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Autore: EvelynJaneWolfman    20/01/2017    1 recensioni
Nulla sconvolge il grigio e monotono mondo di Scott, tranne Dawn, la ragazza che gli ha rubato il cuore ai tempi del liceo e che non vede da anni. E quando finalmente la rincontra, i due si lasciano andare ad un momento di passione, sempre sognato da entrambi, prima di dirsi addio nuovamente. O almeno questo è quello che pensa lui, perché due mesi dopo a bussare alla sua porta è proprio la bionda con una sconvolgente notizia: aspetta un bambino! Scott non accetta quell'improvvisa bomba nella sua vita, non è in grado di prendersi cura di un bambino. Come se non bastasse in paese lo odiano tutti, complice il comportamento orribile dei suoi genitori nei confronti della comunità, e sa che per suo figlio crescere accanto a lui significherebbe vivere le stesse situazioni orribili che ha vissuto egli stesso nella sua infanzia, trasformandolo nel mostro che è ora. Dawn però è caparbia, tenace e non si arrende: vuole un padre per suo figlio e l'uomo che ama per sé. Ed è disposta a tutto pur di farsi accettare da lui, anche sconvolgere la vita degli abitanti di quel piccolo paese, portando alla luce segreti e crudeltà ancora da scontare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 2

«Benvenuta allo Shameless Cow!» Esclamò Caroline, imboccando il vialetto che portava ad una grande fattoria simile a quella di Scott, ma a differenza di quella del rosso questa era tenuta alla perfezione; i campi erano rigogliosi e ben curati, la casa principale, il fienile e le stalle erano tutte come nuove ed anch'esse rosse. Sembrava un quadro, tutti quei colori erano meravigliosi e nemmeno il pungente odore di animali che iniziava a sentire poteva rovinare l'atmosfera. 
Il nome della fattoria era un po' strano, ma proprio nello stile di Caroline. Si voltò a fissare la donna in silenzio e lesse nella sua aura tutto il dolore che aveva patito a causa dei figli e dei nipoti, un dolore che quella donna dal cuore così grande non meritava. La conosceva da meno di dieci minuti eppure le sembrava di conoscerla da sempre, anche se sbraitava e all'apparenza sembrava insensibile, Dawn sapeva che era il suo modo per mettere a proprio agio le persone. Anche se poteva essere frainteso ed aveva l'effetto opposto.

«È meravigliosa!» Esclamò sorridendo alla donna, che si limitò a ricambiarla con una smorfia che la fece ridacchiare piano. 
Caroline parcheggiò di fronte alla casa, scese dall'auto e fece segno a Dawn di seguirla, la ragazza si affrettò a raggiungerla e la seguì dentro casa. Un delizioso odore di biscotti al burro le invase le narici, ed il suo stomaco brontolò rumorosamente, facendola arrossire.

Caroline ghignò al suono di protesta emesso dallo stomaco della ragazza, quel piccolo scricciolo la incuriosiva e la inteneriva.
Aveva saputo da Anderson, uno dei suoi più fedeli dipendenti, che una nuova ragazza era arrivata in paese e che lui l'aveva accompagnata personalmente alla fattoria dei Douglas. In un primo momento, aveva risposto all'uomo che le conoscenze di quei due squinternati non le interessavano, poi Andy l'aveva corretta dicendole che non era un'amica di Ashley e Vincent, ma di Scott e lei aveva subito capito che qualcosa di strano stava per accadere. 
Caroline adorava Scott, quando era piccolo passava tutti i giorni nei campi con lei, raccoglieva margherite e gliele infilava nei capelli una volta dello stesso colore del tramonto che si poteva ammirare dal lago.

“Così sei ancora più bella, zia Carol”, le diceva, con quel suo sorriso stupendo in grado di far sciogliere il più gelido dei cuori e quelle fossette sulle guance che urlavano di tempestarle di baci.
Ogni giorno il suo sorriso, i suoi gesti affettuosi ed i suoi abbracci, colmavano il vuoto che avevano lasciato i suoi figli ed i suoi nipoti, che non venivano mai a trovarla. 
E poi, pian piano, come in un incubo lento e logorante, il sorriso di Scott era diventato sempre più raro fino a scomparire e non le aveva più fatto visita. Il dolore per quella perdita era stata tremenda, ma non ce l'aveva con lui perché sapeva che i colpevoli erano Ashley e Vincent, i suoi genitori. Quei due non avevano mai meritato un angelo come Scott ed alla fine lo avevano distrutto, strappandogli le ali per impedirgli di volare.
Ricacciò indietro le lacrime ed ordinò alla ragazza di sedersi a tavola, prese un piatto di biscotti al burro che aveva sfornato quella stessa mattina e si accomodò accanto alla bionda, piazzandoglielo sotto il naso con poca grazia.

«Allora, non ti chiederò il motivo della tua visita ai Douglas perché non mi interessa, ma prima che tu inizi a lavorare qui credo di dover conoscere almeno il tuo nome e per quanto tempo pensi di fermarti in questo posto.» La ragazza annuì, prendendo un biscotto e mangiucchiandolo piano.

«Io sono Dawn e credo di dover rimanere qui per un bel po'.» Rispose calma la bionda, dopo aver finito il biscotto.

Le aveva detto che non avrebbe fatto domande sulla sua visita a Yellowknife, ma in realtà moriva dalla curiosità di sapere cosa ci fosse tra lei e Scott e quella risposta non aveva fatto altro che renderla più curiosa. Quella ragazza sembrava dolce e gentile, ma anche sicura di sé, un tipo che sicuramente non si faceva mettere i piedi in testa dal rosso o da chiunque altro.

«Bene, Dawn!» Esclamò dopo un minuto di silenzio. «Credo che, da buona padrona di casa, dovrei subito mostrarti la camera in cui alloggerai per il momento, dopo ti mostrerò la fattoria e i dipendenti.» Si alzò con fatica dalla sedia massaggiandosi le gambe doloranti, ormai gli anni si facevano sentire. Da una parte sapeva che il suo tempo su quella terra stava per terminare e lo accettava, ma dall'altra non riusciva a dire addio alla sua fattoria, soprattutto perché non aveva nessuno a cui lasciarla. I suoi figli l'avrebbero sicuramente venduta e tutto ciò che si era guadagnata con così tanta fatica e sudore sarebbe andato distrutto, quello era l'unico peso sul cuore che la inchiodava ancora a quel mondo.

«Caroline, si sente bene?» Dawn era preoccupata per quella donna, sul suo volto era impresso un dolore straziante e per un secondo temette che stesse per sentirsi male. Evitò di leggerle di nuovo l'aura perché non voleva invadere la sua privacy, ma sapeva benissimo che tutto quel dolore non poteva essere fisico. Non tutto almeno.

La donna riprese il controllo di sé e borbottò, in malo modo, che stava bene e di non preoccuparsi. Le mostrò la stanza in cui avrebbe alloggiato e lei scoprì con piacere che la camera dava sul lago.
Lasciò lo zaino sul letto e si precipitò alla finestra, ammirando la bellezza dei raggi solari sulla superficie cristallina dell'acqua. Sembrava che il lago fosse cosparso di diamanti o brillantini, quella vista avrebbe di certo migliorato le sue giornate ed ogni mattina che avrebbe trascorso lì.

«È bellissimo, vero?» Le chiese Caroline, rimasta a fissare la ragazza dalla soglia.

Dawn si voltò senza allontanarsi dalla finestra. 
«Sì, è stupendo.»

Chissà se dalla fattoria di Scott si poteva ammirare lo stesso meraviglioso spettacolo della natura, pensò la bionda, rabbuiandosi subito dopo. Come la stupida, aveva promesso al ragazzo che sarebbe rimasta lì fino a quando lui non avesse accettato lei ed il bambino, ma ci sarebbe riuscita? Scott era ormai completamente corrotto o c'erano ancora possibilità di salvezza? Nel profondo di se stessa credeva di sì, non riusciva ancora a dimenticare la dolcezza del suo tocco, dei suoi baci e di quello sguardo... l'unico sguardo sincero e limpido che le aveva riservato, sporcato solo dalla tenerezza. Lei lo amava così tanto da crederlo quasi impossibile, come poteva amare qualcuno che non conosceva bene? Qualcuno che l'aveva cacciata nonostante sapesse del bambino in arrivo? Dawn non lo sapeva, per lei quei sentimenti e quelle sensazioni erano del tutto nuove e non riusciva ancora a comprendere come l'amore potesse far fare gesti insoliti e completamente folli. Come quello di lasciare tutto per inseguire qualcuno che non vuol essere inseguito, arrivare nella sua cittadina e stanziarsi lì per un tempo indeterminato.

«Scricciolo, se vuoi ti faccio fare ora il giro della fattoria, dopo non avrò tempo.» Borbottò apparentemente scocciata Caroline, dietro di lei.

La bionda si allontanò dalla finestra ad annuì, incapace di aprir bocca a causa dei troppi pensieri e delle emozioni contrastanti che stavano lottando dentro di lei. Una parte recondita del suo cervello le gridava di tornare a Toronto, che poteva benissimo prendersi cura del bambino senza di Scott; anzi, suo figlio sarebbe stato meglio anche senza di lui. Ma lei sapeva che non era così, nessun bambino sta veramente meglio senza una delle due figure genitoriali.
Seguì la donna al piano inferiore e poi fuori, i raggi del sole la colpirono in pieno viso e si stupì di quel clima primaverile nonostante fosse ormai ottobre.

«Questi,» iniziò Caroline, puntando con una mano il vasto campo coltivato alla loro destra. «È uno dei nostri campi di pomodori, abbiamo serre riscaldate per l'inverno, ed è anche grazie a questo che riesco ancora a pagare le tasse, anche se ogni anno sono sempre più care.» Commentò con amara ironia la donna, camminando spedita dinanzi a lei. Dawn non poté fare a meno di perdersi nella vegetazione che regnava sovrana tutt'intorno e per un'ambientalista come lei quello era il paradiso in terra. L'aria era pura e fresca e solo l'odore pungente degli escrementi animali spezzava quel quadretto incantato, ma nello stesso momento gli dava quella autenticità che solo in una fattoria si può trovare. O quasi in tutte.
Superarono il campo di pomodori e si ritrovarono vicino alla stalla ed ai recinti dove le mucche, e poco più lontano le pecore, stavano pascolando tranquille. Lì quell'odore era davvero forte e dovette reprimere con tutta se stessa un conato di vomito, a causa della gravidanza ogni odore era amplificato per lei e quella situazione non era di certo facile per il suo povero stomaco.

Chiuse gli occhi e prese un bel respiro, ma nessun errore fu più terribile di quello. Come una stupida, aveva dimenticato di trovarsi proprio accanto alla fonte del suo malessere ed aveva appena aspirato a pieni polmoni quell'odore nauseante. Si portò una mano alle labbra e cercò sostegno sulla parete esterna della stalla. La testa le girava senza sosta, come la priva volta su un carosello, ed il malessere sembrava non passare.

«Scricciolo, tutto bene?» Caroline le si avvicinò preoccupata, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere.

Dawn cercò di annuire, ma sentiva la testa troppo pesante e non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti. Poi, dopo un tempo che le parve infinito, la nausea sparì e la testa smise di girare. Sospirò di sollievo e si allontanò lentamente dal suo appoggio improvvisato.

«Sì, sto bene, mi scusi.» Deglutì ancora leggermente provata. «Ho solo avuto un capogiro. Ora mi sento meglio.» Sorrise alla donna e la superò lentamente per continuare il giro turistico.

Caroline la raggiunse dopo un po', per nulla convinta che ciò che l'avesse colpita fosse solo un semplice capogiro. C'era qualcosa di sempre più sospetto in quella ragazza.

«Ehi, vecchiaccia!» Anderson, l'uomo che Dawn riconobbe subito come il signore gentile che le aveva dato un passaggio quella mattina, si avvicinò a loro. 
«Ci sono le balle di fieno da scaricare ed io sono troppo vecchio e malandato per salire e scendere dal furgone. C'è qualcuno dei ragazzi libero che può darmi una mano?» Chiese a Caroline, senza accorgersi della sua presenza accanto alla donna.

«Vecchiaccia sarà tua sorella!» Sbottò indispettita la padrona di casa. «E comunque no, nessuno dei ragazzi è libero, ma per tua fortuna oggi ho assunto una nuova ragazza.» Caroline la puntò con un cenno del capo e solo allora Anderson spostò lo sguardo su di lei. La fissò per qualche secondo, prima di sgranare gli occhi sorpreso.

«Ma tu non sei la ragazzina che ho accompagnato stamattina dai Douglas?»

«Sì, sono proprio io. È un piacere per me rivederla, signor Anderson.» L'espressione dell'uomo era talmente buffa che Dawn trattenne con fatica una risatina. Sicuramente non si sarebbe mai aspettato di rivederla o di rivederla sana e salva.

«Come mai è qui? Scott ti ha fatto qualcosa di male?» Domandò, passando in fretta dal “voi” al “tu” ed iniziando a stringere i denti per la rabbia.

«No! Scott non mi ha fatto nulla di male!» Si affrettò a dire. «Io... dovevo solo dirgli una cosa, poi ho deciso di rimanere e Caroline mi ha offerto di lavorare per lei in cambio di vitto e alloggio.» Spiegò, distorcendo un po' la realtà. Per fortuna, la donna accanto a lei rimase in silenzio senza rivelare di averla trovata seduta per strada mezza disperata.

Anderson alzò un sopracciglio dubbioso, ovviamente non si era bevuto la sua storia. 
«Fammi capire, angelo, tu sei venuta in questo posto desolato solo per fare due chiacchiere con quel ragazzo e poi andartene?» La voce dell'uomo era carica di ironia e Dawn sentì un pizzico di rabbia montare dentro. 
Cosa c'era di strano nell'andare a visitare qualcuno? Nulla, ovviamente, ma visto che si trattava di Scott tutti erano pronti a sputare sentenze velenose che prevedevano la pena di morte per il rosso, senza possibilità del ragionevole dubbio.

«Andy, fatti gli affaracci tuoi.» Lo rimproverò Caroline. «Scott non è cattivo e comunque ora hai del lavoro da fare, mostra a Dawn dove deve portare le balle di fieno. Io vado a controllare il gregge.» La donna gli lanciò un ultimo sguardo ammonitore prima di allontanarsi.

«Bene. Allora piccolo angelo, seguimi.» Anderson le fece un leggero cenno col capo prima di avviarsi verso il suo vecchio furgone blu. Il retro del veicolo era pieno di balle di fieno e la bionda capì che per l'uomo sarebbe stato davvero difficile salire sull'abitacolo per prenderle e poi scendere subito dopo per riporle nel fienile. Ed avrebbe dovuto fare quel via vai molte volte.

«Tu sali e mi passi le balle, okay? Io poi le porto in fienile.» L'uomo l'aiutò a salire nel cassone e Dawn gli passò subito il fieno che venne poi trasportato nell'edificio rosso da Anderson. Andarono avanti così per un po'; lei gli passava le balle e lui le sistemava accuratamente nelle stalle, ma dopo diverse ore di lavoro la fatica iniziava a farsi sentire. La testa le faceva male a causa del sole, nonostante la brezza fresca, mentre l'anziano uomo iniziava a zoppicare sempre più vistosamente e a trattenere gemiti di dolore. 
Cercò di resistere il più che poté, ma all'improvviso la vista le si appannò e fu costretta a sedersi nel cassone per non crollare sulle balle di fieno rimanenti.

«Dawn, tutto bene?» Chiese preoccupando Anderson, avvicinandosi velocemente al furgone.

La ragazza tentò di rispondergli, ma dalla bocca non uscì nessun suono, si sentiva troppo stordita e spossata. Quella era già la seconda volta in un giorno e non andava per niente bene, doveva preoccuparsi del suo bambino invece si stava sforzando troppo.

«Andy, che succede?» Notando che il lavoro si era fermato, Caroline si avvicinò ai due per scoprirne il motivo.

«La piccola si sente male.» Spiegò lui.

La donna lanciò uno sguardo alla bionda, che se ne stava ancora con gli occhi chiusi e tentava di riprendersi con degli esercizi di respirazione. In un secondo, il dubbio che quello scricciolo le avesse nascosto un'importante problema di salute si presentò prepotente nella sua testa.

«Scricciolo, cos'hai?» Chiese ma, com'era successo all'uomo, non ottenne risposta e questo la fece preoccupare di più. «Andy, entra in casa e portami subito un po' della cioccolata che tengo nascosta nella credenza.» Ordinò tentando di nascondere l'agitazione. Anderson annuì apprensivo e corse subito dentro casa.

Caroline si avvicinò a Dawn e le mise una mano sul capo, trovandolo molto caldo. Si maledì per non averle dato un cappello con cui proteggersi dai raggi solari che, anche se non forti come in estate, causavano comunque un senso di spossatezza e giramenti di testa. Forse era per quello che la ragazza si sentiva male, eppure sentiva che c'era dell'altro perché quella scena le era tremendamente familiare.

«Scricciolo, c'è qualcosa che non mi hai detto?» Non si aspettò una risposta, ma la bionda annuì leggermente col capo.

«Ecco la cioccolata!» Esclamò Andy, avanzando di corsa verso di loro. Le porse il dolciume e la donna lo piazzò in fretta vicino alle labbra di Dawn.

«Forza, mangia questo.»

Riluttante, la ragazza aprì la bocca e lasciò che la cioccolata le si sciogliesse sulla lingua, ritrovando effettivamente un po' di sollievo. Riuscì finalmente ad aprire gli occhi, scontrandosi con lo sguardo penetrante di Caroline.

«Allora? Cosa non mi hai detto?» Continuò la donna, che non aveva dimenticato la sua ammissione di poco prima.

«Io...» Iniziò, tentando di trovare le parole adatte e pregando che Caroline non la cacciasse appena avesse saputo la verità. «Sono incinta.» Rivelò infine, vedendo sia la donna che l'uomo sgranare gli occhi sorpresi.

«Incinta?» Ripeté perplessa Caroline. «E cosa aspettavi a dirmelo? Non ti avrei chiesto di lavorare, stupida incosciente!» La riprese lei e Dawn poté leggere un misto di preoccupazione e rimorso nella sua aura. «Il padre è Scott? È per questo che sei qui?» Continuò a chiedere.

La bionda annuì mestamente senza saper cosa dire.

«Ehm... Caroline, disturbo?» I tre vennero interrotti da Steve, l'allevatore di pecore che abitava proprio accanto allo Shameless Cow.

«No Steve, non disturbi.» Lo rassicurò la padrona di casa. «Come mai sei qui?»

«Ma come, non ricordi? Sono qui per quell'agnellino che mi avevi promesso.» Le ricordò lui, leggermente intimorito.

«Ah, sì! Scusami Steve, sono stata distratta da altre cose...» Lanciò un'occhiata severa a Dawn, che abbassò lo sguardo sentendosi in colpa. «Su, vieni con me che ti do quest'agnellino.» La donna si allontanò verso i recinti seguita da Steve.

***

Per Jamie Lynn, ogni giornata era noiosamente uguale da ben quarant'anni; aveva visto svolgersi molte cose nella sua piccola drogheria ma nessuna di rilevante importanza. Fino a quel giorno almeno.

Steve Marshall, uno degli allevatori del paese, entrò di corsa nel negozio dove tutte le donne del paese si trovavano a quell'ora per fare compere. «Signore! Ho un'importante notizia da darvi!» Ansimò l'uomo, tentando di riprendere fiato.

«Steve, buon Dio, cerca di respirare e non azzardarti a morire nel mio negozio.» Lo mise in guardia lei, serissima, causando le risate di alcune clienti.

«Cos'avrai mai di così importante da dirci?» Chiese Theresa, una delle prime pettegoli del paese e proprietaria dell'unica lavanderia presente in quel luogo quasi desolato.

«Avete saputo della nuova ragazza arrivata in paese?» Domandò enigmatico Steve.

«Chi? La sventurata andata a far visita ai Douglas?» Questa volta fu Patty, sua sorella, a formulare la domanda mentre le donne si zittivano e fissavano ormai l'uomo con evidente interesse. In quel paesino non succedeva mai nulla di entusiasmante e tutti ficcavano il naso negli affari degli altri per passare il tempo, se poi quegli "affari" riguardavano quei poco di buono di Ashley e Vincent... be', allora tutti avevano le orecchie aperte.

«Sì, proprio lei.» Confermò l'allevatore. «È ospite a casa della vecchia Caroline e non indovinerete mai cos'ho scoperto.» Rivelò lui, ghignando soddisfatto ai mormorii sorpresi e curiosi che si levarono nel piccolo negozio.

«È ospite da quell'arpia di Caroline?!» Esclamò qualcuna sorpresa.

«Cos'hai scoperto, sputa fuori quel rospo forza, così te ne andrai finalmente da qui!» Sbottò lei, già stanca di tutta quella suspense non gradita.

«È andata a far visita a Scott e non ai suoi genitori. E sapete il perché? Perché aspetta un figlio da lui.» Si decise a rivelare infine Steve, causando nella sua piccola drogheria uno scompiglio di dimensioni epiche.

«È incinta di quel poco di buono? E come mai è da Caroline allora?» Chiese nuovamente Patty, la più pettegola e curiosa tra le due.

«Io ho sentito dire che è stata cacciata in malo modo da quella fatiscente fattoria.» Bisbigliò con evidente disprezzo Theresa.

«Povera ragazza, io l'ho vista e sembra un angioletto, sono sicura che Scott l'abbia solo usata ed ora se ne lava le mani.» Commentò con pena la figlia dell'idraulico.

«Be' signore, ciò che accade alle amicizie di quel ragazzo non sono affari nostri ed ora tornate ai vostri acquisti o uscite da questo negozio!» Brontolò severa.

Nei suoi settant'anni di vita, la vecchia Jamie Lynn non aveva mai sentito una storia del genere, eppure sapeva che c'era dell'altro sotto e lei avrebbe indagato. Anche perché sua sorella l'avrebbe comunque costretta, guardava troppi telefilm polizieschi ed ogni occasione era buona per improvvisarsi detective. Ma prima doveva parlare alla madre di Steve, la donna doveva sapere che il figlio se ne andava in giro raccontando i fatti altrui.

***

«Dannazione!» Imprecò Scott, tentando per l'ennesima volta di svitare quel maledetto tubo del lavandino. Tubo che proprio quel giorno aveva deciso di intasarsi, rendendogli la vita un inferno.
In realtà aveva già chiamato Andrew, l'idraulico, ma a causa dei troppi pensieri che gli affollavano la mente, aveva deciso di mettersi al lavoro per tenere la testa occupata in altro che non fosse pensare a Dawn. O a suo figlio.

Deluso e più arrabbiato di prima, il rosso lanciò la chiave inglese in un angolo della cucina e si alzò dal pavimento reprimendo l'impulso di rompere qualcosa. Lo faceva sempre quando era arrabbiato, ma in quel momento non poteva permettersi di rompere proprio nulla.

Era tutta colpa della bionda, da quando aveva bussato alla sua porta non riusciva più a togliersela dalla testa ed i rimorsi per averla cacciata in quel modo barbaro si facevano ogni secondo più forti. Be', ci avrebbe convissuto perché di sicuro la ragazza era già tornata a casa e lui non intendeva andare a Toronto, tantomeno accettare di prendersi cura del bambino che aspettava. Entrambi sarebbero stati meglio senza di lui, non era in grado di amare un altro essere umano non amava nemmeno se stesso – quindi come padre aveva già fallito –. Non aveva nemmeno un bell'esempio di paternità da cui trarre aiuto, il suo vecchio era sempre stato un uomo dalle labbra attaccate alla bottiglia di birra e dal pugno facile; molto spesso scontrato contro la sua guancia.

Inoltre, non aveva nulla da offrire, la fattoria cadeva a pezzi e non aveva un solo spicciolo in tasca. Come avrebbe potuto provvedere a loro? In nessun modo nemmeno se avesse voluto, e non voleva.
Ma perché ci sto pensando? Tanto la svitata se ne è già andata, si rimproverò, mettendo a tacere nuovamente la vocina che gli dava dello "stronzo".

Il campanello suonò, evitando di far proseguire oltre la sua mente quel giorno troppo iperattiva e... umana. Si avvicinò a grandi passi verso la porta, ma una volta dinanzi ad essa si arrestò intimorito; e se fosse stata di nuovo lei? Era impossibile, ovviamente, visto che se n'era già andata. Giusto?
Disgustato dal suo timore verso una donna esile e innocua, aprì la porta con un gesto deciso.

«Salve Scott, scusa il ritardo.» Lo salutò Andrew, mostrando un sorriso insicuro.

«Tranquillo.» Si fece da parte per farlo entrare, nascondendo il sollievo, e gli mostrò il problema che lui aveva tentato di risolvere.
L'uomo si mise subito al lavoro senza parlare e lui di certo non era dell'umore per chiacchierare o spettegolare. 
Doveva trovare il modo di mettere a tacere la sua coscienza, di smettere di pensare a lei o meglio; a loro...

«Ah, mi sono dimenticato di farti le mie congratulazioni, Scott.» Disse all'improvviso Andrew, con il viso ancora nascosto sotto il lavabo della cucina, mandandolo in confusione.

«Congratulazioni per cosa?» Chiese leggermente irritato.

«Be', per la tua ragazza incinta, no?» Esclamò l'altro, come se nulla fosse.

«La... la mia ragazza?» Il rosso strinse i pugni, provando un improvviso istinto omicida. Dawn era andata in paese sbandierando le sue condizioni a tutti? No, era impossibile da una come lei, ma in fondo quanto realmente la conosceva? Nemmeno un po'.

«Sì, tutti in paese parlano di lei, di te, del bambino e di come tu sia stato stronzo a cacciarli via. Ti stanno dipingendo come il peggiore dei mostri, anche peggio dei tuoi genitori.» Ghignò senza divertimento l'uomo, spuntando da sotto il lavandino con un'espressione indecifrabile.

«Cazzo!» Esclamò, dando un calcio alla cassetta rossa degli attrezzi di Andrew.

L'uomo si rimise in piedi e si pulì le mani con uno strofinaccio. «Lo sai che io non giudico mai prima di conoscere la vera storia, Scott, ma se quelle voci sono vere, ti consiglio di metterle a tacere facendo la cosa giusta. Lei è ospite da Caroline, comunque.» Con un cenno del capo, l'uomo uscì di casa senza nemmeno chiedere di essere pagato.

Ti stanno dipingendo come il peggiore dei mostri, anche peggio dei tuoi genitori..., quelle parole rimbombarono forti e strazianti nella sua testa. Cosa ne volevano sapere loro di com'erano i suoi genitori? Di com'erano realmente. E di com'era lui, di ciò che aveva vissuto e ciò che l'aveva ferito, rendendolo il ragazzo che era ora? Erano bravi solo a giudicare, un secondo prima sei il buono e la vittima mentre quello dopo sei cattivo e carnefice, senza avere nemmeno la possibilità di difenderti. Ormai erano anni che ignorava i suoi compaesani, facendo finta di non sentire le loro cattiverie e pregiudizi fino a quando non si erano esaurite. Ed ora, a causa di Dawn...
Era tutta colpa sua! Non se n'era andata da quel posto anzi, era ospite da Caroline e solo Dio sapeva come ciò fosse stato possibile, conoscendo il caratteraccio della donna. Doveva cacciare la bionda da quel paese, aveva già troppi problemi e non poteva curarsi anche di lei e di quel bambino che, a lungo andare, avrebbe finito per odiarlo. Com'era successo a lui con i suoi.

Uscì in fretta di casa, senza preoccuparsi di chiudere la porta a chiave, e salì sul suo sgangherato pick-up in direzione dello Shameless Cow. Aveva una bionda da scacciare ed era ora che la sua maschera da mostro privo di qualsiasi emozione riprendesse il sopravvento.

***

«Dawn! Non ti avevo ordinato di andare sopra a riposare?» Caroline scosse il capo esasperata. Dopo aver scoperto le condizioni delicate dello Scricciolo e sbrigato gli affari con Steve, aveva mandato la bionda in casa per riposare ed ora, dopo essere ritornata dal lavoro, la trovava a spazzare il pavimento invece di dormire.

«Lo so, ma non sono riuscita a rimanere stesa senza far nulla, mi sembrava quasi di approfittare della tua gentilezza.» Si scusò la ragazza, mordicchiandosi il labbro inferiore mortificata.

«Ti ho offerto io ospitalità quindi non devi sentirsi un'approfittatrice.» Le tolse la scopa dalle mani e la rispose lontano.

«Ma in cambio io dovrei lavorare! Non starmene su un letto a dormire.» Insistette la giovane.

Caroline sbuffò scocciata, in un'altra occasione avrebbe gradito tutta quella voglia di rendersi utile, ma non nelle attuali condizioni della ragazza. «Certo, ma tu aspetti un bambino, ricordi? E devi pensare a lui prima di ogni altra cosa, troverò il modo di rendere utile la tua presenza qui, credimi.»

Finalmente, Dawn abbassò il capo non sapendo in che altro modo obiettare. La donna era più testarda di lei e non l'avrebbe spuntata, questo l'aveva capito, quindi non le restava che arrendersi al volere della padrona di casa. In fondo aveva ragione, lei aspettava un bambino e doveva pensare a lui prima di chiunque.

Però... cucinare non l'avrebbe stancata di certo e lei era brava ai fornelli! Stava per partire di nuovo all'attacco, quando la voce altisonante di Scott la fece gelare sul posto.

«Dawn, so che sei lì! Esci fuori!» Gridò il ragazzo e dal suo tono di voce sembrava anche molto arrabbiato. Cos'era successo? E come aveva fatto a scoprire dove alloggiava?
«Non ti muovere da qui.» Le intimò Caroline, prendendo uno dei fucili appesi all'entrata ed uscendo sul portico con l'arma nascosta dietro la schiena.

«Cosa ci fai qui, Scott? Sono anni che non vieni più a farmi visita.» La donna fissò attentamente il rosso e dall'espressione furiosa capì che non era venuto fin lì per prendersi le sue responsabilità.

«Non sono venuto qui per parlare con te, Caroline, voglio vedere Dawn.» Rispose lapidario il ragazzo, ostentando una faccia tosta da schiaffi. Schiaffi che lei gli avrebbe dato volentieri.

«Lo Scricciolo non può ricevere visite in questo momento, quindi sei pregato di tornare alla tua topaia fatiscente.» Strinse di più la presa intorno all'arma, non avrebbe voluto ricorrere a quel mezzo per spaventarlo ma a quanto pare si stava rivelando inevitabile.

«Non mi muoverò da qui fin quando la bionda non avrà levato le tende da questo posto!» Gridò furioso e saccente lui, mandando all'aria l'ultima briciola di pazienza della donna.

Imbracciò il fucile e lo puntò contro Scott, notando fiera la paura che gli attraversò le iridi azzurre. «Conterò fino a tre giovanotto, e se alla fine della conta tu non sarai su quel maledetto pick-up in direzione di casa, seppellirò il tuo cadavere sotto i cavoli. Almeno servirai a concimare la terra.» Lo minacciò, caricando l'arma e posizionando l'indice sul grilletto.

«Non farai sul serio, spero! Nemmeno la conosci!» Esclamò allibito il rosso, senza però muovere un passo.

«Uno...» Iniziò a contare Caroline, pregando che il ragazzo non la costringesse a sprecare colpi a vuoto.
«Due...»

«Va bene! Me ne vado, per ora, contenta? Tieniti pure la svitata in casa se tanto ci tieni.» Scott entrò con poca grazia nell'abitacolo, chiudendo con forza la portiera.

«Torna solo quando avrai deciso di prenderti cura di loro due, o non azzardarti a rimettere piede nella mia proprietà!» Lo avvertì mentre guardava con tristezza il vecchio pick-up nero lasciare la sua fattoria. Com'era cambiato il suo Scott, non c'era più quello sguardo dolce nei suoi occhi ma solo odio e rancore verso il mondo. Strinse di più il fucile tra le mani, desiderando colpire quei bastardi dei suoi genitori. Ma non tutto era perduto, era convinta che lo Scricciolo avrebbe salvato quel ragazzo dall'oscurità. Doveva essere così, altrimenti perché una come lei si sarebbe avvicinata ad uno come lui se non avesse percepito ancora del buono nel ragazzo? Sì, tutto si sarebbe sistemato, qualcosa nell'aria glielo diceva.

  
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