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Autore: Meissa    31/05/2009    4 recensioni
Ino continua a guardare sconsolata Sakura e getta uno sguardo intorno a sé, una morsa le stringe lo stomaco a quella vista, i segni della guerra intorno a loro, shinobi a terra, squartati, sangue, e quell'odore, e loro lì, in piedi, i signori della guerra, i signori della morte. Si porta le mani alla bocca e si inginocchia a terra, senza poter frenare l'impellente bisogno di vomitare. Shikamaru la osserva, con velata preoccupazione, ma non fa nulla per fermarla o aiutarla.
[...]Si alza, a fatica, e guarda attorno a sé. “Abbiamo vinto,” annuncia rivolto agli altri due o a se stesso, o non sa nemmeno lui a chi.
“Abbiamo vinto,” ripete Ten Ten, lo sguardo duro.
Spoiler per chi non segue le scans, ipotetico e tragico finale della battaglia contro l'Akatsuki.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Note: Spoiler, perché è l'ipotetica fine della distruzione di Konoha, battaglia villaggio della Foglia VS Akatsuki. E' drammatica, tanto drammatica, faccio morire delle persone perché sono un mostro, e la guerra è la guerra. E' anche amara, molto, e il raiting giallo mi sembrava più appropriato di uno verde, per i temi trattati. Buona lettura, ci vediamo più in basso, stavolta leggete le note in basso che devo fare alcune domande a chiunque mi sappia rispondere u.u

The end of the world



Il chiasso, il vento che urla, le grida delle persone, le esplosioni sono solo un suono ovattato, la polvere che gratta la gola e il fumo che entra nei polmoni, nulla, non sono niente, è in un mondo a sé, un mondo di ricordi e echi di risate, luminosi occhi azzurri e sorrisi che si propagano veloci nell'aria, contagiando chiunque sia nelle vicinanze.
Non sente la durezza della terra nuda, su cui si è accasciata, né l'odore di morte e il rosso del sangue sulle sue mani e i suoi vestiti, lo vede senza vederlo, la sola certezza è la solidità del corpo davanti a lei, scomposto a terra, gli occhi vitrei, il biondo dei capelli spento, la bocca schiusa, nel tentativo di catturare aria. Ma non poteva, Sakura lo sa. Lo squarcio sul petto è troppo profondo, il polmone non poteva resistere, è collassato, e più lui ha cercato l'aria più si è avvicinato alla fine.
Lei lo sa.
Lei è un medico.

“Sakura-chan! Sakura-chan!”
“Uff Naruto, cosa vuoi? Non disturbarmi, sto parlando con Sasuke-kun!” lo rimprovera irritata. Gli dà le spalle e la voce diventa carezzevole. “Dicevi Sasuke-kun?”
Un sopracciglio inarcato con evidente fastidio. “Io non stavo dicendo, hai fatto tutto da sola. Dovresti passare del tempo con Naruto, siete seccanti alla stessa maniera,” sentenzia lapidario prima di andarsene, lasciandola da sola, gli occhi spalancati, l'espressione incredula, la colpa che invade il petto e scorre nelle vene, diffondendosi per tutto il corpo, in una sensazione di malore fisico.
Si era ripromessa che non avrebbe più trattato Naruto così, dopo aver sperimentato sulla propria pelle cosa vuol dire...
Si volta per cercarlo ma lui se ne è andato.
… e invece l'ha fatto di nuovo, e non gli ha prestato abbastanza attenzione da ricordare l'espressione dei suoi occhi azzurri.

Un singhiozzo sfugge alla sue labbra, il dolore che le preme in petto, contro lo sterno, la minaccia di esplodere da un momento all'altro, le mani rosso cupo, il sangue che continua a bagnare la terra, il corpo ancora caldo, e l'azzurro cielo degli occhi così spento.
Una goccia di pioggia si deposita sulle sue ciglia, annebbiandole la vista; un istante dopo ne sente il sapore salato sulle labbra.

“Naruto! Cosa ci fai qui?”
“Mh? Oh, io... nulla passeggiavo,” risponde con un alzata di spalle.
“Sono le undici passate,” osserva Sakura, leggermente preoccupata. “Dovresti essere a casa.”
“Siamo ninja, Sakura!” ribatte allegro. “Cosa credi possa succedermi, poi? E comunque tu sei fuori casa e sei una ragazza,” le fa notare, logico.
“Ho buttato la spazzatura,” spiega indicando con lo sguardo i bidoni poco lontani.
“Ah, ho capito. Be' io vado, allora,” saluta insolitamente pacato.
Sakura si sente spaesata, perché Naruto è un vulcano di energia e ora è così tranquillo e arrendevole da non sembrare neanche lui.
“Aspetta!” lo richiama. “Vuoi entrare a prendere un tè? Co... così parliamo, se ti va,” aggiunge sottovoce.
“Di che?”
“Ah... non so... quello che ti va. Mia madre fa un ottimo tè,” ingiunge a mo' di spiegazione.
“Sai giocare a daruma otoshi*?”
“Eh?”
“Hai daruma otoshi, vero?”
“Si che ce l'ho,” risponde lei. “E so giocarci, non ci vuole del genio.”
“Prendo il tè se giochiamo a daruma otoshi,” ribatte Naruto. “Sono sicuro di stracciarti,” afferma convinto, annuendo per dare maggior enfasi alle proprie parole.
Sakura scoppia a ridere, di getto, poi si avvia verso la porta di casa e invita Naruto a seguirla.
“Mamma! Puoi mettere su il tè? Abbiamo ospiti! Naruto è venuto a farsi stracciare a daruma otoshi!” vocia mentre corre su per le scale, presumibilmente a prendere il gioco.
“Non la ascolti signora,” fa presente Naruto. “Sarò io a stracciarla.”

“Sakura, ma siete ancora qui?! Sono le due e mezza di notte e domani avete una missione!”
“Ah, scusa è che stavo vincendo e Naruto ha voluto continuare, così ora siamo in parità...” si giustifica Sakura. “L'ultima e andiamo a dormire.”
“Sakura-chan!” protesta Naruto, oltraggiato. “Tu stavi perdendo e tu hai voluto continuare!”
“Naruto, non dire stupidaggini!” stride Sakura tappandogli la bocca.
La madre di Sakura sbuffa, prima di andarsene. “Fate come vi pare, non lamentatevi se poi Kakashi vi lascia a casa per un mese perché domani non riuscite a reggervi in piedi,” li avvisa severa, nascondendo un sorriso.

“Perché avete quella faccia voi due?”
“Ah... niente,” mormora Sakura.
“Basta solo che non senta mai più parlare di daruma otoshi per il resto dei miei giorni” aggiunge Naruto, l'espressione stravolta come quella della compagna.
Sakura si gira a guardarlo e scoppiano a ridere, sotto gli sguardi allibiti di Sasuke e Kakashi.
“Sensei, li abbiamo completamente persi,” osserva Sasuke scuotendo la testa.
Kakashi si stringe nelle spalle e sorride bonario, prima di incamminarsi.

Sakura annaspa, non riesce a convogliare l'aria nei polmoni, sembra prenderla in giro quasi, farle rivivere il modo in cui è morto lui, la stessa sensazione... è scossa dai singhiozzi, le mani strette a pugno contro la terra. Ino si precipita verso di lei, il volto una maschera di disperazione e preoccupazione, ma Shikamaru le posa una mano sulla spalla, deciso, e scuote la testa, lo sguardo basso. Ino spalanca gli occhi azzurri, senza emettere alcun suono, ma Shikamaru non ammette repliche. La kunoichi lo guarda gli occhi pieni di lacrime per non sa nemmeno bene lei cosa, per Naruto, per Sakura, perché non può andare da lei...

Allora Fronte Spaziosa...”
“Ino Pig!”
“Tu puoi chiamarmi Ino Pig e io non posso chiamarti Fronte Spaziosa?” sbotta in una smorfia curiosa, che vorrebbe essere stizzita.
Sakura scoppia a ridere e Ino con lei, prima di buttarla giù da una panchina.
“Ino!” strilla scandalizzata.
“Che c'è? Non puoi scoppiarmi a ridere in faccia a quel modo e pretendere che non faccia nulla,” spiega noncurante.
Sakura si rialza, si spolvera lo scamiciato e si risiede sulla panchina.
“Sei...” non riesce a finire la frase che la il dito di Ino preme sulle sue labbra.
“Stai zitta Sakura, altrimenti finisci di nuovo a terra,” l'ammonisce Ino, superiore.
Sakura sbuffa, e guarda dall'altra parte.
“Allora... come stai?” domanda un po' più seria.
Sakura fa una smorfia, che dovrebbe essere un sorriso. “Mi ha lasciato su una panchina,” commenta sofferente. “Ha... ha cercato di far fuori Naruto, prima. Poi mi ha lasciato su una panchina. Poi ha di nuovo tentato di uccidere Naruto. E... e...” le parole le si bloccano in gola, soffocate dai singhiozzi.
“È tutto a posto,” sussurra dolcemente Ino, cingendole le spalle. “Tutto a posto... andrà bene. Andrà bene, Sakura.”
“Co... come fai a dirlo?” dice con voce rotta. “E... e... se...”
“Guardami Sakura,” ordina Ino, obbligandola a alzare lo sguardo. “Andrà bene. Lo riporterete indietro. E se avrai bisogno ti darò una mano, te lo prometto.”
“E... e per...”
Ino le sorride dolcemente. “Devi dare tempo al tempo, Sakura. Passerà,” spiega con semplicità.
Sakura si stringe all’amica, le lacrime che scivolano leggere sulle guance, e sente il respiro calmarsi mentre Ino la culla dolcemente.

Ino continua a guardare sconsolata Sakura e getta uno sguardo intorno a sé, una morsa le stringe lo stomaco a quella vista, i segni della guerra intorno a loro, shinobi a terra, squartati, sangue, e quell'odore, e loro lì, in piedi, i signori della guerra, i signori della morte. Si porta le mani alla bocca e si inginocchia a terra, senza poter frenare l'impellente bisogno di vomitare. Shikamaru la osserva, con velata preoccupazione, ma non fa nulla per fermarla o aiutarla.

Il cielo è limpido, di un azzurro accecante, quasi, le nuvole sono tra le più belle che abbia mai visto, sono bianche, soffici, impalpabili e leggere, cullate da un soffio di vento. Shikamaru è sdraiato a terra, intenzionato a trascorrere così il resto della giornata, immerso nel fruscio delle fronde e i gorgoglii del fiume, il cinguettio degli uccelli e gli squittii degli scoiattoli, l’odore della resina e il profumo dei fiori, la quiete e la tranquillità della natura.
“Shiika!”
“Mendokuse!” sbotta Shikamaru, udendo la voce soave della compagna, e chiude gli occhi. La sua giornata di totale relax è, ormai, inevitabilmente rovinata.
“Ma che diavolo ci fai qui? Possibile che tu non sappia fare altro che poltrire, eh?”
Shikamaru rassegnato apre leggermente le palpebre, trovando nella sua visuale due occhi azzurri e una cascata di capelli biondi.
“Perché cosa dovrei mai fare?” le domanda senza muoversi.
“Qualcosa, ovvio!” protesta Ino. “Per esempio potresti accompagnarmi a fare la spesa per mia madre prima di andare a chiamare Choji e vederci con Asuma sensei,” propone sorridendo.
“Io sto bene qui a rilass…”
“Non se ne parla proprio, andiamo!” ordina Ino tirandolo su di peso.
“Ma che cavolo… puoi anche andarci da sola a far la spesa!”
“Ma mi annoierei terribilmente. E poi voglio la tua opinione su una cosa importante,” aggiunga pensosa.
“Ino, non voglio sapere nulla su cose da donna!” alza la voce allarmato mentre camminano, la presa di Ino sul suo braccio ferrea.
“Tipo?” chiede lei curiosa.
“Tipo biancheria, e be’… quelle altre cose. Inoltre non voglio sapere di dubbi esistenziali su appuntamenti vari.”
“Appuntamenti con chi?”
“E che vuoi che ne sappia! Con qualcuno che ritieni carino.”
“E tu che ne sai?”
“È evidente,” ribatte con un’alzata di spalle. “ Comunque, di queste cose, parlane con Sakura.”
“Ma io ne parlo con Sakura,” sbotta lei, corrugando la fronte. “Io e te dobbiamo parlare di Asuma!”
“Cioè?” domanda lui guardandola interrogativo.
“Cioè… oh, l’ho visto con Kurenai, l’altro giorno!” esclama Ino concitata.
“Ah,” mormora lui totalmente disinteressato.
“Ah? Tu… tu…” farfuglia Ino. “Lo sapevi già!” strilla, oltraggiata. “Lo sapevi e non hai detto nulla a me e Choji!”
“Be’… non me l’hanno detto,” protesta Shikamaru proteggendosi dai pugni di Ino.
“L’ho intuito.”
“Tu… tu… preparati, Shikamaru,” sibila lei, lapidaria. “Quest’anno organizzerai la nostra festa di compleanno, e quella di felicitazioni per Asuma sensei. E sarà meglio per te che siano perfette come se fossi io l’organizzatrice,” conclude con un sorriso, un lampo di pura malvagità nelle iridi azzurre.
“Ah…” sbuffa, allontanandosi rassegnato.
“Dove vai? Tu ora vieni a fare la spesa con me, così impari a non dirmi nulla!” annuncia riafferrandolo e trascinandoselo dietro, viso all’aria, un ultimo “mendokuse” che si perde nel vento.

Neji tiene la mano sulla spalla, sanguinante, alle sue spalle Lee, e Ten Ten, un lungo taglio che parte dal sopracciglio sinistro, è appoggiata a lui, anche se forse è vero il contrario, perché sente le gambe molli e la voglia di cadere in ginocchio, e se Ten Ten non fosse lì, si accascerebbe a terra. A cosa serve avere quegli occhi, se poi… se poi è finita così. Hanno vinto una guerra, ma gli sembra di aver perso lo stesso. Lo sguardo corre rapido al corpo di Naruto, o quel che si vede, perché la Haruno è completamente accasciata su di lui, scivola sugli altri cadaveri indifferente, si sofferma appena un istante se ne riconosce qualcuno, finché non si fissa sul corpo inerte e immobile di Hinata. Le avevano detto di starsene ferma, che era salva ma le cure erano provvisorie e invece lei ha voluto combattere lo stesso. Aveva appena detto a Naruto ciò che provava… Sente la mano di Lee sulla sua spalla e la presa di Ten Ten su di lui farsi più salda.
Si muove, come un automa, un passo, poi un altro, sorretto dagli amici. Sono vicini al cadavere di Hinata adesso. Gli occhi sembrano pezzi di porcellana, vuoti, non se ne scorge quasi l’iride, i capelli neri incrostati di sangue e terra, le labbra aperte in un urlo muto. Neji si china, e abbassa le palpebre, in segno di rispetto.
Lee e Ten Ten non comprendono le parole che sussurra, e non ci provano nemmeno, è qualcosa di troppo intimo e privato, che non devono sentire, ma per Neji, che le pronuncia, rimbombano nell’aria, un’esplosione nel silenzio. “Riposa in pace Hinata-sama. Riposate in pace, entrambi.”
Si alza, a fatica, e guarda attorno a sé. “Abbiamo vinto,” annuncia rivolto agli altri due o a se stesso, o non sa nemmeno lui a chi.
“Abbiamo vinto,” ripete Ten Ten, lo sguardo duro.

“Naruto!”
“Hinata, stai giù!”
E lei corre, sorda a qualsiasi richiamo, la sagoma di Kyuubi che si staglia imponente sullo sfondo, e ruggisce e urla, dolorante, piegata, uno sfrigolio e un riverbero di luce che si avvicina rapida, un fulmine.
No, no… Naruto, no!
Non si accorge del ninja dietro di lei, Lee non fa in tempo, il calcio colpisce con precisione il collo dell’avversario, il rumore sinistro dell’osso spezzato, ma è tardi, il pugnale è già in aria, e Hinata lo sente freddo sulla pelle, la lama trapassa la carne, lacera gli organi, e lei cade a terra, l’urlo che muore in gola.
Solleva appena la schiena, una mano protesa in avanti, l’altra a terra a sostenere il peso del corpo, Naruto negli occhi, prima di crollare a terra definitivamente, lo sguardo sempre verso la stessa persona.
“Hinata, ehi Hinata,” chiama Rock Lee, ha colpito un altro avversario che si è messo in mezzo e ha corso rapido per arrivare a lei.
Ma è troppo tardi, oramai. Hinata non può più sentirlo.
Lee spalanca gli occhi, poi li chiude e abbassa lo sguardo, sconfitto, le lacrime sulle ciglia scivolano sulle guance, e quando li riapre la vista è ancora offuscata, le mani strette a pugno, lo sguardo duro, l’ombra della disperazione in volto, ora non può. È una guerra, e lui non ha fatto in tempo.

Ogni passo lo avvicina di più a loro, ed è un passo pesante, perché ha un macigno che grava in petto, di quintali e quintali, e lui non ha le forze per andare avanti. Si trascina, con una lentezza esasperante, un passo, poi un altro. Ogni passo lo avvicina alla sua sconfitta.

Ha Kyuubi davanti. Non è Naruto, è Kyuubi.
O forse è semplicemente una stronzata, perché Kyuubi è dentro Naruto, e Naruto ospita Kyuubi, e forse sono la stessa cosa, entità, persona. Quello è Naruto, però.
Ha nove code, e ringhia, e la pelle che sfrigola, grosse bolle, e muove le code, che sferzano l’aria, e le sbatte per terra, le vibrazioni che si sentono a grandi distanze, l’euforia negli occhi e la rabbia, ma è Naruto.
Gli basterà controllarlo, porlo sotto il suo controllo con lo sharingan e sarà di nuovo Naruto ad avere il sopravvento sul demone. Eppure, quella stretta allo stomaco… lo sa che non basta, non è stupido. Non si può fare altro, Naruto ha perso il controllo su Kyuubi e se non lo si fermerà subito, distruggerà il villaggio, e tutti i suoi abitanti, ma non può. È Naruto, non può uccidere Naruto.
E per un attimo mentre cerca di controllare Kyuubi con i suoi occhi, Naruto salta fuori, per un breve, intenso istante.
“Sasuke… fallo.”
E Sasuke sa di non poterlo fare, sa cosa vuol dire, il rimorso che ti accompagna, il dolore costante, che si acuisce di tanto in tanto, e viene reso insostenibile, il tormento di convivere con le proprie scelte e i propri fantasmi. Sasuke non può uccidere qualcuno che ama e lo ama a sua volta; non può uccidere un fratello: lo ha già fatto, e non è disposto a ripetere l’esperienza.
“Sasuke… fallo per me. Per una volta.”
E poi Naruto soccombe, non c’è più, è solo Kyuubi, e Sasuke lo sa, che è la fine.

Sarà a dieci passi, ormai. A undici anni li avrebbe percorsi con noncuranza e lentezza, per il semplice gusto di farli attendere, per mostrarsi, ma non avrebbe tentennato, non avrebbe avuto paura, ma ora è diverso. Sa di dover andare da lei, che è il momento e che se lo merita. Glielo deve.
Glielo deve per aver aspettato tre anni che lui tornasse, per essere andata a cercarlo, per aver tentato di dissuaderlo, per le lacrime che le ha fatto versare tutti i giorni, glielo deve per averla lasciata su una panchina, per non averle mai mostrato un minimo di apprezzamento, per aver cercato di uccidere Naruto due volte, glielo deve perché ha detto che di loro non gli importava nulla, ma non era vero, e perché adesso Naruto è tra le sue braccia, ma non è più vivo, e Sakura si merita che lui sia lì, a sostenerla, come Naruto ha fatto quando lui se ne è andato.
Ino lo vede avvicinarsi, e Sasuke le sente, le urla silenziose e le accuse, ma Shikamaru la trattiene, e poi la kunoichi è a terra, in ginocchio. Shikamaru abbassa lo sguardo, compreso, e Sasuke prova un moto di riconoscenza nei suoi confronti, perché se l’avesse lasciata fare, forse non sarebbe andato fino in fondo, e Sakura se lo merita.

“Sasuke-kun!”
“Mh? Cosa vuoi?” domanda senza prestarle troppa attenzione.
Si scoraggia, il viso rivolto verso il basso, fisso sui piedi, la voce che trema in gola.
“Io… io volevo darti questo,” mormora piano.
Sasuke si gira verso di lei, osservando l’oggetto che ha tra le mani. “Che cos’è?” domanda, rassegnato, non capendo di che si tratta.
Sakura ritrova un po’ di sicurezza, appena il necessario per parlare. “È una specie di portafortuna, più o meno.”
“Più o meno?” domanda Sasuke inarcando il sopracciglio.
“Non un portafortuna vero e proprio. È uno scaccia fantasmi,” dice con voce tremula.
“Non mi serve. Non ho paura dei fantasmi,” ribatte Sasuke, senza prendere l’oggetto che lei ha allungato verso di lui.
Sakura ha gli occhi grandi, lucidi, e prende un respiro profondo prima di parlare. “Tutti abbiamo paura dei nostri fantasmi, Sasuke-kun,” sussurra, tremula, lasciando lo scaccia fantasmi vicino a lui.
Sasuke sente lo scalpiccio dei suoi passi allontanarsi leggeri, e getta uno sguardo a quel coso di Sakura.
È un pensiero gentile, ma lui non vuole liberarsi dei propri fantasmi.

Due passi ancora. Mentre muoveva i piedi, a fatica, gli sembrava di impiegare secoli a mettere una gamba davanti all’altra, e ora che è lì, tanto vicino, così vicino, sono passati troppo in fretta.
È a un passo, adesso. Sente il respiro affannoso di Sakura, il suo singhiozzare sommesso, perché nonostante tutto non vuole farsi vedere piangere ancora, le mani rosso cupo, l’odore di sangue e di morte, che in quel punto gli sembra soffocante, e la vede, la ferita di Naruto, quel rosso, le budella fuoriuscite, e il viso, e non è più Naruto, è solo un corpo morto, l’azzurro di solito così intenso incredibilmente smunto e vuoto.
Si schiarisce la voce, l’aria che raschia la gola, prima di parlare. “Sakura,” la chiama, ma dalle sue labbra non esce nulla. Abbassa le palpebre, irritato.
“Sakura,” la chiama di nuovo, e questa volta il suono esce, gracchiante, privo della solita imperturbabilità.
Sakura, singhiozza più forte, le spalle scosse da un breve tremito, quando parla, la voce è ferma. “Vattene,” non dice altro, e Sasuke sente il peso gravare sul petto aumentare. Sospira, perché non lo vorrebbe fare, e perché non è pronto nemmeno lui.

Sasuke balza indietro, rapido, e per frenarsi è costretto a puntare sui piedi e mettere una mano a terra, sente il terreno scivolare sotto le suole delle scarpe e sfregare sul palmo della mano, il bruciore per il graffio superficiale, rialza la testa al tremare della terra: una delle code si è abbattuta con forza nel punto esatto dove si trovava un attimo prima.
Manda una maledizione a mezza voce, e fissa di nuovo Kyuubi, ma non riesce a controllarlo nemmeno con lo sharingan.
È stanco, e l’avversario invece è più in forze che mai, non cede ai suoi occhi, non sono sufficienti, nemmeno quest’ultimo tentativo è valso a qualcosa.
Scatta indietro, rapido, mantenendo il controllo che ha su Kyuubi, che è dolorante e ruggisce, sferza l’aria con le code, si oppone a lui, pronto.

Sakura concentra il chackra nella mano e colpisce con un pugno un avversario, che cade addosso a un suo compagno. Sta per colpirne un altro ma si distrae da un suono familiare, che conosce troppo bene.
Un rumore intenso da spaccarle i timpani, nel fragore della battaglia, un cinguettio di uno stormo di uccelli, manda al tappeto con un kunai un ninja nemico, di riflesso, mentre si gira, l’orrore negli occhi, e vede le scariche elettriche, si propagano nell’aria in una direzione, la luce del fulmine, le parole di Gai in testa.
”Un attacco diretto, ma è l’attacco migliore del numero uno del villaggio della foglia… l’unica mossa originale di Kakashi il ninja copia.
È una mossa segreta usata solo con fini omicidi.
Chidori!**”
Sakura resta paralizzata, incapace di distogliere lo sguardo: lo sa, che è la fine.

“Sakura, lascialo, allontanati,” ritenta, irremovibile. Ma Sakura percepisce ugualmente quella nota di stanchezza e di fatica, come se ogni parola costasse anni di vita, e non ha mai sentito Sasuke in questo modo, e fa un po’ paura. Serra le palpebre e il respiro manca per un istante quando la mano di Sasuke è sulla sua spalla, una presa ferma. “Allontanati,” ripete, duro. “Devi lasciarlo andare, Sakura, lo capisci?” mormora con una punta di dolcezza, e Sakura è di nuovo sorpresa, perché Sasuke non è mai stato quel miscuglio di malinconia e stanchezza, e quel tono dolce ha un sapore amaro, e non sa nemmeno lei spiegarsi bene come, né perché.
Si morde il labbro, senza muoversi, e poi parla, con una severità che non ha mai usato nei suoi confronti. “Tu non c’eri. Non puoi… non hai il diritto. Tu non c’eri, te ne sei andato. Eravamo io e lui. Tu non c’eri Sasuke,” la voce è limpida e risuona nell’aria, l’accusa esce fuori intrisa di rancore, disperazione, e Sasuke la sente depositarsi lì, sul petto, in aggiunta a tutto il resto.
Chiude gli occhi, ogni parola è sangue versato, orgoglio gettato alle ortiche. “Ora però sono qui, Sakura,” constata, senza particolari inflessioni, solo quella cappa di pesantezza che sembra gravare su tutti loro, indistintamente.
Sakura scoppia in una risata vuota, che diventa stridula e si trasforma in singhiozzi. “Non basta Sasuke. Non è abbastanza,” risponde ferma, nonostante tutto.
“Non puoi restare immobile, non puoi fermare il tempo. Lui non tornerà,” sospira grave. “Devi andare avanti. Ora sono qui Sakura,” ribadisce. “Ora sono qui,” ripete in un debole sussurro.
Sakura chiude nuovamente gli occhi, le parole di Sasuke in testa e il cadavere di Naruto tra le braccia: sono solo loro tre, nessun altro, il resto del mondo è chiuso fuori. Espira, profondamente. “Il tempo non guarisce tutto, Sasuke. Chi l’ha detto… non ha mai vissuto questo,” lo informa, e si sente stanca anche lei, perché nonostante abbia Ino, e la shisho, e Kakashi e tanti altri, bisogna di quell’appoggio, quello che Naruto ora non le può più dare. “Potrebbe non bastare il tempo, Sasuke,” sussurra, voltandosi finalmente a guardarlo. “Potrebbe non essere sufficiente per…” lascia cadere la frase, incapace di andare oltre.
“Lo so,” risponde asciutto. “Lo so bene, Sakura,” precisa, con consapevolezza, e Sakura lo vede, forse per la prima volta.

Sasuke si avvicina ancora, di fianco a lei, e le tende una mano, che lei accetta, e preme con forza l’altra sul terreno per alzarsi. Quando è in piedi lascia la mano del compagno, non si guardano, gli occhi di entrambi sono fissi su Naruto. Sasuke non si concede lacrime, Sakura adesso ha lo sguardo duro e asciutto. Restano in silenzio, per un’eternità, o forse un secondo, ed è il momento di maggior intimità che abbiano mai condiviso, le parole sono superflue, qualsiasi contatto inutile, è semplicemente come dev’essere, perfetto nel suo assordante silenzio e intensamente pieno nella sua vacuità.
“Andiamo.”
Lei annuisce e muovono qualche passo indietro, ancora incapaci di distogliere davvero lo sguardo, poi prendono un sospiro e si girano, e vedono il resto, il di fuori.
Sakura emette un gemito, Sasuke non fa una piega.
Sasuke negli sguardi e nei gesti degli altri ninja vede approvazione, disgusto, una timorosa reverenza, semplice paura.
Sakura invece non si era soffermata a guardare fuori dal suo dolore; tutto le appare chiaro e un lampo di pura sofferenza attraversa il verde delle iridi, mentre si vede per la prima volta, riflessa negli sguardi duri di tutti.
Sono i signori della guerra, i signori della morte.

“È la guerra, Sakura.”



*Daruma otoshi si fa una pila con dei cilindretti di legno e si mette un pupazzo rotondo detto daruma in cima. Si colpiscono i cilindri con un martello cercando di toglierli senza farli cadere.
** Discorso pronmunciato da Gai, tagliato di un pezzetto, capitolo 113, volume 13


Note autrice: Alt! Non uccidetemi, non massacratemi, non picchiatemi. Io l'avevo detto che è triste e drammatica. Non sono sicura di aver tenuto IC i personaggi, specie due, indovinate quali? Sasuke mi sembra troppo cedevole, Sakura troppo rigida, però non so, in fondo era il loro migliore amico, Sasuke ha ammazzato suo fratello, Sakura sarà anche innamorata di Sasuke ma anche Naruto, quindi boh, non lo so. Il finale è aperto apposta. Potete immaginare quello che vi pare: Sakura riuscirà a perdonare Sasuke e vivranno felici e contenti; Sasuke non perdonerà mai se stesso, quindi non Sakura non accadrà nulla; il tempo non basterà e Naruto sarà sempre tra di loro; Sakura non riuscirà a perdonare Sasuke e penserà sempre a Naruto; Sasuke penserà sempre a Naruto e non vedrà mai Sakura in quel modo.
Non saprei, penso che sia ciò che si avvicina di più a un threesome, perché per me in un modo si amavano tutti e tre incondizionatamente. Io sono rrivata fin qui, il resto è tutto vostro.
Ah, ultima cosa, le scene tra Sakura e Naruto sono collegate, ecco perché esita e gli chiede se vuole entrare a parlare, vuole farsi perdonare per il pessimo comportamento tenuto nei suoi confronti ;)
Ora passiamo alle cose serie u.u
Questa è la ventesima storia che pubblico nel mio account, quindi direi che per festeggiare servono più o meno una ventina di recensioni, altrimenti non vi rivolgerò mai più la parola. Sto scherzando, non prendetemi sul serio, tra l'altro so che se non dovessi più scrivere nulla festeggereste, quindi XD

Scherzi a parte, un'opinione mi farebbe piacere ^^
Ora, le domande davvero, ma davvero serie.

1 Perché le fan SasuSaku si chiamano BlackPanter?
2 Perché SasuSaku è metal? Perché non rock? O musica leggera?
3 Dove avete letto quelle informazioni carine, tipo che a Sasuke piaccono i pomodori? Le voglio anche io ç_ç
4 Che diamine sono i filler?
5 [Solo per chi segue gli spoiler] Sono l'unica a voler uccidere a sassate Kishimoto dopo il capitolo 449?
6 Perché continuo a sparare cazzate?


Risposte varie: Un grosso, gigantesco grazie a chi continua a inserire le mie storie tra i preferiti, non me lo sarei mai aspettata, quindi ne sono felicissima u.u
Palate di grazie, abbracci, baci quant'altro a Topy, Sakura88s, kry333, liyen ed Hele91, che hanno commentato Cupido **, e a kry333 per aver commentato anche Picture e Un dobe per amico. I soldi potete ritirarli giovedì prossimo, grazie della collaborazione.

Si ringrazia come sempre la Musa, per l'ispirazione, e si prega la Santa Dea dell'IC, che sia sempre con me.

Detto, questo, alla prossima! E rispondete alle mie domande, che sulle prime tre sono curiosa >.>
   
 
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