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Autore: Cry_Amleto_    24/01/2017    1 recensioni
/Seguito di "Lost Time"/
[Stony!]
Tratto dalla fanfiction:
"Forse avrebbe vinto. O forse no.
Forse sarebbe sopravvissuto. O forse no.
Forse lo avrebbe salvato. O forse no.
L'unica cosa certa, è che aveva bisogno di rivedere colui che aveva perso in quel dannato disastro."
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost'
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[Unmei no akai ito]

...Don't leave me here like this
Can't hear me scream from the abyss?...

(...Non lasciarmi qui così
non riesci a sentirmi urlare dagli abissi?...)

 

La prima cosa che percepì, fu il freddo. Un freddo insidioso che gli fece accapponare la pelle. Proveniva in particolar modo da ciò su cui era appoggiato, un tavolo di metallo forse. 
Poi un panno fresco e leggero, un lenzuolo probabilmente, che gli copriva fastidiosamente il volto.
E ancora, un vociare prima confuso poi più definito di due voci familiari.

«È colpa mia.» stava dicendo la voce maschile, il tono che esprimeva una sconsolatezza infinita. La riconobbe immediatamente come quella di Captain America. «Dovevo proteggerlo. Era mio compito proteggerlo. E ho fallito miseramente...»

«No, non dire così. Lo sai che Tony fa, beh, faceva tutto quello voleva senza chiedere pareri o consigli a nessuno. Non saresti riuscito a impedirgli di consegnarsi comunque.» ribatté la voce femminile, consolatoria.

«Non mi sarei dovuto rivolgere a lui da principio, quando Bucky era nelle mani dell'Hydra. Oppure non mi sarei dovuto rivolgere a Bucky quando era Tony quello in pericolo... Avrei potuto evitare tutto questo... Avrei...»

'Dio, Capiscle, se non la smetti di addossarti così la colpa per qualcosa che non potevi assolutamente gestire, giuro che mi metto ad urlare.' Erano queste le parole che voleva dirgli, magari scendendo da quel coso freddo e avvolgendosi in una coperta, ma non riusciva a muovere le labbra né tanto meno riusciva ad emettere qualche gemito per segnalare la sua presenza o, semplicemente, aprire gli occhi. Era come se qualcuno gli avesse iniettato del calcestruzzo nelle vene.

«Ti ricordo che anche tu hai imprigionato Stark, alla vigilia del combattimento contro quel portale che solo lui poteva chiudere. Lo amavi troppo perché si sacrificasse per il bene comune, così come ti ama Barnes, motivo per il quale ti ha impedito di buttarti in una missione suicida...» gli fece notare saccente la stessa voce femminile che riconobbe solo allora come quella dell'agente Romanoff.

«Non è la stessa cosa.» ribatté contrariato il Capitano

«Perché si parla di Tony? Il tuo Tony?» disse, con una nota di malizia nella voce.

«Ora non ha più importanza.» disse brusco «È... è morto, ormai niente ha più importanza...»

'Mi permetterei di dissentire, in questo momento, se solo ricordassi com'è che si parla...' borbottò tra sé l'inventore.
Eppure... eppure il Capitano aveva ragione: a quel punto doveva essere bello che stecchito, la dose di cianuro era letale... Ma allora perché era vivo? Perché sì, era abbastanza sicuro di esserlo.
'Forse sono davvero immortale...' si ritrovò  a pensare, beffardo.

«Mi lasceresti...» era un sussurro quello di Steve, e la frase lasciata a metà fu velocemente colta dall'altra.

«Ci vediamo in sala riunioni.» la voce dell'agente fu accompagnata dal rumore secco dei tacchi che battevano sul pavimento in marmo, a cui seguì il fruscio di una porta automatica che si apriva e poi si chiudeva.

Erano rimasti soli, Steve e Tony, dopo fin troppo tempo.

Con un morbido fruscio, il lenzuolo scivolò via dal suo volto e l'aria fredda della stanza – probabilmente un obitorio – gli punse leggermente le guance per lo più insensibili.
Sentì il tocco caldo e gentile, quasi timoroso, del Capitano che tracciava il profilo del suo viso con delicatezza, come se avesse paura di fargli male.

«Non riesco proprio a mantenerle le promesse io, eh Tony? Ti avevo promesso che non ti avrei dimenticato, così come ti avevo promesso che saremo stati insieme fino alla fine e non sono... non sono riuscito a mantenere nessuna delle due...»

La voce di Steve era talmente abbattuta, intristita e tormentata, che Tony capì di non riuscire a tollerarla un minuto di più. Quando poi una calda e grossa lacrima piovve sullo zigomo del moro, l'inventore prese a urlare con tutte le forze il nome dell'altro, urla che non trovarono voce e che rimasero a rimbalzare quasi dolorosamente tra le pareti della sua scatola cranica.

Poi ci fu una pressione. Una pressione dolce, salata di lacrime, una pressione di cui tanto aveva avuto nostalgia. Una pressione sulle labbra, un bacio, che cancellò ogni confine tra vita e morte, tra verità e menzogna, tra giusto e sbagliato. Un bacio accompagnato da una forte stretta alla mano, che lo trasportò indietro in un tempo non troppo lontano, quando si rifugiava in quelle calde mani e in quelle forti braccia per nascondersi da tutti e da sé stesso. Mani che non esitavano a trarlo in salvo, braccia sempre pronte ad accoglierlo in un dolce abbraccio.

~o~

Era così bello, anche lì, immobile su quel tavolo da obitorio. Anche irrigidito ed impallidito dalla morte. Anche senza i suoi abiti eleganti e il suo sorrisetto disarmante.
Sembrava così vulnerabile, così fragile, come se un colpo di vento potesse spazzare via ciò che rimaneva del grande Tony Stark.  
E tutto a causa sua. Lo aveva tradito, lo aveva abbandonato nelle grinfie del suo peggior nemico, era scappato.
Non faceva altro che pensare e ripensare a tutto quello che era successo e a come le cose sarebbero potute andare diversamente se avesse fatto di più o se non avesse agito affatto.
Quando Tony aveva sigillato il patto con Stane, sarebbe potuto uscire da quell'armatura, anche distruggendola se fosse stato necessario: era un super-soldato, aveva la forza per piegare un po' di metallo. Eppure non lo aveva fatto, era rimasto ad assistere immobile, senza muovere un dito. 
 Era tutta colpa sua...  
Una lacrima ruppe gli argini che faticosamente aveva eretto, rotolando giù dalla sua guancia, bagnandogli le labbra e cadendo sullo zigomo di Tony, il quale viso non riusciva a smettere di accarezzare, come a cercare di restituirgli il calore che gli era stato portato via. Quelle stesse dita si soffermarono per qualche doloroso attimo sull'ustione che brutalmente attraversava la fronte nell'altro, tremando leggermente, il senso di colpa che gli schiacciava la trachea in una morsa che avrebbe potuto essere mortale se fosse stata leggermente più ferrea.
Quando poi i suoi polpastrelli incontrarono le sottili e ruvide labbra del moro, il Capitano non resistette, poggiando le proprie morbide e bagnate su quelle dell'altro.

La sua grande mano calda avvolse quella fredda e immobile dell'altro, mentre quel dolce, nostalgico e straziante contatto sembrava protrarsi all'infinito. 
Fu allora che accadde.
Una stretta leggera alla mano intrecciata con quella dell'inventore.
Si sarebbe potuto trattare di uno scherzo della sua mente esausta, se non fosse che, dopo qualche istante, quella stretta di ripetette, questa volta più salda ed impossibile da ignorare.

«Tony...?» fu il suo mormorio strozzato ed incredulo, contro le labbra dell'altro, che descrisse in pieno ciò che in quel momento attraversava la sua mente e il suo volto sorpreso e quasi sconvolto.

Dopo un attimo di esitazione, afferrò il polso dell'altro. Eccolo, un battito debole ma costante.
L'incredula speranza si faceva spazio in lui, mentre poggiava l'orecchio sul suo petto, all'altezza del cuore.
Eccola lì, quella vita che borbottava appena in quel petto che non aveva abbandonato come si era creduto.

«BANNER!!» prese ad urlare a squarcia gola, mentre delicatamente prendeva Tony tra le braccia, facendo attenzione che il lenzuolo non scivolasse via.

Correndo verso l'ala medica, finalmente si imbatté nello scienziato, che lo guardò sgomentato portare in giro quella seppur cara salma.

«È vivo!» esclamò Steve, una luce speranzosa che gli bruciava quasi febbrilmente negli occhi, permettendo al dottore di ascoltare il battito dal polso e dal collo di Tony, mentre il volto fino a poco tempo prima sbiadito dell'inventore, iniziava a riprendere colore.

«L'equipe medica! SUBITO!» ordinò il dottor Banner, lo sguardo stralunato per lo stupore, ad un'infermiera di passaggio.

Ben presto le infermiere prelevarono Tony dalle braccia del Capitano – che permise loro di prenderlo solo dopo un attimo di esitazione – e lo misero su una barella per trasportarlo velocemente al reparto 'Terapia Intensiva', dove Steve non poté seguirlo. Si sedette su una sedia di plastica nella piccola sala d'attesa, incurvato, i gomiti piantati nelle gambe e le mani intrecciate che premevano contro il mento e le labbra, lo sguardo perso nella moquette blu che ricopriva il pavimento della sala.

Tony era vivo. Tony era vivo. Tony era vivo.
Per quante volte se lo ripetesse, ancora non riusciva a crederci. Solo poche ore prima aveva bagnato di lacrime il suo cadavere, e invece ora avrebbe potuto riabbracciarlo.

«Abbiamo sentito che Stark è un po' immortale.» la voce dell'agente Romanoff lo distolse dai propri pensieri. «Abbiamo mai pensato di fargli fare un esame del DNA, sai per vedere se è davvero umano...»

«Se così non fosse, tutto avrebbe un senso: la sua super testardaggine, il suo super ego, il suo super conto bancario... » ricalcò Clint, al fianco di quest'ultima, beffardo.

«Ritieniti fortunato che non abbia anche un super udito allora, perché sappiamo come siano divertenti le piccole vendette di Tony» ribatté quindi Natasha.

Per quanto le loro battutine fossero sagaci, sembravano entrambi sollevati e sulle loro labbra aleggiava un sorriso precedentemente del tutto assente. 
In quei tre anni di lontananza, si erano tutti resi conto di quanto mancasse loro la carismatica figura del miliardario, e riaverlo per poi essere strappato via in quel modo, era stato un brutto colpo per tutti, Hawkeye e Black Widow per primi, surclassati solo da Steve.

«Noi presumiamo l'assunzione di C6, brevettato da Stark stesso poco prima della sua sparizione oltre il varco, che ha effetti molto simili al cianuro con la differenza che reca uno stato di morte apparente della durata di 5-6 ore.» era stato il dottor Banner a parlare, uscendo dal reparto 'Terapia Intensiva' e facendo girare repentinamente tutti e tre verso di lui «D'altronde, è stato lui stesso a confermarcelo.»

«Tony si è svegliato? Come sta?» disse Steve, scattando in piedi e facendo quasi rovesciare la sedia per la foga.

«Ha fratture multiple in tutto il corpo, compresa qualche costola che rompendosi gli ha forato un polmone, e numerose ustioni un po' ovunque, ma è vigile e seccante come al solito. Ciò di cui ha bisogno adesso è riposo, vedete se riuscite a convincerlo a restare a letto almeno per le prossime 48 ore.» durante quelle ultime parole, il dottore lanciò una lunga occhiata a Steve. D'altronde il Capitano era l'unico che riuscisse a persuadere l'inventore, le rare volte in cui dava ascolto a qualcuno.

«Dov'è Thor?» chiese Steve agli altri due, mentre si dirigevano verso la stanza dove l'inventore era ricoverato.

«A quanto pare, ad Asgard si commemorano i compagni caduti ubriacandosi... Quando siamo andati da lui per dirgli che Stark era ancora vivo, lo abbiamo trovato svenuto – seminudo – sul divano.» rispose alzando gli occhi al cielo Natasha.

«Thor è svenuto per aver bevuto troppo? Non credevo che una cosa del genere fosse possibile...» commentò sinceramente stupito il Capitano.

«Ha svuotato tutta la dispensa alcolica di Tony, riuscendo anche a trovare le bottiglie nascoste per la Tower.» disse quindi Clint, ridacchiando, mentre entravano nella stanza d'ospedale dell'inventore.

Ciò che videro una volta entrati, fece però perdere ogni traccia di ilarità sui loro volti: Tony Stark era lì, immobile in quel letto, con bende che ricoprivano la stragrande maggioranza del suo corpo e diversi macchinari collegati al suo corpo. Ma non fu tanto quello che quasi li impietrì sul posto, quanto la sua espressione: per quanto nei suoi occhi trasparisse una stanchezza e una sofferenza inimmaginabile per ciò che aveva subito, le sue labbra erano inarcate nel suo sorrisetto arrogante ed indolente come al solito, come se non fosse cambiato nulla, come se non se ne fosse mai andato, come se non fosse mai morto.

«Chi ha osato prosciugare tutto il mio liquore?!» 
Le sopracciglia dell'inventore saettarono accompagnando quelle parole, modificando teatralmente la sua mimica facciale. Anche bloccato in un letto senza quasi riuscire a muoversi, Tony riusciva a sembrare la solita primadonna.

«Oh, non te la prendere tanto Stark, tanto sappiamo tutti benissimo che entro domani la tua dispensa sarà magicamente di nuovo piena.» ribatté l'agente Romanoff, con un sorrisetto beffardo, benché la sua espressione tradisse sollievo nel vederlo così... Tony Stark.

Clint, Natasha e Tony si punzecchiarono per un po', mentre Steve osservava la scena con le braccia incrociate, appoggiato contro lo stipe della porta. Gli angoli della sua bocca non poterono che sollevarsi spontaneamente in un sorriso genuino, nel vedere tutto così uguale a com'era prima. Un prima che risaliva a un tempo fin troppo lontano e che gli era mancato più di ogni altra cosa. 
Vedere Tony scherzare con gli altri, vederlo sorridere, era qualcosa che trovava indescrivibilmente meraviglioso, soprattutto in quel momento, quando aveva creduto di non poter più sentire la sua voce o vedere il modo in cui si formavano quelle piccole rughette agli angoli dei suo occhi quando sorrideva.

I due agenti, dopo un ultimo commento sagace da parte della Romanoff, uscirono dalla stanza in tacito accordo per lasciare al Capitano e all'inventore qualche attimo di intimità.

A quel punto Steve si avvicinò al letto di Tony e si sedette sulla sedia di fianco ad esso.

«Come stai?» chiese il Capitano all'altro, un dolce sorrisetto sulle labbra e la voce velata di preoccupazione, prendendogli una mano nella propria.

«Sicuramente meglio di te in questo momento, considerato in questo momento nelle vene ho più morfina che sangue. Quand'è stata l'ultima volta che hai dormito? E non uscirtene con la solita battuta di aver dormito per 70 anni, che ormai probabilmente li hai recuperati tutti.» ribatté l'inventore, rispondendo al sorriso dell'altro con uno altrettanto dolce e prendendo ad accarezzare il dorso della mano dell'altro con il pollice.

E successe di nuovo, come tante altre volte in passato e come sempre sarebbe successo: si persero uno nello sguardo dell'altro, lo sguardo cristallino del Capitano di perse in quello profondo nell'inventore, lo sguardo splendente di Steve si perse in quello più cupo e magnetico di Tony, lo sguardo schietto della Sentinella della Libertà di perse in quello dalle mille sfaccettature dell'Uomo di Metallo. Si fusero, diventando un tutt'uno, ritrovando l'uno la metà perduta dell'altro. E furono di nuovo l'uno al fianco dell'altro, di nuovo insieme, di nuovo completi. Si ritrovarono più forti, temprati dalle tragedie che li avevano colpiti e che avevano fatto comprendere ad entrambi quanto bisogno avessero l'uno dell'altro. Non bastano però queste parole, per riuscire a descrivere la luce brillante che si accese nei loro occhi, quando finalmente i loro sguardi si intrecciarono.

«Non hai colpe per ciò che mi ha fatto Stane.» disse Tony, interrompendo il silenzio carico di parole non dette, il tono quasi duro, come se lo stesse rimproverando. «Ho fatto le mie scelte, e se anche tu avessi capito le mie intenzioni non saresti riuscito a fermarmi e lo sai.»

«Non avrei dovuto coinvolgerti.» mormorò Steve tra i denti, abbassando lo sguardo.

Poi il Capitano sentì la mano fresca dell'altro sotto il proprio mento, e poco dopo i loro sguardi erano di nuovo lì, l'uno nell'altro.

«Non dire cazzate, Capiscle. Tutto ciò che riguarda te, riguarda pure me. Se tu fossi andato a salvare Barnes da solo, l'Hydra ti avrebbe catturato. A quel punto ti avrei trovato e mi sarei offerto come merce di scambio così come ho fatto per il tuo Soldatino, e i risultati finali non sarebbero cambiati» il tono di Tony era serio, sebbene un dolce sorrisetto gli inarcasse le labbra.

Poi, con il pollice della mano che aveva afferrato il mento spigoloso del Capitano, accarezzò il suo labbro inferiore, gli occhi calamitati verso quest'ultimo.

Ricordava perfettamente la dolce pressione delle morbide labbra di Steve contro le proprie, lì in obitorio. Era certo di non avere più speranze con l'altro, era convinto che Steve avesse scelto il Soldato d'Inverno, eppure quel contatto dolce era avvenuto, spazzando via tutte le sue certezze e convinzioni. Si chiese se quel bacio avesse avuto luogo solo perché era apparentemente morto, ma quel suo triste dubbio fu spazzato via da ciò che avvenne in quel momento: il Capitano si chinò verso di lui, gli occhi puntati nei suoi, e cancellò ogni distanza, mosso da qualcosa che forse era istinto o semplicemente Destino. 
Inizialmente il loro fu un bacio timoroso, come se si stessero conoscendo solo in quel momento, poi acquistò forza, desiderio, passione, il silenzio della stanza interrotto solo dai sempre più frettolosi BIP della macchina che contava i battiti dell'inventore. Ma anche quello non rimase che un rumore di sottofondo, mentre finalmente si ritrovarono e il loro Filo Rosso che sembrava ormai essere stato tagliato, riprese a legarli inestricabilmente. 
Sorrise, Tony, contro le labbra di Steve. Sorrise, come mai aveva sorriso prima. Un sorriso carico di vita, di possibilità, di speranza. Sorrise e chiuse gli occhi, perché se tutto quello fosse stato un sogno, non avrebbe voluto più svegliarsi.

«Linguaggio.» fu tutto ciò che riuscì a dire Steve, mentre ormai la realtà diventava sempre lontana e indistinta, sostituita da quel momento infinito.

 

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Ehi, guys~~
Che fine avrà fatto Stane? Come avrà fatto /realmente/ Tony a sopravvivere?Avevo intenzione di darvi più spiegazioni, ma il capitolo già a spropositatamente lungo così, quindi più spiegazioni e meno giri di parole al prossimo capitolo~ 
Abbiate pazienza, che vi infiocchetto un bel happy ending~~

P.s.: il titolo è la traslitterazione di Filo Rosso del Destino in giapponese, da cui proviene la leggenda.

 
   
 
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