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Autore: body_ko    30/05/2009    4 recensioni
Non c'è niente che Harry non farebbe pur di incastrare Draco Malfoy.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ch3 L’irruzione degli Auror al Billie avvenne verso la mezzanotte di un venerdì sera particolarmente affollato. Harry guidava la spedizione, c’erano altri quattro maghi con lui, tutti bardati colla divisa d’ordinanza, che li qualificava come truppe scelte.
Vedendoli arrivare, Malfoy capì all’istante.
“Goyle”, disse al suo amico di vecchia data che lavorava al locale, “chiama il mio avvocato e avverti la famiglia”.
Non fece in tempo a finire la frase, che cinque bacchette gli si puntarono contro e, con espressione bellamente annoiata, Draco alzò le mani in segno di resa.
“Malfoy”, disse Harry con voce limpida e tonante, “sei in arresto per l’aggressione a Richard Clooney”.
Il locale era sprofondato nel silenzio, il tempo si era fermato, Malfoy era pallido e lo divenne ancora di più quando, rumore di sedie che si spostano, la sua gente, la gente del Billie, si mise tra lui e le forze dell’ordine.
I musicisti, la cantante, alcuni dei clienti e buona parte dei camerieri, cominciarono a contestare. Gli Auron furono ben presto costretti a puntare le bacchette tutt’intorno a loro.
“Zabini”, disse Malfoy con malcelato nervosismo, “che cazzo fai! Rinfodera quella fottuta bacchetta e voi tutti, fatevi un po’ i cazzi vostri! Non ho bisogno che un branco di perditempo si faccia arrestare insieme a me!”
La gente del Billie guardò Draco, tutti rimasero immobili senza sapere che fare. Draco andò velocemente verso Harry e con arroganza ordinò: “Usciamo di qui!”.
“Signor Malfoy!” Draco si voltò verso Jenkins, il vecchio inserviente aveva tutta l’aria di un ex pugile. In effetti, lo era. “E’ la verità? Siete stato voi?”
“Diamine Jenkins”, disse Malfoy con sufficienza, “questo è ancora tutto da dimostrare”.
Il vecchio sorrise, lo sguardo colmo di una soddisfazione inquietante.

Ron si presentò a casa di Harry la domenica mattina. L’uomo era ancora in pigiama, dopo una notte passata per lo più a fissare il soffitto, e si preparò un caffè ultra-forte sperando servisse a farlo arrivare infondo a quella giornata, che già era partita male. Ron, seduto al tavolo di cucina, leggeva il giornale con aria cupa.
Sulla prima pagina della gazzetta del profeta c’era Norah Banks, il volto deturpato, che - furibonda - perché Draco Malfoy era stato mandato ad Azkaban, raccontava a chiunque avesse voglia di ascoltarla di come era stata aggredita e sfigurata ed insultata da quel miserabile criminale che la legge riteneva una vittima. Chiunque posasse  gli occhi su quel volto non poteva rimanere indifferente al dramma di quella donna e la Banks non si vergognava di mostrarsi, colma di rabbia e di rancore, come prova vivente dell’insufficienza della legge nel proteggere gli innocenti.
Ron fissava quel volto inorridito e affascinato ad un tempo, poi gettò il giornale lontano da sé.
“Clooney meriterebbe di ricevere lo stesso trattamene che ha riservato a quella ragazza!” Affermò con furia.
“Ci ha pensato Draco”, disse Harry pacato.
“Già”.

“Ed è anche finito ad Azkaban per questo. Strano che suo padre non sia riuscito a parargli il culo.
Ma, certo, sei stato tu ad accusarlo pubblicamente. Sei persino andato ad arrestarlo di persona. Ho visto le foto sul giornale… E’ strano Harry”.
“Strano?”
“Eri in uniforme”.
Harry lo guardò stralunato.
“Andiamo! Non cercare di raggirarmi, razza di bastardo!” Ron rise, scuotendo al testa. “Hai usato tutto il tuo potere per incastrarlo. Non pensavo che lo odiassi fino a questo punto. Insomma, so che non ti è mai paiciuto, ma…”
Harry sorrise… pareva il sorriso di un morto.


La cella era piccola e spoglia, i muri sporchi, il pavimento dissestato. Draco era seduto su una sedia, in mezzo alla stanza, i vestiti che gli avevano dato le guardie erano di lana grezza, pesanti, ma non abbastanza da proteggerlo dal gelo di Azkaban.
I peggiori criminali erano stati rinchiusi là dentro, ci erano impazziti e, infine, erano morti. Quelle mura erano intrise di malvagità e pazzia, un uomo poteva ben poco contro forze così sovrastanti, e cosi Draco fece l’unica cosa che un uomo può fare quando è sull’orlo del baratro: cominciò a cantare. Melodie struggenti e dolci, melodie di coraggio e di sopravvivenza, che tenessero lontano quelle ombre che ogni tanto vedeva passare e, quando le sentiva fermarsi proprio di fronte alla sua cella, allora, anche se la voce gli tremava, cantava canzoni d’amore… e pensava al suo locale, alla sua famiglia, alla sua gente che lo aspettava al Billie.
Non sempre era sufficiente e allora si rannicchiava su se stesso, come un bambino, e cominciava a piangere, ma prima o poi le ombre si allontanavano, e allora stava in pace. Fino al loro ritorno, e allora la lotta ricominciava.
“So che sei là fuori”, disse un giorno al suo carceriere, “non fai altro che star lì a guardarmi. Lo so, anche se non ti vedo. Ti sento respirare e sento anche la tua brama… sei qui per uccidermi? Speri che io tenti di fuggire, così da potermi succhiar via il cervello?”
L’ombra fece cadere nella cella un involucro. Draco lo raccolse e vi trovò dentro del cibo, alla cui sola vista il suo stomaco cominciò a lamentarsi. Stringendo con furia le labbra in una linea sottile, e nutrendosi di sola rabbia, gettò attraverso le sbarre quell’elemosina.
“Non mi vendo per un pezzo di pane, bastardo”.
Dal muro di oscurità fuori dalla sua cella non giunse risposta, dopo un po’ sentì passi lenti che si allontanavano.

Draco Malfoy stava morendo. Giaceva ormai da giorni sulla brandina della sua cella, immobile, il volto cinereo, le labbra aride, gli occhi quasi trasparenti: il freddo di Azkaban gli era entrato dentro. Sua madre aveva ragione: quando aveva saputo che suo figlio sarebbe stato rinchiuso era andata nel panico, lei sapeva che Draco non poteva sopravvivere ad Azkaban. C’erano maghi che avevano tenuto duro per anni ed anni, alla fine non restava di loro che delle bestie fameliche, ma erano vivi almeno. Draco non sarebbe mai arrivato fino al punto di diventare una bestia, perché sarebbe morto prima.
L’uomo aveva perso le forze, i suoi momenti di lucidità si facevano sempre più radi, e gran parte del tempo lo passava nell’incoscienza. Un giorno, aprendo gli occhi, si chiese se non fosse ormai diventato pazzo. C’era l’Ombra nella sua cella e lo teneva tra le braccia, come fosse stato un bambino o un bene prezioso, e Draco toccò il volto dell' ombra e sentì che l’umidore di quel pianto era autentico e che lui non era ancora pazzo.
Harry Potter piangeva composto e silente come può farlo un uomo dalla forza straordinaria che si accorge di essere impotente. Draco pensò che avrebbe dovuto essere lui a piangere, infondo se si trovava in quella gabbia era solo colpa di Harry: di nuovo era la vittima preferita di uomini dalla volontà feroce.
“Lasciami almeno morire in pace”, gli disse in un filo di voce.
Harry Potter, il volto stravolto come nessuno gli aveva mai visto, parve colpito a morte.

  
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