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Autore: Caroline94    22/01/2017    2 recensioni
Manami Okuda si ritrova a frequentare il suo ultimo anno nella Scuola di Magia e Stregoneria del Kunugigaoka ma con qualche complicazione: a causa di alcuni eventi verificatisi alla fine dell’anno precedente si è allontana da quelli che una volta erano i suoi più cari amici, i cosiddetti “ragazzi della E”.
Tra gite, esami, nuove conoscenze e promesse che rischiano di non essere mantenute, i ragazzi dovranno sopravvivere ad un anno all’insegna del mistero nella scuola più magica e famosa del Giappone…
[Coppie: Karma/Okuda, Nagisa/Kayano, Kataoka/Isogai, Nakamura/Sugaya, Karasuma/Irina, Korosensei/Yukimura, altre coppie che ora non ho in mente – Presenze OC – Okuda potrebbe essere OOC – Angst, Sentimentale, Fantasy]
{Ispirato all’opera di J. K. Rowling: Harry Potter}
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Karma Akabane, Koro Sensei, Manami Okuda, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Okuda non ricordava con precisione quando aveva conosciuto Karma.
Era stato un giorno di metà dicembre, la neve era caduta abbondantemente durante la notte e la prima cosa che lei aveva fatto appena sveglia era stato trascinare la madre in giardino. Okuda era sempre stata timida con gli sconosciuti, che fossero adulti o coetanei, perciò l’aveva innervosita la presenza che la fissava oltre il cancelletto di ferro battuto della casa di fronte: per lei, quello, non era altro che il “bambino strano con i capelli rossi”. Perché, per lei, uno che si sedeva sulle scale di casa propria in pieno inverno solo per vederla fare un pupazzo di neve con sua madre era strano forte.
Per quel che ne sapeva, Karma c’era sempre stato: oltre quel cancello di ferro ad osservarla giocare con la neve d’inverno, aiutare sua madre a piantare i fiori in primavera e leggere libri seduta sotto il ciliegio, in estate.
Forse, loro, non si erano mai davvero conosciuti: la prima volta che lui aveva provato a parlarle lei gli aveva gettato Alice nel Paese delle Meraviglie sul naso ed era scappata in casa; okay, forse la reazione era stata eccessiva, ma voi cosa fareste se un ragazzino spuntasse all’improvviso oltre il muretto del vostro giardino gridando “EHI!”? E se voi aveste solo sette anni? Sorvoliamo sul fatto che anche il ragazzino in questione li aveva, ma sarebbe lo stesso un bel colpo.
La seconda volta era stato una specie di ricatto: lui aveva promesso di restituirle il libro (che si era tenuto per ben tre settimane, e ripeto tre!) solo se lei non fosse scappata via urlando, di nuovo, o non gli gettasse il libro in faccia. Di nuovo.
Okuda aveva promesso e si era fatta restituire il libro (rigorosamente nascosta dietro l’albero) e non lo aveva fatto avvicinare per più di un metro; lei non era cattiva e non aveva pregiudizi… ma i contatti con i bambini la terrorizzavano un poco: succedevano cose strane, intorno a lei, e spesso i bambini della sua scuola materna l’accusavano piangendo di aver fatto qualcosa a loro o ai loro giocattoli.
Sua madre aveva deciso di non dirle nulla finché non fosse arrivato il momento opportuno e, di certo, non era quello.
“Guarda che io lo so perché sei strana” aveva detto lui, girando intorno all’albero mentre lei faceva lo stesso, ma nella direzione opposta e dietro il tronco “Tu sei una strega”
A quel punto, Okuda si era un tantino offesa: “Non è una cosa carina da dire” aveva borbottato, stringendo il libro e valutando se era opportuno rifilarglielo un’altra volta sull’appendice nasale.
“Ma guarda che è la verità” aveva replicato lui, sporgendosi oltre il tronco per vederla in faccia: non si era accorta che si era avvicinato tanto “Tu sei magica”
Il resto si può riassumere in una sola constatazione: magica suona meglio di strega.
Okay, il loro non fu proprio il classico rapporto da fratello-sorella, quello in cui si passa tanto tempo insieme fin da bambini e uno dei due finisce per innamorarsi dell’altro. Assolutamente.
La loro ‘amicizia’ fu strana: Karma si affacciava oltre le sbarre del cancelletto due o tre volte a settimana, parlavano un po’, d’inverno capitava che giocassero con la neve ma nulla di più. Era più che altro un’amicizia occasionale, la loro.
Quando aveva ricevuto la lettera del Kunugigaoka il primo a saperlo era stato proprio lui… beh, ad essere precisi si erano scontrati sul cancello di casa sua mentre lei usciva e lui entrava, entrambi con la lettera in mano. Okuda era così felice che lo aveva abbracciato, urlando; se n’era pentita due minuti dopo, ma poi era tornata felice: insomma, era stata ammessa alla Scuola di Magia e Stregoneria più famosa del Giappone!
I sei anni successivi furono la gioia, lo stress, la tortura e la meraviglia della sua vita.
Okuda non ricordava con precisione quando si fosse innamorata di Karma.
Era stata una sera qualunque, le vacanze precedenti, quando vi aveva sofferto per la prima volta: Okuda non era mai stata forte ma aveva dovuto diventarlo.
Dopo quello che era successo alla fine dell’anno, non si aspettava certo di trovarselo a lanciare sassi contro la finestra di camera sua due settimane dopo: se n’era beccata uno in fronte quando finalmente aveva aperto, dopo che circa ventiquattro sassi gli avevano scheggiato il vetro.
Avevano litigato. Lei gli aveva intimato di andar via, ripetendogli più volte che non gli doveva nessuna spiegazione e dopo averlo mandato a quel paese almeno sei volte: non era nel suo carattere ma in quel frangente era proprio incazzata. Perché non capiva la sua posizione in quel momento? Credeva davvero che non glielo avrebbe detto se avesse potuto?
Karma aveva imprecato, l’aveva accusata di comportarsi da bambina e di non riconoscerla più. Okuda aveva afferrato un libro dalla scrivania e glielo aveva gettato in faccia, colpendolo in pieno, poi aveva sbattuto la finestra e tirato le tende. Tirò persino un calcio al baule, poggiato ai piedi del letto, prima di abbandonarsi sul materasso e gettare un’occhiata alla scrivania; aveva pianto tutta la notte quando si era resa conto di avergli tirato Alice nel Paese delle Meraviglie.
 
 
“Mio Dio, Okuda, hai un aspetto orribile!”
Adorava la schiettezza di Sacha.
“Buongiorno anche a te” rispose lei. Si rendeva perfettamente conto di avere un aspetto terrificante: aveva dormito malissimo quella notte.
“Buongiorno…” sbadigliò Jun, sedendosi accanto a lei al tavolo dei Corvonero. La guardò per qualche secondo e sembrò indeciso “Ehm…” cominciò.
“Ho un aspetto orribile” terminò lei, sbadigliando “Lo so”
“Nottataccia?” chiese lui, versandosi del succo di zucca.
“Terrificante” confermò, tagliandosi del bacon “Giuro che se becco chi ha inventato gli esami lo eunuco!” sbottò, sventrando il suo tofu. Era una bugia, non aveva passato la notte in bianco per studiare: quella notte, per qualche assurdo motivo, Karma aveva infestato i suoi sogni, svegliandola ogni tre per due. Un vero incubo, ma non voleva attirare domande indiscrete. Gli esami erano la scusa migliore, persino Atsuko ne risentiva: se ne stava di fronte a loro a borbottare gli ingredienti del Distillato di Morte Vivente alle sue uova mentre amputava salsicce con il coltello del burro.
Era stressatissima, non le si poteva rivolgere la parola che scattava come una molla: due giorni prima aveva urlato ad un ragazzo di Grifondoro la data dell’ultimo avvistamento di un Gigante in Giappone prima di affatturargli la lingua al palato… e solo perché gli aveva chiesto di passargli la zuppa di miso. La zuppa di miso!
Faceva colazione al tavolo dei Corvonero da allora.
“Ti capisco” annuì Sacha “Gli esami sono una tortura”
“Atsuko è una tortura” sospirò Jun “Stanotte me la sono ritrovata che passeggiava per il dormitorio in pigiama ripetendo la Fondazione del Ministero della Magia” disse, affranto “Terasaka ha dovuto trascinarla fino alla Torre di Grifondoro imprecando, mi sorprende che non abbia svegliato mezzo castello”
“Oh, sì, lo fa spesso” rispose, noncurante, Sacha “Nakamura l’ha già cacciata dal Dormitorio tre volte questa settimana” informò, allegra “Non è facile dormire con lei che cantilena l’intera Storia del paese alle tre del mattino… e anche Rio è un po’ nervosa in questo periodo” aggiunse sottovoce e Okuda non se ne stupiva.
Dopo aver fatto colazione, i cinque ragazzi si diressero all’ingresso: quel sabato mattina ci sarebbe stata la prima gita ad Hogsmeade e avevano dovuto sudare sette camicie per convincere Atsuko ad andare e non restare per studiare.
Si separarono all’ingresso.
“Proprio non ci vieni?” domandò speranzosa, Sacha. Okuda scosse la testa.
“Non posso” rispose “Ho delle cose urgenti da fare stamattina. Poi mi raccontate a pranzo” sorrise, allegra.
“D’accordo” sospirò Sacha “Allora a più tardi” si salutarono e, mentre i quattro ragazzi scendevano per il prato, lei si voltò e si addentrò nell’Ingresso. Ignorando lo sguardo indagatore del gruppetto in un angolo della Sala, corse su per le scale diretta alla Sala Comune di Corvonero dove Ritsu ed Itona la stavano aspettando.
 
 
“A Mielandia hanno fatto rifornimento” spiegò Sacha “Api Frizzole, Piperille, Zuccotti di Zucca… ho preso una delle migliori tavolette di cioccolato solo per te” aggiunse, ficcandogli in mano un grosso blocco di cioccolato alla nocciola.
“Ahm, grazie” rispose lei, prendendo con piacere la fonte di grasso, brufoli e diabete che la ragazza le offriva: sarebbe stato un ottimo snack.
“Hai fatto quello che dovevi fare?” chiese Jun. Lei sembrò spaesata per un attimo, poi annuì.
“Certo” rispose “A voi, invece, com’è andata?” domandò, avvicinandosi un piatto di stufato.
“Non male… Newt si è quasi fatto maledire da una fattucchiera a I Tre Manici di Scopa” ridacchiò Sacha, facendo arrossire il ragazzo.
“Quella lì era una svitata” borbottò, servendosi di patate. La ragazza annuì, saccente.
“Ovviamente” disse.
“Non so voi ma io non ho voglia di studiare” sbadigliò Jun “Se cazzeggiassimo fino a stasera e riprendessimo domani?” chiese.
“Ottima idea” rispose Okuda, facendo annuire persino Atsuko: la mattinata fuori l’aveva rilassata.
“Potremo salire nel Dormitorio di Corvonero! Alcuni ragazzi oggi organizzano una festicciola: è il compleanno di Chiba” propose Sacha. Okuda s’irrigidì.
“Uhm… non che ne abbia molta voglia” rispose Jun “Sono stato in mezzo alla gente anche troppo. Perché non possiamo stare un po’ nel Dormitorio di Tassorosso o Serpeverde? Nel vostro le scale non ci fanno salire” constatò.
“Ha ragione” rispose Newt.
“Ok, allora tutti nel Dormitorio di Serpeverde!” esclamò Sacha, battendo le mani, mentre Okuda ringraziava mentalmente il ragazzo.
 
 
Se c’era una cosa che Okuda odiava erano le storie dell’orrore.
Se c’era una cosa che Okuda odiava più delle storie dell’orrore erano le storie dell’orrore raccontate nel Dormitorio di Serpeverde.
Quel luogo aveva un’aria inquietante per natura: con candele dai fuochi verdi che lanciavano ombre inquietanti sui muri, quel gelo tipico del fondale marino (poiché il Dormitorio si trovava sotto il livello del lago) e gli occhi accigliati dei serpenti che ti fissavano da ogni angolazione. Per la prima volta, la ragazza ringraziò di non essere finita in Serpeverde: sei anni tra quelle mura e sarebbe uscita di zucca.
Un’altra cosa che rendeva spaventose le storie dell’orrore era Sacha: Okuda tremava quando toccava a lei.
Il ragazzo stava contemplando la splendida ragazza che si affacciava alla finestra” sussurrò, la candela davanti a sé che le gettava ombre verdi sul viso rendendolo inquietante “ignaro del reale pericolo che esso nascondeva” mormorò.
Okuda si strinse un po’ nelle gambe, desiderando avere qualcuno da abbracciare. Atsuko, accanto a lei, sembrava un tantino nervosa mentre Newt si teneva il cuscino stretto al petto, pendendo dalle sue labbra. Jun sembrava non fare una piega ma, ogni tanto, si guardava furtivamente intorno.
La ragazza sorrise e si gettò dalla finestra, atterrando in strada proprio di fronte al ragazzo. Egli rimase orripilato da ciò che vide: il volto della bella ragazza era sfigurato da un orribile sorriso dai denti appuntiti, gli occhi completamente neri e i capelli sporchi di sangue che le ricadevano sul viso. Fu il suo corpo, però, a lasciarlo a bocca aperta: era tranciato a metà” mormorò, seria come non lo era mai. Okuda sussultò e strinse il braccio di Atsuko che non si mosse. “Il ragazzo urlò e provò a fuggire ma la ragazza, muovendosi agilmente sulle mani, gli fu dietro in un lampo.
Teke-Teke” sussurrò e Okuda trasalì, mentre si stringeva ad Atsuko. “Era questo il rumore che faceva quando si muoveva, lo stesso rumore che le ha dato il nome.
Teke-Teke. Teke-Teke. Teke-Teke” mormorò, creando pause ad effetto. Fin troppo ad effetto. “Con un rapido gesto, il Teke-Teke fece apparire la sua grande falce e tranciò in due il ragazzo. Zack!” urlò l’ultima frase, mimando il gesto di affettare qualcuno. Okuda e Atsuko urlarono e si strinsero, terrorizzate. Jun trasalì e per poco non cadde dal letto, mentre Newt balzò in piedi sul materasso, pallidissimo.
Sacha, invece, scoppiò a ridere di gusto.
“Oddio!” esclamò, indicandoli “Dovreste vedere le vostre facce!” rise, tenendosi la pancia.
“Sei proprio una…” cominciò Atsuko, districandosi dall’abbraccio accigliata, ma poi sorrise scuotendo la testa.
“Chi vuole uno Zenzerotto?” chiese, allegramente, porgendo una delle tante scatole che ingombrava il letto di Jun dove loro vi si erano comodamente seduti, in pigiama.
Ognuno ne prese uno, sgranocchiandolo, accompagnato da un sorso di Burrobirra o Idromele Aromatico.
“Per stasera finiamola con i racconti dell’orrore, okay?” chiese Newt, ancora un po’ scosso “Un altro Teke-Teke e mi portate al San Mungo con le visioni”
Gli altri risero. Sacha prese un altro biscotto e Jun bevve un lungo sorso di Burrobirra prima di sospirare.
“Senti, Okuda” cominciò “Posso farti una domanda?”
Okuda si bloccò mentre mordeva un biscotto, passando lo sguardo da Jun agli altri che guardavano da lei a lui a intermittenza. Lo mise giù. “Certo” rispose.
“Quando ci siamo conosciuti hai detto che non fai più parte della cosidetta E” ricordò, facendola irrigidire “E mi sono chiesto se… se centrava quello che è successo alla fine dello scorso anno” concluse.
Okuda stette in silenzio per un po’, poi chiuse gli occhi e prese un profondo respiro: “Si” rispose “Si, centra quello che è successo alla fine dell’anno: sono stata io a fare la spia” confessò.
Nella stanza scese il silenzio. Newt fece cadere il biscotto e la guardò esterrefatto.
“Sei stata tu?” domandò, incredulo “Ma… perché?”
Okuda si mosse, a disagio. “Mi dispiace ragazzi, non posso dirvi nulla” rispose “È solo che… ho fatto una promessa” confidò infine.
“Una promessa?” chiese Atsuko, curiosa.
“Quale promessa può farti rischiare l’espulsione di quasi trenta ragazzi?” domandò, Sacha, incredula. Lei scosse la testa.
“Dispiace anche me” rispose, amaramente “Non credete che me ne sbatta di quello che è successo a loro, però non ho potuto fare altrimenti. Credetemi, se glielo avessi lasciato fare… il rischio di un’espulsione di massa non sarebbe stato il danno maggiore”
I quattro ragazzi si scambiarono uno sguardo significativo.
“Ok” rispose Jun “Mi fido di te”
Newt annuì “Non pretendo di conoscerti ma posso dire con certezza che non avresti fatto una cosa del genere se non fosse stato davvero importante”
“O davvero pericoloso” aggiunse Atsuko.
“Immagino sia per questo che i ragazzi non ti parlano più” intuì Sacha “Ho notato un certo gelo, tra voi, quando vi trovate vicini”
Okuda annuì, con lo sguardo basso. “Non mi pento di ciò che ho fatto” tagliò corto “Anzi, credo sia stato meglio così” e con quello chiuse la conversazione.
 
 
 
“Si può sapere che cavolo ti è preso?!” esclamò Karma, riusciva a scorgere la sua figura alla luce della luna, in piedi nel suo giardino, un piano più sotto.
“Non sono affari tuoi, sparisci!” si sentì rispondere, oramai al limite della pazienza.
“Cazzo, certo che sono affari miei!” sbottò lui e, doveva ammetterlo, non l’aveva mai visto così incazzato “Dimmi che sta succedendo!”
“È tardi, va a dormire” tagliò corto lei, prendendo la maniglia della finestra.
“Ti stai comportando da bambina, Manami!” sbottò lui “Non ti riconosco più!”
Manami. L’aveva chiamata col suo nome di battesimo. Come si permetteva? Non c’era certo tutta questa confidenza tra loro!
Un moto di rabbia la invase: ma credeva davvero di averla mai veramente conosciuta?
“Il primo consiglio di maghi si tenne…”
Un attimo, cosa centravano i Consigli dei Maghi?
“Credevo che avessi un valido motivo per aver fatto una cosa simile ma evidentemente mi sbagliavo!” rispose lui “Sei solo una ragazzina viziata!”
Questo era troppo.
“…non si riuscì a giungere ad un accordo simultaneo, così…”
Non ci vide più dalla rabbia, si voltò, afferrò un libro dalla scrivania e glielo gettò contro: quello lo colpì in faccia, facendolo cadere seduto sul prato.
Ebbe un’ultima visione di lui che si afferrava il naso con un gemito di dolore prima di sbattere la finestra.
Si svegliò di soprassalto ma non si mosse dal letto. Aveva il respiro lento e irregolare, come se avesse pianto, ma i suoi occhi erano asciutti.
Sospirò e tentò di calmarsi, cercando di riagganciarsi alla realtà: era nel Dormitorio dei Corvonero, nel suo letto ed era notte. Fin qui tutto normale… tranne per una cosa: le tende del suo letto erano completamente spalancate, dandogli una visione perfetta della luna fuori la finestra.
Una voce proveniva da un punto imprecisato della stanza, ripetendo Storia della Magia, e questo decisamente non era normale.
“Oh, fatela smettere!” protestò Okano dal letto alla sua destra.
Okuda sospirò ma non si mosse: “Atsuko, va a dormire” disse, stancamente, a voce abbastanza alta da surclassare la sua. Lei zittì il suo monologo all’improvviso.
“Dormire?” domandò scandalizzata “A che serve dormire quando posso ripassare?!” esclamò.
“Atsuko, se non esci da questa stanza entrò dieci secondi di bandisco a vita dal Domitorio dei Corvonero” minacciò Kataoka, alla sinistra di Okuda, con la testa premuta sotto il cuscino. La ragazza sussultò e Okuda decise di alzarsi, s’infilò le pantofole e prese la bacchetta.
“Dai, ti accompagno” sospirò, spingendola fuori dal Dormitorio “Come minimo ti infileresti in quello di Newt” sbadigliò, chiudendosi la porta alle spalle.
Non capì mai come fecero ad attraversare l’intera scuola alle tre del mattino con Atsuko che ripeteva le rivolte dei Goblin come un mantra, senza farsi scoprire. Ebbero una fortuna sfacciata.
Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini” recitò.
“Altrettanto” sonnecchiò la Signora Grassa, aprendosi per lasciarle passare. Entrarono nella Sala Comune di Grifondoro, buia e deserta, e Okuda spinse la ragazza su per le scale del Dormitorio Femminile. Lì, facendo molto piano, la trascinò fino al suo letto, vicino la finestra, e ce la costrinse.
“Non ho sonno!” protestò lei, come una bambina che fa i capricci.
“Si che ce l’hai” ribatté lei, rimboccandole le coperte “E parla piano: non tutti sono dei fanatici iperattivi come te” le fece notare.
“Avevate detto che avremmo potuto studiare!” ribatté, stizzita.
“Domani” le ricordò Okuda.
“Tecnicamente, adesso è domani” rispose lei.
“Dormi, Atsuko!” ordinò, secca, per poi chiudergli le tende in faccia. Mentre usciva, la ragazza giurò di aver sentito un “Grazie, Okuda-san” sussurrato in qualche angolo della stanza, e sicuramente non da Sacha, ma lo ignorò e si chiuse la porta alle spalle.
Scese i gradini della scala a chiocciola e aveva appena messo piede nella Sala Comune quando un’altra figura sbucò dalle scale del Dormitorio Maschile.
Dovette concentrarsi su ogni singola cellula del proprio corpo per non sbottargli contro: “Ma sei un incubo!” ma il ragazzo aveva dovuto intuirlo lo stesso dalla sua faccia contrita.
“Fammi indovinare” disse Karma, divertito “Atsuko è andata di nuovo a sbandierare le sue conoscenze in giro per il castello”
Lei non rispose. Lo superò senza guardarlo, quasi fosse una parete, e si diresse verso il buco del ritratto.
“Non sei andata a Hogsmeade, oggi” notò lui. Lei lo ignorò e aprì il retro del quadro, arrampicandovisi.
“Un BianConiglio, con panciotto e orologio, nel buco di una tana s’infilò” cantilenò, raggelandola. Non poteva vederlo ma sapeva che aveva il suo solito sorriso sfrontato sulle labbra “Una cosa del genere viene considerata strana da molti, eppure Alice lo inseguì solo per sapere dove stesse andando così di fretta” constatò, incrociando le braccia e poggiandosi al muro “Non si è mai arresa, nonostante tutto quello che incontrò nel Paese delle Meraviglie: sfidò persino la Regina di Cuori pur sapendo di non poter vincere”
Okuda strinse la mano sulla parete: sapeva perfettamente a cosa si riferiva, e non era solo il libro che gli aveva gettato contro quella primavera e che non aveva ancora ricevuto indietro.
“Alice era proprio strana, folle forse per credere che un coniglio possa indossare un panciotto e leggere un orologio” commentò ancora.
“Tempo sprecato” tagliò corto Okuda, gelida “Il BianConiglio non le ha mai dato una risposta, se l’è dovute trovare da sola vagando senza meta per il Paese delle Meraviglie”
“Avrebbe risparmiato tempo e fatica se lui si fosse fermato un attimo a spiegare” ribatté Karma. La ragazza non rispose per un lungo istante, poi scavalcò il buco del ritratto.
“È tardi, Karma” fu tutto ciò che disse prima di chiuderselo alle spalle.
   
 
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