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Autore: Cry_Amleto_    20/01/2017    1 recensioni
/Seguito di "Lost Time"/
[Stony!]
Tratto dalla fanfiction:
"Forse avrebbe vinto. O forse no.
Forse sarebbe sopravvissuto. O forse no.
Forse lo avrebbe salvato. O forse no.
L'unica cosa certa, è che aveva bisogno di rivedere colui che aveva perso in quel dannato disastro."
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost'
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[The phoenix's last song]

...Falling inside the black 
Falling inside falling inside the black...
(...Precipitare nell'oscurità
Precipitare, precipitare nell'oscurità...)

L'ultima cosa che vide, mentre gli legavano i polsi con delle spesse corde, furono le armature volare via, lasciando nel tetto di legno del magazzino 5 grossi fori. Poi sentì il colpo di un calcio di un fucile alla testa, e il buio lo avvolse facendo cadere su di lui in suo nero sipario.

~o~

«Dobbiamo tornare a riprenderlo.» fu la prima cosa che disse Steve, appena uscito dall'armatura, nel laboratorio dell'inventore.

«Toglitelo dalla testa.» replicò asciutto il Soldato, uscendo anch'egli dall'Iron Man. «Sarebbe un suicidio, e lo sai. Stark in qualche modo è riuscito a farci tornare a casa incolumi, e di questo gli sono grato, ma è stato comunque un azzardo. Non possiamo fare niente per lui.»

«No. Lo uccideranno. Tu non hai visto la luce che brillava negli occhi di Stane, mentre sigillava l'accordo. Non avrà alcuna pietà.» ribatté il Capitano, infilandosi rapidamente la propria divisa.

«È stato Stark a volersi consegnare, e farti uccidere sicuramente non gli farà piacere... Ascolta. Lo so che non è da te lasciare soldati indietro, ma si è immolato lui stesso. Dobbiamo apprezzare il suo sacrificio e continuare a vivere la nostra vita...» Bucky gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla, il tono consolatorio.

Steve se la scrollò di dosso, girandosi verso di lui e guardandolo dritto negli occhi. Nello sguardo cristallino del Capitano, brillava una luce che sapeva di determinazione. E di disperazione.

«Come puoi parlare così? Se non fosse per lui e la sua cocciutaggine tu saresti ancora nelle mani dell'Hydra e io probabilmente mi sarei fatto ammazzare nel tentativo di salvarti. Il minimo che posso fare per sdebitarmi è salvarlo da un destino che sarà sicuramente peggiore di quello che sarebbe stato il nostro senza il suo intervento!» insistette, senza dar alcun peso alle parole dell'altro.

Il suo tono era salito di più di un ottava, e il suo sguardo trasmetteva quasi un accusa. L'accusa di non voler capire quanto essenziale per lui fosse rischiare la vita per salvare quel singolo uomo.

«Non lo libererai facendoti ammazzare!» ripeté ancora il Soldato, alzando anch'egli il tono. Poi fece un piccolo sospiro, imponendosi di calmarsi «E di sicuro lui non vorrebbe una cosa del genere. È vero, non conosco per niente Stark, ma ho visto come ti guarda e, per quanto mi dolga ammetterlo, ho capito che prova ancora qualcosa di profondo per te. E ci scommetto che non vorrebbe vederti morto così come non lo voglio io. Quindi... Lascia stare. Ci ha dato una seconda possibilità, con il suo sacrificio, non sprechiamola...» fece per afferrargli il braccio, il tono conciliante, ma Steve si sottrasse nuovamente.

«Io non lo abbandonerò lì.» ripeté caparbiamente «Chiamerò anche gli altri Avengers e insieme...»

«"Gli altri" chi, Steven? Thor è ad Asgard, la Romanoff è appena partita per una missione, Banner è chissà dove... L'unico rimasto a disposizione è Clint, e tu vuoi davvero condannare a morte insieme a te il padre di tre bambini?» il tono del Soldato si era fatto incalzante e accorato.

Steve scosse lentamente la testa, e la disperazione spazzò ciò che rimaneva della speranza nel suo sguardo.

«Non posso non provarci, Buck. Non posso.» mormorò il Capitano, abbassandolo lo sguardo sulle proprie mani strette in pugno portate all'altezza del petto. 
Alzò la testa di scatto e, senza temporeggiare oltre, fece per uscire dal laboratorio e raggiungere il parcheggio che ospitava la sua moto.

«No, Steve, non te lo lascerò fare.» la voce risoluta del Soldato lo bloccò a pochi passi dall'uscio.

Pochi attimi dopo, il Capitano si ritrovò circondato da una ventina di uomini armati, uomini dello S.H.I.E.L.D. .

Steve si voltò verso l'altro, gli occhi sgranati dall'incredulità.

«Cosa stai facendo, Buck?» gli chiese perplesso, mentre quegli uomini lo scortavano fuori dalla stanza, verso le celle sotterranee della Tower.

«Ti sto salvando la vita.» rispose mentre lo conducevano in gattabuia. Al sicuro.

~o~

Fu svegliato da una secchiata d'acqua gelida. I suoi polsi erano stretti da una corda, che a sua volta era annodata a una barra metallica che attraversava il soffitto. A un occhiata più attenta, la barra risultava essere parte di un nastro trasportatore. Quale ironia: quella non era una fabbrica comune, era un mattatoio.

Sollevò lentamente le palpebre. Nonostante la vista sfocata, riuscì a riconoscere la figura che aveva di fronte come quella del suo storico nemico. Quest'ultimo stava giocherellando con un ferro rovente, passandoselo da una mano all'altra.

«Sai, mi hanno tutti suggerito di applicare su di te il nostro 'lavaggio del cervello'. Considerano che sarebbe molto vantaggioso avere il tuo intelletto dalla nostra parte.» disse il suo carceriere, il tono tranquillo di chi discute amabilmente di come ha intenzione di trascorrere il proprio weekend «Ma io preferisco di gran lunga restituirti il... favore.» continuò, accennando al proprio volto ustionato «E ho deciso che, dato che non usufruiremo di te e della tua intelligenza... beh, mi prenderò pezzo dopo pezzo il tuo corpo e la tua anima, e dopo che avrò finito con te, Tony Stark, non avrai più una mente che ti si possa invidiare. Non l'avrai più affatto.»

Con un ghigno che non mostrava nulla che potesse essere definito 'umano', Stane premette il ferro incandescente contro la pelle del suo petto esposto. Premette a fondo, quasi a volergli perforare la pelle e raggiungergli il cuore. 
Tony urlò con quanto fiato aveva in gola, mentre la sofferenza gli bloccava le sinapsi del cervello.
Il suo aguzzino si fermò, però, prima che l'altro potesse svenire dal dolore. Gli concesse una manciata di secondi, per poi mirare al collo questa volta, sul pomo d'Adamo. Poi sulla fronte. Sotto l'ombelico. Sui muscoli delle braccia contratti nello sforzo del reggere il peso del suo corpo. 
L'inventore non aveva voce per urlare, non aveva la forza per formulare pensieri. C'era solo dolore, dolore, dolore. 
E Steve. 
Il suo sorriso, la sua risata, i suoi magnifici occhi dalle mille sfumature di celeste, e quel riflesso verde che da sempre lo stregava.

Strinse i denti, cercando di farsi forza. 
Voleva rivederlo, almeno un'altra volta. Voleva guardarlo negli occhi, dirgli chiaro e tondo quanto lo amava, e promettergli che non se ne sarebbe andato, mai più.

Con questa nuova meravigliosa forza nata dal desiderio che gli scorreva portentosa nelle vene, sollevò gli occhi e guardò Stane con aria di sfida. 
Non si sarebbe piegato, né quel giorno né mai.

Il ghigno si spense sulle labbra tese dell'altro.
Accecato da un impeto d'ira, prese a bastonarlo disordinatamente con il ferro rovente, rompendogli qualche costola. Una o due dovettero foragli un polmone, perché iniziò a tossire spasmodicamente sangue. 
Ma Obadiah, non ancora sazio dell'agonia dell'altro, lo fece bruscamente girare di spalle. Prima iniziò a tormentarlo con il ferro che impugnava con una stretta così ferrea da sbiancargli le nocche, poi si fece portare dai suoi uomini, che assistevano muti alla scena, una lunga frusta di cuoio. Il suo vessatore lo fece girare nuovamente, prendendo a frustargli i bicipiti già arrossati dal ferro rovente. L'inventore si ritrovò dunque a fissare una telecamera impugnata da un uomo in divisa nera. Non sapeva chi stesse ricevendo quelle immagini, ma pregò che non arrivassero in alcun modo a Steve. Vedendo un compagno di squadra torturato in quel modo, sarebbe diventato poco lucido, e avrebbe attaccato subito, anche da solo, senza uno straccio di piano. 
Nel frattempo, Obadiah era passato dalla frusta alla mazza chiodata, con cui aveva iniziato a tormentargli i fianchi e la schiena.

«Quanti altri strumenti di tortura medievale ti sei procurato, eh, Obadiah? Non credi che questi siano un po'... superati?» disse ironico, guardando dritto verso la videocamera. Non si sarebbe lasciato fiaccare nella mente, non avrebbe perso del tutto ciò che era rimasto di Tony Stark.

«Ma sentitelo! Ha anche da ridire sul modo in cui lo torturo!» ribatté Stane dopo una secca risata. 
Poi si rivolse verso a suoi uomini, corrucciato, come se stesse cercando di riportare alla mente qualcosa
«Ma, se non sbaglio, nel medioevo ancora non esisteva la corrente elettrica.» E così dicendo, le labbra del suo torturatore si aprirono in un grande, agghiacciante, ghigno.

Avvicinò a Tony un apparecchio elettronico. Applicò delle ventose sulle sue tempie. 
Un lampo di paura attraversò gli occhi dell'inventore, sostituito poi da fredda determinazione. Non sarebbe morto, non quel giorno, non in quell'angusto e fetido luogo, per mano di quell' 'uomo' che di umano conservava ancora poco. Non prima di essere sprofondato ancora un'ultima volta nello sguardo magnetico del suo Capitano.

«Vediamo quanto ancora resisterà la tua sfacciataggine!» disse rancoroso il suo aguzzino, facendo partire dall'apposito strumento una scarica potente d'elettricità. Sentì quest'ultima attraversargli l'intero corpo, partendo dalla testa, e si sentì scuotere in preda agli spasmi. Il dolore era talmente acuto, che benché il suo volto fosse accartocciato in un espressione di pura agonia, dalle sue labbra socchiuse non sfuggì neanche un basso gemito. Poi, esausto, si lasciò scivolare nell'oblio. 
Prima che la sua coscienza svanisse del tutto, sentì Stane mormorare ad un soffio dal suo volto: «Oh, non temere piccolo Anthony, questo è solo l'inizio del nostro gioco.»

~o~

«...Il direttore ha detto che non possiamo fare niente...»
«...Quale mostro può essere l'artefice di tale violenza...»
«...Non riesco neanche ad immaginare di riuscire a sopportare una cosa del genere. Immagino che abbia rimpianto non poco l'essere ritornato dal regno dei morti...»
«...La morte sarebbe di gran lunga preferibile rispetto a tutto quello...»

Rannicchiato nell'angolo più buio della propria angusta cella, Steve Rogers giaceva immobile. I suoi occhi era arrossati, le palpebre appesantite. Non aveva più lacrime da poter piangere, solo un profondo ed incolmabile vuoto al centro del petto. E sensi di colpa.
Se fosse stato abbastanza attento da capire quale fossero le reali intenzioni di Tony... Se non si fosse lasciato bloccare così passivamente da Bucky... Se lo avesse raggiunto e lo avesse liberato... Tutto quello non sarebbe successo.

Era passata meno di un'ora dalla sua incarcerazione, quando in tutta la Tower erano risuonate le terribili grida di dolore dell'inventore. Quelli dell'Hydra avevano preso possesso di ogni schermo a disposizione, dalle televisioni ai monitor dei computer agli schermi dei cellulari, riuscendo a raggiungere persino lui ai sotterranei.
E aveva assistito a tutto.
Il dolore, l'agonia, che aveva letto sul volto di quell'uomo che tanto intensamente aveva amato e che poco a poco, inconsciamente, aveva riscoperto di amare, era tale da farlo gemere con la stesse veemenza dell'altro.
La sofferenza che gli straziava il cuore, non era affatto mitigata dalla sua impotenza. Non poteva lasciare quella gabbia. Aveva provato più e più volte a rompere lo spesso vetro che lo imprigionava con tutta la forza di cui il siero lo aveva dotato, senza altri risultati se non quello di ritrovarsi le mani sanguinati.

«Steve...» era la voce del Soldato, quella che lo chiamava al di là della sua cella.

Il Capitano non distolse il proprio sguardo fisso dal pavimento in cemento armato.

«Steve...» insistette Bucky, poggiando una mano contro il vetro freddo, come a cercare di instaurare un contatto con l'altro. «Anche se fossi andato lì, non avresti cambiato niente...» provò ancora.

Fu allora che il silenzio della prigione semivuota fu interrotto dalla secca risata priva di gioia del Capitano.

«Non mentire. Avrei potuto salvarlo, e invece non l'ho fatto.» il suo tono era privo di inflessioni, piatto, morto, come se qualcuno avesse spento tutto ciò che lo caratterizzava, tutto ciò che faceva di lui Steve Rogers, tutto ciò che lo rendeva vivo.

«Non è colpa tua... Siamo soldati, e questa non sarà né la prima né l'ultima volta in cui perderemo un compagno di squadra. Tra poco ti riprenderai, fidati di me.» provò ancora Bucky, una morsa alla gola. Non lo aveva mai sentito così distante, così freddo. E fu travolto dalla consapevolezza di averlo perso, perché aveva fatto ciò che mai avrebbe dovuto fare. Lo aveva imprigionato, aveva tolto alla Sentinella della Libertà, la libertà di scegliere come agire, o in quel caso, in nome di cosa morire.

Un sorriso amaro piegò le labbra del Capitano, che alzò il proprio sguardo vitreo verso quello verde dell'altro.

«Sai, quando l'Hydra ti ha preso ero disperato. Sono andato da Tony, direttamente, senza neanche perdere tempo a spiegare agli altri cos'era successo. Mi ha aperto la porta, mi ha accolto in casa sua come se fosse la cosa più naturale del mondo – anche dopo quello che gli ho fatto - e mi ha detto che avrebbe fatto di tutto pur di riportarti da me. E l'ha fatto. L'ha fatto, nonostante io l'abbia ferito, tradendolo con te, anche quando gli avevo promesso che l'avrei aspettato, promessa che non ho mantenuto. 
Poi è stato Tony ad essere nei guai, e tu, invece di aiutarmi a riportarlo a casa, mi hai fatto rinchiudere come un criminale. Quindi ora, Barnes, dimmi: come posso continuare a fidarmi di te?»

La voce, lo sguardo, il pallore del volto, tutto gridava un agonia che il Soldato non riuscì a reggere. Abbassò lo sguardo e non poté evitarsi di fare un passo indietro.

«Mi dispiace.» fu tutto quello che il Soldato d'Inverno riuscì a dire, prima di voltargli le spalle e lasciarlo in quella gabbia di vetro.

«Anche a me.» disse al corridoio silenzioso Steve quando ormai l'altro era troppo lontano per sentirlo, nascondendo poi il volto tra le ginocchia.

L'ultima cosa che provò prima di lasciarsi andare tra le braccia di Morfeo, fu stupore. Perché no, ancora non aveva pianto tutte le sue lacrime che in quel momento avevano iniziato ad accarezzargli calde e quasi consolanti il volto.
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Molto probabilmente in questo momento avete voglia di mandare tutto all'inferno ma sorridete (??), la Stucky è andata a farsi benedire e l'happy ending è vicino - più o meno - !!

Fatemi sapere se sono stata troppo stronza, così cercherò di rimediare~~

 
 
   
 
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