Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mue    20/01/2017    1 recensioni
La partenza di Dana per l'università è imminente quando il padre le comunica di aver sventatamente venduto l'appartamento in cui vivono a un vecchio e ricco impresario di città.
Dana, caustica e dall'arrabbiatura facile, ha così l'occasione di scontrarsi con Max, il lusinghiero, contraddittorio e spocchioso nipote del suo nuovo proprietario di casa.
Il loro incontro sarà solo l'inizio di una serie di vicende e personaggi che li porteranno a ritrovarsi e scontrarsi di nuovo sullo sfondo magico e affascinante di Venezia.
---
«Salve, Dana. Tutto bene?»
Dana aprì la bocca. Poi la richiuse. Poi la riaprì. «Max?»
«In carne, ossa e tutto il resto, come puoi constatare» rispose lui con un sorriso scintillante.
Il Vetril, pensò subito Dana, senza alcuna logica.
Lo squadrò da cima a fondo, ancora un po’ stordita. «In carne, sigarette e Armani, vorrai dire» osservò critica.
«No, Versace.»
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

V.

VENEZIA

 
Il giorno della partenza arrivò fin troppo presto.
Dana aveva passato impegnatissima il breve tempo che era rimasto per fare le valigie, organizzare il trasloco di suo padre e espletare le ultime formalità con l'università ed era stata una fortuna, poichè scioccamente nei momenti liberi le balzava alla mente un certo sorriso scintillante e un baciamano quasi rubato che le suscitava sempre una strana mescolanza di risentimento, imbarazzo, irritazione e anche, forse, una punta di piacere che cercava di non ammettere nemmeno con se stessa.
Sebbene non avesse espresso una sola sillaba sul Signor Perfetto e suo zio dopo la loro partenza, qualcosa Elia e suo padre dovevano aver capito ma finché le cose da fare erano tante nessuno ne fece parola. Fu dopo, quando ormai lo spostamento, la burocrazia e tutto il resto era concluso e mancavano pochi giorni alla partenza che Dana tornò del suo umore disfattista e acido di sempre ed Elia si sentì autorizzato a punzecchiarla.
«Sai, sorellina, penso che se ti fossi mostrata un po’ più, come dire, femminile», e tremò per uno scoppio di risa trattenuto, come se avesse appena detto la cosa più divertente del mondo, «magari vestita come si deve invece che come l’ultima del girone delle capre di provincia magari non ti avrebbe piantata così su due piedi senza neanche provarci...»
Dana gli schiaffò in faccia la trota che stava ripulendo.
«Che schifo!», gridò Elia disgustato, cercando di pulirsi dai resti d’interiora di pesce che gli erano schizzati sulla maglietta.
«Sì, in effetti hai ragione», disse lei tenendo il pesce per la coda e guardandolo critica. «Adesso che si è inquinato con tutta l’acne della tua stupida faccia non è più commestibile. Mi sa che nemmeno i gatti lo vorranno. Che spreco.» E sospirò dispiaciuta.
«Dannazione, sei insopportabile! Per fortuna che domani mattina è l’ultima vola che ti vedo perché non ti reggerei un secondo di più!»
«Concordo pienamente», rispose lei concisa, mettendo nel lavandino il pesce strapazzato e cominciando a pulire il secondo. «E adesso devo anche tirare su le interiora che sono cadute per terra.» Sbuffò.
«Affari tuoi, ci pensavi prima di sbattermelo in faccia!»
Dana scosse il capo, pentita. «Già, ma purtroppo a volte il mio corpo obbedisce in modo del tutto indipendente dal mio cervello. Hai presente? Istinto femminile...»
«Istinto animale, direi invece» ribatté lui, e Dana dovette esercitare sulle sue mani l’autocontrollo più assoluto per non sprecare un altro pesce.
Elia non la lasciò in pace nemmeno la mattina dopo, mentre il padre li accompagnava alla stazione dove avrebbero preso due treni in direzioni opposte -e di questo il pover’uomo ringraziava cielo e terra.-
«Pensa, avrebbe potuto accompagnarti su un bel cavallo bianco al suo castello incantato... però questo succede alle principesse, non alle zitellone inacidite...»
Dana si chinò verso il sedile davanti del fratello e gli sferrò una gomitata. «Preferisco una bella Maserati nera scintillante e una villa in Costa Smeralda», dichiarò mentre lui si piegava dal dolore. «Inoltre non mi sono mai piaciuti i figli di papà... o nipoti di zio, nel suo caso.»
Il padre la guardò dallo specchietto retrovisore. «Suo nipote è benestante per conto suo, da quel che ho compreso.»
Dana rizzò le orecchie. «Cosa?»
«Suo zio mi ha raccontato che ha un lavoro in proprio come organizzatore di mostre d'arte e simili e fa da consulente ad alcune aziende italiane e straniere.»
Dana, attonita, ammutolì, rendendosi conto di aver preso un grosso abbaglio e rimase meditabonda finchè l'auto non si fermò.
«Siamo arrivati» annunciò il padre. Scaricarono le valigie e raggiunsero l'atrio della stazione.
«Il tuo treno, Dana, arriva tra dieci minuti sul binario 2. Quello di Elia sul 3 tra cinque minuti», li informò il padre guardando il tabellone. «Senti, sei sicura...»
«Di aver preso tutto? Sì, papà, spazzolino, sapone, shampoo, dentifricio.... Tutto. Devo farti l’inventario?»
L’uomo sorrise. «No. E...»
«Ho abbastanza soldi? Sì, troppi papà. Vedrò di non spenderli tutti subito in libri o cappelli.» La lettura era la sua seconda grande passione.
«E...»
«Mi ricordo la strada? Sì, al massimo comprerò una cartina o chiederò. Sto andando a Venezia, non in Groenlandia, e il peggio che può capitarmi è non capire il dialetto locale. Hai finito?»
Il padre sorrise. «No. Ancora una cosa. Anzi tre. Stai attenta, abbi cura di te e non metterti nei guai.»
«Sì alla prima, sì alla seconda, la terza vedrò.» Rise all’espressione del padre. «Scherzo, papà. Non combinerò pasticci e me ne terrò alla larga.»
Suo padre sospirò. «Vorrei tanto che fosse vero.»
Dana scrollò le spalle. «Me la caverò. Sono una cintura marrone di karate, ricordi? Ti chiamerò quando arrivo. Ciao!»
Gli diede un rapido bacio sulla guancia ispida di barba e si trascinò fischiettando verso il suo binario, la valigia ben stretta in mano. Sulla banchina c’erano solo un paio di persone ad aspettare il suo treno.
Ci vollero dieci minuti per vederlo arrivare in lontananza, ma nessuno si lamentò. Erano in Italia, e quand’è che in Italia un treno arriva puntuale? Il padre di Dana aveva fatto in tempo a raggiungerla dopo aver salutato Elia, le aveva dato le ultime raccomandazioni e infine l'aveva aiutata a issare la valigia sul treno vecchio e cigolante. Dana si girò a salutare ancora il genitore e lo rassicurò finché i portelloni si chiusero, lasciando giù dal treno la sua vecchia esistenza.
 
Tutti le avevano detto che la vita universitaria lontana dai parenti e dalla famiglia è immensamente meglio che quella da liceale. Di meraviglioso, la prima ora della sua nuova vita, Dana non vide niente. I sedili erano sporchi e, probabilmente, pieni di pulci, il paesaggio fuori dal finestrino un deprimentissimo scorcio di nebbia padana -ma che strano!- e il bigliettaio aveva la faccia più depressa di questo mondo. Eccitante davvero. 
Quando finalmente si rese conto che tutto il resto del viaggio sarebbe trascorso in quella noia mortale, Dana tirò fuori un libro dalla borsa, stese le gambe sul sedile di fronte, sperando che non passasse di lì qualche controllore bacchettone e s’infilò le cuffie del lettore MP3 nelle orecchie isolandosi dal resto del mondo.
Stava leggendo per la quarantesima volta della sua vita Il Conte di Montecristo ed era arrivata al suo punto preferito quando qualche imbecille di prima categoria decise di disturbarla. «Ehi, ciao! Come va? Posso sedermi?»
Dana alzò lo sguardo. Un ragazzo più o meno della sua età, gli occhi di un incredibile azzurro pastello, i capelli chiari spettinati e vestiti un po’ trasandati la stava guardando con un gran sorriso stampato sulla faccia. 
Dana corrugò le sopracciglia. «Ma tu sei...?»
«Chris, sì. Il tuo coinquilino» ribatté lui ridendo. «Strano che abbiamo preso lo stesso treno, vero? Mi fa piacere, comunque, almeno non mi farò il viaggio da solo, è una noia mortale.»
Dana all'inizio fu sorpresa ma si rese conto che il treno si era improvvisamente riempito e ricordò che quella stazione era una grande città e che il treno era l'unico regionale della domenica sera, quindi era più che normale che gli universitari si ritrovassero tutti lì. Chris era di tre anni più grande di lei ed era stato al suo annuncio che Dana aveva risposto quando aveva cercato un appartamento a Venezia con un posto libero. Si erano conosciuti un mese prima, accordandosi su affitto, spese e quant'altro e inizialmente Dana, trovandosi davanti un ragazzo particolarmente carino, era stata piuttosto diffidente -nella sua esperienza la bellezza andava di pari passo con la sgradevolezza. In realtà Chris era stato impeccabile ed estremamente gentile, forse anche troppo per lei, che l'aveva subito catalogato come un ragazzo un po' debole.
Chris, dopo aver messo il bagaglio sulla ratrelliera ed essersi accomodato nel sedile di fronte, si stiracchiò. «Santo cielo, non ho voglia di tornare all’università. Quest’estate sono stato così bene senza.»
«Che cosa studi?» domandò Dana, rendendosi conto di non averne parlato quando si erano incontrati.
«Relazioni internazionali» disse il ragazzo. «E tu?»
«Lingue Orientali.»
«È una scelta interessante» osservò il ragazzo.
«Mmh», borbottò in risposta Dana: non sapeva mai come reagire ai commenti sulla sua scelta di corso.
«E perché vai a fare Lingue Orientali?»
Dana sospirò. Ecco, sapeva che prima o poi qualcuno glielo avrebbe chiesto, ma le scocciava dover rispondere a quella domanda, anche se era pronta. «Ho cominciato a interessarmi alla cultura asiatica, soprattutto orientale, quando ho inziato a fare arti marziali. Karate», specificò con voce atona, come se stesse recitando una frase imparata a memoria.
Christian si allontanò un po’. «Mi sa che dovrò stare attento, allora.»
Lei sbuffò a quella reazione così banale e inflazionata. «Non picchio mai nessuno. Il karate è difesa e disciplina, non aggressione.» Le balenò l'immagine di un pugno dato quasi senza rendersene conto qualche tempo prima a un certo signor perfetto
Difesa, mormorò una vocina malevola nella sua testa, e Dana la soffocò sul nascere.
«Davvero?» stava dicendo Chris con educata curiosità. «Non lo sapevo. Gran bella cosa, però. Continuerai a praticarlo anche a Venezia?»
Dana scrollò le spalle cercando di apparire incurante, sebbene fosse perfettamente consapevole della punta di rimpianto che avvertiva ogni volta che ci pensava. «Non lo faccio più.»
«E perché, se ti piace?»
Dana rispose con un cenno che sperò bastasse a quietare la curiosità del ragazzo, e così fu perché lui sorrise e si tirò indietro lasciando cadere la conversazione.
La verità era che Dana, seppur pensandoci, non aveva una risposta a quella domanda. Forse si era troppo affezionata al suo vecchio e scorbutico maestro, e non provava nessun desiderio nel tentare di ricominciare con una nuova figura di riferimento.
Passò il resto del viaggio alternando conversazioni banali con Chris e momenti di silenzio finché l'altoparlante, quando ripartirono da Mestre, annunciò: «Prossima fermata, Venezia.»
Nel giro di cinque minuti il paesaggio fuori dai finestrini del treno si spalancò e una distesa d'acqua, increspata dal vento e punteggiata di qualche isola, numerosi pali di legno e reti si srotolò davanti agli occhi di Dana. Era già stata a Venezia ma quella vista era sempre strana, quasi estraniante. Era tardo pomeriggio e i colori cominciavano a tingersi di arancio. Il ponte su cui viaggiava il treno, affiancato da una strada per le auto, si allungava verso Venezia per una distanza considerevole e Christian si alzò solo quando le rotaie cominciarono a rotolare irregolarmente sotto il treno mentre veniva diretto verso il binario di destinazione.
«Bene, siamo arrivati.» 
Dana si alzò a sua volta, recuperò la valigia e quando il treno finalmente arrivò a destinazione se la trascinò giù dal portellone sulla banchina. Uscì dalla stazione insieme a Christian e si ritrovò nel bel mezzo dell'odore salmastro della laguna. Davanti a loro, oltre la piazza, il Canal Grande era affollato di motoscafi e barche di ogni genere. I turisti riempivano i moli e le calli e i gabbiani affollavano le banchine.
«Andiamo?» fece Christian, allegro, indicandole il ponte che attraversava il canale. 
Dana, per un attimo rimasta immobile ad ammirare gli edifici tutto intorno, il cielo che gravava limpido e il rumore dell'acqua del canale, annuì. Risalirono con qualche difficoltà a causa delle valigie i gradini del ponte, poi li discesero dall’altra parte e si avviarono lungo le calli tra le case, abbandonandosi dietro il caos turistico e inoltrandosi nel cuore della Venezia vissuta, quella di chi alloggiava nella città in modo permanente.
«Com’è vivere a Venezia?», chiese Dana incuriosita.
«Se ti piace camminare, una gran bella cosa. Se sei pigra, be’... un po’ faticoso», rispose lui con un sorriso.
Dana sbuffò. «Dannazione, e io che pensavo che bastasse fare gli occhi dolci ai gondolieri!»
Lui scoppiò a ridere. «Magari con te funziona, io non ci ho mai provato, ma dubito che possa servire.»
Proseguirono per almeno altri venti minuti attraverso i vialetti finché non arrivarono davanti a un edificio scrostato e scalcinato come gli altri, con grandi terrazzi così pieni di piante che sembrava che il proprietario stesse cercando di compensare a modo suo al disboscamento della foresta amazzonica.
Chris sorrise e si rivolse a Dana: «Benvenuta a casa.»



Note:
Sorpresa!
Faccio passare un anno per un aggiornamento e poi invece ci metto solo un giorno per un altro. Non sono normale, lo ammetto, ma mi ero presa bene in questi giorni e ho deciso di riguardarmi subito anche il capitolo dopo per postarlo. Ovviamente i recensori latitano nel deserto sconfinato che ho lasciato sul mio account per tutti questi mesi ma chissà, prima o poi qualcuno passerà per caso e mi dirà se questo capitolo gli è piaciuto.
A presto, recensore sperduto e lettori invisibili! :)

Mue
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mue