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Autore: Breed 107    10/04/2005    1 recensioni
Forse, lontano da tutto e tutti, la verità potrà esser detta... E' il compleanno di Akane e chissà che il suo desiderio più grande non possa realizzarsi. Prima parte della "trilogia del desiderio".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Che ci facevano lì? Quello stupido credeva davvero che se ne sarebbe stata buona lì ad ascoltare le sue bugie, le sue spiegazioni sul perché l'avesse lasciata dopo aver trascorso con lei un'intera giornata?!

Akane alzò lo sguardo rabbuiato verso di lui e provò a liberarsi dalla sua presa "Lasciami il braccio" "NO! Non ti lascio finché non prometti di stare zitta e di ascoltarmi" "Che?! Tu sei…" "Promettilo!". Era più che serio, non lo aveva mai visto tanto deciso per qualcosa che non fossero le arti marziali "Ti prego Akane". Quello poi… lui la pregava! Rassegnata, Akane annuì e lui le lasciò andare finalmente il braccio; rammaricato, osservò i segni rossi che le sue dita le avevano lasciato sulla pelle, doveva aver stretto senza rendersene conto. Mortificato la guardò, cercando di riacquistare abbastanza calma "Mi… mi spiace" si scusò, ma lei liquidò la questione con un'alzata di spalle "Non è nulla, non sono poi così delicata io, non fai che dirmelo… Allora? Parla". Ranma sospirò e chiuse gli occhi: non si era certo immaginato che le cose andassero in quel modo. Tutto il bel discorsetto che si era ripetuto fino allo spasimo era diventato inutile… E forse, per un certo verso, era meglio così, si disse: era troppo smielato. Sospirò di nuovo e riaprì gli occhi, Akane lo guardava in irritata attesa.

"Io non ti stavo mentendo prima… E' vero, a volte l'ho fatto, ti ho detto un mucchio di bugie, ti ho detto cose che in verità non pensavo nemmeno, ma prima non mentivo. Sia quando ti ho detto quelle cose nel locale, sia quando ti ho detto che darei la mia vita per te… del resto in un paio di occasioni sono stato sul punto di farlo davvero e non puoi negarlo" "Come osi rinfacciarmi…" Ranma le puntò contro un dito "Avevi promesso! – le rammentò imperioso e lei si morse le labbra, sempre più furiosa – Nessuno ti rinfaccia nulla, Akane. L'ho fatto e lo rifarei non una ma cento volte… E anche tu hai rischiato la vita per me, più volte di quanto mi piace ricordare" la guardò negli occhi, ma lei non ne sostenne lo sguardo, fece infatti vagare i suoi occhi per quel piccolo spiazzo deserto. Anche lei l'avrebbe rifatto, se fosse stato necessario; persino in quel momento… persino dopo che lui l'aveva lasciata. Ma quella consapevolezza, di essere ancora pronta a dare la vita per lui, aumentava la frustrazione. E la rabbia.

Irritata rialzò di nuovo gli occhi verso di lui, affrontandolo "Con questo? Sì, qualche volta hai rischiato la vita per me, bene… Ma quante altre volte mi hai trattata come se di me non ti importasse nulla, infischiandotene dei miei sentimenti?! Allora cosa dovrei pensare di quelle volte? Cosa dovrei pensare del fatto che la prima volta che ti sei degnato di uscire con me è stato per lasciarmi?! Che t'importa di me?! No, che sei un bugiardo, ecco cosa devo pensare!" gli urlò contro, esasperata. Avrebbe voluto andarsene, piantarlo lì con le sue parole inutili e scappare via, dove non sarebbe stata costretta a stargli dinanzi, ad ascoltarlo.

I ricordi di quella giornata le si affollavano nella mente, alternandosi al momento in cui lui le diceva di voler rompere il fidanzamento. La serietà della sua voce, la convinzione che aveva avvertito in essa le facevano ancora così dannatamente male… ed ora doveva pure sentirgli spiegare i motivi per cui non voleva più essere il suo fidanzato, i motivi per cui lui la stava lasciando. Che ci faceva ora in quel maledetto parco, distante chilometri da casa sua?

In un sussulto di rabbia, provò ad allontanarsi, ma Ranma la riafferrò per le braccia, costringendola a non muoversi da dov'era "Se mi lasciassi finire, una buona volta! Perché ti è così difficile fidarti di me?" "Perché mi hai illusa! – la sua voce, fino a quel momento carica di astio risuonò incrinata dal pianto – tu, razza di... di bugiardo! Mi hai fatto credere che… che…" il dolore le impedì di continuare. Aveva sperato che la rabbia l'aiutasse ad affrontarlo, ma evidentemente non era così forte come credeva. Con disappunto crescente sentì gli occhi inumidirsi, ma non voleva commettere l'errore di piangere dinanzi a lui di nuovo: aveva ancora un briciolo d'orgoglio da difendere, dopotutto.

"Quello che ti ho detto è vero: non c'è nulla che mi stia a cuore quanto te, Akane…" "E continui con le menzogne?! – con uno strattone più violento Akane riuscì a liberarsi dalla sua presa, ma non scappò, ora troppo furiosa per potersi controllare e non urlargli contro tutta l'amarezza che aveva in corpo e che ogni parola di lui aggravava sempre più – tu e le tue stupide bugie! Non volevi che ti ignorassi perché così non potevi lasciarmi, ecco qual è la verità!  Sei uno sporco bugiardo… Ma del resto che m'importa? Non mi importa nulla di te e di quello che dici. Ho imparato da tempo ad ignorare le tue parole, visto che per lo più sono offensive e cattive…". Akane si asciugò nervosamente una lacrima, sfuggita al suo controllo, ma fu inutile, altre lacrime seguirono la prima e le riempirono gli occhi, impossibili da frenare. Abbassò il capo e perdendo la sua guerra in difesa del proprio orgoglio, cominciò a singhiozzare nascondendo il viso tra le mani, mentre Ranma la fissava, lacerato dai sensi di colpa. Era come se ogni lacrima, ogni suo singhiozzo gli rammentasse le sue manchevolezze: era colpa sua se Akane stava soffrendo. E pensare che se solo l'avesse lasciato parlare, le cose sarebbero andate in tutt'altra maniera!

"Akane…" "Sta' zitto!" "Non posso, devi starmi a sentire" "Sta' zitto... sei un bugiardo" "Sì, hai ragione, d'accordo, sono un bugiardo. E' questo che vuoi che ti dica? Bene, sono un bugiardo, ma ora devi ascoltarmi". Akane levò gli occhi ancora carichi di lacrime verso di lui, guardandolo dubbiosa. "Perché?" domandò con voce titubante, quasi da bambina ferita. Ranma sentì il cuore stringersi e represse a stento l'impulso di abbracciarla "Perché non sopporto di vederti così disperata" "Non darti tante arie! Non credere che… che mi importi qualcosa di… di te, è la rabbia che… Piango per rabbia" sbottò lei, ancor di più sulle difensive. 'Chi è la bugiarda adesso?' fu la domanda spontanea che Ranma ebbe però la saggezza di tenere per sé…

"Allora perché stai reagendo in questo modo?" le domandò invece con leggerezza, nemmeno si trovasse sul serio a cospetto di una bambina offesa. Era una domanda semplice, logica, così semplice e logica che Akane sentì il panico quasi sopraffarla. Non poteva certo dirgli che le aveva spezzato il cuore! Non dopo che lui l'aveva lasciata. Aveva ancora quel briciolo d'orgoglio… certo, era sempre più un briciolo, però… "Non c'entra nulla con te, nulla! Io... io non... " Ranma le si avvicinò, la rabbia completamente fluita via. Il cuore gli batteva tanto forte che temeva lei potesse sentirlo; le sfiorò una spalla con una delicatezza che non sapeva nemmeno di possedere, ma lei gli allontanò la mano con un gesto irritato e indietreggiò fino ad addossarsi alla piccola aiuola alle sue spalle "Stammi lontano! Non toccarmi, non voglio che mi tocchi!" "Akane..." provò ad avvicinarsi di nuovo, ma stavolta lo colpì al volto con uno schiaffo deciso, anche se non fortissimo. "Io ti odio!". Quelle parole, urlate tra le lacrime e dettate dal panico, ebbero per lui più effetto dello schiaffo stesso.

Ranma restò alcuni secondi a fissarla stupefatto, disorientato non solo da quella frase tanto dura, ma anche dal dolore che quelle parole gli stavano procurando; non era la prima volta che gliele sentiva dire, eppure gli fecero molto più male che in passato. Forse perché sentiva di non meritarsele. Forse perché per la prima volta era pronto ad aprirle il suo cuore. Forse perché, per quanto lo sapesse non vero, quel ti odio urlato con tanta veemenza somigliava troppo al peggiore dei suoi incubi. Come spinto dalla forza di quelle parole, indietreggiò, lasciando cadere lungo il fianco la mano con cui aveva provato a sfiorarla pochi istanti prima.

Akane lo guardò a sua volta, le labbra tremanti e gli occhi sgranati, sconcertata almeno quanto lui dalle proprie parole, parole che non pensava affatto e che avrebbe voluto poter cancellare. Quando notò l'espressione stupita di Ranma, abbassò il capo per poter piangere anche più furiosamente di prima.

"Sai che ti dico? Fa' come ti pare" la voce di Ranma vibrò di rabbia e prima che lei potesse fermarlo, si era già voltato ed allontanato di corsa. Non le restò che guardarlo allontanarsi, incapace di seguirlo... Che stupida! Sentì le gambe piegarsi ed infischiandosene di tutto, si lasciò scivolare lungo la fredda aiuola fino a quando non si ritrovò a terra tra la polvere, piangendo convulsamente, le mani chiuse a pugno sulle ginocchia ed il capo chino. Si morse le labbra, fin quasi a farsi del male e serrò gli occhi tentando inutilmente di porre un freno a quel pianto irruente, ma per quanto provasse, l'unico risultato era quello di piangere ancora più forte.

… … … …

Ranma si era allontanato da lei solo un centinaio di metri quando cominciò a rallentare; era semplicemente furibondo, talmente arrabbiato con quella dannata testarda che pensò davvero di lasciarla lì, disinteressandosi di lei e delle sue frasi crudeli. Lo pensò sinceramente per circa cinque secondi.

Le sue parole, quel 'Ti odio' urlato tra le lacrime, gli echeggiavano ancora in testa, facendogli ancora tanto male, però. Si fermò e inspirò nervosamente, per poi voltarsi verso il parco dove andavano accendendosi le prime luci della sera. Akane era ancora lì, seduta a terra e stava piangendo. Anche se lontano, Ranma poteva vederla abbastanza bene e quel pianto così disperato gli smosse qualcosa dentro: non aveva mai visto nessuno piangere tanto disperatamente… Non aveva mai visto lei piangere tanto. Sospirò e con una mano tremante, si scostò i capelli dalla fronte 'Maledizione...'.

Era stata davvero un'ipocrita. Ecco cos'era in realtà: un'ipocrita bugiarda. Aveva accusato Ranma di essere un bugiardo, ma anche lei non faceva che mentire, a lui, agli altri, alla sua famiglia, persino a se stessa. Era ancora furiosa con lui, però... però non avrebbe mai dovuto dirgli quella crudele falsità. Urlargli d'odiarlo… Perché lo aveva fatto poi, per ferirlo? Sì, forse... ma come? Per Ranma in fondo lei non era che una piantagrane, un maschiaccio senza speranze, un onere impostogli dalle loro famiglie... Forse la considerava un'amica, tutt'al più e dopo quella stupidaggine, nemmeno più quello con tutta probabilità. Lui l'aveva lasciata, ma dicendogli quella crudele falsità lo aveva perso definitivamente...

"Mi spiace" la sua voce le giunse all'improvviso. Stupita, riaprì gli occhi e lo vide, seduto a terra davanti a lei; il volto era serio e una guancia era ancora arrossata per lo schiaffo di prima, evidentemente lo aveva colpito più forte di quanto avesse creduto in un primo momento. "Scusami". Lui le stava chiedendo scusa?! Aprì la bocca per dirgli di non scusarsi, che così la faceva sentire peggio, perché era lei a doversi scusare, perché era solo lei ad essersi comportata da stupida… Non riuscì a dire nulla; la gola era così serrata da non poter articolare alcun suono. Nascose di nuovo il viso tra le mani, continuando a piangere… sembrava non saper più far altro. E fu così che si ritrovò tra le sue braccia.

Ranma la attirò a sé, cingendola con forza, una mano dietro le spalle, l'altra tra i capelli; la costrinse così a poggiare il capo contro il suo petto, sperando di fare per una volta la cosa giusta. La prima cosa che Akane pensò, non proprio coerentemente, fu che il corpo di Ranma era caldo. Dolcemente caldo. Non era mai stata abbracciata in quel modo: se non fosse stata una ragazza forte, probabilmente quella presa le avrebbe fatto addirittura male.

Sentiva la pressione delle braccia di lui contro di sé, le braccia così forti di Ranma sembravano sostenerla… proteggerla. Stranamente, nonostante dentro si sentisse morire per la tristezza e la vergogna, era completamente a proprio agio, come se essere abbracciata da lui fosse normale. Come ritrovarsi in un luogo familiare e sicuro…

Non aveva smesso di piangere, ma Ranma si rese conto del fatto che il corpo di Akane, prima rigido, ora si era rilassato; la sentì aderire a sé con naturalezza e fu stupito di come quell'abbraccio che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto consolare lei, aveva invece il potere di confortare anche lui. Non era solo bello tenerla così stretta, sentirla così vicina gli dava un'altra emozione: era... naturale. Non c'era il solito imbarazzo, quello stesso imbarazzo che a volte gli impediva persino di guardarla in viso. E poi Akane sembrava esser fatta per stare tra le sue braccia, pensò lievemente sorpreso, come se fossero due tessere di un mosaico finalmente riunite… La carezzò con la mano che le teneva tra i capelli, stupendosi di come fossero morbidi e profumati.

La sua voce gli giunse in un sussurro appena udibile, nonostante il silenzio sceso tra loro. Sembrava infatti che il mondo intorno a loro fosse sparito… o si fosse zittito per assistere a ciò che accadeva. "Io... mi vergogno" la sentì appena, ancora perso nell'analizzare tutte le emozioni che tenerla tra le braccia gli dava. La strinse ancor di più, incapace di pronunciare una sola parola; avrebbe voluto dirle che non c'era nulla di cui vergognarsi, che l'importante ora era averla tra le braccia e che nulla contava.

"Mi vergogno così tanto! Non avrei mai... mai dovuto... dirti" la voce di Akane era ancora colma di pianto e Ranma, tenendola per le spalle, la allontanò quel tanto che bastava a guardala in viso "Non dire così, non devi vergognarti di nulla" "Ma cosa penserai di me?" "Io... non penso nulla" ed era vero: ora che la guardava così dritto negli occhi, con il calore di quell'abbraccio che ancora lo avvolgeva, la sua mente era completamente sgombra; non riusciva a pensare a null'altro che a lei e a come gli sembrassero belli i suoi occhi. Akane gli poggiò una mano tremante sul petto, aggrappandosi alla sua camicia "Non volevo colpirti... scusami" Ranma sorrise appena, confuso: dove la mano di lei toccava il suo petto avvertiva uno strano calore, una tensione che quasi gli impediva di pensare coerentemente… E non era la prima volta, quel giorno. Per una frazione di secondi sperò che lei lo toccasse ancora, desiderava disperatamente sentire le sue mani su di lui…

"Non mi hai fatto male, non preoccuparti… Di solito mi prendi a martellate, che vuoi che sia uno schiaffetto come quello?" le disse infine scherzoso, sperando di restituirle quel sorriso che tanto gli piaceva ed infatti Akane gli sorrise incerta, ma presto il sorriso svanì, sostituito da un'espressione tanto contrita che Ranma temette ricominciasse a piangere di nuovo "Non dovevo dirti quella cosa" "Non importa" "Sì che importa! Io non ti odio, non avrei dovuto dirtelo! E non solo perché è una bugia, ma perché... perché l'ho detto per farti del male e questo è meschino... Non importa se quel che dico per te non conta nulla, questo non mi giustifica" "Non conta nulla?! Tutto quello che ha a che fare con te, Akane, per me è importantissimo! Quante volte devo ripetertelo perché tu ci creda?! E' da prima che cerco di dirtelo!". Akane lo guardò, come per scrutargli dentro, poi, in risposta a segreti pensieri, il suo volto assunse una sfumatura vicino al cremisi. "Mi piace…" sussurrò dopo alcuni istanti di silenzio, chinando poi di nuovo il capo a celargli il proprio imbarazzo "Eh? Cosa?" "Mi piace sentirtelo dire che … sono importante per te… Anche per me tu… sei …" non finì la frase, ma non occorreva che lo facesse…

Per una buona manciata di secondi Ranma attese che il cuore gli cedesse di botto, schiantato dalla violentissima emozione che stava provando, ma evidentemente essere un atleta gli dava il vantaggio di una discreta resistenza: se non moriva d'infarto in quel momento… Era una magra consolazione, avendo scoperto che quel cuore che gli batteva furiosamente in petto tanto da stordirlo non gli apparteneva più. Ed ora doveva trovare il modo per dirlo a lei, una volta per tutte. Ranma non aveva mai avuto tanta paura in vita sua, nemmeno il peggiore degli avversari lo terrorizzava come il pensiero di ciò che avrebbe dovuto dirle, senza ulteriori indugi.

"Akane, io… non ho rotto il fidanzamento per… per quello che credi tu, per lasciarti… L'ho fatto solo perché non voglio che tu sia come le altre fidanzate che mi ha appioppato mio padre. Non voglio che tu sia come… come loro, perché non è una di loro che… che voglio". Beh, come dichiarazione non era certo il massimo e non era nemmeno il massimo del romanticismo, ma lui arrossì comunque e deglutì, ricercando in se stesso la forza per continuare a parlarle. Ma fu lei la prima a farlo.

"E me? Potresti volere me… Ranma?".

Come risponderle? Non certo usando le solite frasi fatte, tipo che non aveva mai voluto altro o che persino il pensiero di lei a volte gli impediva di ragionare con lucidità… Come poteva rispondere alla domanda più importante della sua vita? Dove trovare le parole adatte, soprattutto con i suoi occhi così vicini da confonderlo? Era impossibile… perciò non lo fece. In fondo era un 'uomo d'azione', e come tale agì.

La strinse ancora tra le braccia e la baciò, semplicemente. Sperava che quella fosse una risposta più che sufficiente, e poi detta sinceramente, non ne vedeva l'ora. Se solo abbracciarla era stato così perfetto, figurarsi baciarla! Ed infatti fu davvero perfetto, soprattutto quando anche lei ricambiò il bacio: aveva labbra così morbide, così calde… Non aveva mai baciato nessuna come stava baciando lei, non era nemmeno sicuro di sapere come fare, ma si lasciò guidare dall'istinto e quando lei, all'improvviso, schiuse le labbra, non perse tempo a chiedersi cosa fare, lo fece e basta.

Un bacio vero e che stavolta entrambi avrebbero ricordato. Akane si arrese a lui, non solo permettendogli di baciarla più appassionatamente, ma ogni barriera in lei cadde. Non le importava di null'altro che di lui, delle sue labbra e del suo abbraccio. Dimenticò tutto, la tristezza che solo poco prima l'aveva fatta disperare, l'orgoglio, la gelosia, i dubbi... ogni cosa che non fosse Ranma. Da quanto, si chiese fuggevolmente, la amava senza volerlo ammettere? Da quando? Non si diede alcuna risposta per il momento, ora era troppo impegnata, le domande potevano aspettare.

Quando il baciò finì non si separarono del tutto, incapaci di farlo; restarono vicini, tanto che le loro labbra continuavano a sfiorarsi, come se non volessero smettere di assaporare quel bacio, interrotto solo dalla necessità di respirare. "Ranma..." sussurrò lei, carezzandogli così la bocca con la propria e procurandogli una serie di brividi lungo la schiena. La baciò ancora e ancora, senza rendersi conto del tempo che passava, della sera che avanzava e del mondo che continuava a vivere intorno a loro due...

Tutto il suo mondo in quel momento era Akane, con le sue labbra, le sue braccia, il suo profumo dolce e il battito accelerato del cuore che avvertiva contro il proprio, ugualmente folle di gioia. Akane era tutto ciò che in quel momento gli serviva per vivere: la sua aria, il suo respiro… Era stato proprio uno stupido: si era arrovellato cercando le parole giuste, parole che invece avevano ottenuto come unico risultato quello di far del male ad Akane, quando per rendere entrambi felici non aveva dovuto far altro che baciarla.

Che senso avevano le parole quando le loro labbra con un bacio stringevano più di mille giuramenti d'amore?

  
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