AVVISO: Tutti i
personaggi di questa storia sono maggiorenni. I fatti e i personaggi non sono
esistiti o esistenti. I personaggi, i luoghi ecc … appartengono ai rispettivi
ideatori e detentori di Copyright. Questa storia non ha alcun fine di lucro.
Qualsiasi nome o riferimento a fatti o persone esistenti o realmente esistiti è
puramente casuale.
NOTA DELL’AUTRICE: Ringrazio come sempre Annaly, bravissima beta, cara amica, e confidente
comprensiva. Senza di lei, le mie storie sarebbero deliri.
Il
Male di vivere
I sogni si
avverano: se non esistesse questa possibilità la natura non ci spingerebbe a
sognare.
John Updike
Questa è una di “Quelle Sere”.
Sono seduto al tavolo di un locale, circondato dalla
mia famiglia. Anche tu, per uno strano scherzo del destino, sei qui. Entrambi
sentiamo la presenza dell’altro, il dolore dell’altro.
Mi guardo attorno: vedo persone che condividono la
mia esistenza, che mi sono accanto da anni. Le vedo vivere serenamente le loro
piccole quotidianità … e mi sento straniero, tra visi conosciuti.
Fingo una tranquillità che non provo, perché non voglio
turbare le loro fragili esistenze; perché non voglio avere la conferma che non
sono poi così importante.
I miei migliori amici hanno preso strade diverse
dalla mia e ci vediamo sempre troppo poco. Con loro posso sentirmi quasi
libero: so che i loro occhi non si fermano di fronte ai miei sorrisi affettati,
ma che scrutano in profondità e vedono le cicatrici … le ferite che mi
lacerano. La loro sofferenza è palpabile, anche mentre ridono con me; mi
confortano col loro affetto, ma non possono guarire il mio male di vivere.
Sapere li addolora, e l’impotenza li devasta.
Io solo ho la capacità di redimermi dal dolore, ma
non lo faccio. Resto immobile in questa palude di angoscia, perché so che la
mia redenzione può nascere solamente dall’afflizione di chi condivide i miei
giorni.
Ho seguito una strada realizzata da altri, ho
sposato la persona che tutti si aspettavano sposassi; non mi sono ribellato
alla banalità, anzi, ci ho creduto … e per qualche tempo sono stato davvero
felice.
Ma era un’illusione.
Ora ti guardo e mi sembri la vera salvezza. Vorrei
alzarmi da questa sedia, sconvolgere tutti e far crollare quel mondo così
perfetto che mi è stato costruito addosso.
Ma non mi muovo, ancora una volta decido di
sacrificare me stesso.
Nei tuoi occhi leggo la rabbia, perché sai che
stiamo perdendo troppo entrambi, ma riesco a scorgervi anche comprensione. Tu
più di tutti sai cosa vuol dire vivere una vita prestabilita, sacrificarsi per
l’utopia della felicità familiare.
Siamo come stelle, condannati a guardare per sempre
ciò che vorremmo, senza mai poterci nemmeno avvicinare alla fonte dei nostri
desideri.
Verrà il giorno della Luce, imploderemo nella nostra
angoscia e ci ribelleremo, lasciando una scia luminosa a testimonianza del
nostro passaggio; bruceremo le nostre costrizioni e ci ergeremo come eroi
vincitori sulle rovine che causeremo. Saremo liberi e indifferenti come
divinità antiche, ebbri di gioia egoistica e primordiale … ma non è ora quel
momento.
Abbasso nuovamente lo sguardo, mentre tu oltrepassi
il tavolo dove io fingo di divertirmi, circondato dalla mia famiglia, e ti vedo
uscire dal locale, mentre porgi elegantemente il braccio a tua moglie.
Stringo per un attimo gli occhi e sospiro.
Verrà il giorno della Luce.
NOTE PERSONALI:
Ancora tantissimi auguri Hikaru, da
parte mia e di Annaly, e che i tuoi desideri si
avverino!
Ringrazio
chi legge questa storia e soprattutto chi lascia un parere. Sono i vostri
commenti che danno vita alle mie idee.
Baci
Tit.