Lui voleva rompere il fidanzamento. Il giorno del
suo compleanno… Era davvero ironico, ma Akane non ebbe alcuna voglia di
mettersi a ridere. Se ne avesse avuta la forza lo avrebbe colpito con tutta la propria
sofferenza, ma… così si sarebbe completamente svuotata perché al momento non
aveva null'altro in sé. Gli diede le spalle, affinché lui non le leggesse in
volto ciò che non era capace di nascondere, e non fu solo per orgoglio che non
volle fargli capire quanto le stesse facendo del male. In fondo lui aveva ogni
diritto di rompere il fidanzamento; che poteva farci lei? Costringerlo a
mantenere un impegno così gravoso? Non poteva costringerlo ad amarla, ad amarla
così come lei amava lui. Questo non significava che amasse un'altra delle sue
fidanzate, ma per lei non cambiava granché: lui non la voleva, punto.
"Akane?" "S- sì – deglutì,
ricercando un po' di voce tra le lacrime che le serravano la gola – d'accordo…
Parlerò con mio padre e…" "Non vuoi sapere il perché?" Akane si
voltò a guardarlo, gli occhi lucidi "Credo di immaginarmelo…" lui
scosse la testa e le si fece più vicino "Akane, guardami… - lei infatti
aveva distolto nuovamente il viso – tu non lo sai perché, non puoi saperlo
perché io sono così stupido da non avertelo detto… E avrei potuto farlo un
mucchio di volte, soprattutto in Cina… Avrei dovuto farlo quella volta…
Se voglio rompere questo fidanzamento è perché non… non voglio essere legato a
te per la scelta di qualcun altro" "Questo l'ho capito! Credi che sia
così stupida?! Non vuoi essere legato a me? Bene, ti lascio libero! Contento?
Ora sei libero, completamente libero… Non hai più alcun obbligo nei miei
confronti! Sei soddisfatto?" lui annuì ed Akane ebbe voglia di picchiarlo.
Lo scostò in malo modo e fece per avviarsi all'ascensore, ma lui la fermò
prendendola per una mano e costringendola a voltarsi. "Lasciami!" gli
intimò, ora le lacrime le affollavano gli occhi, non era più in grado di
trattenerle "Se per una volta mi lasciassi finire, Akane! Devi
ascoltarmi!" "Cos'altro vuoi dirmi? Eh? Che non ti è importato mai di
me? Risparmiatelo, ora come ora è l'unica cosa che non ho voglia di
sentire!" Ranma la afferrò per le braccia e la scosse leggermente. Non
erano così che aveva previsto andassero le cose! Ma che si era aspettato? Che
Akane dimenticasse il suo carattere e gli chiedesse il perché di quella
decisione?
"A me importa di te, Akane, mi importa
tantissimo, non c'è nessun altro che mi stia a cuore quanto te! Io darei la
vita per te!" Akane lo guardò stupita, alcune lacrime ora stavano
scivolando giù dagli occhi, risplendenti negli ultimi raggi del sole morente.
Era confusa… smise di fare resistenza e lo guardò, le sopracciglia lievemente
aggrottate. Era davvero confusa…
"Ehm, scusate se… Ecco, tra cinque minuti
dovremo chiudere la sala panoramica e ora c'è l'ultimo ascensore". I due
ragazzi guardarono stupiti la gentile addetta all'ascensore che li aveva
accompagnati prima; sorrideva imbarazzata, infatti si era resa conto di aver
disturbato quei due in un brutto momento. Lei stava addirittura piangendo…
"Sono mortificata, signori, ma devo pregarvi di seguirmi" si scusò
ancora, inchinandosi davanti ai due. Ranma sospirò e lasciò andare Akane: era
stato uno sciocco, aveva perso troppo tempo ed ora non poteva spiegare ad Akane
cosa gli passasse per la testa… La guardò appena, maledicendosi per ogni sua
lacrima e poi i due si avviarono dietro alla signorina che li aveva avvertiti.
Mentre l'ascensore li portava giù, il cuore di
Ranma gli batteva così forte in petto da stordirlo; Akane, al suo fianco,
teneva gli occhi bassi, nel vano tentativo di nascondere le sue lacrime… tanto
per cambiare le aveva fatto del male. Era uno stupido, ma poteva rimediare…
Doveva rimediare.
Akane sentiva il viso in fiamme e avvertiva il
sapore salmastro delle lacrime; si vergognava tantissimo, sapeva degli sguardi
curiosi degli altri occupanti dell'ascensore puntati su di lei. Che bella idea
del cavolo aveva avuto! Farsi portare al municipio di Tokyo per farsi mollare!
'Che cretina… ed io che mi ero illusa con quella stupida storia del bacio!
Vuole rompere il fidanzamento… d'accordo, forse è meglio così. E cos'è questa
storia che darebbe la vita per me? Che… bastardo! Crede che dicendomi una
simile bugia io mi senta meglio?! Come vorrei odiarlo! Sarebbe più facile… e
meno doloroso'.
Sollevata dal fatto che i secondi necessari a
raggiungere il piano terra fossero finalmente passati, appena le porte
silenziosamente si aprirono, Akane schizzò fuori; voleva allontanarsi da lì al
più presto, da quegli sguardi pietosi e dal sorriso imbarazzato di quella
ragazza in divisa che prima era stata costretta ad interromperli, lontano da
Ranma e dalle sue parole crudeli. Perché le aveva fatto quello? Perché aveva
passato con lei tutta la giornata per poi lasciarla? Perché illuderla? Tutto
sommato Akane era cosciente di non essersi poi immaginata tutto, i suoi rossori
improvvisi, le sue parole, alcuni suoi riferimenti… Non erano solo frutto di
una mente facilmente suggestionabile!
A passo svelto lasciò l'edificio, inseguita da
Ranma che faticò a starle dietro. Quando finalmente la raggiunse, erano giunti
dinanzi alla stazione della metro che avevano lasciato appena mezz’ora prima.
"Akane! Aspetta!" lei si voltò a
guardarlo, gli occhi ora asciutti, ma ancora arrossati "Che cavolo
vuoi?" "Dobbiamo parlare" "Ora vuoi parlare?! Ci hai messo
un mese per lasciarmi e credi che cinque minuti di chiacchiere e bugie mi
facciano capire meglio?" "Bugie? Io non ti ho mentito!" lei
scosse il capo, finalmente stava arrabbiandosi. La rabbia la comprendeva,
sapeva viverla, sapeva usarla… ma la tristezza, quella proprio non sapeva come
gestirla.
"E tutte quelle storie sul fatto che dovessi
smetterla di evitarti?! Sul fatto che non ti piace che io ti eviti?! Non sono
forse bugie, crudeli menzogne? Io non ti facevo così meschino!" Ranma
serrò i pugni e la guardò, cupo "Io non stavo mentendo" "Già,
come no! Del resto come facevi a piantarmi se continuavo ad evitarti? Che… che
stupida… Per una volta sono io la stupida, non tu" lo guardò con vero e
proprio astio, poi comincio a scendere i primi gradini che l'avrebbero portata
alla metro.
Ranma la guardò allontanarsi. Con lei era tutto
così difficile! Non lo lasciava mai parlare, equivocava sempre tutto. Ed era
così testarda! Con lei i grandi discorsi erano inutili. "Razza di
testona…" mormorò a labbra strette, poi come preso dalla rabbia la
rincorse e le afferrò un braccio, trascinandola verso di sé; Akane fece per
schiaffeggiarlo, ma lui le prese la mano con la propria prima che lo colpisse
"Ora tu vieni con me". Nella sua voce vi era rabbia e determinazione:
l'avrebbe costretta ad ascoltarlo, ne fosse pure andata di mezzo la sua vita… e
soprattutto la sua integrità fisica. Akane, troppo stupita per reagire, si
sentì trascinare su per le scale e poi fu costretta a correre per tenere il
ritmo del ragazzo che con una presa salda al braccio le impediva di
allontanarsi. Era sconcertata: per la prima volta Ranma l'aveva fermata… Non
era mai successo prima. Non sapeva perché, ma lui si era sempre fatto colpire e
lei come una sciocca non si era mai chiesta come mai lui, tanto agile e con
quella specie di sesto senso che gli faceva quasi prevedere da dove sarebbe
stato attaccato, non aveva mai evitato i suoi colpi. Solo ora che le aveva
effettivamente mostrato di averlo sempre potuto fare, Akane se ne meravigliava.
Ranma intanto continuava a trascinarla in quella corsa
senza una meta precisa; non conosceva quasi per nulla la città e non aveva la
minima idea di dove stesse correndo (capiva un po' come dovesse sentirsi
Ryoga…), ma sapeva cosa voleva fare: cercare un posto dove potessero parlare,
finalmente! Un posto isolato dove non preoccuparsi di essere osservati troppo.
'Che idiota! Dove lo trovo un posto così nella metropoli più affollata del…'.
Si bloccò di colpo, tanto che Akane andò a sbattergli contro: aveva trovato
quel che faceva al caso suo. Non molto distante da lì, infatti, notò un parco,
proprio come quello che c'era a Nerima e senza perder tempo, (e prima che Akane
lo spedisse in orbita), s'incamminò verso quegli alberi, sperando che a
quell'ora non fosse molto affollato.
Non era un parco molto grande, vi era qualche
albero striminzito, uno spiazzo con delle altalene e alcune aiuole dove potersi
sedere; non era esattamente il posto più romantico del mondo, ma non gli
importava granché. Scese i gradini che dal livello stradale conducevano alle
prime aiuole e poi si fermò. Akane alle sue spalle stava riprendendo fiato e
quando finalmente smisero di correre si guardò in giro, perplessa: che cavolo
ci facevano lì?