Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Luna_R    17/01/2017    0 recensioni
Najla Louise Chedjou è una venticinquenne, in una Parigi agli sgoccioli degli anni sessanta.
Ha un fratello, Benjamin, che adora e la adora; una madre che in giovinezza, nonostante le rigide regole dell'epoca, fu una vera anticonformista e uno zio acquisito, che ha riportato nelle loro vite la serenità e l'arrivo di un altro fratello, Lukas. Najla è una ragazza determinata ad inseguire i suoi obiettivi da medico, sebbene la società la voglia moglie e madre, non intende rinunciare per nulla al mondo. Questa forza nasconde però una grande fragilità e il dolore di una perdita che l'ha segnata. Riuscirà il destino a farla ricredere?
*
Storia ispirata alla mia F.F Zenzero&Cannella. I miei vecchi personaggi sono andati avanti, nel prologo ho inserito le informazioni base necessarie per capire la psicologia dei nuovi personaggi, perciò non ritengo sia necessario aver letto la suddetta, ma ovviamente sarei felice se qualcuno ci passasse!
***
Capitolo 1_Non credo di essere speciale nel desiderare che le persone non soffrano più. Credo che ogni medico tutti i santi giorni debba svegliarsi con la voglia di salvare quante più vite gli sia possibile e sono certa che sia così.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Menta e Cioccolato



macaron-menta-e-cioccolato1



Capitolo 16.



C'è chiasso in strada. E non è solo traffico. Il pullmann che abbiamo affittato per condurci in Costa Azzurra fa fatica a introdursi verso la statale: ad un incrocio c'è un'auto ribaltata, persone riverse in strada. Si agitano e la situazione è convulsa e poco chiara.

Mi agito e mi alzo dal mio posto, gettando un'occhiata all'autista; quello sta per aprire le porte del mezzo, quando Richard gli intima di non farlo.

"Richard che ti prende? Qualcuno può essere ferito!"

Mi indica con il dito lo schieramento armato della polizia e dall'altro capo, schierati in egual maniera, un gruppo di uomini con il volto coperto che brandiscono legna e altre armi di fortuna. Tremo al pensiero di cosa mi sarebbe successo, se mi fossi gettata a capofitto in quella mischia.

Intanto la strada davanti a noi sembra liberarsi, i clacson delle auto cominciano a suonare impazziti.

"La prego, vada!" Gracido al povero uomo al volante. "Non voglio che i bambini assistino a questa scena un secondo di più!"

Mi lascio cadere sul sedile, non appena riprendiamo la corsa. Il fondo del pullmann è agitato dal chiasso di voci dei bambini e dei loro genitori.

"Dici sia il caso andare lo stesso?" Chiedo angosciata a Richard.

"Ora più che mai dico sì. Tenerli lontano da questa città impazzita è un sollievo."

"Ma cosa prende a questa gente?" Insisto, indugiando con lo sguardo sullo specchietto retrovisore, ai due schieramenti.

"Ieri nei sobborghi c'è stata una manifestazione conclutasi con nove feriti." I suoi occhi sono lo specchio dei miei; terrorizzati e allibiti. "Credo che stiamo attraversando il peggior momento storico dalla fine della seconda guerra mondiale." Giuro di vedere un impercettibile tremore alle sue labbra, mentre lo dice.

Gli stringo la mano che ho più vicino. "Mi prometti di stare attenta e non commettere imprudenze, quando sei da sola?"

So che si riferisce alla scena di prima come so che il terrore di perdere le persone amate, ogni tanto fa ancora capolino in lui.

Mi stringo nelle spalle e lo guardo con amore. "Farò il possibile, te lo prometto."

Finalmente riusciamo a immetterci sull'autostrada, gli adulti danno via ai canti insieme ai pargoli e il clima teso si fa disteso e festoso, proprio come questa giornata merita d'essere. L'abbiamo fortemente voluta, sognata e progettata che non avrei tollerato e sopportato che ai bambini fosse data una qualche delusione. Vederli sorridenti mi riempie il cuore di gioia.

"Sarà un viaggio molto lungo.." dice d'un tratto l'uomo al mio fianco, i pensieri chissà dove e lo sguardo verso il finestrino; il polmone verde di Francia scorre davanti a noi bello e lussureggiante. Poi Richard si volta, sistemando la mia posizione accoccolata fra le sue braccia. "Non avevo idea ci fosse così tanta strada da percorrere e tanta bellezza da ammirare."

Annusico. "C'è il meglio di tutto: cibi deliziosi, vini di gran classe, clima dolcissimo e una vista superba da tutti i punti cardinali" Indico lo scenario. "Molti dicono assomigli al Paradiso. Ma questi molti, sarannno sicuramente francesi." Sorrido e lui con me.

"Mi piacerebbe visitarla, quando avremmo del tempo per noi."

I miei occhi si illuminano. "Quale buona occasione se non la futura luna di miele?" Poi mi scappa un risolino sarcastico. "Siamo così impegnati, che non ne abbiamo mai parlato." Il suo sguardo sornione mi fa temere qualche strana idea. "Gli uomini pensano anche a questo?!" Chiedo sarcastica.

"In realtà qualche giorno fa ho ricevuto missiva da parte di zia Lizzy." Alza gli occhi al cielo, poi sorride. "Vuole che passiamo qualche giorno da lei nel Devon. Pensavo fosse carino andare per la luna di miele, appunto."

Lizzy, la prima schierata a favore del nostro matrimonio, si è confermata l'adorata zia di cui conservo un dolcissimo ricordo, rinnovando l'invito dell'anno precedente, nel visitare le terre che diedero protezione al mio futuro marito.

"Beh se è così, visiteremo la Loira in un altro momento." Alzo le spalle e sorrido. "Mi sembra un'idea molto dolce passare i nostri primi momenti da sposati nella tua terra."

"A dire il vero.." si blocca, mi fissa e sorride. "Ho pensato la stessa cosa quando hai proposto di gironzolare per la Francia." Si tocca velocemente il mento ed è il suo turno di far brillare gli occhi. "Cinque giorni nel Devon. Cinque giorni nella Loira, cosa ne dici?" Non c'è bisogno che gli risponda, il mio sorriso parla da se. "Scriverò alla zia di tenersi pronta ad attraversare la Manica in nostra compagnia, dopo il matrimonio." Sorride ancora. "Al nostro ritorno ci aspetteranno le avventure francesi. E poi la nostra vita insieme, madame Hamilton."

La sua voce flautata nel mio orecchio mi fa scappare un gemito. Lo guardo male, ma non riesco a trattenere troppo a lungo il sorriso.



A Beaune facciamo una sosta e siccome è quasi ora di pranzo, ci degustiamo qualche stuzzichino annaffiato dal buon vino rinomato di questa deliziosa cittadina di Borgogna. I bambini sono esausti, rifocillarsi mette loro addosso una nuova carica.

"Quello che cosa è dottoressa Chedjou?" Lali mi stringe con una mano il braccio, mentre con l'altra indica del formaggio molle.

"Chiudi gli occhi." Le dico, affondandoci dentro un pezzettino di pane per portarlo alle sue labbra. Le arriccia dapprima, poi si lascia tentare.

"E' disgustoso!" Lo ricaccia teatralmente, non riesco a non sorridere alla vista del suo visino imbronciato e arrossato.

"Tieni.." dico in tono affettuoso, passandole il mio bicchiere con l'acqua. "Cabécou, formaggio di capra."

"Non mi piace." Ribatte.

"Oh, l'avevo intuito." Le passo il dito sul profilo del naso e sorride.

La piccola è l'unica del gruppo a non essere accompagnata. Il suo papà ha faticato e non poco nel cercare di risollevarsi dalla sua situazione e purtroppo non si è potuto assentare da lavoro. Per me e Richard è stato più che naturale farci carico della sua responsabilità. E' anche merito del suo dolce sogno di vedere il mare, che questo viaggio si è potuto compiere. La guardo e il mio cuore protesta; purtroppo la cura ha dimezzato il suo peso e sciupato i capelli castani, che le incorniciano il visetto scarno. Sto tentando di farle mangiare qualcosa da quando siamo partite, ma so che l'aggressività delle medicine toglie quasi del tutto ogni forma di appetito. Istintivamente l'abbraccio, lei si fa circondare dalle mie braccia e mi sorride nonostante tutta la fragilità dei suoi anni.

"Manca ancora molto per il mare?" Mi chiede all'orecchio.

Richard la incoraggia con i racconti delle frastagliate coste della sua amata Inghilterra, le baie riparate che accolgono il lungo viaggio delle onde e le insenature profonde della terra, figlie dell'epoca glaciale; Lalì ascolta rapita i suoi racconti e mi accorgo solo adesso della fantasia fervida di questa ragazzina. La bontà dell'uomo che racconta queste storie, invece, la conosco perfettamente. Ed è per questo che lo amo.

Il pranzo volge al termine, dopo una ristoratrice passeggiata nella cittadina medievale, occupiamo nuovamente i nostri posti a bordo.

Richard sprofonda in un sonno lungo che terminerà con il nostro arrivo a Marsiglia.

Il vento ci sferza i capelli, ma il cielo è terso. Una delle tipiche giornate da cittadina di mare che si fanno amare terribilmente.

I bambini sono letteralmente impazziti; appena messo piede in strada, hanno assediato le piccole barche del porto spingendo i loro nasini curiosi alla volta della distesa d'acqua e tempestato di domande i pescatori dalla pelle ambrata, baciata dal sole.

Un tale Vincent, grandi mani coriacee con la quale brandisce una fitta rete da pesca, tiene banco spiegando loro l'importaza di quella maglia; Richard annuisce contento e mi spinge verso le porte girevoli dell'hotel in cui soggiorneremo, deliziosamente incastonato nel porto.

Non passano che poche ore, dal sistemare gli abiti nell'armadio ad organizzare il primo bagno per i ragazzi, perchè caracolliamo a letto sfiniti.

"Hai portato il tuo costume, Najla Louise?"

Richard si prende gioco del mio esser freddolosa, nonostante le temperature siano già congeniali per poterci deliziare delle cristalline acque della costa. A dispetto di tutto tiro fuori il mio bikini turchese che lui guarda con una certa rassegnazione.

"Preferivo la vecchia moda ma se mia moglie è felice.."

Lo guardo male ancora una volta. "Non essere arcaico! L'emancipazione femminile è un tema che mi sta molto a cuore." Poi mi stringo al suo petto. "E' la seconda volta in poco tempo, che mi additi come tua moglie." La mia voce si fa dolce mentre gli faccio notare questa sua bizzarra peculiarità.

"Voglio abituarmi all'idea."

Questa risposta mi lascia perplessa e dubbiosa. "Non ti senti già legato oltremodo a me?"

"E' proprio questo il punto. Sono già stufo di aspettare che un prete sancisca la nostra unione."

Lo dice con una serietà commovente, che fra l'altro rispecchia in tutto ciò che provo io. Alzo un pò il capo e incontro le sue labbra che mi aspettano pronte.

"Non possiamo sposarci in segreto Richard Hamilton!" D'improvviso nella mia testa si accende una lampadina.

Sorride dolce ma scuote il capo. "Non ho nessuna intenzione di farti mia moglie quì, a Marsiglia. Accadrà nella chiesa che abbiamo scelto, nella città che ti ha dato i Natali e che un pò li ha dati anche a me." Dalle mie labbra si sposta al naso, dove deposita un bacio veloce. "Adesso chiudi gli occhi amore mio, ci aspettano giornate intense."

"Potremmo non sentire rientrare la piccola.." borbotto sbadigliando.

"Non ti preoccupare, resto sveglio." Sussurra dolcemente e i miei arti finalmente si distendono, lasciando che il sonno abbia la meglio.


*


Non so dire se siano più felici i bambini, o i loro genitori me e Richard, che li guardiamo dalla distesa di sabbia dorata, giocare in riva al mare.

E' una giornata con un bel sole alto, siamo all'Anse de Catalans, ufficilamente una delle spiagge della bella Marselle.

C'è nell'aria un odore di ferro e sale, molta euforia, giochi e risate fanciullesche; siamo davvero tutti felici.

Fino a quando Lalì non da uno schiaffo a Fabrice perchè vuole gettarla in acqua con tutti i vestiti.

Ci alziamo correndo verso i ragazzini.

"Che sta succedendo quì?" Interviene Richard, con voce da baritono.

Lalì si porta i capelli dietro gli orecchi, stizzita. "Mi vuole gettare in acqua contro la mia volontà."

Il papà di Fabrice lo guarda con fare serioso. "Perchè non rispetti la tua amichetta? Se non vuole fare il bagno non puoi costringerla."

Fabrice ci guarda tutti con la fronte corrucciata. "E' lei che è voluta venire qui!" Stringe le braccia al petto e le lentiggini sulle sue gote si accendono ancora di più. "Ci ha fatti venire quì e non vuole bagnarsi! E' pazza!"

Il papà gli da un leggero scapellotto sulla nuca. "Chiedi scusa, non si dicono certe cose."

Fabrice corruccia le labbra disgustato. "Femminuccia."

L'uomo si spazientisce e fa per portarlo via, si scusa con la ragazzina che continua a guardare il coetaneo con occhi ferini.

Da lontano sentiamo il genitore iniziare la predica contro il bambino.

Mi inginocchio nella sabbia, Richard si mette al mio fianco ma seduto.

"Che succede?" Chiedo a Lalì, con la voce ferma. "Non ti diverti?" Le accarezzo il braccio ma si ritira, infastidita.

"No." Risponde fra i denti, guardando verso il mare con occhi agitati.

Richard mi guarda, ci scambiamo un'occhiata complice. "Lo sai che a Mr sourire puoi dire tutto, vero?"

Mi alzo leggermente, pulendomi le ginocchia continuando comunque a sorriderle. "Il sole si è fatto alto, vado a mettermi all'ombra."

Nel passarle accanto, mi stringe la mano. "Sei arrabbiata?"

"No." Le passo l'indice sul naso come faccio sempre e lei mi sorride. "Sono laggiù, se non vuoi fare il bagno possiamo fare qualcos'altro se ti va, ok?"

Annuisce ma continua a tenermi gli occhi addosso per tutto il tratto che compio dalla riva all'ombrellone.

Li ho perfettamente allineati davanti al mio lettino, le sagome delle loro schiene vicino e presto agitate dal solletico che Richard le procura, mi rincuora. La sua risata arriva a me cristallina e lontana, ma fa un gran bene. So che hanno un rapporto speciale, credo lo veda come una specie di principe azzurro o un salvatore e non potrei essere più che lieta che si senta a suo agio insieme a lui. Richard è così tenero quando è con lei, credo si facciano del bene a vicenda.

Ben presto dal bar dello stabilimento sopraggiunge la limonata che avevo ordinato e che sorseggio con gran sete sfogliando qualche rivista. La lettura, il chiacchiericcio di fondo sulla spiaggia e le emozioni della mattinata ben presto mi fanno cadere in un sonnellino da rilassamento.

Le labbra fresche di Richard mi riportano alla realtà. Spalanco gli occhi, il sole è girato, la luce più forte e c'è un gran caldo.

"Gli altri sono in veranda per il pranzo." Mi dice all'orecchio, baciandomi poi la tempia. "Che ne dici di raggiungerli?"

"Lalì?" Chiedo.

"E' con loro."

Getto un'occhiata alla veranda all'ombra ristoratrice e annuisco vigorosamente. Richard sorride, aiutandomi ad alzarmi.

La nostra tavolata è apparecchiata lungo il bordo della balconata che affaccia sul mare; sorrido entusiasta mentre occupo i due posti lasciati liberi.

Ginevre una delle mamme mi fa spazio. "Ti abbiamo lasciato riposare, dormivi come un angelo!"

"Oh.." mi sistemo i capelli e tolgo gli occhiali da sole. "Avete fatto bene."

"Ti consiglio l'aragosta al burro. Una vera delizia." Prosegue con un bel sorriso.

Guardo entusiasta Richard che annuisce e ne ordina due accompagnate a del buon vino bianco freddo.

La piccola sembra più serena, ha il viso di un bel colorito.

"Ha mangiato?" Chiedo angosciata.

La donna al mio fianco segue la traiettoria del mio sguardo e torna su di me. "Sì, un buon piatto di sogliola e patate." Poi addolcisce lo sguardo. "Avete fatto un mezzo miracolo con lei."

"Vorrei poter fare di più, credimi." Sospiro, mi rendo conto di essere melanconica e non mi piace. Questo viaggio deve essere una parentesi felice. "Ma ogni tanto devo ricordarmi di non essere Dio." Cerco di sdrammatizzare e Ginevre mi stringe la mano.

"Ogni tanto la mia fede vacilla." Dice, con la voce seria e bassa. "Ma poi incontro persone come voi e penso che il buon Dio non si è scordato di noi."

"Oh Ginevre.." rafforzo la presa delle nostre mani, stavolta sorridendo sincera. "Non vi sarò mai grata abbastanza per la fiducia che mi date. Se guardo questi ragazzini, uno per uno e penso alla strada fatta fino a quì, penso che il vero miracolo sono proprio loro: la vostra Marie Louise, arguta e divertente, poi Fabrice il gigante buono, Lalì la mia imbronciata tenera e forte Lalì, Gerome il più piccolo e il più coraggioso, e i due fratelli Clotard e Auguste così diversi eppure legati da questa terribile tragedia."

"Ci fosse anche solo una tenue speranza per la mia piccola.. io me la giocherei." Ammette la donna, con una dignità commovente. "E sono certa anche tutti i genitori quì presenti. Sappiamo di averne poca, ma quel poco che c'è ci basta. Nessuno di noi vuole sotterrare il proprio figlio prima del tempo."

Il suo commento mi spezza il fiato ma ammetto che ha ragione e nel farlo, mi sento più impotente che mai.. anche se non dovrei.

"La vostra voce è molto importante per il futuro del nostro paese, Ginevre." Inerviene Richard sollevandomi dalla difficoltà del momento. "Purtroppo il governo investe pochissimo nelle cure sperimentali e nei mezzi per renderle efficaci; ciò che stiamo tentando di fare io e Najla è solo una piccola goccia, in un mare vasto di opportunità che devono essere colte al volo." Respira a fondo, mi guarda intensamente per tornare su entrambe. "Sono tempi di cambiamento e fiuto nell'aria buone occasioni. Sto tentando di mettermi in contatto con una persona molto vicina ad un membro di stato per mettere in luce i problemi in cui versa la sanità.. e far aderire al mio progetto quanti più membri della Parigi per bene possibile."

La mia bocca si schiude. Ero totalmente ignara di queste iniziative, se ne rende conto e mi rimanda un sorrisetto di scherno.

"Quale progetto?" Chiedo diretta.

"E' solo un'idea." Abbozza. "Instituire negli ospedali per i bambini malati di cancro, una specie di "ultimo desiderio"." Mima con le dita il virgolettato, "..che essi possono tramutare in ciò che più desiderano, appunto."

Io e Ginevre ci guardiamo. E' lei a parlare. "Praticamente ciò che stiamo facendo adesso?"

"Esatto." Le fa eco Richard. "Con delle regole ovviamente. In larga scala e in modo permanente, sopratutto."

"Se ti serve aiuto conta pure su me e mio marito." Risponde la donna al mio fianco.

"Sarebbe importante che instituissimo un'associazione, Ginevre. Potremmo chiamarla semplicemente speranza o il nome che preferite, ma almeno avremmo un impatto differente." Non l'ho mai sentito parlare con così tanto ardore, le sue labbra si toccano velocemente e i suoi occhi intelligenti vibrano. "Potreste venire con me a discutere di questo progetto e di ciò che va o non va bene secondo voi nella sanità..insomma, potreste finalmente dare voce alle vostre angosce. Non so se faremo un buco nell'acqua, ma sicuramente daremmo modo di parlare di questi bambini quasi invisibili."

"Mi sembra meraviglioso Richard! Hai il nostro appoggio, vero?" Guarda verso il marito che annuisce vigorosamente.

"E il nostro." Rispondono le altre coppie di genitori al tavolo.

I bambini ci guardano come se fossimo impazziti.. e forse lo siamo davvero, ma come ogni buona e grande idea che si rispetti, dietro c'è sempre il sacro fuoco della più pura e buona follia.


"Non hai detto una parola oggi a pranzo."

La giornata è volta al termine, il sole è calato nel mare e le stelle hanno preso il suo posto; la vista sul porto di notte è qualcosa di magico.

Lalì si è addormentata profondamente, le rimbocco le coperte, quando Richard si piega verso il mio orecchio.

Ha ragione. Non ho detto una parola. "E' che dirti quanto sono fiera e orgogliosa di te -per la millesima volta- mi sembra stucchevole."

"Cosa c'è, abbiamo per caso firmato un contratto sulle belle parole che ci aspettano? E dobbiamo considerare il contratto a giornata o per tutta la vita?"

Il suo commento mi fa ridere; gli faccio il cenno del silenzio e di seguirmi in balcone.

"Sono così felice di questa iniziativa che non riesco a trovare le parole giuste, Hamilton." Lego le mie braccia al suo collo, piegando il capo sulla sua spalla. "Sei riuscito ad ammutolirmi. E sei una delle poche persone che ci riesce, in generale."

A ridere adesso è lui. Arretra così che il mio viso torni parallelo al suo e mi guarda intensamente. "Quindi pensi sia una buona idea?"

"Certo!" Rispondo di getto, poi mi acciglio. "Come tutte le tue idee del resto. Ma questo lo sai, vero? La tua mente è in continuo movimento; hai un dono Richard. La lungimiranza. Se per esempio io riesco a ragionare in dati e fattori esclusivamente presenti, quando si tratta del mio lavoro, tu riesci a guardare l'ampio spettro di un successo, quando ti si pone davanti. Sei un genio, non ho altro da dire."

Lo vedo gongolare, alzo gli occhi al cielo. "Credo di aver servito una cena succulenta al tuo ego."

Ride ancora e mi sciolgo; la sua carnagione ambrata si è scurita leggermente e gli occhi leggermente allungati, lo fanno assomigliare a un faraone.

"Mi piace come mi vedi." Sussurra molto lentamente.

Mi pento dei pensieri peccaminosi che sto avendo in questo momento, fissando le sue labbra carnose sfiorarsi delicatamente, mentre parla; lo abbraccio e taccio, beandomi del battito del suo cuore contro il mio. La sirena di un imbarcazione irrompe nella quiete ridestandoci dal nostro abbraccio.

Rientriamo in silenzio e in silenzio ci accoccoliamo sotto alle lenzuola profumate.

Ci addormentiamo così, come se fossimo un unico corpo.


*


Il giorno dopo siamo a Cassis, quello che un tempo era un villaggio di pescatori, a circa mezzora d'auto da Marsiglia.

Il paesino è pittoresco, case color pastello affacciate sulle acque cristalline del mediterraneo e del suo porto; decidiamo di dargli un'occhiata rapida per poi spostarci nel parco, arroccato al suo lato, per una sosta merenda. I colori intorno a noi sono stupendi, il verde della macchia si confonde con il blu del mare ai nostri piedi, l'aria è salmastra e fresca, ci ristora e ai bambini mette energia. Energia che spendiamo trotterellando fino a uno spiazzo che da su una meravigliosa calanque, una delle innumerevoli calette per cui è anche famosa Cassis.

"Che ne dite di affittare una barca al porto che ci faccia ossarvare queste meraviglie direttamente dal mare?" Propone Francoise, il papà dei gemelli.

I suoi bimbi stridulano contenti dalla richiesta. Ben presto si accodano anche gli altri ragazzini e i rispettivi genitori.

Lalì non emette un fiato, io e Richard decidiamo comunque di soprassedere e mostrarci accomodanti a qualsiasi sua richiesta; non passa molto tempo che infatti la piccola si aggancia alla mia mano, costringendomi a rallentare il passo.

"Se non vuoi andare io, tu e Mr. Sourire troveremo qualcosa di più divertente da fare." L'anticipo accarezzandole la nuca, sento che si rilassa e guarda oltre gli alberi verso il mare. "Se invece vuoi andare prometto che ti terrò stretta a me come.. come uno zaino!" Le scappa da ridere per poi corrucciare le labbra come al suo solito; le mani si torturano nell'indecisione, mi piego sulle ginocchia e la guardo negli occhi. "Le paure vanno affrontate piccola, non vogliamo forzarti a fare qualcosa che non vuoi, ma se insisto è perchè so che è una cosa a cui tenevi molto. Questo è il tuo desiderio, ricordi? Vedere il mare!"

"Lo so." Sospira con gli occhi lucidi. "Ma presto finirà tutto."

La guardo dolcemente, inizio a capire il nocciolo della questione. "Io e Richard siamo e saremo al tuo fianco. Anche dopo, te lo prometto."

Richard mi imita, accucciandosi al nostro fianco. Le accarezza la schiena e annuisce.

Lalì mi si getta fra le braccia, la stringo, è uno scricciolo tremante. "Non voglio andare dalla zia, io voglio restare con voi due!"

Non riesco a parlare, il pensiero di questa ragazzina che si priva di una gioia per paura che finica troppo in fretta mi annienta.

Richard mi guarda e guarda lei. "E' la tua famiglia, tesoro. Hanno il pieno diritto di prendersi cura di te. Ma come ha detto Najla, noi ti seguiremo passo passo, non avrai che da allungare la tua mano, perchè tu possa trovare la nostra."

Slega il nostro abbraccio e ci guarda. "Ho sprecato il mio desiderio."

La guardiamo esterefatti. "Perchè?"

"Perchè avrei potuto desiderare essere vostra figlia."

Richard la tira a se, stringendola forte; ho paura la spezzi da tanto la tiene stretta. "Non hai sprecato proprio niente, invece." Sussurra al suo orecchio. "Tu ci hai già, anche se non è come vorremmo." Il suo vorremmo sono farfalle che si annidano nello stomaco; ci siamo comportati esattamente come i suoi genitori in questi giorni che non mi sono accorta, accadesse con tanta naturalezza. "Andiamo a fare questa gita in barca, ma sopratutto.." bofonchia, "andiamo a divertirci, capito?" Lei annuisce con dolcezza, tirandosi su dalle sue braccia. "A chi arriva prima al gruppo." Richard lancia la sfida mettendosi a correre, seguito dalla ragazzina e da una me poco avvezza, a qualsiasi tipo di movimento che non contempli il camminare e respirare con regolarità.




81



Le calanques dal mare tolgono il fiato; ci si rende conto di quanto siano imponenti queste scogliere di roccia bianca a picco nel mare.

Lalì per tutto il viaggio mi è in braccio e ha la bocca spalancata, le mani ben ancorate alle mie gambe. Ogni tanto le bacio il capo e annuso il suo profumo, avvertendo di nuovo e più forte che mai, il prepotente istinto materno che è in me. Per fortuna il vento sferza i miei rossori dalle guance.

Il marinaio che conduce il nostro battello, incuneandoci nelle meravigliose insenature ci racconta la storia di questo paesaggio così pittoresco, delle poesie che hanno ispirato fino alle scoperte dei geologi infondo al mare. Scopriamo ben presto che c'è tanta di quella meraviglia sommersa, tanto quanto quella alla luce del sole. Ispirati dal bel tempo e dal mare piatto, veniamo condotti a gruppi sulle barchette ormeggiate a poppa, Lalì accenna una protesta ma la mano forte e salda di Richard nella sua, riesce a sbloccarla quasi subito.

Vedo la sue esile figura sporsi dal parapetto della barca e sfiorare l'acqua e sussulto di gioia.

"Avete indossato il costume?" Ci chiede il giovane che voga i remi a prua.

Annuisco. "Ci sono delle spiagge?"

"La più bella è alla fine di quell'insenatura laggiù." Indica un cunicolo di acqua cristilla che si perde dietro le rocce.

"Si può andare fin là?" Domanda Richard; l'uomo gli sorride e si mette al lavoro. "Se mi agganciassi ai remi dietro di lei, faremmo prima e risparmierebbe metà delle energie. Che ne dice?" Azzarda pieno di entusiasmo. Quello lo squadra da capo a piedi, soffermandosi sul profilo delle sue spalle solide; poi con un gesto veloce gli indica i remi. Lalì non riesce a contenere una risata.

"Ho sempre adorato farlo." Ci dice, prima di mettersi a vogare.

La caletta è deliziosa, praticamente deserta; scendiamo dove l'acqua è più bassa, Richard ha Lalì stretta in braccio che osserva tutto con molta attenzione.

"Ti piace?" Le domando.

"Tanto." Risponde trasognante.

Saluto il ragazzo della barca, che ci aspetterà giusto il tempo per un bagno.

"Ti conviene approfittarne signorina.." le dice in perfetto dialetto provenzale marittimo, mentre prende nuovamente il largo.

Lei salta dalle braccia di Richard sulla rena soffice e bianca, salutandolo con la mano.

Per una frazione di secondo ci guardiamo. "Non ho il costume." Dice.

"Ce l'ho io." Le dico con estrema dolcezza. "Ti aiuto ad indossarlo?"

Annuisce. Richard mi guarda con approvazione e si gira, tirandosi su la polo. "Vi aspetto in acqua, mie dame!" E schizza ad infrangersi contro l'acqua con un tuffo che lo fa sembrare un delfino. Sospiro.

Lalì mi fissa. "E' l'uomo più buono che io conosca." Rispondo al suo silenzio. "Sei pronta?" Le dico, aiutandola a indossare un costume intero color blu marino, con i volant sui fianchi che le ho acquistato ai magazzini Lafayette. Questo colore esalta ancora di più sulla sua pelle diafana.

"Si." Risponde. Solo allora mi tolgo gli abiti e le prendo la mano.

"Un passo alla volta."

Ci avviciniamo sempre di più all'acqua e ad ogni passo che avanza, Lalì si stringe sempre più forte alla mia mano, finchè un onda un pò più euforica rispetto alle altre, le bagna i piedi alla sprovvista. Emette uno strano sibilo, ma punta subito gli occhi enormi e castani su Richard che poco più lontano di noi sta sbracciando in mare aperto. "Pensavo peggio." Dice, atteggiandosi quasi come un adulta.

Mi scappa da ridere ma mi trattengo. "Ti precedo." La lascio, permettendole così di metabolizzare la cosa e sentirsi sicura di sè.

L'acqua è poco al di sopra del mio ginocchio, quando mi volto e le dico di raggiungermi.

Lo fa. In passo incerto e cadenzato ma raggiunge il mio punto in poco meno di un minuto.

"Andiamo avanti." Sussurro.

Arrivate ad un punto limite, acqua poco sotto la mia vita, la fisso. "Sei in mare, Lalì!" Lei si guarda attorno contenta, con l'acqua che le accarezza le clavicole. "Afferra le mie mani e tira indietro le gambe." Dichiaro prontamente.

Nega con la testa ma non le schiodo lo sguardo di dosso. Mi fa attendere qualche secondo, prima di concedersi.

"Respira pienamente e lascia che l'acqua ti tiri su." Le dico, guardando estasiata i suoi piedi agitarsi. "Respira e distendi il corpo!" Combatte un pò con l'acqua che sciaborda intorno al suo corpo in movimento e mi piego vicino al suo orecchio. "Non ti agitare piccola, sono quì e non ti lascio." Le sue mani si ancorano alle mie spalle, mi abbasso per permetterle di stare comoda e lei mi si avvinghia in braccio. La stringo forte e la cullo, ride e si scioglie ancora.

Richard ci raggiunge. "Hai visto Mr. Sourir? Sono in acqua!!"

"Sei stata molto coraggiosa!" La incita. "Sono fiero di te!"

"Guarda che mi fa fare Najla.." si slega dal mio corpo e lancia le gambe all'indietro da bravo pesciolino; Richard la guarda con occhi dolcissimi, non le toglie mai lo sguardo di dosso e sorride amorevolmente. "Sono brava Mr. Sourire?" L'uomo annuisce vigorosamente; ormai i suoi piedi si muovo e scrosciano in acqua così velocemente che è più lei a trascinarmi che io.

"Senza mani.." le dico di getto, mantenendo il sorriso.

Lei annuisce, lasciandole per pima. Velocemente faccio passare una mano sotto alla sua pancia così che il panico iniziale si trasformi in un bel sorriso. "Stesso principio. Respira a fondo e lascia che l'acqua che ti faccia sentire leggera. Muovi prima le gambe e poi le braccia. Come una ranocchia!" Ride e mi asseconda accorgendosi ben presto di star nuotando. "Sì sì, stile rana il suo nome. Non è divertente?"

"Si!" Ride, piena di gioia.

Il bagno è lungo e pieno di sorprese, chiede a Richard di insegnarle quante più cose sa, ma è quando scopre i tuffi che è difficile tirarla fuori dall'acqua.

Le avvolgo un asciugamano pesante sulle spalle e le strizzo i capelli dall'eccesso di acqua, per poi accocolarmi insieme a lei, sedute sulla rena.

E' stanca, si appoggia con la testa nell'incavo delle mia spalla e guarda il mare.

"Non pensavo fosse così bello."

"Le cose belle inizialmente ci fanno paura. Ma non provare a viverle.. questo sì che è stupido." Richard mi guarda dalla sua spalla e sorride.

"Pensi che più tardi possiamo rifarlo?"

"Certo." Le bacio i capelli. "Il bagno al tramonto è qualcosa di magico."

"Intendi con il sole che finisce nell'acqua?"

"Proprio così. Pensa che la temperatura dell'acqua è più calda, sembra cheta e tranquilla e ci sei solo tu.. e l'infinito."

"Tu Sourire sarai con noi?" Chiede, girandosi verso l'uomo.

"Non posso perdermi uno spettacolo tanto bello." Replica, allungando la mano verso la mia.

Poi un silenzio lungo e il giovane che dalla barca ci richiama con un fischio.

Neanche a dirlo Lalì passa tutto il viaggio del ritorno a pavonarsi con Fabrice del bagno nella cala selvaggia e dei tuffi che Richard ha elogiato come olimpionici; sono così felice di vederla attiva e piena di vita che cado esausta in un lungo sonno.

Mi sveglio che siamo al porto di Cassis, dove il nostro autobus ci attende per portarci in albergo; il viaggio prosegue nel silenzio generale, fra riposini e voci basse, arriviamo a Marsiglia in mezzora. Mentre gli altri prendono la via per le stanze io, Richard e Lalì ci dirigiamo verso la spiaggia, dove concludiamo la giornata con un romantico bagno al tramonto; non ho mai visto quella ragazzina più felice di allora. Se il bagno alle Calanques era stato un vero miracolo, quello si prendeva di dirittto il miglior ricordo nel mio cuore e sarà stata la nostalgia, la pena per il ritorno e la cura lì ad attenderci che di nascosto ho versato tutte le lacrime che avevo in gola.

"Ho una piccola sorpresa per te." Dice Richard dopo la doccia, prima di coricarci per ricaricare le batterie.

"Per me? Dove?"

"Non posso dirti molto; Lalì vuole cenare con gli altri ragazzini e Ginevre ce la terrà d'occhio, abbiamo la serata libera ho pensato di approfittarne." Mi deposita un lieve bacio sull'orecchio, prima di sospirare. "Tu pensa solo a farti bella."

Un sorriso timido mi spunta fra le labbra, chiudo gli occhi e scivolo verso Morfeo.



"Sei bellissima." Il suo sorriso smagliante mi accoglie nella hall; mi passo leggera le mani sui fianchi del mio abito giallo paglierino e gli sorrido.

"Adesso puoi dirmi dove si va?"

"Vieni." Mi porge la sua mano che afferro con curiosità, mi porta fuori e verso la limousine che ci attende.

"Richard?" Lo guardo a perplessa. "Inizio a spaventarmi."

"Hai lasciato un costume alla cameriera come ti ho chiesto?" Controbatte, sorvolando le mie ansie.

"Sì, capo." Rispondo nervosa.

Sorride sghembo, irritante e bellissimo. "Non voglio sposarti in gran segreto."

"Lo spero!" Rispondo seccata. "Non vorrei sposarmi in costume!"

Inorridisce al sol pensiero, scuote il capo e da indicazioni all'autista per la spiaggia.

La spiaggia. Ho uno strano buco allo stomaco.

Nel buio della rena e il mare scuro, poco lontano da dove ci troviamo se ne sta un tavolo apparecchiato; percorriamo il tragitto illuminato da piccole candele in silenzio ma mano nella mano, finché non è lui a rompere il ghiaccio.

"Champagne?"

"Oui mercì."

"Hai pensato subito al matrimonio." Ridacchia, portandosi il flute alle labbra. "Hai dimenticato quello che ci siamo detti prima."

Cerco di percorrere con la mente le nostre conversazioni passate ma ho come un buco nero.

"Perdonami." Dico poco seria ma comunque sentendomi in colpa.

Da galantuomo quale è mi scosta la sedia aiutandomi ad accomodarmi, poi prende posto e si rivolge al cameriere che è sopraggiunto.

"Io e la mia signora siamo pronti."

"Facciamo arrivare subito qualcosa dalle cucine."

Ho lo stomaco che brontola, sottosopra. Gli antipasti ai frutti di mare sono un qualcosa di delizioso così, come i crostacei.

La cena scorre vibrante, piena delle nostre parole sulla bellissima esperienza che stiamo vivendo e sugli impegni che ci attendono già dall'indomani, giorno in cui faremo ritorno a Parigi, il tutto in compagnia di un ottimo vino bianco e cibo delizioso.

Siamo entusiasti e il rumore delle onde in sottofondo accarezza i nostri sguardi quando tacciamo.

Dal silenzio la sua voce irrompe. "Andiamo?"

"Di già?" Lo guardo stralunata.

"Voglio che restiamo leggeri."

Mi tolgo la salvietta dalle gambe e lo seguo. "Mi gira la testa." Ridacchio.

"Appoggiati a me." Mi fa eco. "Sei felice?"

"Molto." Rispondo, poggiando il capo sulla sua spalla.

"Bene. Mantienila più che puoi amore mio."

Seguo con lo sguardo dal finestrino, lo stesso percorso che abbiamo fatto all'andata; stiamo tornando in hotel.

"Cena a lume di candele. Bagno in piscina." Mi guarda fare l'elenco delle cose con uno sguardo eloquente. "Sembra il preludio per una lunga notte di fuoco.." sussurro poi a bassa voce. Il suo sorriso mi fa capitolare e mi toglie ogni dubbio. "Io non credevo ti mancasse tanto!" Strepito, l'autista mi guarda dallo specchietto ma distoglie subito lo sguardo, mi copro la bocca con la mano trattenendo il sorriso.

Richard si appiccica al mio orecchio. "Tu mi manchi sempre, Najla Louise." La voce roca mi fa vibrare il ventre.

Mi sposto e mi avvicino io al suo. "Richard quando avremo dei figli è così che andrà. Resister.." le parole smorzano sulle mie labbra; gli prendo il volto fra le mani, sconvolta. "Cena a lume di candela. Bagno in piscina." Ripeto di nuovo. "Vuoi.. tu vuoi.."

Mi azzittisce con un dolce bacio, che ricambio ridacchiando e seguendolo euforica verso il rooftop dell'hotel, dove ci attendono altre candele e un atmosfera rilassata.

"Siamo soli?" Chiedo in imbarazzo.

"Ho prenotato l'intera sala per noi." Mi versa ancora da bere, rifiuto e inizia a spogliarsi. "Ti aspetto in acqua." Lascia in sospeso una promessa, accaldata ed eccitata mi sfilo il vestito e indosso il costume. Da freddolosa quale sono entro poco alla volta, ma con una bracciata il mio orso mi porta in acqua facendomi protestare a gran voce. "Adoro vederti imbronciata."

"Non dovresti. Non è corretto!" Mi bacia ancora, azzittandomi di prepotenza. "Richard potrebbe entrare qualcuno.." mugolo attraverso le sue labbra.

"Najla Louise." Mi punta addosso uno sguardo carico di patos, il cuore inizia a danzarmi in petto. "Non sono una specie di depravato che vuole saltarti addosso qui, o in nessun altro posto! Questa serata è per farti sapere che sono pronto ad avere un figlio e mi auguro con tutto il cuore lo sia anche tu." La sua voce si è fatta bassa e dolce. "Ma credo di sì. Ti ho vista con Lalì, sei praticamente già una mamma."

"Già." Il riflesso dei miei pensieri diventa una parola asciutta che gli fa corrucciare la fronte.

"Tu hai pensato alla stessa cosa che ho pensato io!" Esclama. "Se lei fosse figlia nostra."

"Sì." Ammetto sincera, con il cuore in mano. "Affidamento!" Esclamiamo poi insieme.

Annuisco a più riprese, Richard mi prende le mani e le bacia. "Certo.. adesso sarà complicato."

"Molto." Rispondo rabbuiata. "Nel programma è stata insignita sua zia come affidataria." Mi mordo il labbro. "Perché non ci è venuta in mente subito questa idea? Lei ti adora, io adoro lei, tu adori entrambe e.."

"Ti stai solo agitando amore mio." Sussurra, stringendomi le spalle. D'improvviso la bellezza della serata sfuma via e prende il posto una sorta di malinconia. "Non ti è venuto in mente prima perché ho fatto in modo che la tua fiducia nei miei confronti vacillasse. E forse non era ancora il tempo di fare progetti così importanti. Tutto quanto accade, solo al momento giusto e per una giusta motivazione."

"Quale sarebbe la nostra?"

"Mi hai perdonato Najla Louise. Io sto lavorando su me stesso e non desideriamo altro che formare una nostra famiglia."

"Hai ragione." Rispondo sicura. "Però resta il fatto che non può stare con noi; non siamo nemmeno sposati."

"Non sono ferrato in materia, ma la piccola al compimento della maggiore età avrà piena facoltà di decidere con chi stare. Se il suo desiderio rimarrà immutato fino ad allora, potremmo adottarla."

"Mancherebbero due anni."

"Più o meno." Risponde di getto. "Ma dovrei parlarne con un esperto e soprattutto devo consultare anche suo padre. Non sarà certo una passeggiata, ma vale la pena tentare. In ogni caso noi ci saremo per lei, come le abbiamo promesso."

Gli accarezzo una guancia e lo bacio. "Abbiamo già due figli." Dico con il sorriso.

"Non facciamoci illusioni." Mi rimbrotta, abbracciandomi e portandomi dal centro della piscina ad un angolo.

"Lo so." Rispondo in soffio. "E' che mi sembra già una famiglia e sono felice."

Il suo sorriso esprime la medesima cosa; mi lascio cullare fra le sue braccia a goderci il nostro piccolo angolo felice, le luci della città da basso dalle vetrate dell'hotel, la calma e la quiete del nostro amore.



*


Tornare a Parigi è un incubo sotto tutti i punti di vista.

L'ospedale è asserragliato da un nutrito gruppo di studenti e operatori sanitari di cui non riconosco i volti; nell'aria c'è un odore acre, sicuramente effetto di qualche fumogeno, i bambini tossiscono, qualcuno piange, chiedo ai genitori di restare indietro finché la situazione non è chiara.

"E' una fottuta guerra!" Strepito guardando Richard che mi tiene stretta per un braccio. "Devi lasciarmi andare, non mi torceranno un capello, puoi starne certo!" Fa una leggera pressione sul mio braccio, lo guardo furente. "Lalì e tua madre hanno l'iniezione oggi. Gli altri bambini devono tornare alle loro cure, non posso restare qui, lo capisci vero?"

Molla la presa. "Stai attenta, ti prego."

Annuisco. "Prova a vedere se vi fanno entrare dal retro. Cerca un certo Bartholomé della sicurezza, digli che ti mando io."

Annuisce lui stavolta, a comando. "Mi affaccio da quella finestra se siamo dentro." Dice tetro, indicando il punto che seguo con lo sguardo.

"Va bene amore mio." Lo bacio di fretta, avviandomi verso quello che sembra un plotone.

Tengo le mani a vista, solo percorrendo quei pochi passi mi rendo conto che potrebbero esserci delle armi ma la mia motivazione è più forte di qualsiasi paura. Prego e intanto cammino, prego mio padre nel silenzio del patos, finché una voce fra tutte mi chiede di identificarmi, fra i denti.

Alzo ancora meglio le mani e mi schiarisco la voce. "Sono la dottoressa Najla Louise Chedjou!"

Un poliziotto mi arriva al fianco, brandisce un mitra, parandosi davanti. Prima che possa parlare, agire o chissà che cosa mi metto sulla difensiva. "Devo entrare lì dentro, non mi importa chi è lei o chi sono loro, io devo entrare lì dentro."

"Oh, ci provi." Mi risponde con il ghigno. "Altri come lei è da questa mattina che ci provano. Non lasciano passare nessuno."

"Intanto mi lasci passare, ho dei bambini da mettere al sicuro nel reparto."

Si sposta. "Non si faccia infilare una pallottola da qualche parte, o daremo via a una bella guerriglia."

"E questo la diverte?" Chiedo sarcastica senza attendere risposta. "Sono uomini e donne che lottano per i loro diritti. Un domani potrebbe esserci lei al suo posto." Sbuffa e mi pianto addosso uno sguardo annoiato.

"Ah.. ho capito." Sorride beffardo a un certo punto. "Lei è una di loro!" Fa un cenno a un collega che sopraggiunge, intimandomi di fargli avere i miei documenti personali.

"Con quale diritto?" Sputo fra i denti. "Sono una libera cittadina, dipendente di questo istituto.. lei non può chiedermi nulla."

"Ordini di De Gaulle."

"Si fotta De Gaulle!" Gracido, facendomi spazio per passare.

L'altro sopraggiunto da poco protesta, il collega lo trattiene. "Lasciala andare. Che si faccia ammazzare."

Non so dire con quale coraggio mi porto faccia a faccia con l'uomo in divisa sanitaria il doppio di me per peso e statura; mi squadra abbozzando un cenno che mi da il consenso di parlare. "Sono la dottoressa Najla Chedjou, reparto di oncologia." Inspiro. "Ho con me dei bambini che vanno consegnati nel rispettivo reparto, servono delle cure urgenti per alcuni di loro, ho bisogno di entrare. Per favore." Si gira e sussurra il mio nome alle file posteriori.

In breve tempo il mio nome sibila di bocca in bocca.

"Najla Louise!" Sento chiamarmi e in quella voce riconosco Patrick. Sospiro grata, cercandolo fra la folla che mano a mano si sposta per farlo avanzare.

"Siete già di ritorno?!" Domanda, stringendomi in un abbraccio; puzza di sudore e ha un colore grigiastro in viso.

"Già.. e non credevo di trovarmi alla linea di Maginot." Getto sarcastica, il tizio corpulento ride. "Potete farmi passare? Ho delle iniezioni oggi Patrick."

Il mio amico confabula con l'uomo alla mia destra, batto il piede spazientita e mi intrometto. "C'è Richard all'ingresso posteriore. Dovrebbe essere con Bartholomè a quest'ora.. se non vogliamo dare nell'occhio i bambini potrebbero passare di là. Per l'amor del cielo, darò istruzioni al mio personale e scenderò in campo con voi se necessario, ma non posso rimandare la tabella della mia cura!"

"Il suo fidanzato ha contatti con la stampa." Patrick rafforza il concetto volgendo le spalle al collega, mi stringe la mano, capisco dove vuole arrivare.

"Potrei chiedergli di fare qualche chiamata e..spargere la notizia." Affermo sicura.

"Vogliamo delle foto. E un'intervista." Ribatte lui, con un sorriso sghembo sulle labbra.

"Andata." Rispondiamo in coro io e il mio amico.

Quello solo allora mi fa inghiottire nel nugolo di folla. Patrick mi è dietro, si sfila il ricetrasmittente dalla tasca e da ordine di far passare Richard Hamilton e chi per lui dall'entrata posteriore. Mi accompagna fino all'entrata.

"Dammi qualche cenno Patrick, se dobbiamo fare quella chiamata ho bisogno di dettagli."

"Si parli del problema dei fondi che non ci sono, della paga salariale e delle ore di lavoro al limite della decenza. Parla della cura che stai operando per opera caritatevole di un magnate, ma non perdere di vista l'assoluta volontà, che questa resti una protesta pacifica che mira a rimanere tale. Non abbiamo armi se non la nostra voce. Condiscila mettendoci nomi importanti, accenni di politica ma sopratutto..chiedigli di essere quì il prima possibile; non vedo Geremia da due giorni."

"Lo chiamerò e lo rassicurerò per te." Mi da un bacio sulla guancia, sospirando. "Non posso crederci! Siete piantonati quì, l'ospedale è al collasso da un giorno e non se ne parla! Questo è sabotaggio!"

"Credono di renderci invisibili." Ammette, sarcastico. "Non sanno che ci rendono solo più forti."

Gli paccheggio una spalla. "Quando ho fatto sarò dei vostri, promesso."

Annuisce. "Te ne sarei grato." Poi prende un foglio e ci appunta qualcosa. "Catherine Wright è arrivata?"

"Non ancora."

"Puoi farmi sapere chi l'accompagnerà?"

"Suo marito, Raymond Hamilton." Sospiro e alzo gli occhi al cielo al pensiero di Sir Hamilton alla parata del plotone.

"Figurati se quel gendarme avrà da che ridire." Borbotta Patrick, scatenando in me un risolino isterico. "Va e sta tranquilla."

La radio gracchia, mi fa un cenno di saluto con la mano e sparisce di nuovo fra la folla.

I corridoi sono tetramente vuoti, l'intero ospedale sembra caduto vittima di un sonno; corro senza badare ad altro, fino a Richard e i bamini che aspettano ordinati in fila indiana. Ginevre mi abbraccia appena mi vede.

"Che piacere vederti, Najla Louise!" Slega l'abbraccio e le sorrido. "Cosa sta succedendo?"

Mi volto così che possano sentire anche gli altri genitori. "Vari esponenti dell'ospedale hanno asserragliato l'ospedale in forma di pacifica protesta."

"Pacifica?" Fa eco Richard, madido di sudore e bianco come un cencio.

"Ho appena parlato con Patrick. Chiedono solo di avere voce in capitolo." Abbozzo, spostandomi poi verso gli ascensori. "Presto, portiamo i bambini su, non so quanto personale è rimasto quì e non so nemmeno se faranno accedere il resto."

Richard scuote il capo, organizzando una piccola fila indiana per far entrare i bambini nel vano acensore; prenota anche l'altro, dove si infila con i genitori.

Al piano c'è più personale di quanto immaginassi, Maude con il viso stravolto ci raggiunge non appena sente le voci dei bambini; fa loro le feste, nonostante l'evidente tensione che si avverte intorno.

"Bentornata dottoressa Chedjou." Con uno slancio mi abbraccia, sospirando. "Novità da basso?" Chiede con curiosità stanca.

"Da quanto sei quì?" Incalzo e inziamo a parlare mentre facciamo di nuovo la conta dei bambini accompagnandoli nelle rispettive stanze.

"Da ieri notte." Risponde asciutta. "Non me la sono sentita di lasciare il reparto."

Le poso una mano sulla spalla annuendo. "Grazie, Maude. Finiamo con i bambini e ti autorizzo a lasciare la struttura."

Mi guarda perplessa. "Se esco di quà non so quando potrò rientrare."

"Faremo avere il tuo nominativo alle file, così che tu possa tornare a casa per una doccia e un pasto decente."

Stavolta è confusa. "E' quì da neanche mezzora e ha già stretto un accordo? Lei si che è un vero boss." Poi alza gli occhi al cielo, sorride e anche la tensione dal mio viso sparisce. "Per il pasto decente temo abbia ragione."

Scuoto il capo e la congedo. "Cerca il dottor Thompson. E' nella fila accanto all'ingresso." Annusice e mi saluta, promettendomi di tornare l'indomani.

Guardadomi attorno avverto un quasi senso di normalità; i bambini sono a letto già circondati dal personale medico e le nostre più ragguardevoli cure, finalmente posso tirare un sospiro di sollievo. Mi avvicino a Lalì, muta e visibilmente spaventata.

"Cosa stanno facendo quegli uomini lì sotto?" Chiede guardando la finestra accanto al suo letto.

"La rivoluzione." Le dico, accarezzandole i capelli. "Che è quando uomini e donne decidono di unire le forze per migliorare la propria vita. Ma non è una cosa di cui devi aver paura, sopratutto non oggi, perchè è per una buona causa."

Sfoglio la cartella del programma di Lalì mentre lei gioca con una ciocca dei miei capelli. Ci guardiamo e le faccio l'occhiolino. "Lo sai che quella di oggi è la tua penultima iniezione? Presto potrai rimetterti in piedi e tornare a fare tutte le cose normali delle ragazzine della tua età."

"Potrò andare a scuola?"

"Sì."

"E fare una rivoluzione?"

La guardo, sorrido. "Certo!" Strepito. "Per cosa vuoi batterti?"

"Per i ragazzini come me, proprio come fa Mr Sourire."

Annuisco fiera e prima che una lacrima mi salga agli occhi, mi alzo. "Mi metto all'opera perchè tu possa diventare presto una rivoluzionaria." Questa parola la fa sorridere. "Ti vengo a prendere più tardi."

Annuisce, si sistema per bene nel letto e chiude gli occhi. Non passa che poco tempo perchè il suo volto si rilassi e si lasci andare al riposo.

Esco dalla stanza con il cuore più leggero dirigendomi verso il laboratorio; sfilando accanto alla cucina, noto la tv accesa sul notiziario.

Entro attirata dal chiasso e dalle immagini di una città in assetto di guerra. Più mi avvicino, più il mio cuore martella nel petto.

Quella città è Parigi. E tutt'attorno occupazioni, cortei, scontri e barricate ovunque.


Il est interdit d'interdire. Vietato vietare.



NDA:

La mia storia è al capolinea, quasi.

Volevo già da adesso ringraziare tutti coloro che ci hanno fatto un giro, che l'abbiano apprezzata o meno, a me è piaciuto scriverla.

Come tutte le mie storie.

Negli anni che ho passato quì ho notato una sempre più carente voglia di confronto, io per prima fatico a commentare le storie di cui mi interesso figuriamoci le altre, non mi lamento ma un pò mi dispiaccio.

Questo non cambia la mia voglia di continuare a scrivere perchè alla fine anche se con poco riscontro, questo resta per me un puro divertimento.

Un caro saluto a tutti,

Luna.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Luna_R