“L’uomo dei sogni arriverà! Scoprite come”. Un articolo di trecento parole su come eliminare le smagliature e conquistare La Perfezione. Che idiozie. Voglio dire, Biancaneve lo aspettava mezza morta, mica facendo ginnastica.
Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Quindi quando la signora con le trecce bianche che ci fa il
caffè dopo la scuola ci disse “andate
d’accordo per essere due sorelle” noi ci guardammo,
Sara mi tirò un pizzicotto sulla gamba, da sotto il tavolo,
senza farsi vedere, io feci “aiah” e lei ne
approfittò per rispondere “Ma noi siamo gemelle,
Lucia. Credo sia per questo”, la signora sorrise e si mise a
raccontarci di quando faceva la babysitter e curava due gemelle,
però due gemelle di quelle identiche (“Omozigote
si dice!” feci io, che ero nel periodo di fissazione per i
bambini, di quando collezioni ciucci e fermi le donne con i passeggini)
che non riconosceva mai e facevano un sacco di pasticci, tipo
scambiarsi i compiti in classe o gli antibiotici per la tosse e pagarsi
a vicenda per sostituirsi nelle interrogazioni.
La signora con le trecce bianche da quel giorno ci ascolta sempre, ogni
pomeriggio e, borbottando, ci ha perfino lasciato un tavolo dove fare i
compiti assieme. Io volevo quello vicino al banco dei gelati ma lei ha
detto di accontentarci di quello accanto ai caffè esposti.
Per ripicca, quel giorno, misi in tasca una ventina di bustine di
zucchero ma non lo dissi a nessuno, nemmeno a Sara. Beh, non glielo
dissi perché mi vide, era proprio dietro di me, e dalla
specchiera vidi che alzò gli occhi al cielo e
mimò il gesto di fare la spia.
Dopo questo piacevole tuffo nel passato studio “Le carenze
alimentari in africa, problema della società”,
ripeto da otto e mezzo, finisco e prendo il libro di storia e i tre
evidenziatori (perché tre? Non sono in una setta veneratrice
del numero sacro! Uno smette di funzionare, uno lo perdi e
l’altro lo usi. Semplice.) Mi butto sul divano a guardare MTV
sistemando il mattone di pagine sulle gambe in modo da salvare le
apparenze nel caso i miei dovessero tornare in anticipo. Shake it,
Metro station. Il cantante fa una voce assurda, una pronuncia da
manuale. Mi metto a cantare “Shake, shake, shake, shake,
shake it“. “Elisa! Non hai ancora aperto
libro!” ovvio. Puntualissimi. È come un impiegato
che piantona la scrivania per otto ore senza mai alzare lo sguardo dal
monitor e il capo entra nell’ufficio proprio quando i suoi
neuroni sono bruciati a causa delle radiazioni e l’impiegato
sta ballando il tango con il vicino di scrivania, altrettanto
deneuronizzato. Ma il guaio è che hanno piantonato la
scrivania fino a quel momento ma se lo dicessero il capo non ci
crederebbe mai essendo che l’immagine di loro ballanti un
tango in coppia li rende ormai privi di credibilità. Ma
hanno piantonato la scrivania, per la miseria! Voglio il mio avvocato!
Ah-ah.
Marilena è mia madre, sappiatelo. La chiamo per nome per
certi motivi, un giorno forse mi metterò a elencarveli: sono
sicura che mi darà modo di pensarci su. Fatto sta che, una
volta appoggiate le buste gialle della spesa a terra, inizia a
lamentarsi di quanto poco il mondo giri bene e di quanto poco io vada
bene. Parla come una decrepita. Quando sono con lei, non va per niente
“all’americana”, se capite cosa intendo.
Mi sento tutta sbagliata, mi mette una tensione nel corpo che sento
attraverso mille cariche elettriche tutto intorno ogni volta che dico o
faccio qualcosa. Lei probabilmente è convinta che sia uno di
quei problemi adolescenziali che hanno tutti ma io vorrei dirglielo che
siamo nel duemilanove e si va d’accordo anche con i genitori.
È davvero incredibile. Mi alzo e non le va a genio il rumore
della sedia, mi prendo un pacchetto di creakers e dice che poi vengono
i problemi cardio-vascolari, provo a raccontarle aneddoti
così divertenti che farebbero ridere persino durante la
visione di Schindler List e lei rimane impassibile mormorando che sono
tutte cretinate e quando è nervosa mi insulta come un
bamboccio arrogante in carenza d’ affetto. È
snervante, credetemi. E se siete una di quelle che dormono nel lettone,
sfogliano Cosmopolitian e fanno shopping con la mamma vi odio e vi
invidio terribilmente. “Tu hai tutto in mente
tranne gli studi!” mioddio. Gli studi. Ma da che secolo
è uscita? Detta così sembra che sono
all’università. Vi assicuro che mi viene da
picchiare qualcuno. “Ma che ne sai te! Ho studiato tre
ore!” “Hai solo da studiare! Non devi fare altro e
non fai nemmeno quello!” Ma la sentite?! È
incredibile. Secondo lei devo solo studiare! A pensarci mi viene da
vomitare, ragazzi. Non allo studio, ma piuttosto a pensare che
c’è una persona al mondo che è convinta
che, siccome non ho ancora conseguito tre laure in medicina, il mio
unico “problema” sia studiare. Gesù, se
entrasse un giorno nella mia mente si spaventerebbe per tutte le cose
che penso sia giusto fare alla mia età. Credo addirittura
che si stupirebbe di non trovare sesso e canne. “Solo
studiare!?” “certo!mica fissarti su un ragazzo alla
tua età” ommioddio. Non sa niente di me.
È un’estranea completa. I ragazzi. Lo viene a dire
a me. Cioè non sono asessuata, sono una grande fan dei
ragazzi, credetemi, solo che non mi sembrava di dare l’idea
di una che sostiene l’ emancipazione allo scadere del
quindicesimo compleanno: le mie idee riguardo al matrimonio le ho
già espresse. Marilena è convinta che io sia
follemente innamorata del tizio che mi fa ripetizioni di fisica
solamente perché rido alle sue battute. Lo dicevo, io, che
è rimasta a circa settecento anni fa. “Mary, tu
sei rimasta a mille anni fa!” urlo incattivita. Ok, ho
aumentato di trecento anni ma che volete che sia sulla linea del tempo?
Con mia madre bisogna fare così perché devi
colpirla nel segno e con un numerino mediocre e banale come il
settecento l’avrebbe presa troppo alla leggera, credetemi.
Vado in camera mia e sbatto la porta. Non fa rumore perché
la ferma la mia pantofola blu con tanto di fiocchetto, così
la sposto, torno di là con un sguardo fuori dal normale,
fingendo di prendere un bicchiere d’acqua, e ripeto il tutto.
Questa volta raggiungo il mio obiettivo: la porta sbatte
così forte che quasi mi spavento io. La sento urlare ancora.
Beh, comunque sia, ci voleva proprio.