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Autore: BrizMariluna    22/01/2017    6 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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~ 7 ~ 
IL VENTO DEL PARADISO
 
 
“Guardami” aveva detto Briz “E dimmi cosa vedi, magari con un po’ di tatto”.
Pete incrociò le braccia, si appoggiò alla parete di legno con una spalla e si apprestò ad obbedire a quella richiesta.
Briz indossava una camicia scozzese dal fondo bianco, ma i quadretti erano formati da righe rosa e azzurre, che negli incroci formavano altri quadretti lilla; la teneva annodata in vita e con le maniche arrotolate, e sotto portava una canotta turchese. Appena sotto il nodo della camicia faceva capolino una luccicante fibbia ovale d'argento, con incisa sopra una testa di cavallo. I jeans erano aderenti, neri; gli stivali, un paio di vecchi camperos.
Una serie di braccialetti di perline dai colori più sgargianti le copriva mezzo avambraccio, e il cappello da cow-boy grigio con attorno una fascia, anch'essa di perline colorate, completava l'insieme.
I capelli scuri erano raccolti in una trecciona disordinata che le ricadeva su una spalla, chiusa con un elastico di un rosa tanto intenso da far male agli occhi.

Briz-treccia

– E dai, vabbé, ma se mi guardi così! Okay che te l'ho chiesto io, ma mi sembra di essere un insetto studiato da un entomologo! Vuoi anche trafiggermi con uno spillone, già che ci siamo?
A quell'uscita, Pete si lasciò sfuggire un sorriso divertito e le disse una cosa inaspettata:
– Dimmi prima cosa vedi tu, quando ti guardi: ma anch'io voglio la verità.
– Ah, ti prego! Io vedo una spilungona insulsa, che non riesce a tenere ridotta una massa di capelli lanosi e disordinati e che si sforza di fare una cosa che forse è troppo grande per lei. E che fa la spavalda e dice le parolacce, per nascondere il fatto di essere timida e insicura. E incapace, codarda e stupida – concluse a voce più bassa.
Le ultime parole erano una frecciata diretta a lui, per ricordargli come l'avesse fatta sentire qualche tempo prima. E siccome non era uno scemo, Pete lo capì benissimo.
– Briz, ascoltami: ammetto che quella sera, quella del litigio tragico, come ormai lo chiamano tutti, ci sono andato giù duro, forse troppo; e per questo hai pensato di essere tutte queste cose. Chiunque se ne sarebbe convinto, ma… e va bene, accidenti! Non sei codarda, o incapace, tantomeno stupida. E nemmeno lo penso.
Briz si avvicinò a lui di un paio di passi, sentendo il cuore arrivarle in gola e batterle a mille.
– Queste… sarebbero quelle scuse per le quali mi dicesti che ci sarebbe voluto ben altro, per ottenerle?
– Forse… Non lo faccio per te, sia chiaro: lo faccio per Doc – rispose lui, brusco, facendo riaffiorare la sua vena scorbutica che, in quegli ultimi momenti, era sembrata essersi affievolita.
– Ah, non ho dubbi, su questo – rispose lei, cercando di apparire altrettanto dura.
Non si era aspettata la propria reazione al suo sguardo, che l'aveva percorsa lentamente e con… interesse? Per un attimo si era sentita come se gli abiti fossero diventati trasparenti.
Deglutì vistosamente e pensò di essere, forse, anche arrossita; perché, poi, doveva ancora capirlo. Ma non perse la sua combattività, e tornò a ciò che lui aveva detto poco prima.
– Senti, ammettiamo che la sera del litigio tragico tu ci sia andato giù più pesante di quanto avresti voluto. Però… perché? Perché farmi sentire così… inutile e inadeguata? Tu volevi davvero, che io me ne andassi.
Pete sembrò per qualche attimo disorientato, preso alla sprovvista, come se la risposta a quella domanda fosse troppo complicata, ma si riprese immediatamente, col suo solito tono pratico e materiale.
– Diciamo che era per vedere se lo avresti fatto sul serio: volevo vedere se ti saresti svegliata, se c'era davvero un po' di arrosto, dietro al fumo delle tue parole così idealiste; e a quanto pare, ho fatto bene. E forse… non sopportavo il fatto che una ragazza, per giunta così giovane, non si sentisse intimidita dal mio ruolo. Sì, ecco… un po' di maschilismo.
– Ma sì, giusto un po'! – esclamò Briz sarcastica, nonostante fosse sorpresa da quell'ammissione. Poi abbassò gli occhi per qualche secondo e disse, quasi assorta: – Sai, qualcuno, non so chi, ha detto che “Agli uomini piace quello che vedono, e alle donne quello che sentono. Ed è per questo che le donne si truccano, e gli uomini mentono”.
Tornò a guardarlo, allargò appena le braccia, con un atteggiamento rassegnato, e proseguì:
– Non è che io e te dobbiamo per forza piacerci, ma dobbiamo mettere insieme uno straccio di rapporto civile, se non per noi stessi, almeno per Doc e per la missione che ci siamo accollati. Quindi, che vuoi ti dica? Questa sono io, Pete: sono un concentrato di emozioni, come hai detto tu; e anche parecchio incasinate, niente da dire. Ma anche se non mi piaccio molto, io non mi trucco, nemmeno metaforicamente parlando, perché non desidero che gli altri vedano in me qualcosa di diverso da ciò che sono. È vero, fa sempre piacere essere apprezzati, ma io non posso, e tantomeno voglio, diventare un'altra persona, nemmeno se me lo chiede Doc. Però… se lui pensa che potrai aiutarmi a diventare migliore, e io potrò fare lo stesso con te, perché no? E capisco anche che se passerai del tempo con me, lo farai solo perché Doc ce l'ha imposto, ma mi importa relativamente.
Pete si staccò dalla parete e si avvicinò a sua volta.
– Vuoi ancora sapere cosa vedo io? – le chiese.
Lei annuì lentamente, e lo lasciò proseguire:
– Adesso, qui, in questo contesto… sto guardando una persona diversa da quella che ho sempre avuto sotto gli occhi. Non vedo una spilungona, soltanto una ragazza alta; e tutt'altro che insulsa, anzi… sei una ragazza carina – disse in tono talmente spassionato, che nessuno avrebbe potuto prenderla per nient'altro che una constatazione – Sei convinta di non piacere agli altri, ma usi vestiti e accessori che sembrano colorati con gli evidenziatori, e fai vedere che non t'importa del giudizio altrui e che non devi dimostrare nulla a nessuno. Lasciamo stare il discorso capelli, visto il pulpito da cui verrebbe la predica – e così dicendo se li tirò sulla testa, da dove ricaddero sulla fronte, esattamente come prima.
Briz non poté fare a meno di sorridere, rilassandosi un po', e Pete proseguì: – Ti sforzi di fare una cosa più grande di te, però… okay, devo ammettere che Doc ha ragione: ce la metti davvero tutta! Ma i tuoi sforzi ti procurano una tale tensione e ansia da prestazione che finiscono per renderti aggressiva e sarcastica per nascondere l'insicurezza. Ed è verissimo che ci ho messo del mio, per farti sentire così. A te manca l'autostima, ma non sei timida: se così fosse, non mi terresti testa come sai fare, quando litighiamo. Come ti ho detto, di solito la gente ha soggezione di me; tu no. Sei una contraddizione vivente, Cuordileone.
– Chi è che gioca allo psicologo, adesso? Non ti ho mai sentito fare un discorso così lungo da che ti conosco – esclamò la ragazza, nel sentire quel torrente di parole – E comunque… non devi sentirti in dovere di farmi dei complimenti, solo perché Doc ha detto che dobbiamo sforzarci di andare d'accordo. Io non sono mai stata carina, e non credo che lo sarò mai.
– Tipica frase di chi desidera sentirselo dire di nuovo: sì che lo sei. E il mio giudizio vale sicuramente più del tuo: tu non hai gli ormoni, per giudicare l’aspetto di una donna. Se poi la faccenda sta nel fatto che tu non ti ci senti, carina… beh, allora è un altro discorso, ma il problema è tuo: tu mi hai chiesto cosa vedo io. E mettiamo in chiaro una cosa, riguardo a ciò che hai detto prima sulle donne che si truccano e gli uomini che mentono: neanche a me piace apparire diverso da quello che sono, e io non ho l'abitudine di mentire e dire cose che non penso, men che meno a sangue freddo come in questo momento.
– Perché, ci sono anche momenti in cui tu hai il sangue caldo? Ha! Vorrei proprio vederne uno!
– Non credo che ti capiterà. Dimentichi…
– …il cuore di ghiaccio, già! Mmm… e vedi nient'altro in me? – gli chiese, tornando all’argomento di prima.
Pete non rispose e si limitò ad osservarla.
– Hai gli occhi verdi – disse lui, sorprendendola.
E lei gli rispose per metà in italiano e per metà in inglese, con il suo specialissimo sarcasmo.
– Maddài? Che occhio, Sherlock! Dopo più di tre mesi te ne sei accorto!?
– Scusa, non so cosa… Cioè… È… solo un dato di fatto – si giustificò lui, piuttosto goffamente.
Fabrizia era sconcertata: Pete Richardson confuso? Ma quando mai? Decise di attaccare ora, che si sentiva leggermente in vantaggio.
– E tu cosa vedi nello specchio, bel pupone?
– Che palle, Briz, la pianti? – quell'appellativo continuava a dargli sui nervi non poco – Non lo so, mi guardo giusto il minimo indispensabile, che vuoi che veda? Che sono biondo e ho gli occhi azzurri?
– Non prendermi per il culo! Hai capito benissimo cosa intendevo!
– E va bene – si arrese lui – Vedo… uno che fa il suo dovere, anche quando gli costa; uno che pretende molto dagli altri, perché lo pretende anche da sé stesso; uno che mette le responsabilità al primo posto. Onestamente non saprei che altro vedere in me.
– Huh… Decisamente artico, come profilo.
– Perché? Tu vedi qualcosa di diverso?
– Effettivamente, no… ma se ci studio un po’ sopra, forse trovo qualcos’altro; magari poi te lo dico. Allora, vuoi salire a cavallo o no? Non ti obbligo, se hai paura… – lo provocò.
– Non ho paura! Ma devo ammettere che, un po', l'idea mi rende nervoso.
– Oh, smettila! Guidi il Drago Spaziale e combatti i Mostri Neri, e ti preoccupa un cavallo? – rise lei, aprendo il box e conducendo Obi-Wan verso il recinto.
Pete li seguì, guardando i movimenti disinvolti con cui la ragazza legava la corda alla staccionata, e le sue mani dalle dita lunghe e affusolate, che sfioravano il collo nero e lucido dell'animale con innata naturalezza. Sarebbero state delle mani molto belle: peccato quelle unghie corte, addirittura un po' rosicchiate, che confermavano la sua teoria sulla tensione e l'ansia da prestazione. Tornò a concentrarsi sui loro discorsi.
– È che il Drago fa quello che dico io – rispose – Sono io la sua mente. Invece Obi-Wan… ha la sua testa. Che succede se decide che quello che voglio fare non è di suo gradimento?
– Non preoccuparti, non accadrà.
– Se lo dici tu…
– Lo dico io. Di battaglie e strategie forse non capirò niente, ma di cavalli me ne intendo un pochino, se permetti. Soprattutto per quel che riguarda questi due, che sono tutto ciò che resta della mia famiglia.
Pete non commentò: era un argomento di cui la ragazza non amava parlare, era evidente. Nessuno meglio di lui poteva capirla, per questo, e non la forzò; se mai avesse voluto raccontargli i dettagli, lo avrebbe fatto di sua volontà.
La seguì nella selleria, e notò alcuni quadretti appesi alle pareti, con scritte delle frasi.
– “Il vento del paradiso è quello che soffia tra le orecchie del cavallo”…? – lesse perplesso, a voce alta.
– Sicuro – spiegò Briz – Un vento che può accarezzarti il viso solo… se sei sul cavallo! Devo ancora trovare nella vita qualcosa che mi rende felice nello stesso modo, che mi fa sentire… soddisfatta di quello che sono.
Pete lesse un'altra frase: – “Quattro ruote portano un corpo. Quattro zoccoli portano un'anima” – si spostò di un passo e ne trovò un’altra: – “Sotto il cavaliere la sella; sotto la sella, un miracolo di Dio”. Wow, che parole! In un chilo ce ne stanno poche.1
– Taci, uomo senza poesia! Porta questa da Obi-Wan e lavora! – disse lei, mettendogli fra le braccia una sella americana piuttosto pesante.
Briz gli fece vedere come si sellava il cavallo e, a dire il vero, lui si mostrò curioso e interessato, chiedendo spiegazioni sulle cose che non sapeva: ovvero, praticamente su tutto!
A un certo punto la ragazza gli passò vicino e gli cacciò in testa un cappello da cow-boy nero.
– Metti questo, oggi il sole ciocca – disse senza accorgersi di parlare italiano.
– Eh? Cosa fa il sole? Traduci ciocca, per favore – chiese lui, che non aveva capito l'ultima parola.
– Oh, scusa. Ciocca: picchia forte. È un'espressione… un po' dialettale. Avevo mia nonna romagnola, che diceva così. A volte diceva anche: un sole che spacca la testa ai somari – gli spiegò con un'occhiata birichina, sollevando un sopracciglio.
– Ma grazie, sì?! – rispose Pete sistemandosi il cappello.
Briz si ritrovò di nuovo a guardarlo, solo che stavolta lui se ne accorse; le si avvicinò di un passo.
– Avanti, cosa vedi, che è palese che muori dalla voglia di dirmelo?
Briz si sentì scoperta, si costrinse a calmare il battito del suo cuore, e fece un respiro profondo.
– Vedo un ragazzo bello, anche se non dovrei dirtelo, perché si vede benissimo che lo sai già! Fino a poco tempo fa pensavo bello e stronzo, te lo confesso, ma il fatto che ora tu sia qui con me, e che ti stia sforzando di fare ciò che Daimonji ci ha chiesto, ti rende un po' più… non so… affrontabile. E poi, quello che ci ha raccontato Tom mi ha colpito, e mi ha dato ragione sul fatto che dovesse esserti successo qualcosa di terribile; nessuno meglio di me può capire. E ci credo, che mi sembri anche tormentato, vorrei vedere. Hai nascosto i tuoi sentimenti e le tue passioni sotto l'intransigenza e la freddezza, e ho come l’impressione che tu stia vivendo una vita che… non è la tua. Forse il tuo cuore non è tutto di ghiaccio, ma ne ha una bella corazza, intorno. Piaci ai miei animali… e anche loro piacciono a te, me ne sono accorta, quindi forse, c'è qualche speranza, dopotutto. Come dice Doc, se in una persona cerchi i difetti, li troverai sempre, ma troverai sempre anche delle qualità.
– Lo ha detto anche con te, eh?
– A suo tempo, sì. Sai, hai detto che non ami apparire diverso da come sei, ma probabilmente lo fai, senza nemmeno rendertene conto. Forse… non sei il mostro che ti sforzi tanto di sembrare. Credo anche di aver capito perché hai cacciato via Tom.
– Sentiamo anche questa – sospirò lui.
Briz ignorò il tono condiscendente e proseguì.
– Non volevi che corresse pericoli, stando qui; e probabilmente avevi anche ragione, visto che infilarsi in un casino, è proprio ciò che prontamente ha fatto. E non sei venuto a salutarlo, perché non volevi correre il rischio che lui, o qualcuno di noi, ti potesse vedere lasciarti andare a un gesto di affetto, fosse stato anche solo scompigliargli i capelli. Perché alla fine di tutto, Pete, tu gli vuoi bene.
Pete rifletté su quelle parole: Briz non lo sapeva, ma ci aveva preso davvero tanto. A dire il vero, per essere così diversi e incompatibili, si erano analizzati a vicenda piuttosto bene, ma non glielo avrebbe detto per tutto l'oro del mondo! Quindi, quando le rispose, la sua voce grondava scetticismo.
– È tornata fuori l’ottimista romantica: tu vuoi vedere più di quello che c'è realmente, fanciullina.
– Ah, ecco volevo ben dire, la fanciullina oggi non era ancora saltata fuori! Forza, giovane! Metti il piede nella staffa, tirati su e appoggia il tuo bel sedere sulla sella!
A Pete sfuggì una mezza risata: l'abilità di Fabrizia nel cambiare argomento era meravigliosa. Si affrettò a fare quello che lei gli aveva chiesto; anzi, ordinato.
Pete salì a cavallo con apparente facilità, come se nella sua vita non avesse mai fatto altro: il modo in cui afferrò le redini con una mano, si impostò sulla sella e strinse le ginocchia, fu istintivo e disinvolto.
Briz lo osservò perplessa, grattandosi la nuca.
– Richardson… ma tu sei davvero sicuro di non essere mai andato a cavallo?
– Non in questa vita, te lo giuro. Ma devo ammettere che mi sento abbastanza a mio agio.
– Si vede. Forse, dopotutto, nonna Cheyenne ti ha lasciato qualcos'altro nel DNA, oltre all'abbronzatura perenne e al taglio degli occhi.
– Chissà… magari sono pronto per lasciarmi accarezzare dal vento del Paradiso
La frase avrebbe potuto suonare sarcastica, ma non fu così: il tono di voce con cui era stata pronunciata era sembrato, per un attimo, quasi sognante. Una cosa del tutto involontaria, ovviamente.
"Dio sa se ne avremmo bisogno tutti e due, di un po' di Paradiso" si disse Briz.
Se aveva pensato che Pete che giocava con Atlas fosse una cosa piacevole da guardare… beh, Pete in sella a Obi-Wan era un vero spettacolo. Un bel ragazzo e un bel cavallo: meglio ancora.

Pete-e-Obi-Wan

Accantonò quel pensiero e si dedicò al divertente compito di insegnare al Capitano Richardson i rudimenti della monta all’americana; la successiva ora e mezza passò in un lampo.
Briz guardò distrattamente l'orologio, seminascosto dalla profusione di braccialetti che le coprivano l'avambraccio, e si accorse che erano quasi le sei.
– Ehh, il tempo passa in fretta quando ti diverti – disse, volendo fare una battuta ironica. Invece Pete la prese in parola:
– Sai che hai ragione? Devo ammettere che è stato piacevole.
A dire il vero, Briz lo aveva strapazzato parecchio, e lui si era reso conto che cavalcare non era così facile come avrebbe potuto sembrare a prima vista. La ragazza gli aveva urlato contro per buona parte di quegli ultimi novanta minuti, divertendosi un mondo a farlo sentire… sì, incapace e inadeguato, doveva riconoscerlo. 
Stringi le ginocchia, tieni i talloni bassi, non alzare le mani per aria! E stai dritto con la schiena e non attaccarti alle briglie, che a cavallo ci si regge con le gambe, non con le mani…!” 
E poi? Cos'altro, ancora? Tremila cose da tenere in mente e da fare tutte contemporaneamente! Tuttavia, le aveva detto la verità sul fatto di averla trovata un'esperienza piacevole.
Scese da cavallo con un movimento fluido e le porse le redini, cercando di fare lo splendido.  E invece… gli sfuggì una smorfia, e gli si piegarono un po' le ginocchia.
– Ahio… ma porca…
– Ti lamenti adesso? – rise lei, a quella mezza imprecazione – Ti va già bene che sei abituato a correre e ad allenarti in palestra, ma domani avrai male in muscoli che non sapevi nemmeno di avere!
– Evviva, mi fai un bel coraggio! Spero che le prossime volte andrà meglio; sempre se avrai voglia di continuare a insegnarmi, naturalmente.
– Tanto ci tocca… tanto vale proseguire su questa strada.
– Giusto. Però… se io imparerò a cavalcare, anche tu dovresti impegnarti in qualcosa, non credi? – le disse a bruciapelo.
– Avanti, spara: lo so che ti inventerai qualcosa di massacrante – rispose Briz rassegnata.
– Non più di tanto: devi smettere di mangiarti le unghie. E di imbottirti di caffeina.
– Non è una cosa, sono due. Non vale!
– Vuoi paragonarle con l’imparare ad andare a cavallo? Come hai detto tu, ci tocca.
– E va bene, lo farò. Domani alle quattro, qui, di nuovo?
– Ho il turno di guardia stanotte e domattina un paio d’ore di addestramento al simulatore, ma ce la farò. Non sono uno che ha bisogno di molte ore di sonno, per recuperare.
– Altra cosa di cui non sorprendersi. Rilassati ogni tanto, Capitan America – gli consigliò, mentre la mente le fu attraversata per un attimo dall'immagine di Pete addormentato tra le lenzuola aggrovigliate. Immagine che si affrettò a rimuovere, chiedendosi semplicemente… perché?
– Senti… tu, piuttosto – le disse lui, guardandola intensamente – Fai buon uso di questa notte. Non per essere scortese, ma hai l'aria stanca.
– Ti preoccupi di essere scortese? Con me? Ma non sforzarti. E comunque, lo so: dormo poco e male, ma spero sia solo un periodo.
– Motivo in più per smetterla con la caffeina. Perché lo fai?
–Un'altra volta, Pete, ti prego – tagliò corto Briz, incamminandosi con lui verso la moto, dopo aver legato Obi-Wan allo steccato.
Lui pensò che doveva aver toccato di nuovo uno dei diversi argomenti delicati che costellavano il passato della ragazza.
Dopo qualche secondo di silenzio Briz disse:
– Direi che come prima volta non è andata troppo male, no? Siamo riusciti a non picchiarci. A pensarci bene, non ci siamo nemmeno insultati.
– Devo confessare che mi ero aspettato di peggio: siamo stati bravi. Vuoi un passaggio? O magari… sempre per accontentare Doc, s'intende, potrei ricambiare e… insegnarti a guidare la moto.
Briz spalancò gli occhi e diede un'occhiata alla vecchia Yamaha.
– Ma… anche no! – rispose convinta.
– Perché?
– Perché è meglio smettere di rosicchiare le unghie e bere caffè. Su quel catorcio, poi? Neanche morta!
Poi vide l'espressione di lui e decise che fosse il caso di preoccuparsi.
– Pete, adesso le corna diavolesche stanno per spuntare a te! Non pensarci nemmeno, io in moto non ci vado! Anche se non è come hai detto tu: non ho paura, semplicemente, non mi piace.
– Va bene, va bene, come non detto; concentrati sulle unghie e sul caffè. Ci vediamo domani… Orrore Nero permettendo – concluse restituendole il cappello e infilandosi il casco.
– A domani – confermò Briz, portando due dita alla fronte in un veloce saluto.
In pochi secondi Pete aveva messo in moto e se ne era andato.
Dalla curva del sentiero dietro alla quale era appena sparito, Briz vide spuntare Midori a piedi, che la raggiunse.
– Che diavolo ci faceva qui, Sua Gelidità? – chiese a Briz.
Mentre l'amica l'aiutava a sistemare i cavalli per la notte, Fabrizia le raccontò della strana punizione alla quale Daimonji li aveva costretti.  Concluse dicendo di non sapere assolutamente se avrebbe funzionato, ma, alla fine di tutto, aveva visto Pete sotto una luce diversa.
– Vuoi dire che siete stati insieme, da soli, per due ore, senza scannarvi? – esclamò Midori stupita.
– Così pare. Magari Doc ha avuto una buona idea. E comunque, il fatto che i miei animali lo abbiano amato immediatamente, vorrà dire qualcosa: sicuramente che non è cattivo, anche se a volte fa di tutto per sembrarlo.
– Oh, andiamo! Gli ho appioppato anch’io diversi appellativi negativi, ma non ho mai pensato che Pete potesse essere… cattivo; men che meno dopo che Tom ci ha raccontato la loro storia. Credo che sia solo… complicato. Perciò stai attenta.
– A che cosa?
– Non so… E se dovesse succedere che un giorno… i tuoi animali non saranno gli unici ad amarlo?
Briz sollevò un sopracciglio e guardò l'amica con scherzoso compatimento.
– Ma… sei seria?
– No! Scherzavo! – rise Midori – Santo Cielo, non ti ci vedo proprio, con lui.
– Oh, woah… sarà meglio! Tu piuttosto: cosa pensi di fare col bel Comandante Sanshiro Tsuwabaki?
Midori arrossì come un tramonto tropicale, ma la sua risposta fu fermissima:
– E… perché mai dovrei… fare qualcosa?
– Perché ti piace un botto…? – disse Briz con disarmante brutalità.
– Guarda che ho beccato anche te a fissarlo parecchie volte! – saltò su Midori, lievemente aggressiva.
– Ah-ha! Vedi? Sei anche un po' gelosa. Sì, mi capita di guardarlo, Dori, perché più lo conosco, più mi ricorda… una persona – confessò, anche per tranquillizzare l'amica.
– Ma chi? – le chiese Midori.
– Alessandro…
– Alessan… Oh Dio, scusami – disse Midori sommessamente – Scusami, scusami, sono davvero stupida! Credevo che Sanshiro ti piacesse…
– Come piace a te? No. Cioè, mi piace, devo ammettere che è uno spettacolo che si guarda volentieri, ma… il suo carattere impetuoso, il modo in cui sorride, e come si muove… Mi ricorda davvero Ale, Dori. Voglio bene a Sanshiro, tanto: proprio come ne volevo a mio fratello. E ne voglio a te… non potrei mai nemmeno immaginare di portartelo via.
– Portarmelo via? Non è mica mio! Mi piace, d’accordo, ma è tutto qui, fine. A parte che lui neanche si accorge di me in quel senso: ha ben altro per la testa, e tutto sommato anch'io. Abbiamo cose più importanti a cui pensare, Briz. Tutti.
– Su questo sono assolutamente d’accordo con te – concluse l’amica, chiudendo il cancello bruscamente.
 
> Continua…



 
1 Questo è un modo di dire che si usa a casa mia, non so se invece sia anche di uso comune. Comunque, è per commentare con ironia una frase che può apparire profonda, fatta di parole di un certo peso, per cui, appunto, ne basterebbero poche per fare un chilo.

MiciaSissi mi aveva chiesto un disegno di Briz a cavallo, che avevo postato qui, ma durante la revisione l'ho spostato nel capitolo 4, "Storie di fratelli", alla scena in cui Briz e Pete si incontrano sulla spiaggia, perché qui... hehehehe, avete visto, ho messo Pete, a cavallo! Che è pure meglio!  E comunque, li dedico comunque a lei, entrambi! 
  
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