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Autore: Ferula_91    31/05/2009    2 recensioni
Ogni canzone mi riporta a te, in un modo o nell’altro: basta solo una parola e come d’istinto la mente centra la tua immagine ingrandendola enormemente, mentre le lacrime seguono il suo lento e -ormai- naturale corso.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Strano e inspiegabile come nei momenti peggiori, in cui ripensi ai tuoi fallimenti nella vita, alle tue sconfitte e alle perdite, riesci a trovare canzoni che servono solo ad appesantire la depressione che già di suo ti schiaccia enormemente. Sembrano che aspettino solo quei momenti per uscire fuori e farsi ascoltare, per farti sentire più in colpa, più fragile e umano. E più cerchi di distrarti, di dimenticare delle parole che ti dettano, più quelle ti rimbombano nel cervello come un oscuro incantesimo.

Ogni canzone mi riporta a te, in un modo o nell’altro: basta solo una parola e come d’istinto la mente centra la tua immagine ingrandendola enormemente, mentre le lacrime seguono il suo lento e -ormai- naturale corso.

Tutte le sfaccettature dei miei ricordi assieme a te prendono vita, le giornate passate insieme, le litigate senza senso durante le quali era l’orgoglio da farla da padrone, le vacanze e le insopportabili ore di scuola. Sempre a spalleggiarci, a sorreggerci a vicenda nei momenti bui, ad ascoltare le fisime dell’altro e i probabili amori e stravaganti sentimenti che ci coglievano come frutti maturi.

C’era un problema ed uno squillo sul cellulare, un trillo su MSN, ed eccoci seduti sulle scale del palazzo davanti alla tua porta, a pochi passi dalla mia, e con due chiacchiere il mondo sembrava migliore, adatto a due semplici adolescenti che inesperti affrontavano quel viaggio chiamato “vita”, mano nella mano, senza vergogna né malizia, ma semplicemente come realmente erano: migliori amici.

Mi piacevi però, conoscevo tutto di te, anche il più piccolo difetto, eppure la scossa e la morsa allo stomaco che mi accompagnavano mentre correvo da te sembravano fregarsene. E come dar loro torto? Non ti si poteva odiare, e anche una piccola pecca nel tuo carattere la sapevi trasformare in qualcosa di meraviglioso, mostrandoti semplicemente per come eri veramente.

E per questo che ti stimavo, vedevo in te il mio idolo, la mia meta da raggiungere e il mio punto d’arrivo. Correvo, correvo, ma non ti raggiungevo, mentre si faceva sempre più largamente l’idea che se ti fossi allontanato da me, io sarei inesorabilmente caduta a terra permettendo a qualcun altro di vincere la gara.

Stupido vero? Programmare la propria vita intorno ad una persona, che perdita di tempo ed energie… Ora lo so, ma quanto dolore m’è scorso nelle vene e mi ha corroso l’animo.

L’hai incontrata il primo giorno di superiori, era nella tua stessa classe, davanti a te di banco. Buffo a volte il destino non trovi?

Come si faceva a non notarla? Impossibile se non impensabile. Un semplice gesto, una parola, sapeva trasformarla in qualcosa di divino. Inutile competerci, ne sarei uscita sconfitta senza possibilità, quindi neanche ci provai convinta com’ero che ti avrei avuto per sempre.

Ma ogni tua parola su di lei faceva diventare realtà quel mio strano pensiero, i tuoi occhi, carichi di ammirazione e desiderio, vedevano solo lei, ciechi di fronte a me e alla mia banalità.

Non lo sopportai. La odiavo, senza un motivo apparente, senza che m’avesse fatto realmente qualcosa... Ma in realtà una cosa, seppur inconsapevolmente me l’aveva fatta: mi stava portando via te a poco a poco. Ma tu non facevi nulla per impedirlo, continuavi ad osservarla ammaliato, provocando dentro di me ferite sempre più profonde e insanabili.

Ma questa era solo la quiete prima della tempesta… Il tifone non si fece attendere molto, carico di devastazione e mutamento. Ti ho visto cambiare, sotto i miei occhi, e non ho saputo far nulla per evitarlo. Mi sei scivolato via come sabbia, e non ho stupidamente stretto le dita finchè nella mia mano non è rimasta altro che polvere.

Ogni volta che ti vedevo non ti riconoscevo, un nuovo lato di te mi si mostrava, orribile, falso, tremendamente tagliente. Sapevo che la causa di tutto era lei, alla sua rete avevi abboccato perfettamente e adesso lentamente, gustandosi attimo dopo attimo, ti portava a riva verso sé.

Potevo tagliare quelle reti, liberarti, ma non lo feci. Paura? Impotenza? Vigliaccheria? Chiamala come vuoi, fatto sta che non ti vidi più. Passavo le mie giornate fissando il telefono, fremendo per ogni minimo rumore o movimento. Stavo le ore a contemplare la porta di casa tua nella speranza che uscissi di lì e mi sorridessi come solo tu sapevi fare, ripetendomi che tutto andava bene. Piangevo, urlavo e pregavo un Dio che mi ascoltasse da lassù, che prestasse un secondo della sua eternità a me.

Tante cose sono successe poi, così velocemente che mi hanno investito in pieno senza darmi il tempo di preparare una difesa. Hai buttato giù con un soffio le mie deboli barriere di carta e ci hai sputato sopra. Stavo male, ma niente cambiava.

Stavi con lei, e di me non ti importava più niente. Non so neanche perché siamo arrivati a questo punto, ma quel giorno, quel maledetto sabato con un semplice “ognuno per la sua strada” mi hai abbandonato sotto la pioggia della realtà, fredda e sporca, priva di un riparo stabile come eri tu. Era stata sicuramente lei a dirti di far così, avevo intuito i suoi sguardi carichi d’odio nei miei confronti.

Però mi bastava vederti da lontano, osservarti di nascosto per sentirmi meglio, più libera e felice, con la convinzione che sarei andata avanti lo stesso anche in quella situazione e che tutto prima o poi si sarebbe risolto nel migliore dei modi.

Illusa che ero! Tu non sei più tornato, e io non ti ho più cercato… Ma una cosa il mio cuore l’ha custodita gelosamente, e tutt’ora, quando rileggo le nostre conversazioni e i nostri messaggi all’apparenza stupidi, tampona le ferite che sgorgano ancora sangue:

sei stato il mio primo, grande amore…

 

NdA: Tratto in parte da una storia vera, non la mia, ma di una mia amica. Alcune cose sono veritiere, altre frutto della mia fantasia, ma il dolore che lei prova è reale al 100%. Spero solo di averlo trasmesso anche in piccola parte.

  
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