò, col viso affondato nel suo collo.

L'ereditiera la abbracciò, accarezzandole la schiena. "Lo so, si tratta di Ross. E' una cosa talmente assurda...".

"L'hai sentito in giro?".

Caroline, con sguardo grave, scosse la testa. "No. Lo sapevo già di mio, sapevo che Ross sarebbe arrivato a Londra". La lasciò andare e si scostò di lato, mostrando a Demelza la persona che era giunta con lei.

"Dwight...". Demelza spalancò gli occhi dalla sorpresa, quasi svenne, era come se un altro pezzo del suo passato, dopo Ross, fosse tornato a tormentarla e a chiederle il conto per le sue scelte. Osservò il dottore, dallo sguardo sempre gentile e pulito come lo ricordava, poi Caroline. "Come puo' essere...?".

Dwight le si avvicinò e dopo averle lanciato una lunga e penetrante occhiata, senza dire nulla, la abbracciò. "Demelza..." - sussurrò, fra i suoi capelli.

"Oh Dwight". Non capiva cosa stesse succedendo ma l'abbraccio di Dwight era dolce, confortevole e sapeva di cose antiche che le mancavano, nonostante tutto. Però, cosa ci faceva lì anche lui? Era con Ross a Londra? Aveva incontrato Caroline per caso, cercando l'amico che aveva avuto un incidente? Sapeva che lui e suo marito erano tornati dalla guerra molti mesi prima, glielo aveva comunicato George che per dispetto non mancava mai di tenerla aggiornata sui movimenti della Cornovaglia, suo malgrado, benché non ne volesse sapere nulla. Ma nonostante tutto, era davvero una cosa assurda quella che stava succedendo. "Cosa ci fai qui anche tu? Con lei". Diede una penetrante occhiata a Caroline, cercando delle risposte.

L'amica guardò Dwight, annuendo. "Glielo dico io".

"Dirmi cosa?". Ora cominciava ad essere irritata perché avvertiva di essere parte di un qualcosa che le sfuggiva.

Caroline le prese la mano, stringendola. "E' Dwight l'uomo che sposerò in primavera".

Demelza si voltò verso il dottore, stupita. E anche felice che fosse lui, ma... Le mancava un pezzo, un qualcosa che le facesse apparire il quadro completo. Si erano lasciati tre anni prima e Caroline aveva più volte affermato di non volerne sapere più niente di lui. Come si erano rincontrati? E perché non glielo aveva voluto dire? E soprattutto, se era da Dwight che Caroline andava, quando passava settimane lontana da Londra, quanto era stata vicina a Ross che era il migliore amico del suo fidanzato? "Perché non me lo hai detto?".

Caroline guardò Dwight, come in attesa di un aiuto, e Demelza si oscurò. "Cosa mi state nascondendo?".

Dwight poggiò la mano sulla sua spalla, obbligandola a guardarlo negli occhi. "E' stato Ross a farci rincontrare, la scorsa primavera".

Demelza li guardò, stupita. "E' grazie a lui che siete tornati insieme?".

"Sì". Caroline la prese sottobraccio, obbligandola a seguirla nella stanza dove riposava suo marito. Appena entrate, lanciò un'occhiata preoccupata all'uomo che giaceva privo di sensi nel letto. "Sta molto male? E' grave?" - chiese, mentre anche il suo fidanzato entrava nella stanza.

Demelza, irritata, si morse il labbro. "Sì, sta male! E ora voglio delle spiegazioni".

Dwight si avvicinò a Ross per visitarlo e Caroline si appoggiò alla parete della camera. "Il debito che tre anni fa fece rischiare a Ross la prigione per debitori, fui io a pagarlo. Era il migliore amico di Dwight ed era una persona che ammiravo e risvegliava in me curiosità e così lo feci, pregando Pascoe di mantenere il mio anonimato".

"Sei stata tu?". Demelza era sorpresa. Per tutto quel tempo, Caroline non le aveva detto nulla di quel grande aiuto che aveva dato a lei e alla sua famiglia, salvando suo marito da due anni di carcere, e questo era uno di quegli aspetti che facevano di lei la meravigliosa amica che era da anni.

"Sì, sono stata io. Poi, dopo la rottura con Dwight, sono tornata a Londra e ho ripreso la mia vita, cercando di dimenticare tutto quanto della Cornovaglia, dimenticando anche quel prestito che feci a Ross e che dopo tutto non mi comprtava problemi finanziari. Ma mesi dopo ho incontrato te, siamo diventate amiche e tutto è filato via liscio fino alla scorsa primavera perché Ross, tornato dal fronte, aveva trovato la Wheal Grace attiva, prospera e ricca e aveva i soldi per ripagare il suo misterioso debitore. Lo conosci meglio di me, sa essere molto incisivo ed insistente e ha ottenuto da Pascoe il mio nome. E così è venuto da me, me lo sono ritrovata davanti casa a sorpresa e alla fine, dopo che mi ha restituito un acconto del prestito, ha talmente insistito per farmi incontrare Dwight, che alla fine ho dovuto cedere e sono partita con lui per la Cornovaglia. Hai un marito davvero convincente e testardo, sappilo".

A dispetto di tutto, lanciando un'occhiata al letto dove giaceva Ross, Demelza sorrise, provando uno strano senso di orgoglio verso di lui e quello che aveva fatto. "E così hai rivisto Dwight e hai scoperto che l'idea di dar retta a Ross non era poi così male".

Caroline sorrise. "Esatto. Ho poi rivisto Ross in estate, quando è tornato a Londra per saldare il prestito e alcune volte in Cornovaglia, quando sono andata a trovare Dwight. Non volevo tenertelo nascosto ma non sapevo come dirtelo che era ricomparso nella mia vita, mi trovavo in un vicolo cieco, sia nei suoi confronti che nei tuoi".

Demelza annuì, capendo cosa intendesse. In effetti, Caroline si era trovata suo malgrado in una situazione davvero infelice. Osservò Dwight che, assorto, medicava la ferita di Ross e lo visitava, non capendo ancora, però, cosa ci facesse a Londra suo marito. "Gli hai detto di me?".

Caroline scosse la testa. "No, te lo giuro! Mai il discorso è caduto su di te, nelle nostre conversazioni! E sono stata ben attenta a fare in modo che non succedesse, non ti avrei mai tradita. Solo Dwight sa di te, gli ho raccontato della tua vita di ora, lui sa tutto. Ma Ross è all'oscuro di ogni cosa".

Dwight, dal letto, alzò gli occhi su di lei. "Sono davvero senza parole Demelza, ne hai fatta proprio tanta di strada! Complimenti, Caroline mi ha detto che ormai sei una fra le donne più potenti e ricche di Londra e non me ne stupisco, l'ho sempre saputo che sei in gamba".

"Grazie, ma al momento ho poca voglia di essere adulata. Ditemi il resto della storia, perché c'è un resto! Ditemi che diavolo ci fa Ross qui ora, visto che mi avete detto che il suo debito era stato saldato in estate".

Caroline impallidì, prese un profondo respiro e raccontò tutto, di come lei e Dwight avessero deciso di aiutare Ross come lui aveva fatto con loro, di come avessero ideato il piano per farlo venire a Londra e di come avessero organizzato un incontro casuale fra loro due, alla locanda. Incontro mai avvenuto a causa dell'incidente.

Al termine del racconto, Demelza si mise le mani nei capelli. "Santo cielo, cosa avete fatto!? Non dovevate, Caroline tu lo sapevi che non volevo vederlo! E ora, a causa della vostra idea, è fra la vita e la morte!".

Caroline abbassò lo sguardo, stringendosi nel mantello. "Santo cielo, se avessimo saputo che sarebbe andata a finire così, non avremmo mai ideato un piano simile. Demelza, ti prego, non odiarci".

Demelza sorrise, amara. "Odiarvi non servirebbe a nulla, ormai il danno è fatto. Non volevo rivedere Ross ma ormai è qui, in queste condizioni, e dobbiamo cercare di farlo stare meglio".

Dwight annuì. "Vai a riposare, hai una faccia stravolta e hai bisogno di dormire. Resto io qui con lui".

Caroline la prese sottobraccio. "Dai, ti accompagno nella camera di Jeremy. C'è il suo letto ancora fatto, giusto? Almeno potrai coricarti un po' e dormire".

Demelza le lanciò un'occhiataccia, le avrebbe volentieri riempito la faccia di schiaffi ma sapeva anche che era sempre stata un'amica sincera, gentile, altruista e buona, che l'aveva aiutata in mille modi e che aveva fatto quello che aveva fatto in buona fede. Non riusciva davvero ad avercela con lei, era la sua migliore amica ed era soprattutto troppo stanca per litigare sul serio con qualcuno. Guardò Ross, sapendo che con Dwight sarebbe stato al sicuro e accudito e si lasciò condurre nell'altra stanza.

Appena Caroline chiuse la porta, si buttò sul letto di suo figlio, stravolta, e l'amica le si sedette a fianco.

"Dormi quanto vuoi, ci pensiamo noi a lui".

Annuì, nascondendo il viso nel cuscino. "Avete combinato un grosso pasticcio, lo sai?".

"Si. A proposito Demelza, c'è ancora una cosa che devi sapere su Ross".

Alzò lo sguardo su di lei, preoccupata dal tono serio della sua amica. Che altro poteva esserci, ancora? "Dimmi pure, a questo punto non mi stupisco più di niente".

Caroline si morse il labbro, prendendo a giocare nervosamente con le mani con la stoffa del suo abito. "Ross ha visto Clowance".

"Cosa?".

"La scorsa estate, quando è venuto a casa mia per saldare il prestito, Clowance era da me e lui l'ha vista. Giuro che non avevo organizzato la cosa, Ross era venuto a Londra senza avvertirmi e la bimba ci è piombata nel salone e...".

Demelza, con gli occhi sbarrati, si mise a sedere. "Ross e Clowance?".

Caroline annuì. "Si, gli ho detto che era la figlia di un'amica e che sarebbe stata la mia damigella al matrimonio, non ha sospettato nulla".

Al pensiero di Ross assieme a Clowance, le si strinse il cuore. Erano padre e figlia e ignoravano entrambi l'esistenza l'uno dell'altra. Clowance era stata col suo papà e non sapeva se la cosa la rendesse felice o furibonda. "E non è successo nulla di strano?".

Caroline, con un sorriso, le accarezzò la guancia. "Credo che se ne sia perdutamente innamorato. Il modo in cui la guardava era così tenero, dolce e malinconico... Ma tranquilla, non ha la minima idea che sia sua".

Demelza si oscurò, decisa a chiudere il discorso, era troppo stanca per pensare. "Voglio dormire, ora". Si buttò sul letto, nascondendosi sotto le coperte, sconvolta da quanto aveva appena sentito.

"Demelza, dormi ma dopo parla con Dwight. Ha tante cose da dirti su Ross".

"Ti ho detto che voglio dormire!" - rispose perentoria, chiudendo ogni discussione fra loro. Non voleva più sentire nulla, desiderava solo isolarsi dal mondo e da tutti i problemi che gli erano piombati addosso come una valanga. Chiuse gli occhi e crollò in un sonno profondo, perdendo la cognizione del tempo e di quello che la circondava.

Si risvegliò che era ormai buio, rendendosi conto con terrore che aveva dormito parecchie ore. Non si era accorta di essere tanto stanca finché non aveva poggiato la testa sul cuscino.

Dopo essersi risciacquata il viso e essersi data una sistemata agli abiti e ai capelli, tornò nella stanza di Ross, col terrore che gli fosse successo qualcosa mentre dormiva. Quando entrò, la stanza era illuminata da numerose candele e dal camino acceso e Caroline e Dwight erano al suo capezzale.

Osservò il marito, ancora perso in quel profondo sonno da cui pareva non si sarebbe mai risvegliato. Dwight la salutò con un cenno del capo e lei fece altettanto, con fare assente. "Come sta?".

Caroline, seduta su una sedia accanto al fidanzato, sospirò. "Come prima, non è cambiato nulla. Dwight lo ha medicato e visitato e gli ha cambiato la camicia perché era sudato. Gli è salita la febbre nelle ultime ore".

Deglutì. Ci mancava solo la febbre, a quella situazione già di per se tragica. "Come mai?".

Dwight scosse la testa. "Nella sua situazione è normale, il suo fisico sta combattendo una dura battaglia".

"Già". Demelza si avvicinò al letto, appoggiandosi poi alla parete accanto ad esso, chiedendosi insistentemente quanto ci fosse di davvero normale in quella situazione. "I dottori che lo hanno visitato prima di te, hanno detto che sarà difficile che si svegli".

Dwight, seduto sul letto accanto a Ross, si alzò. "Ross ha una tempra invicibile, sono sicuro che ci stupirà tutti".

"Se lo dici tu..." - rispose Demelza, in tono piatto.

"Vuoi metterti quì vicino a lui?".

A quella domanda di Dwight, Demelza scosse la testa. "No, sto bene qui".

Il dottore le sorrise dolcemente, allungando una mano ad accarezzarle la guancia. "A Ross non servono medicine o luminari, a lui serve avere vicino la persona che ama".

Demelza sorrise freddamente. "E allora, dovremmo chiedere a George Warleggan di prestarci Elizabeth per qualche giorno" – commentò, sarcastica.

Dwight e Caroline si guardarono negli occhi e poi l'uomo le si avvicinò, poggiando la mano sulla sua spalla. "Demelza, ti prego, so che ti ha ferita e che sei stanca, ma per favore, prenditi cura di lui".

"Lo sto facendo da due giorni, mi pare".

Il medico sospirò. "Certo, sei una bravissima infermiera e non gli fai mancare nulla di materiale. Ma... Sai cosa intendo, vero? Stagli vicino, stagli vicino davvero, fagli sentire il tuo affetto, che sei accanto a lui. Sii sua moglie, non la sua badante. Demelza, Ross ha bisogno di te, è un uomo perso, distrutto, da quando te ne sei andata".

Demelza osservò il marito, così pallido, indifeso e inerme. Era l'uomo che aveva amato e l'uomo che l'aveva fatta soffrire a lungo, senza curarsi minimamente del male che le stava facendo. E ora le si chiedeva di annullarsi nuovamente, per lui? Lo stava facendo, certo, meglio che poteva. Ma non avrebbe ceduto nuovamente all'amore per lui, non si sarebbe fatta ancora del male, se lo era lasciato alle spalle e stava bene adesso, da sola. "Doveva pensarci prima, ora è troppo tardi".

Dwight abbassò lo sguardo, forse colpito dalla sua freddezza. "Ross, in questi anni, è cambiato tanto Demelza. Non gli importa nulla di Elizabeth e di quell'amore che aveva tanto idealizzato. Sei tu la donna che ama e a cui ha pensato sempre, ogni giorno, sia in Cornovaglia che in Francia, quando eravamo insieme nell'esercito. E' solo, smarrito, pentito e disperato per gli errori che ha fatto, per averti fatta soffrire, per non essere stato capace di essere un buon padre per Jeremy e per averti fatto talmente male da costringerti ad andartene. Odia quella notte in cui è stato con Elizabeth e odia se stesso per aver tradito te, il vostro matrimonio e il vostro amore. Sai, ora si dedica anima e corpo alla miniera, non ha altro nella vita. Lavora come un matto e la sera torna a Nampara, da solo. Darebbe via tutto ciò che ha per riabbracciarti e per ritrovare il suo bambino. E sarebbe l'uomo più felice della terra, se sapesse che è padre anche di una bimba. Conosco Ross da tanto, è poco incline a mostrare i suoi sentimenti agli altri ma solo quando riguardava te, l'ho visto fragile e smarrito: quando eri malata ed è morta Julia e in questi ultimi anni vissuti senza averti accanto. Ha aiutato molto me e Caroline, ha lavorato come un pazzo per migliorare le condizioni di vita dei suoi minatori e non ha mai chiesto nulla in cambio a nessuno. So che sei arrabbiata con lui, che hai la tua vita ora, ma ti prego, non voltargli le spalle, tu e i bambini siete l'unica famiglia che ha e che ama".

Demelza rimase in silenzio ad ascoltarlo parlare di Ross, quel marito che una volta conosceva come le sue tasche ma che ora, dopo anni di lontananza, era come un libro che ancora non aveva sfogliato. Dwight parlava ed era come riscoprirlo di nuovo, era come colmare un vuoto lungo quasi tre anni in cui di lui non sapeva niente. Eppure, benché fosse bello sentire quelle cose, non riusciva a crederci, non del tutto. Ross non si era mai curato di lei e di quanto lo amasse, l'aveva trattata come l'ultima delle sue priorità, non aveva mai lottato né per lei né per Jeremy e quindi, perché avrebbe dovuto farlo dopo che se n'era andata, quando era troppo tardi? Non era un controsenso, quello?

"Demelza, a volte le persone sbagliano. Ma la grandezza di un uomo sta nel riconoscere i propri errori e lottare per migliorarsi. Ross lo ha fatto e ora sta a te dargli una seconda opportunità" – concluse Caroline, chiudendo il discorso di Dwight.

Demelza guardò Ross, lanciandogli una lunga occhiata. Poi si staccò dal muro dove si era appoggiata e, incerta, si mise seduta sul letto, accanto a lui. "Andate a casa, è molto tardi e io ho riposato a sufficienza".

"Demelza, ti prego, stagli vicino" – la implorò, Dwight.

"Sono qui con lui e gli starò accanto finché non starà bene. Per ora non posso fare che questo".

Dwight sospirò, avvicinandosi a Caroline a prendendola sottobraccio. "Tornerò domani mattina per visitarlo. Pensa alle mie parole, per favore, cerca di volergli bene come sapevi fare una volta nonostante tutti i suoi errori, fallo adesso che ne ha davvero bisogno".

Demelza annuì, non troppo convinta. Guardò i due amici andarsene e sparire dietro la porta e poi, rimasta sola, finalmente si voltò verso di lui, sfiorandogli la guancia con una carezza leggera, decidendo di rivolgergli la parola per la prima volta da quando lo aveva rivisto. "Ross Poldark, quello che mi ha detto Dwight io non so se sia vero, forse lo è ma era dalla tua voce che volevo sentire quelle parole, tanto tempo fa. Sappi che sono fiera di te e di quello che hai fatto per Caroline e Dwight, sei riuscito a fare in modo che siano felici e questo in fondo è da te, da sempre ti preoccupi che le persone che ti stanno attorno stiano bene. Non lo hai fatto per me e per nostro figlio ma so che hai sempre lottato per tutti gli altri e in fondo questo fa di te una brava persona. Sono meno orgogliosa del fatto che tu sia andato in guerra, a mettere a repentaglio la tua vita. Anzi, sono proprio arrabbiata per questo ma suppongo di non avere più voce in capitolo nelle scelte della tua vita, come del resto tu non ne hai nelle mie. Tanto tempo fa sono stata malata e tu mi hai preso la mano e mi hai implorato di tornare e ora faccio altrettanto, ti sprono a tirare fuori la tua grinta e a svegliarti da questo sonno". Gli strinse la mano, forte, per essere ancora più incisiva. "Non importa più quello che provi per Elizabeth, quella notte e tutto il resto Ross, è passato tanto tempo e ho accettato il fatto che amassi lei più di me, non ho più nulla da chiederti e nulla da pretendere, eccetto una cosa: sei il padre dei miei figli e io ho bisogno di sapere che sei vivo, da qualche parte! E quindi sappi che potrei accettare tutto, dimenticare ogni cosa, tranne una: azzardati a morire e io non te lo perdonerò mai" – concluse, avvicinando il volto al suo.

Rispose il silenzio, ovviamente, e di certo non si aspettava null'altro. Però, dopo alcuni istanti, sentì che la mano di Ross, che stringeva nella sua, debolmente, ricambiava la sua stretta. Sussultò, stupita. "Ross, mi senti?" - chiese, col cuore in gola, spinta ad insistere. "Apri gli occhi, ce la fai?".

Ross non riaprì gli occhi ma continuò a stringerle la mano e si agitò debolmente, spostando il viso sul cuscino, convulsamente. "Demelza...".

Le parve che le si fermasse il cuore, nel sentirlo parlare. La sua voce, impastata, una voce che non sentiva da tanto, una voce che chiamava il suo nome e non quello di Elizabeth. Il SUO nome... "Ross!" - lo chiamò, scuotendolo lievemente.

"Dem...".

La voce di suo marito si riperse nel sonno profondo in cui era sprofondato. Per un attimo si era illusa che si stesse svegliando ma evidentemente, quelli erano i deliri di un uomo che stava molto male. Eppure... era lei che cercava, a dispetto di tutto, anche se non si vedevano da anni e non poteva sapere di averla accanto. Vinta da quelle emozioni e da quel che Dwghit le aveva detto poco prima, cedette. Sapeva di farsi del male, sapeva che non avrebbe portato a nulla di buono per lei ma non riuscì a resistere alla tentazione di mettersi accanto a lui, abbracciarlo e tenerlo vicino. "Torna Ross, ti prego..." - gli sussurrò, accarezzandogli la testa poggiata sulla sua spalla, ripetendo quelle stesse parole che lui le aveva rivolto anni prima.

Si addormentò tenendolo fra le braccia, quasi senza accorgersene, in una posizione semi-seduta che era forse scomoda ma che non avvertiva come tale. Sentiva solo il calore del corpo di Ross vicino al suo, il suo respiro affannato e la grande battaglia che lui stava combattendo per riemergere dalle tenebre.

La mattina arrivò anche troppo in fretta, gelida e nebbiosa come i giorni precedenti. Demelza si svegliò di soprassalto, odiandosi per essersi addormentata di nuovo, invece che vegliare su di lui. Guardò Ross che, fra le sue braccia, non si era mosso di un millimetro e gli accarezzò i capelli delicatamente. Poi fece per alzarsi ma la presa del marito, su di lei e sulla sua mano, pareva ancora incredibilmente forte. "Ross, lasciami, devo alzarmi" – gli intimò gentilmente, senza aspettarsi che lui la sentisse.

E proprio per questo il suo cuore quasi si fermò quando, a quelle parole dette più a se stessa che a lui, lo vide scuotere la testa e riaprire i suoi occhi neri su di lei.







  
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