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Autore: Lady I H V E Byron    26/01/2017    1 recensioni
-PREMESSA: non è una storia Yaoi/Yuri/Shonen/Shoujo-ai-
"L’amore ha molti volti, ma quasi nessuno li conosce: esiste l’amore romantico, quello tra i membri di una famiglia; anche la fedeltà ad una persona, non necessariamente coinvolta sentimentalmente, può essere considerata amore, poiché anch’essa può creare un legame indissolubile. Oppure, come diceva un antico poeta, “Amicizia è Amore senza le sue ali”."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora, Ventus
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
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Note dell'autrice: so più o meno cosa direte alla fine di questo capitolo: che ci sono cose in sospeso, bla bla bla e roba simile. Io vi dico: godetevi la lettura.
Se c'è una cosa che noterete nelle mie storie è che tutto viene chiarito in seguito...


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-ECCOLO!-
-PRENDETELO!-
Era passata una settimana dalla sera della festa a Radiant Garden.
L’ex-imperatore Topolino e il resto della sua corte si erano stabiliti a nord, vicino a Twilight Town, ma sempre in una zona appartata.
Da più di una settimana, i soldati scelti da Ventus per cercare Sora non facevano altro che setacciare tutti i boschi del regno, nella speranza di trovarlo.
Più volte era stato avvistato, ma mai catturato.
Il ragazzo era costantemente seguito da loro. Ma lui conosceva i boschi più dei soldati reali; ciò lo metteva in una posizione di vantaggio, rispetto a loro. Saltava le radici sporgenti con agilità e svoltava velocemente tra un albero e l’altro. L’agilità era uno dei suoi punti forti.
Infatti, come ogni giorno, era riuscito a seminarli, ridendo, soddisfatto.
Era frustrante, per i soldati, tornare al castello stremati dalle corse e a mani vuote. Soprattutto per poi subire la predica del capitano Eraqus.
Sarebbe andata diversamente quel giorno?
Torniamo a Sora.
Si era fermato un attimo, per riprendersi dalla corsa, ma non smetteva un attimo di ridere.
Non sapeva perché, ma aveva ormai trovato gusto ad essere inseguito dai soldati di Radiant Garden.
-Gliel’ho fatta anche stavolta…- disse, stirandosi le braccia –Topolino aveva ragione… sono stato un po’ avventato ad entrare nel Castello per rubare i loro munny… Mai mi sarei immaginato che mi venissero a dare la caccia. Eh… Riku ha proprio ragione, sono un vero idiota…-
Riprese lentamente fiato, guardandosi intorno. Nessuno. Solo lui. Come previsto.
-Meglio tornare all’accampamento. Mi sono assentato troppo a lungo, come sempre.-
Non camminò: corse di nuovo. Gli piaceva correre, saltare, fare capriole…
Sora era un tipo dinamico. Ogni scusa era buona per fare movimento.
Nessuno avrebbe mai scoperto la nuova posizione dell’accampamento: dopo la sua ultima bravata ed i continui inseguimenti da parte dei soldati di Radiant Garden, la corte dell’ex-Impero Disney era come costretta, inizialmente, a spostarsi continuamente; ma poi erano riusciti finalmente a trovare un rifugio sicuro, un luogo che nemmeno a un bandito sarebbe venuto l’istinto di dare un’occhiata.
Sora era proprio diretto all’entrata, sicuro di avere la via libera, come sempre.
Ma qualcosa cambiò i suoi piani.
Ad un certo punto, aveva udito un suono strano sotto i suoi piedi: prima di chiedersi di cosa si trattasse, venne improvvisamente sollevato ad un paio di metri di altezza.
Era finito dentro una rete. Era ben nascosta nella flora del bosco, ecco perché il ragazzo non l’aveva vista.
-Ma porc…!- imprecò, guardandosi intorno, alla ricerca del suo Keyblade, con cui avrebbe tagliato le funi che componevano la rete per liberarsi.
Sfortunatamente, il Keyblade era rimasto per terra. Questo fece ringhiare il suo portatore.
-Accidenti, ora sono davvero nei guai…- mormorò.
Dei passi. Qualcuno si stava avvicinando.
-Davvero credevi di sfuggirmi per sempre?-
Ventus. Appena vide che era il ragazzo colui che era dentro la tenda, si tolse l’elmo. Aveva uno sguardo soddisfatto stampato sul volto.
-Io trovo SEMPRE le mie prede. E questo lo prendo io, per ora, non si sa mai…- disse, prendendo il Keyblade del prigioniero.
Sora inarcò la testa indietro, sospirando.
-Ancora tu, ma che angoscia…-
-Poche chiacchiere!- tagliò corto il cavaliere –E restituiscimi subito la collana che hai rubato alla principessa Kairi, se vuoi essere liberato.-
-Non ce l’ho.- fu la risposta, come fosse il fatto più ovvio del mondo.
Ventus aggrottò le sopracciglia bionde.
-Non ti credo.- disse -Voi ladri tenete sempre nascosto il vostro bottino e non lo mostrate nemmeno se veniste minacciati di morte.-
-Vuoi perquisirmi?- schernì il ragazzo, aprendo le braccia –Fai con comodo. Tanto non è con me.-
Il tono del ladro fece innervosire ulteriormente il giovane, che mostrò a lui un manifesto: c’era il suo volto disegnato, con sotto una taglia da 30.000 munny per la sua cattura. Un manifesto da ricercato.
-Non stai facendo altro che peggiorare la tua situazione, ladro.- ammonì Ventus, sempre più minaccioso –Tu e i tuoi amichetti dell’Impero Disney siete già sull’orlo del precipizio per l’omicidio dei sovrani di Radiant Garden, e come se non bastasse, vi intrufolate nel castello a rubare i soldi del regno!-
Sora, per un attimo, apparve confuso.
-Aspettaaspettaaspetta?!- esclamò, scuotendo le mani –Ancora con questa storia di…?! Oh, no… Davvero credi che sia stato l’imperatore Topolino ad ordinare l’uccisione di re Dante e della regina Claire? I suoi più potenti e fidati alleati, nonché suoi carissimi amici?!-
Ventus cambiò improvvisamente espressione: non si aspettava quel tipo di risposta. Si aspettava qualcos’altro, con tono da strafottente, ma non quanto appena udito.
-Non è stato lui?- domandò, confuso.
-NO! Certo che no!- rispose Sora –Topolino non è quel tipo di persona! E’ la persona più gentile di tutto il mondo! Incaricare di uccidere qualcuno… Bah!-
Il giovane abbassò il manifesto, più confuso di prima. Non era sicuro se quanto stava udendo era una menzogna o voci fondate.
-Ma se non è stato l’imperatore Topolino, allora chi…?-
-Perché non chiedi al caro primo consigliere Xehanort se sa qualcosa dell’uccisione dei sovrani di Radiant Garden?- fu la risposta -Ci sarebbe da scrivere un libro su quello che ha fatto per arrivare dov’è…-
Udire il nome “Xehanort” fece sobbalzare il cuore del cavaliere. Soprattutto per il fatto di esser venuto a conoscenza di un evento a lui ignoto in modo così brusco.
-I-il primo… consigliere…?!- balbettò, incredulo, infatti ridacchiò –Andiamo! E’ una delle persone più fidate del re! Come… come può aver ordinato l’uccisione dei sovrani? E soprattutto come ti permetti TU di accusare una persona rispettosa come lui!?-
-Ah, è molto semplice.- Sora era tornato arrogante –Quel pelatone ha distrutto l’isola in cui vivevo, quasi due anni fa…-
Un’altra notizia sconvolgente.
-La tua… isola…?-
-Tecnicamente, un arcipelago.- chiarì il ragazzo -Le Isole del Destino. Eravamo tutti poveri… e pescatori, soprattutto. Poi arriva il primo consigliere e le distrugge; non so come e non so perché, ma le ha distrutte. Io e il mio migliore amico siamo gli unici sopravvissuti di quel massacro. Siamo fuggiti su una zattera, navigando per giorni interminabili, fino ad arrivare sulla soglia dell’Impero Disney e l’imperatore Topolino, appena udita la nostra storia, ci ha presi con sé. Fine della storia.-
Ventus non sapeva se sentirsi un idiota o un cavaliere che aveva appena finito di compiere il suo dovere, ma sentiva il suo cuore sprofondato nel caos.
Nascose tale sentimento con una risata.
-Stai sicuramente mentendo.- disse, incrociando le braccia –Le diresti di tutte, pur di farti liberare, non è vero? Il primo consigliere Xehanort è un uomo dignitoso e sa sempre quello che è meglio per il regno.-
Sora soffiò dal naso, offeso.
-Sembri molto attaccato a lui, eh, cavaliere?-
-Glielo devo. Ha accudito me e mio fratello fin da quando eravamo piccoli, dopo la morte di nostro padre. E poi il mio nome non è “cavaliere”. E’ Ventus! Ser Ventus, precisamente.-
-Beh, scusa se te lo dico, Ser Ventus…- continuò il ragazzo -Ma il tuo “tutore” ha ucciso i miei genitori, oltre che altra gente innocente…-
Lo sguardo del cavaliere non mostrava segni di credibilità: aveva la bocca storta e un sopracciglio abbassato.
A quel punto, il ragazzo sospirò.
-Senti, sei libero di non credermi su quest’ultima parte, ma ti posso assicurare che non è stato l’imperatore Topolino ad uccidere re Dante e la regina Claire!-
-Ah, sì? E come?-
Quella domanda mise Sora con le spalle al muro: aveva di nuovo agito senza pensare.
Rifletté. Poi, a malincuore, trovò la soluzione.
-Se ti dico a chi è stata venduta la collana della regina Claire, mi crederai?-
Ventus fu nuovamente stupito dalla risposta del ladro.
-Fammi capire…- osservò –Tu rubi una collana per rivenderla, per poi aver speranza di sopravvivere. Davvero vuoi sprecare questa opportunità per dimostrare la tua innocenza e quella di un tuo alleato?-
Sora serrò le labbra.
-Sì. Se questa è l’unica scelta…-
Si scambiarono sguardi di fuoco per quasi un minuto. Dopodiché, Ventus sbatté le palpebre.
-Ci sto.- decise –Dimmi il nome del compratore.-
Sora tirò un mezzo sospiro di sollievo.
-Si chiama Pietro. Pietro Gambadilegno.- spiegò –Una delle persone più spregevoli di tutti i regni. Ma l’imperatore Topolino ha stipulato un accordo e siamo costretti a lavorare per lui, se vogliamo sopravvivere.-
-Sì, conosco quella canaglia…- mormorò il cavaliere –E’ da una vita che gli diamo la caccia. Pensi che ce l’abbia ancora?-
-Solitamente, i pezzi che non gli soddisfano cerca di rivenderli…- spiegò nuovamente il ragazzo -Ma quelli pregiati, come collane, gioielli e roba simile se li tiene per sé e non li vuole vendere o restituire per nessuna ragione, a meno che non lo ripaghi con una cifra maggiore con cui gli hai venduto un oggetto.-
-Quindi è anche per questo che hai rubato al castello?-
-No. O meglio, non è legato strettamente alla collana. L’ho fatto solo per la nostra sopravvivenza e per non dipendere più da quella canaglia.-
-Ma se tu non hai soldi con te, come pensi di pagarlo?-
Con sguardo fiero e stringendo le mani sulla rete, Sora fece un profondo respiro, gonfiandosi i polmoni.
Rispose, più deciso che mai: -Troverò un modo!-
Non era una risposta che soddisfò le aspettative del cavaliere, ma dovette rassegnarsi: doveva per forza fidarsi di lui, se voleva completare la sua missione e riportare la collana della regina Claire alla principessa Kairi.
Spostò un angolo della bocca verso l’alto, come per accennare un sorriso.
-Bene, allora siamo d’accordo.- decise, avvicinandosi ad una corda, che sosteneva la rete che teneva imprigionato il ladro –Naturalmente, non ci saranno problemi se verrò con te…-
Quest’ultimo fece spallucce.
-E che importa? Tanto non ho niente da nasconderEEEEEEEHHH!!!-
Prima che finisse la frase, Ventus aveva già tagliato la corda e la rete cadde velocemente sul terreno.
Nel frattempo, una nuvola di inquietudine sembrava aver circondato il castello di Radiant Garden.
Sostenuto dal suo bastone, il primo consigliere Xehanort stava camminando per i corridoi, con aria seria. Nell’altra mano portava una busta.
Era seguito da un giovane dai capelli rossi, acconciati in maniera spigolosa, e con addosso un camice bianco.
-Ma io devo sapere!- esclamò, stringendo i pugni –Sono anni ormai che non sento più sue notizie da parte sua, invece che vostra!-
Seccato dal suo tono sfrontato del giovane, l’uomo si voltò di scatto, con sguardo quasi minatorio.
-Lea!- esclamò –Comprendo perfettamente che tu e il generale Isa vi conoscete dall’infanzia e comprendo la tua preoccupazione per lui, ma lui ha un dovere e una responsabilità verso il regno, e sai bene quanto questo significhi per l’intero regno!-
-Ma nemmeno una lettera…! Giusto per sapere come sta…-
-E’ fuori questione!-
-Allora permettetemi di andarlo a trovare in fronte!-
-Ora basta, Lea! Ne ho abbastanza delle tue lamentele! Re Ansem vi ha accolti ed ha accettato di aiutarvi, offrendo lavoro ad entrambi. Isa è il generale dell’esercito e sta facendo il suo dovere e tu sei il cuoco del castello e il tuo unico dovere è quello di preparare pasti decenti per il castello, non impicciarti in affari che non ti riguardano! Ora torna in cucina, prima che chieda al sovrano di licenziare sia te che il generale, buttandovi nuovamente in mezzo alla strada dai ratti di fogna che siete! Mi sono spiegato?!-
Quando il consigliere Xehanort assumeva un tono da autoritario persino Aeleus era intimorito. Lea si rese conto che la cosa migliore da fare era non insistere; infatti, girò i tacchi e tornò nelle cucine. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non rovinare la sua vita e quella dell’amico.
Con un cenno della testa, come per mostrare soddisfazione, il primo consigliere continuò a camminare per il corridoio.
Re Ansem, come ogni mattina, era intento a fare lezione ai tre ragazzi di Twilight Town, dentro una stanza del piano terra usata come aula. Hayner faceva finta di ascoltare, con sguardo mezzo addormentato e la testa appoggiata ad una mano. Anche Pence non era particolarmente attento. Giocherellava con la penna, ma riusciva a cogliere solo qualche parola nella spiegazione. Olette, invece, si dimostrava molto interessata alle lezioni del re, infatti ascoltava attentamente e prendeva appunti.
-Allora, chi mi sa fare un riassunto di quanto ho appena spiegato?- domandò il sovrano, scostando lo sguardo dal libro che aveva in mano –Hayner, vuoi provare tu?-
Il ragazzo biondo scattò in alto, come se qualcuno avesse urlato mentre lui dormiva, tornando dritto con la schiena e composto sulla sedia.
Odiava quando doveva fare il riassunto. Specie quando non aveva ascoltato la lezione.
-Ehm… c-c-c-c’è… ecco…- balbettò, quasi sudando freddo.
Dall’imbarazzo, Olette si passò una mano sul volto, mentre Pence scuoteva la testa.
Per fortuna, qualcuno bussò sul portone.
-Avanti.- disse Ansem.
Xehanort entrò, facendo un lieve inchino.
-Buongiorno, Vostra Maestà…- salutò, gentilmente.
-Scusate, eminenza…- tagliò corto il sovrano, con una punta di severità sulla lingua –Stavo facendo lezione a questi ragazzi. Spero sia una questione importante.-
Senza dire una parola, l’uomo dagli occhi dorati mostrò la busta, che allarmò l’altro.
-E’ una missiva da parte del generale Isa.- si limitò a dire.
Il cuore di Ansem cominciò a farsi pesante. Con mano tremante, si tolse gli occhiali, ansimando silenziosamente dal naso.
-Bene…- mormorò, prima di rivolgersi ai tre ragazzi, preoccupati per lui –Voi, ragazzi, iniziate a leggere il primo capitolo. Io arrivo subito…-
Sovrano e consigliere uscirono dallo studio, per dirigersi verso lo studio del primo.
Il pavimento e il muro erano quasi interamente coperti dai libri. C’era una grande finestra alle spalle della scrivania, con vista sulla capitale.
Dallo sguardo che aveva scorto nel volto del secondo, Ansem intuì che non c’erano buone nuove.
Si sedette dietro la scrivania, mentre Xehanort rimase dall’altra parte, con le mani dietro la schiena.
-Di cosa parla la missiva?- domandò il sovrano, incrociando le dita.
L’altro gli porse la busta, che fu, poi, aperta e letta in modo titubante.
Il sigillo era già stato rotto.
-La guerra contro gli alleati dell’Impero sta procedendo sta ponendo noi in posizione di vantaggio, Maestà…- aggiornò il consigliere –Ma le provviste scarseggiano, le armature rischiano l’usura, per non parlare delle armi…-
Ansem si tolse nuovamente gli occhiali, sgomento di quanto aveva letto, che corrispondeva a quanto detto da Xehanort. Chinò la testa, cercando di sostenerla con il dorso della mano. Ogni giorno si augurava che quella guerra si concludesse il più presto possibile.
-Maestà…- il tono del più anziano si fece sempre più seria –Mi rincresce dirlo, ma dobbiamo nuovamente dare fondo alle casse del regno.-
L’angoscia nel cuore del re aumentò a quelle parole. Scosse la testa e sospirò, sentendosi più debole del solito. Sentiva il peso del regno sulle sue spalle. Soffriva per gli abitanti del regno, che vivevano con la costante paura che la guerra giungesse anche lì.
-Non posso…- mormorò, quasi singhiozzando –Non posso fare questo al regno… Xehanort, cosa stiamo facendo?! Stiamo spremendo il popolo fino all’ultima goccia di sangue per questa guerra! Per non parlare della povera Naminé… Ormai dipendiamo tutti da lei, dalle sue mostre… E lei non fa altro che disegnare, disegnare… come se fosse il suo unico scopo di vita. Sembra felice, ma non lo è! E’ stressata, stanca, temo che possa collassare da un momento all’altro! Non è giusto che alla sua età debba sentire il peso e la responsabilità di salvare un regno dalla povertà!-
La disperazione e il timore erano troppi. Il sovrano si mise le mani tra i capelli.
Il consigliere rimase del tutto impassibile a quella scena. La sua precedente esperienza militare gli aveva insegnato a contenere le emozioni e mantenere il controllo in qualsiasi situazione.
-Maestà…- disse, prendendo un braccio di re Ansem –Pensate che quanto state per fare potrà risolvere i malcontenti da voi appena citati. Fatelo per vostra nipote Naminé, affinché possa finalmente liberarsi da una grande responsabilità, e per garantire un futuro felice per il vostro regno. Sono sicuro che vostro fratello avrebbe fatto la stessa cosa, se questo avrebbe portato all’incolumità del regno.-
Lo sguardo del sovrano si posò sul ritratto accanto alla porta dello studio, in cui erano raffigurati i sovrani, insieme alle loro figlie. Ma gli occhi rossi erano puntati a quelli blu, con riflessi viola, dell’uomo.
“Dante…” pensò Ansem, storcendo la bocca.
Sospirò.
-Quanto denaro serve?-
Un lieve sorriso si mostrò sulle labbra del consigliere.
-Beh, eheh… se questa non è ironia della sorte…- fu la risposta –La stessa cifra che ci hanno rubato una settimana fa…-
-QUANTO?!- esclamò il sovrano, scattando in piedi e battendo le mani sulla scrivania. Dei libri rischiarono di cadere sul pavimento.
Xehanort si stupì di quella reazione. Non era da re Ansem perdere le staffe in quel modo. Non era un uomo facilmente tendente alla rabbia.
-Così condannerete Naminé ad altre notti insonni di dipinti pur di recuperare quella cifra!-
-Maestà, comprendo il vostro disagio, ma la salvezza del regno dovrebbe avere la priorità sulle emozioni.-
-No, non posso farlo. Non a una delle mie nipoti…- mormorò il re, tornando a sedere, con la mente confusa, spaesata, come un viandante che aveva smarrito la via. Non sapeva più a cosa pensare. Regnava ormai il caos dentro di lui. Si sentiva perduto, inadeguato alla situazione.
Il consigliere cercò di sollevargli il morale, a modo suo.
-Pensate a quello che vi ho detto poco fa… vedrete che non saranno soldi sprecati. Avete la mia parola.-
Ansem non aveva altra scelta. Non aveva la mente abbastanza lucida da pensare ad un’alternativa.
-Quei munny non fanno in tempo a tornare che subito spariscono di nuovo…- osservò, pensando agli eventi di una settimana prima.
L’alba succeduta alla sera del furto, una delle guardie, infatti, aveva notato diversi sacchi sulla soglia del portone della città, probabilmente messi lì durante la notte.
-Un miracolo… O magari i ladri si sono pentiti del loro gesto e hanno restituito tutto per rimediare al loro errore…-
-Se posso permettermi, mio re…- aggiunse Xehanort –Ha importanza?-
La risposta si manifestò con uno sguardo incerto da parte del sovrano.
-No, effettivamente no…-
   
 
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