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Autore: livevil_99    26/01/2017    3 recensioni
"Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l'arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l'arca galleggiava sulle acque. Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo."
-
"- Ci stiamo cacciando in qualcosa di grande, Dean. - mormorò Sam con lo sguardo perso nel vuoto.
Dean sospirò e chiuse con un tonfo l'enorme tomo che stava consultando.
[...]
- Grande quanto l'apocalisse o quanto l'Oscurità che voleva distruggere il pianeta? - chiese a Sam con un sorrisetto ironico."
-
(DESTIEL)
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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 Dean parcheggiò tra gli alberi, ai piedi del monte. Le fiancate dell'auto erano ricoperte di schizzi di fango e l’Impala iniziava a scivolare in profondità a mano a mano che la pioggia ammorbidiva il terriccio. 
Dean scese per primo dall'auto. L'odore degli aghi di pino gli riempì le narici. Faceva fresco nel boschetto. Le fronde degli alberi coprivano il sole in modo che solo pochi e radi raggi riuscissero a penetrare. Dean aveva lasciato la giacca in macchina. Sotto indossava una maglietta bianco candido con uno scollo a V. Le grandi gocce lo colpivano come proiettili, e nonostante fosse estate, un brivido attraversò la sua spina dorsale. Castiel invece sembrava stare bene avvolto nel suo impermeabile, anche se Dean non aveva mai capito se gli angeli potessero provare freddo o meno. 
L'angelo si muoveva silenzioso nella fanghiglia. Dean lo raggiunse. 
Si ritrovarono davanti ad una piccola baracca, porte e finestre sprangate. Si reggeva in piedi a malapena, grazie ad un paio di travi di legno che non erano ancora marcite. Castiel si fermò di scatto e tese un braccio per impedire a Dean di proseguire. 
Era tutto tranquillo. L'angelo udiva soltanto il respiro dell'amico al suo fianco e il suo che batteva forte. Eppure c'era qualcosa, una sensazione, un sesto senso che l'aveva fatto fermare. L'odore della pioggia gli impediva di fidarsi del suo olfatto. 
Dean era immobile. La maglietta era completamente bagnata e lasciava trasparire i suoi muscoli tesi, pronti a scattare. I suoi respiri leggeri e controllati. Portò una mano alla cintura dove erano assicurate la pistola e una lama angelica. 
Si scambiarono un'occhiata. Castiel annuì e Dean iniziò a proseguire guardingo. Si appiattí al muro. Le assi di legno scricchiolarono dietro la sua schiena. Trovò un spiraglio e cercò di sbirciare dentro. Buio e silenzio assoluto.  
I loro sguardi si incrociarono, Dean scosse la testa. Castiel strinse il suo pugnale angelico nella mano destra. 
Non smisero di guardarsi negli occhi. Dean sillabò muovendo le labbra “Uno… due… tre!” 
Sfondò la porta con una spallata. Il legno cedette al primo colpo. Castiel si fiondò dentro, subito dietro l'amico.
L'interno puzzava di muffa e di stantio. Era vuoto, deserto. L'ambiente era buio. Dean assottigliò gli occhi per cercare di scorgere qualcosa ma l'unica fonte di luce erano i raggi fiochi che penetravano da dove prima risiedeva la porta. Mosse un passo nell'oscurità. Inciampò contro qualcosa di ingombrante. Dean tastò l'impermeabile umido di Castiel. Afferrò una mano rugosa. Era fredda a contatto con quella bollente e callosa di Dean. I suoi battiti si velocizzarono. Castiel se ne accorse immediatamente. E mentre Dean cercava di aguzzare la vista, l'angelo vedeva perfettamente. 
Gli occhi verdi del cacciatore risplendevano come smeraldi nell'oscurità. Castiel allungò una mano verso la sua guancia, come un riflesso spontaneo, un istinto viscerale. Dean sussultò, ma si abbandonò a quella goffa carezza. Chiuse le palpebre e, nonostante avesse provato a vedere al buio, si accorse che solo ad occhi chiusi riusciva a vedere con chiarezza. Mosse un altro passo con sicurezza e il corpo dell'angelo si adattò per accoglierlo. I loro indumenti bagnati aderivano tra di loro come nastro adesivo. Dean era bollente e Castiel lo osservava, fermo immobile, come se fosse stato circondato da un bagliore dorato. Soltanto qualche centimetro a distanziare i loro profili. Dean aveva ormai spento il cervello, il suo istinto lo guidava, sicuro, accarezzava la schiena dell’angelo con delicatezza, con una cura e attenzione che non aveva mai rivolto a nessuna donna. 
Castiel avvicinò il viso al suo. Piccole gocce scendevano dai capelli bagnati di Dean e scivolavano sulle sue guance come lacrime. Il cacciatore si sentiva bruciare tra le fiamme, ma non ci badò, si sporse ancora e le loro labbra si incontrano. Delicatamente, lentamente. Le labbra secche e screpolate dell'angelo contro quelle morbide ed esperte di Dean. 
Le mani del cacciatore si intrecciarono dietro la nuca di Castiel mentre assaporava l'interno della sua bocca. Aveva già dato molti baci al sapore di alcool, alcuni al sapore di menta o di sangue, ma se avesse dovuto dare un sapore a quel bacio, Dean avrebbe detto che sapeva di luce del sole. Comunicavano tramite i piccoli e istintivi gesti che si dedicavano, si parlavano l'uno dentro l'altro, telepaticamente. E Dean gli disse, in un sussurro, che sarebbe finito all'inferno altre mille volte per un altro bacio. Come se avesse potuto sentirlo, Castiel premette più forte le labbra contro le sue. I loro denti si scontrarono, trattennero entrambi il respiro e Castiel rispose alla sua muta dichiarazione. 
“Tornerei a prenderti tra le fiamme tutte e mille le volte.” mormorò dentro la sua testa. Dean strinse la presa sul suo collo, le punte dei loro nasi si sfioravano, cominciava a mancargli l'aria.
Un rumore improvviso li interruppe. I due si staccarono all'istante. Dean scosse la testa e si sforzò di abituare la sua vista all’oscurità. Scorse un'ombra muoversi. Castiel già stringeva il suo pugnale mentre Dean sfilava delicatamente il suo dalla cintura. 
Dean si avvicinò verso l'uscita dove la luce si faceva più forte. Lo vide all'ultimo momento. Una figura saltò fuori dal buio e si scagliò contro di lui. Cercò di schivare l'attacco ma qualcosa lo colpí ad un braccio. Indietreggiò barcollando, ma l'adrenalina gli permise di riprendersi velocemente. Il sangue colava lungo il suo braccio e si mischiava e diluiva con la pioggia. 
Dean impugnò saldamente il pugnale dalla lama liscia e affilata. L’elsa aveva ormai preso la forma del suo palmo. Davanti a lui il nemico. Era un uomo, alto quasi quanto Sam, e indossava un impermeabile nero. Ringhiava, Dean riusciva a percepirlo nonostante lo scroscio assordante. 
Si scagliò contro di lui. Istintivo, intuitivo, le sue labbra ancora umide e il suo cuore che batteva all'impazzata. I loro corpi si muovevano in una sorta di danza mortale. Castiel era spettatore, timoroso di sferrare un attacco e colpire il bersaglio sbagliato. Affondi e schivate si alternavano a ritmo di musica nella testa del cacciatore. In un attimo Dean era a terra, la sua schiena a contatto con il fango gelido e appiccicoso e la ghiaia. Gli occhi chiari del nemico lo fissavano illuminati da una sfumatura omicida. Dean vide il colpo che stava caricando con il coltello. Lo vide arrivare, la traiettoria precisa contro il suo petto. I suoi polmoni iniziavano a fare male mentre l’angelo lo teneva fermo, stretto per la gola. 
Il ghigno sul viso del nemico si dissolse quando l’inconfondibile suono di carne trapassata eccheggiò tra gli alberi. L’angelo cadde a corpo morto sul petto del cacciatore mentre sul terreno si formarono i chiari segni delle sue ali.
- Che cosa stavi aspettando? - urlò Dean dopo aver ripreso un po’ di fiato ed essersi tolto il cadavere di dosso. 
Castiel lo fissava con i suoi occhi blu intenso a contrasto con il verde degli alberi. Il pugnale insanguinato che teneva ancora in mano ciondalava lungo il suo fianco. Gli porse una mano e Dean l'afferrò saldamente. Cercò di togliersi lo sporco di dosso ma ormai era tutto bagnato e il fango era penetrato tra i filamenti del tessuto. La t-shirt non era più bianca, aveva assunto una colorazione marroncina e mille aghi di pino erano incollati ai vestiti. 
- Sei ferito. - constatò l'angelo avvicinandosi di un passo. Anche la ferita era ricoperta di sporco, ma era difficile distinguere cos'era fango e cosa sangue, ormai diventati un composto denso incollato al taglio come una crosta. Sembrava superficiale, ma non potevano esserne sicuri. Lo sguardo di Dean si addolcì alla vista del volto corrugato in un’espressione preoccupata di Castiel che ancora esaminava la ferita sul suo braccio. 
Il cacciatore lo allontanò con un gesto brusco. - Non è niente, proseguiamo. - 
Castiel rimase interdetto qualche secondo, poi lo segui in mezzo agli alberi. 

Sam avanzava a passi lunghi tra le vie strette dei sobborghi di Pikes Hollow. Svoltava con sicurezza agli incroci, ricordandosi le indicazioni che aveva studiato su internet poche ore prima. Sapeva perfettamente dove dirigersi per ottenere qualche informazione. Se c'era una cosa che aveva imparato nel suo lavoro è che un po’ di alcool o un distintivo potevano far parlare chiunque. I suoi passi leggeri infrangevano le pozzanghere sul marciapiede formando mille increspature dell'acqua che si estendevano impercettibilmente. Svoltò ancora a destra e iniziò a scorgere attraverso il muro d'acqua e i raggi del sole l'insegna di un bar. Era uno dei pochi locali aperti nel raggio di un paio di isolati. La porta d'ingresso era aperta e si affacciava ad un piccolo atrio con una scala stretta e angusta. Sam iniziò a salire gli scalini ripidi e scivolosi lasciando dietro di sé una scia di minuscole gocce d'acqua. Era un locale piccolo, con i soffitti così bassi che Sam avrebbe potuto poggiarci l'intero palmo soltanto alzando un braccio. Non c'erano tavoli, solo un bancone lungo tutta la parete con degli sgabelli logori rivestiti in pelle nera. Sam scansionò la stanza con uno sguardo mentre tutti i presenti si voltarono a guardarlo. Tre uomini erano seduti al bancone e una donna dai capelli rossi e il trucco pesante stava servendo da bere. Si sedette ad uno sgabello di distanza dagli altri clienti. 
La barista lo guardò di soppiatto. Era una donna di mezza età, molto abbronzata, con la pelle raggrinzita e piena di rughe. Gli occhi azzurri erano spenti sotto la luce soffusa del locale ed erano circondati da linee marcate di nero. Si avvicinò e si appoggiò con una mano al bancone. La maglietta scollata non lasciava spazio all'immaginazione e sopra il cuore aveva appuntata una targhetta che portava scritto il suo nome. “Judith”. Masticava un chewing-gum molto vistosamente. 
-  Un bicchiere d'acqua. - Disse Sam abbozzando un sorriso. 
La donna ricambiò il mezzo sorriso e poi la sua espressione tornò mortalmente seria. - Abbiamo solo whiskey. Liscio o doppio. - 
Si guardarono per qualche attimo, gli occhi degli altri puntati addosso. Sam rimase interdetto ma biascicò un “Liscio, grazie.”
Il bar odorava di tabacco al mentolo e di alcool. Le pareti erano rosso sangue e le persiane chiuse. Judith gli servì il whiskey in un bicchiere sbeccato e opaco dopo tutti i lavaggi a cui era stato sottoposto. 
- Bel tempo oggi, uh? - Disse Sam prendendo in mano il bicchiere. 
La barista si accese una sigaretta. Nuvole di fumo si innalzarono verso il soffitto. 
- Il tempo non è mai dei migliori da queste parti. - Disse l'uomo di fianco a lui con un sospiro. Era vecchio. Portava una vistosa barba bianca e gli occhi sembravano quasi offuscati dagli anni. Sorseggiava il suo whiskey appoggiato allo schienale dello sgabello. Era seduto di fianco ad altri due uomini, forse leggermente più giovani di lui, che si dividevano un sigaro con lo sguardo perso nel vuoto. 
- Hai scelto il momento sbagliato per una visita. - aggiunse scuotendo la testa. 
Sam assottigliò gli occhi e buttò giù un primo sorso di whisky. 
- É successo qualcosa? - Disse fingendosi preoccupato. 
- Il vulcano è arrabbiato. - sentenziò senza guardarlo negli occhi. 
La barista ridacchiò. - Mark, smettila di farneticare. Nessuno abita su quel monte. -
- Ti dico che è stato lui a rapire Cheryl. L'hanno sacrificata. Per il vulcano. - I suoi occhi si fecero lucidi e l'uomo bevve il contenuto del suo bicchiere in un solo sorso. 
- Sciocchezze! - sbottò la donna. - Quella povera ragazza si era stufata di vivere con un vecchio come te e se n'è andata. - 
- Di chi state parlando? - intervenne Sam. 
Mark si voltò a guardarlo, aveva un'aria stanca e avvizzita. - Mia nipote.- frugò dentro una tasca all'altezza del cuore e ne tirò fuori una foto a colori di una ragazza che sorrideva. - Aveva gli stessi capelli rossi di sua madre. - 
Sam abbozzò un sorriso al vecchio malinconico. 
   
 
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