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Autore: Mikirise    26/01/2017    1 recensioni
"Dove stiamo andando?"
"A cercare Tony."
"E dove sta, Tony?"
"Non lo so."
"E allora dove stiamo andando?"
"Non lo so."
In cui Tony sembra scomparire (uhm), Peter parla sempre a sproposito, Steve entra nel panico e ci sono flashback a caso. Più o meno.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parte V


“Con Reeds, tre minuti e mezzo. Van Doom…” Tony aveva assottigliato gli occhi, a fare un calcolo veloce a mente, mentre portava in bocca un pezzo di pizza. “…è complicato. Forse cinque minuti. In tutto. E con Emma, fammi pensare, credo una serata. Donna di classe. Ho dovuto convincere Jane a farmi da spalla. È andata malissimo.”

“Jane Foster?” aveva chiesto Steve, distrattamente.

“Ne conosco un'altra? Ogni tanto viene a trovarmi. Trovarci. Okay. Non diciamo bugie. Non piaci a nessuno, Cap. Non da quando ti sei tagliato il ciuffo.” Tony aveva riso. Steve aveva alzato un sopracciglio. “Comunque. Credo di aver flirtato anche con Thor, ma ero ubriaco e lui non ha mai risposto alle mie chiamate, quindi non penso che valga. E. Non ricordo se ho avuto una storia con… era rossa. No. No, aspetta. Era bionda. Raven? Sì, lei. Dieci minuti. Si è stufata di me. In pratica mi ha sedotto, portato nell'angolo buio della sala e abbandonato lì.”

“Mi stai mettendo fortemente a disagio” commenta Steve, con un bicchiere di tè in mano. “E lo stai facendo apposta.”

“Ci ho provato con un tipo inglese. Un dottore. Col pizzetto. Dio. Amavo il pizzetto. Ma nemmeno con lui è andata a finire bene. Ha detto qualcosa come che mi odiava. Ovviamente mentiva, ma il nostro fuso orario ci ha diviso” aveva continuato Tony, con un sospiro melodrammatico. “E poi… chi altro…?”

“Okay. Hai dimostrato il tuo punto.” Steve aveva roteato gli occhi. “Non sei bravo ad avere relazioni romantiche.”

“Oh. Beh. Romantiche… I cinque minuti con Victor sono stati -cioè, più che romantici…”

“Ho. Capito” lo aveva interrotto. “Ma sappiamo tutti e due che non era questo il punto.”

“No, infatti, il punto è che io non piaccio alla gente. Cioè. No. Aspetta. Non -già ti vedo. Stai zitto. Fammi elaborare, va bene?” Tony aveva preso un respiro profondo e afferrato un pezzo di pizza, osservandolo come se fosse uno di quegli enigmi che Bruce si diverte a mandargli per sms. “Okay. Io non piaccio a tanta gente. Sono come, non solo so, quei film trash che la gente si vede perché è divertente vedere film trash in generale, ma nessuno adora veramente quel film, okay? Tranne la gente strana. Rhodey non conta. Nel senso, è praticamente diventato un ibrido tra un colonnello e una baby-sitter alla tenera età di diciassette anni. Gli ho fatto un lavaggio del cervello. Il che mi porta a chiedermi se è possibile usare quegli inutili libri di psicologia per usare, non lo so, il condizionamento classico? Basta dare caramelle alla gente? Non è la cosa che faccio già coi soldi? Al punto. Sono un essere insopportabile anche col condizionamento classico, che va benissimo sui cani, ma non con me. Non posso fermarmi. Non posso nemmeno smettere di essere insopportabile e, sai cosa ho pensato?, per poco, certo, per pochissimo. Ho pensato che se qualcuno potesse sopportarmi, quella sarebbe stata Pepper. Ed è uscito fuori che sono troppo insopportabile anche per lei. E allora, se non ce la può fare Pepper, che è una donna meravigliosa e sicuramente più di quanto io mi meritassi, chi mai potrà avere il coraggio di…? Chi mai dovrà essere proclamato santo perché ha avuto lo spirito di stare vicino a Tony Stark?” Aveva alzato le spalle. “Alla fine -beh, posso anche stare così. Non sono solo. Sono pieno di cose da fare. Ho le Stark Industries, JARVIS, Rhodey, i miei robot. Ho te. Poteva andarmi peggio, no?”

Steve aveva abbassato lo sguardo e arricciato le labbra in un sorriso. “Già” aveva risposto. “Poteva andarti peggio.”

Tony aveva sbuffato. “Immagina se mi fossi incontrato con Clint ai tempi del college. Adesso lo starei sopportando da almeno una quindicina di anni. Una quindicina di anni di battute tristi e di discorsi sul tiro con l'arco. Non sarei sopravvissuto. E poi, si sarebbe auto-invitato a casa per un weekend e non se ne sarebbe più andato. Non so se lo sai. È il tipo di persona che finisce il latte e lascia la bottiglia in frigo.”

“Ah. Come te.”

Tony aveva scosso la testa ancora una volta. “Quello sì che sarebbe stato un incubo.”






Peter si stava togliendo il cappotto, quando aveva visto Cassie correre verso la porta e sorridere con i suoi denti mancanti , e si era girato verso la porta e chiesto l'attenzione di Steve, con lo sguardo nel panico. “Che ci fa qui Cassie Lang?” aveva chiesto, con le sopracciglia aggrottate. E stava chiedendo aiuto. Stop. Fermi. Basta. Era pronto a tutto ma non a Cassie Lang e quando era stato portato via con la forza da una bambina visibilmente più piccola di lui, Steve non era riuscito a non far scappare un sorriso. Almeno Peter sarebbe stato distratto, che è un bene. È sempre un bene.

Clint sbadiglia e si gratta la testa. Con gli occhi acquosi, sorride e fa un saluto militare mal riuscito con un dito. Poi alza le spalle. “Ho aperto un asilo” mormora e rimane immobile a fissare Steve per un po', prima di mordersi le labbra, accarezzarsi il ponte del naso e scuotere la testa. “Senti, io volevo occuparmi di Tony. Tony è più facile. Basta una battuta e non ti giudica. Ma è toccato a Nat, e ti giuro, avrei anche barato e detto che era uscito testa e non croce, ma lei se ne sarebbe resa conto e la testa sul tavolo sarebbe stata la mia. Smettila di guardarmi con quella faccia. Non ho deluso l'America.” Alza la testa e il palmo della mano destra. “Giuro che ho onorato la mia patria. Ti prego. Smettila di guardarmi come se avessi ucciso tre aquile questa mattina.”

Steve sospira e appoggia il cappotto su una sedia. “Cos'è successo?”

“Beh, Nataniel ha pianto tutta la notte e, a quanto pare, prima dell'alba sono solo figli miei, quindi sono stato sveglio tutta la notte per cercare di addormentarlo. Gli ho anche cantato delle ninna-nanne, tutte quelle che sapevo, okay? E quel figlio di buona donna di Tony è venuto per chiedermi se stavo bene, perché aveva sentito un animale morire. E questo non è carino, va bene? Okay. Scott ha -lo sapevi che Scott ha rubato dei progetti della Osborn? Santo cielo. Cosa si è messo in testa? Sicuramente non glielo abbiamo chiesto noi. No. Giuro. Niente aquile morte. Non noi. Ah-ha. E Cassie è una bambina -detto tra me e te, Cassie chiama Tony zio. Capisci? Zio. Tu lo sapevi? C'è qualcosa che non va nei bambini che adorano Tony Stark così. E…”

“Sai perfettamente che non stavo parlando di questo” taglia corto Steve, con le braccia incrociate.

“E di nuovo quello sguardo.” Clint si era accarezzato il retro del collo. “Senti, non è successo niente di brutto. Davvero. Solo che -c'è un motivo se non veniamo mai affidati a casi personali.” Alza le spalle. “E c'è un motivo se Tony lavora con noi solo come consulente esterno.”





“Perché Peter rimane a vedere la televisione fino a tardi?” aveva chiesto Steve, alzando un sopracciglio con le mani posate sui fianchi, e Tony si era nascosto dietro l'ennesima tazza di caffè, con fare innocente, sorridendo un po', forse. Non troppo.

“Uhm.” Aveva scosso la testa. “Che bambino indisciplinato e ribelle” aveva detto, con un tono di voce che poteva riportare in mente gli operatori telefonici. Steve aveva alzato ancora di più il sopracciglio e Peter aveva riso, alzandosi in punta di piedi per afferrare una manciata di cereali al cacao e portarseli in bocca. “Non fare così, Campione. Rischi una punizione.” Tony scuoteva esageratamente l'indice.

“Tony…”

“Che c'è? Dai. Neanche io dormivo tanto alla sua età ed è sabato. Uno strappo alla regola si potrebbe anche fare. Vero Peter?” Aveva appoggiato la tazza e sorriso. Il ragazzino si era seduto accanto a lui, cercando di afferrare una tazza blu per riempirla di latte. “Parliamo di cose serie, piuttosto. E, sì, Steve, una delle mie cose serie è il tuo ciuffo e sempre lo sarà, ma adesso la cosa seria è: hai fatto pace con la rossa della tua classe?” Si era girato verso Peter che versava cereali nella tazza. “Perché ti ho già detto che i drammi adolescenziali per me sono un enorme no.”

“Io non sono un adolescente.”

“Uhm.” Tony aveva assottigliato lo sguardo. “Sei sicuro? Non ti ho fatto una datazione a carbonio, ma mi sembri molto giovane. Gli adolescenti sono giovani.”

Peter aveva riso, dondolando le gambe. “Ho undici anni.”

“Sei un pre-adolescente, che, più o meno, è la stessa cosa, no?”

“No, i pre-adolescenti devono dormire di più” si era intromesso Steve. “E non guardare TV fino a tardi.”

“Suona falso” aveva borbottato Peter.

“Suona tremendamente falso”aveva confermato Tony, con un sorriso. “Quanto scommetti che riesco a fargli dire una parolaccia davanti a te?” aveva poi aggiunto, abbassando la testa verso il ragazzino e poggiando il dorso della mano accanto al lato della bocca, come se questo potesse impedire a Steve di sentirlo, o di leggergli le labbra. Poi aveva ridacchiato.

E Steve aveva roteato gli occhi e aveva sorriso da un solo lato della bocca, abbassandosi verso di lui. “Sei un pessimo esempio per i bambini” aveva mormorato, prima di premere le labbra contro le sue.

“Oh. Davvero?” Tony aveva riso, girando la testa con una finta aria imbarazzata. “Non davanti al pre-adolescente ” aveva esclamato. E poi avevano riso tutti e due.

Peter li guardava da sopra la tazza di latte. Loro ridevano. Peter era riuscito a sorridere.





C'è questa strana sensazione, quando, dopo una lunga ricerca, trovi quello che stai cercando. Steve lo sa. Non consciamente, non saprebbe nemmeno esprimere a parole quello che prova, ma lo prova e le ginocchia gli tremano, perché sentono che tra poco il viaggio sarà finito, che tra poco sarà a casa. Non sa spiegarlo, davvero. Sa solo che è così. Ha le spalle pesanti, ma ha lasciato lo zaino sul divano di Clint, che lo ha buttato a terra, lamentandosi della sua sorte nel mondo e a come non fosse giusto che Natasha avesse sempre i compiti migliori. Ricorda un momento simile. Lo ricorda e cammina verso la stanza e c'è questa porta, che è una porta e ha del vetro in mezzo, che porta ad un salotto più grande, e riesce a sentire le voci di bambini e Peter. Peter fa sempre la stessa domanda. La ripete. La ripete. La ripete ancora. Stai bene? Stai bene? Stai davvero bene? E Steve ha i polmoni pieni e sente che tra poco potrà lasciar andare tutto l'ossigeno che ha in corpo e ricorda che c'è stato un momento simile, che lo ha già vissuto, che lo vivrà di nuovo.

L'aereoporto. La valigia. La folla. L'enorme folla. Gli occhiali da sole. Il cercare tra la gente. La sensazione di essere quasi a casa.

Deglutisce e guarda davanti a sé, che è più o meno quello che è sempre stato abituato a fare, e c'è luce, ci sono bambini, c'è un enorme apparecchio elettronico, c'è Tony che risponde sì, ah-ha, certo. Steve rimane bloccato al vederlo e sente i suoi muscoli irrigidirsi e, santo cielo, davvero, ricorda questa sensazione.

I capelli. I muscoli tesi. La mano alzata. La mascella serrata. Il braccio intorno alle spalle. La risata. Il respiro. L'enorme sospiro che usciva dalla sua bocca e rilassava i muscoli e le espressioni e tutto.

Tony alza lo sguardo verso di lui e fa quel suo sorriso che fa sempre quando sa di aver fatto qualcosa che non avrebbe proprio dovuto fare. Inclina anche la testa. Si morde l'interno delle braccia e poi gli va incontro, con le braccia aperte e alza gli occhi al soffitto, e poi continua a sorridere. “Cap” chiama e la mano, che era stretta in un pugno si apre e lui nemmeno se ne rende conto. Deve chiudere gli occhi. “Stavo assicurando a Peter che non stavo per nessuna ragione al mondo aiutando Cassie a progettare qualcosa che potrebbe sconfiggerlo alla Fiera della Scienza” inizia a blaterare, mentre Peter aggrotta le sopracciglia. “Ci credi? Come se mai nella mia vita, io, Tony Stark, potessi tradire così uno dei miei pupilli. Sai di cosa mi ha accusato? Favoritismo! Ci credi?”

“Io sono la tua preferita, zio” protesta la bambina.

“Sì, ma è un segreto tra me e te” si affretta a puntualizzare lui, alzando l'indice e facendo cenno di no. “E poi, sapevi che Clint addestra i bambini perché diventino delle macchine assassine a soli due anni? Penso che Nataniel possa uccidere una persona con la sola forza dei polmoni. Mi hanno portato in una fattoria addestra-spie e io e Cassie…”

La voce. La voce è incessante. E l'odore di olio dietro il profumo. “Ho fatto tardi perché Happy pensa sia sempre bene fare due o tre battute sui miei vestiti quando usciamo, cosa che mi rende insicuro e mi fa cambiare almeno due o tre volte. Colpa sua. Guarda lui con gli occhi da cucciolo. È colpa s-… Oh mio Dio. Vuoi un'isola tutta tua sperduta nell'Atlantico? Te la compro. Ti compro migliaia di sacchi di patate e non mangeremo altro che patate in questa nostra esistenza ma, cazzo, smettila di guardarmi con quegli occhi da cucciolo abbandonato!”

Steve si avvicina abbastanza da far alzare gli occhi di Tony su di lui. Ha arricciato le labbra. Tony ha arricciato le labbra. E Steve abbassa lo sguardo.

Registra un movimento della mano di Peter e i ragazzini che si avviano verso la porta senza dire una parola. Cassie chiude la porta. “Succede qualcosa?” la sente chiedere.

“Stanno per mettersi a piangere” risponde Peter. In un altro momento sarebbe potuto essere anche divertente. Adesso non lo è.

Era sollevato. “Basta” aveva detto, con un sorriso. Tony aveva alzato le spalle ed Happy aveva preso le valigie.

È arrabbiato. “Sei un idiota” sputa con la voce bassa. “Un egoista, subdolo, manipolatore, incosciente, instabile, vigliacco idiota.” Il respiro si spezza e Steve stringe i pugni di nuovo. Scuote la testa. Ha il corpo rilassato. “Potevi finire ammazzato. Potevi… pot-” si blocca. Si bloccano le parole e la lingua e la testa. È bloccata. Tutto questo sembrava più semplice nella sua testa e il piano stava lì dentro, il discorso, tutto quello che prova e continua a provare. Ed il fatto che ha cercato e adesso ha trovato e le sue ginocchia hanno deciso che non c'è più motivo per reggersi da solo e le spalle che continuano a fargli male senza motivo, così come il petto. Il petto è leggero. Non dovrebbe essere così leggero. La lingua non dovrebbe nemmeno essere così intrecciata. Il suo corpo non dovrebbe rispondere così.

Tony appoggia la mano dietro la sua nuca e Steve appoggia la testa contro la sua spalla. “Idiota no” mormora. “Ci sto sull'incosciente, instabile, manipolatore. Cos'altro? Subdolo. Sì, potrei anche definirmi così. Ed aggiungerei narcisista ed egocentrico e tanti altri bei aggettivi, ma idiota? Caro. Sono un genio, sempre stato.” Gli accarezza i capelli corti vicino al retro del collo. “E sono ancora vivo” aggiunge dopo una piccola pausa. Sta sorridendo. Sicuramente. Steve non lo può vedere, ma riesce a percepirlo. Ha quel sorriso non divertito, ha quel sorriso sollevato. Lo sente sulla pelle. Poi il sorriso si spezza. Steve sta per aprire la bocca, per dire qualcosa ed in contemporanea il sorriso si spezza e le mani di Tony non sono più sulla testa di Steve e i suoi muscoli si irrigidiscono e sta guardando da un'altra parte. “Non…” dice, fermando le parole dell'altro. Ha appoggiato la mano sul suo petto. Lo sta allontanando. “Non ti ho detto niente, perché tu pensavi ti tradissi. Aspetta. Non -potresti non rispondere? Ho -sai? In testa ho dovuto provare questo discorso per -davvero troppe volte e penso che Natasha abbia ascoltato la metà di quello che ti volevo dire e abbia finto di addormentarsi per non dirmi niente, quindi… Senti. Davvero. Zitto. Ho la -è nella mia testa. È difficile spiegarla ma c'è, quindi zitto. Allora. Ecco sì. Io non ti ho detto niente perché… Non mi sono fidato di te perché pensavo che tu non ti fidassi di me.”

“Io mi…”

“Steve. Davvero. No. Aspetta. Ho pensato di non dirtelo, okay? Ma sono una persona abbastanza permalosa, e uno, e due ho pensato: se non si fida di me, non si fiderà del mio piano e lo manderà all'aria. E poi, davvero, pensavi che ti tradissi. Me la sono legata al dito e ho pensato: guarda te se lo porto con con me e Natasha e lui muore lì e io non potrò mai rinfacciargli questa storia? E, peggio, se qualcuno mai inviterà Steve a testimoniare in un possibile processo, lui non spergiurerebbe mai, il che sarebbe un problema, visto che la maggior parte delle informazioni le abbiamo avute illegalmente. E poi Peter. Qualcuno sarebbe dovuto rimanere con Peter e tu, ovviamente, non ti saresti fidato di me, non saresti mai rimasto a casa e… Senti, ho avuto un bel po' di pensieri e tutti avevano la matrice della fiducia. Io lo giuro sulla mia vita -io mi fido di te con la mia vita, ma quando la cosa coinvolge anche la tua di vita e quella di… Lo capisci vero? Quindi, sono un maniaco del controllo? Forse. Ma l'ho fatto per proteggere te e Peter.” Si ferma. Come se dovesse prendere il respiro, cercare l'altra parte del copione, controllare la voce. “Tutto quello che ho…” Sta di nuovo zitto e le mani gli ricadono ai lati delle gambe e fa respiri più lunghi, guarda verso l'alto. “Ho attivato le videocamere di sorveglianza. E Happy stava praticamente vivendo nella Torre. Peter aveva un cellulare usa e getta, penso sia giusto dirtelo, nel caso fosse successo qualcosa -e gli ho insegnato le parolacce in mandarino, così lui e quel ragazzo, Amedeus, si possono insultare senza finire nei guai e…”

“Sei un idiota” ripete Steve sottovoce, scuotendo la testa.

“E questa cosa mi ha -ai piani alti hanno pensato che questa cosa avrebbe fatto male a Peter. O forse a te e…”

“Le parolacce in mandarino?”

“La mia apparente paranoia che Osborn o chi per lui stia dietro gli angoli di ogni strada per investirvi, portarvi in un laboratorio e fare esperimenti su voi due. Davvero. Pensavo di essere stato chiaro su questa cosa.” Alza gli occhi al soffitto. “Non è paranoia. È una possibilità. Perché lo abbiamo mandato in prigione senza processo, perché a quanto pare Fury può quello che vuole, e lui ha giurato vendetta come -Peter ti ha fatto leggere i suoi fumetti? Ecco. Come un cattivo dei fumetti. Allora ho fatto controllare anche la zia di Peter, e Clint ha detto che un posto sicuro sarebbe potuta essere -sicura nel senso che non c'è niente di divertente da fare. Da queste parti non prende bene nemmeno il Wi-Fi e ho dovuto…”

“Basta.” Steve appoggia le mani sulle braccia di Tony e fa in modo che lui non possa guardare altro che non sia lui. Ci vuole un po'. Tony è sfuggente, guarda ovunque, sa come fuggire. “Io mi fido di te.”

“Hai…” Gira la testa, si lecca le labbra, aggrotta le sopracciglia. “Howard aveva quest'abitudine, va bene? Di tornare tardi la sera, fare lunghi viaggi d'affari. E a volte telefonava a casa, per dire che non sarebbe tornato, o che il viaggio sarebbe stato più lungo del previsto, o, a volte, diceva che era arrivato ad avere la chiave di questa o quest'altra scoperta rivoluzionaria per il mondo. Howard aveva un laboratorio, per lavorare a casa, e i suoi conti e scoperte li ha sempre fatti lì. E la parte amministrativa dell SI erano in mano ad altri, quell'uomo poteva essere un genio ma… Mamma rispondeva al telefono e diceva certo, okay, non ti preoccupare. Ma aveva il tuo sguardo.” Scuote la testa. Boccheggia. Non dice altro.

“Io” ripete Steve più lentamente, scandendo bene le parole. “Mi fido di te. E tu devi fidarti di me.” E mantiene il contatto visivo, osservando le iridi di Tony studiare il suo viso e mordersi l'interno delle guance nervosamente. “Cosa che comunque non farà sparire le conseguenze di essere praticamente scappato di casa il giorno dopo la proposta. E adesso stai zitto tu, perché ti devo parlare ed amare incondizionatamente, idiota.”

Tony appoggia due dita sulla fronte e chiude gli occhi. Cazzo. Lo aveva dimenticato.







“Non sono mai stato un ammiratore della scienza e del cielo in generale” aveva detto Steve, seduto sul lenzuolo, appoggiando il suo peso suo palmi. “Non sono mai neanche riuscito a capire le costellazioni e, sai?, prima di te io non… capivo.”

Tony aveva alzato un sopracciglio, alzandosi a sedere con un colpo di reni. “E cosa non capivi?”

“La bellezza del cielo? E anche la sua tristezza.”

“Il cielo non è triste.” Si era imbronciato, incrociando le braccia. “Il cielo è mistero. Avventura. Matematica. Fisica. Attrazione.”

Steve di era leccato le labbra. Ed erano spalla contro spalla in mezzo al nulla. A guardare le stelle. Per uno stupido commento sulla vita di campagna e la menzione di quella volta che aveva conosciuto Jane, alla gita col professor Foster. Una cosa stupida. “Beh, le stelle sono tristi. Brillare di luce propria fino ad arrivare a consumarsi. Irradiare energia fino a scomparire. È triste.”

“Non è triste. È scienza.”

“E la scienza non può essere triste?” Aveva sbattuto le palpebre e alzato un ginocchio, per posarci sopra una mano. “Quando una persona s'innamora è possibile spiegare tutto con la Biologia, la Neuroscienza e tutto quello che ne deriva, no? Ed è scienza.”

“Steve” aveva chiamato Tony, scuotendo la testa. “Le stelle non provano sentimenti.” Erano veramente molto vicini. E faceva caldo, quindi non poteva essere perché Steve ha una temperatura corporea abbastanza alta, anche quando fa freddo. Ed è la quinta scusa per la loro vicinanza che aveva depennato. La quinta.

“Non lo sai. Non sei una stella.”

Tony aveva riso e gli aveva dato un bacio sulla guancia. Neanche fosse un adolescente. Questo era più doloroso di quanto ricordasse.







“Il bagno è da quella parte in fondo al corridoio” risponde Natasha, contando sulle punte delle dita. “Sì, no e sì.”

“Non posso accarezzare le mucche? Perché no?” piagnucola il ragazzino.

“Anche io ci sono rimasto male, se ti fa sentire meglio.” Tony compare da dietro la porta del salotto, seguito da uno Steve che sembra più leggero, forse un po' stanco, ma quella rughetta che era rimasta lì, visibile a tutti per tutto il loro viaggio, non c'è più. Allora è più calmo. Non è più preoccupato. “Non perché mi piacciano le mucche. Odio le mucche. Preferisco i robot. Ma non vuol dire che mi possano provare di fare quello che voglio. Non lo trovi ingiusto? Io lo trovo ingiusto.”

“Ho delle domande” esordisce ancora Peter, correndo verso Tony e fermandocisi davanti. Fa un respiro profondo, guarda verso l'alto e si lecca le labbra. Clint si prepara altro caffè. Natasha li osserva. Steve ha le braccia incrociate e la testa inclinata. “La prima è: Bruce ha una governante? Dovrebbe avercela, o qualcuno che si occupi di lui e non gli faccia bere virus pericolosi perché stanno vicini alla pizza. Tutti tranne Amedeus. Odio Amedeus Cho. Non voglio diventi il suo assistente, non m'importa del suo QI, cosa che mi porta alla sua seconda domanda: Amedeus Cho non diventerà mai il tuo assistente, vero? Terza domanda: stai veramente bene? Quarta domanda: cos'è successo al papà di Harry? Quinta domanda: stai facendo qualcosa per aiutare il papà di Harry, vero?” Peter si morde le labbra e mantiene il contatto visivo, mentre Tony sospira.

“No” risponde, alzando l'indice. “Va bene, tanto non pensavo di assumere un assistente con te in giro per il laboratorio.” Continua a contare sulle dita. “Certo, sto benissimo.” Poi prende un respiro e indica al ragazzino una sedia, come invito a mettersi comodo. Cerca anche lo sguardo di Steve, che stringe le labbra e non sembra sapere cosa sia giusto fare. Peter si siede. Natasha continua a osservarli e Clint sta controllando come sistemare i pantaloni. Lei fa un cenno a Clint, che tira la testa all'indietro e la segue fuori dalla stanza. Fanno sempre uscire tutti dalla stanza, nota Steve. Due volte in meno di due ore. Non è un buon segno. “Osborn è una persona cattiva. Ambiziosa. Troppo ambiziosa, a cui non importa fare male alle persone, per arrivare ai suoi scopi, compreso se stesso. E bambini, come te. È stato lui a… minacciarci. Va bene? E, facendolo, si è inniettato un… è complicato. Lui ha fatto esperimenti su se stesso. E adesso è dove deve stare. Coi criminali. E persone si stanno occupando della sua situazione.”

Peter assottiglia lo sguardo e appoggia le mani sulle ginocchia. “Tu non ti stai occupando della situazione” dice.

“Ho promesso di proteggere te, non lui” risponde seccamente Tony e sa già dov'è che questa conversazione con un bambino lo porterà. Ma non è giusto che i cattivi la scampino sempre. Non è giusto che i cattivi possano stare bene, quando tante persone non possono più stare bene. I suoi genitori non potranno più stare bene, mentre chi li ha investiti -lui sì. Non è giusto. Sarah, la mamma di Steve, non starà mai più bene. La famiglia di Peter non starà mai più bene. Allora neanche Osborn dovrebbe stare bene. Non grazie a Tony Stark. E lo sa che è un ragionamento da bambino capriccioso. (Occhio per occhio…) Non riesce a fermarsi dal farlo, però. (… il mondo finirà cieco, e senza madri.) “Cosa che sto facendo.”

“Harry Osborn è mio amico.” Peter stringe i pugni e continua a osservarlo. L'atmosfera è diventata pesante. Prima non era così. Steve alza le sopracciglia, guardando verso Tony, che abbassa lo sguardo. Lo sa che sta seguendo il ragionamento di un bambino. Ne è cosciente, certo. “E se succederà qualcosa a suo padre rimarrà senza genitori e senza nessuno che si possa prendere cura di lui. E non è giusto perché Harry non ha fatto niente. Harry non merita di perdere un papà, e non importa che tipo di papà sia. Se succederà qualcosa al signor Osborn e tu non hai fatto niente per fare in modo che quella cosa succeda, potendo fare qualcosa, allora la cosa che è successa è colpa tua.” Si è alzato in piedi e ha alzato la voce. Non se n'è reso conto. Sta solo gridando e sente il naso pizzicargli. Odia quando lo sente pizzicare.

“Peter…” Steve cerca di avvicinarsi, ma rimane bloccato in mezzo a Peter e Tony, senza sapere quale ruolo svolgere in tutto questo.

“No!” grida Peter e sbatte un piede a terra. “No! Tu sei Tony Stark. E Tony Stark è un cavolo di eroe e gli eroi non scelgono chi salvare, salvano e basta. Salvano e sperano che le persone cambino e che il mondo migliori, è questo quello che fanno. Non…”

Tony distoglie ancora una volta lo sguardo e Steve appoggia una mano sulla spalla del ragazzino, che aggrotta le sopracciglia. Tira su col naso. Scuote la testa. È arrabbiato. “Figliolo.” Steve ha la voce profonda, tranquillizzante. Peter lascia che i respiri seguano il suo corso, li rallenta. “A volte dobbiamo fare un passo alla volta. E il nostro primo passo è stato assicurarci che tu e tua zia steste bene, al sicuro, e lo siete. Per il resto c'è tempo. Harry starà bene. E così anche suo padre. Si sono già occupati di tutto e…”

“È un suo potere. Una sua responsabilità ” dice il ragazzino. Abbassa la testa e si rende conto che bastava questo per appoggiare la testa sul petto di Steve. “Non la prendete male” inizia e sente la voce andare su e giù, dall'acuta al dolorosamente grave. “Ma penso di odiarvi.” Poi le sue spalle iniziano a tremare e si rende conto di star piangendo e abbracciando un veterano di guerra e con la mano di un genio sulla schiena.

“Va bene” dice Tony e forse è un po' troppo sincero.

Peter piange un altro po', alza la testa per vedere Tony e scuotere la testa, che gli sta facendo malissimo e non vorrebbe muovere così tanto. “Non è vero che vi odio!” mette in chiaro, sbuffando, e poi piange un altro po' sulla stessa maglietta sulla quale aveva sbavato poche ore prima.






“È solo finché tua zia non si riprende. Poi, ovviamente, potrai tornare a casa tua e ricominciare ad andare a dormire ad orari più… consoni alla tua età.” Tony aveva appoggiato lo zaino del ragazzino sul tavolo della cucina. “Ma, nel frattempo, mi piacerebbe che tu andassi alla tua vecchia scuola -senza farti picchiare. Perché non provi a parlare con Flash in questo vostro periodo di punizione? Certo. Che anche tu sia stato messo in punizione perché sei così deboluccio da non difenderti quando un bullo cerca di picchiarti mi sembra estremamente stupido e ho parlato con una mia conoscente che può cambiare questa cosa ma… Proviamo ad ottenere qualcosa di positivo. Se vuoi, ti posso insegnare come tirare calci e pugni, così quando starete da soli potrete parlare.” Aveva inclinato la testa. “Peter?”

Il ragazzino si era girato verso di lui. “Perché avete un segnale stradale in salotto?”

“Uhm.” Tony aveva sorriso e aveva iniziato a prepararsi un caffè. “Una cosa tra me e Steve. Comunque. Vieni qua e vediamo i danni che ti ha fatto questo ragazzino in faccia. Hai le vertigini?”

Peter aveva scosso la testa, saltellando verso di lui. “Davvero mi potresti insegnare a fare a botte?” aveva chiesto.

“Certo. Anche le parolacce in qualche lingua se vuoi. Nessuno ti può mettere in punizione, se non capiscono quello che stai dicendo.”

“Forte.”






 
  
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