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Autore: Sherly82    28/01/2017    0 recensioni
Questa storia contiene SPOILER riguardanti la 4° stagione di Sherlock, per cui se non lo avete ancora visto...aspettate a leggere.
Si sviluppa nei mesi successivi alla fine dell'ultima puntata, immaginando come Sherlock e Molly vanno avanti con le loro vite, dopo gli utimi accadimenti.
Sherlolly di base.
Spero di non deludere nessuno. E' la mia prima storia e di certo ho tanto da migliorare.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
 

NOTE: Intanto vi ringrazio per aver letto il primo capitolo! Grazie per le recensioni! Questo secondo capitolo era nato diversamente, ma ovviamente quando comincio a scrivere, poi la storia evolve di suo. Spero vi piaccia l'idea...accetto critiche, perchè mi aiutano a migliorare. Non è facile scrivere di Sherlock, e pian piano spero di inserire scene con più personaggi. Per ora...spero apprezzerete questo capitolo tutto Sherlolly.
 

Il sole era sorto da parecchie ore, ma aveva la giornata libera. Non aveva nessuna voglia di uscire e incontrare persone.
Stava ancora soffrendo per Spencer e sapeva che sarebbe stata dura riprendersi.

Ad un tratto sentì bussare alla porta di casa.

Non aveva voglia di vedere nessuno, soprattutto la sua vicina (era certa fosse lei) che le avrebbe chiesto del perchè non vedeva Spencer da due giorni.

Il picchiare alla sua porta era diventato incessante e fastidioso.
Chiunque fosse non sembrava intenzionato a desistere.

Aveva sperato che ignorare la cosa sarebbe bastato per far smettere chiunque fosse dall’altra parte.

Invece quel chiunque, continuava a bussare.

Si soffiò il naso, mentre il cellulare suonò, avvertendola di un messaggio in arrivo.

Prese il telefono contro voglia.
Non sapeva se sperare che fosse Spencer, dispiaciuto per quanto successo.

Invece il mittente era chi non si aspettava.

- Mi apri? Non vorrei stare sul pianerottolo a bussare per tutto il giorno alla tua porta. I tuoi vicini potrebbero preoccuparsi. SH -

Un sospiro, un battito del cuore rallentato...non pensava che Sherlock...diamine, perchè quell’agitazione improvvisa?

Si sistemò la vestaglia, diede un’occhiata in giro per controllare lo stato del suo appartamento e poi, facendo un respiro profondo, si avvicinò alla porta, facendo girare le chiavi, per aprire.

Un sorriso.
Uno splendido sorriso, era stata la prima cosa che aveva visto, quando la porta si era aperta.

Sherlock era li davanti a lei, e sorrideva.
Probabilmente stava ancora dormendo e quello era un sogno.

Lo osservò. Il suo classico e immancabile cappotto, la sciarpa blu, i suoi capelli ricci e i suoi occhi color ghiaccio.
Per un attimo pensò come poteva essersi innamorata di Spencer, ma i suoi pensieri vennero interrotti dalla voce calma di lui:

“Mi fai entrare o facciamo colazione qui sul pianerottolo?”

Colazione? Non si era accorta, sopraffatta dal sorriso di lui, che in mano teneva un sacchetto e due bicchieri, sicuramente con del caffè dentro. Aveva iniziato a sentirne il profumo.

La sua testa stava andando in tilt. Sherlock a casa sua, sorridente e con la colazione.

Avrebbero fatto colazione assieme.

Stava andando decisamente nel panico.

Si spostò per far accomodare Sherlock in casa, mentre ancora disorientata, cercava di riprendere il controllo di se stessa.

Lui entrò a passo deciso, e si diresse in cucina, dove appoggiando i bicchieri e il sacchetto, si tolse il cappotto e sciarpa, per appenderli.

Sembrava sicuro di sé e a suo agio, quando invece avvertiva quel nodo allo stomaco, a cui non riusciva a dare una spiegazione, sorto nel momento in cui era arrivato davanti alla sua porta.
Si sentiva strano e cercava di capire perchè non riusciva a rilassarsi completamente.

Ancora quel fastidioso formicolio che iniziava ad avvolgerlo.

Aspettò di sedersi, fin quando Molly non lo fece per prima.

Nell’aria si sentiva l’evidente imbarazzo di entrambi, ma Sherlock era deciso a non fermarsi.

“Ho preso il caffè, come ti piace, e la torta alle mele che adori, quella con la cannella. E’ ancora tiepida…”

“Sherlock...non dovevi disturbarti per me, davvero. Sono in grado di superare la cosa e non voglio che perdi tempo prezioso per i tuoi casi, che …”

“Non dire assurdità” la sua voce era seria.

“Ho già risolto 9 casi da quando ho aperto gli occhi stamattina, e Lestrade mi chiamerebbe se ci fosse un’emergenza. Detto questo…” si fermò facendo tamburellare piano le dita delle mani sul tavolo, pensieroso.

“Detto questo Molly, non c’è altro posto al momento dove vorrei essere. Mi hai aiutato innumerevoli volte, mi hai sostenuto e perdonato...ora è giunto il mio momento di fare qualcosa per te” quasi sussurrando, guardandola con sfuggita, quasi non riuscisse a sostenere lo sguardo mentre le parlava.

Temeva che lei, in qualche modo, potesse cacciarlo, urlargli contro che lui non meritava di essere in casa sua, che la causa del suo dolore era solo lui, da sempre.

Perchè era questo che Sherlock pensava di se stesso.

Per questo indugiava a guardarla negli occhi, per paura di leggere sentimenti negativi.

Ma il silenzio di lei, adesso lo stava facendo preoccupare. Si decise ad affrontare i suoi demoni e la guardò negli occhi. Quegli occhi color nocciola, con cui lui si era addormentato solo qualche ora prima, a Baker Street, pensandola.

Molly, accortasi che lui aspettava una sua risposta, cercò di fare ordine in tutti i pensieri che le erano apparsi da quando lui le aveva detto quelle parole.

“Sherlock….io….tu….” l’incertezza della sua voce non aiutava nessuno dei due.

Si schiarì la voce.

“Non mi devi niente. Davvero. Sai perchè ti ho sempre aiutato, non solo perchè….ti amavo”, quanto dolore in due semplici parole.

Un passato che sembrava impossibile da essere tale, ma a cui lei doveva assolutamente mettere fine.

“Ma perchè ho sempre ammirato il tuo lavoro, la tua intelligenza, il tuo modo di fare; si, sicuramente fuori dalle righe e spesso spericolato e incosciente, ma diamine, sei Sherlock Holmes…” e un piccolo dolce sorriso comparve sulle labbra di lei, nel pronunciare quelle parole.

Parole che per Sherlock erano come un miele velenoso, di cui ne aveva un infinito bisogno e che ora gli procuravano solo dolore.

- ti amavo -

Possibile, era davvero possibile che in soli 4 mesi, lei avesse smesso di amarlo?

Si, poteva esserlo.

Aveva incontrato Spencer, aveva amato quell’uomo così diverso da lui e stava immaginando la sua vita, la sua intera vita con lui, con l’idea di avere un figlio insieme...e Spencer aveva preso il suo sogno e l’aveva distrutto, sgretolato, bruciato, in pochi terribili secondi.

La rabbia verso quell’uomo stava risorgendo….quanto avrebbe desiderato trovarselo davanti in quel preciso momento. Conosceva centinaia di modi per torturarlo e provocargli così tanto dolore....

Ma scacciò i pensieri su di lui, per concentrarsi sul sorriso appena accennato di lei.

Quel sorriso che era nato mentre lei parlava di Sherlock.

In fondo, aveva ancora qualche piccola speranza.

“Molly Hooper, mi conosci bene, per cui sai che non lascerò perdere, nonostante il tuo pessimo tentativo” e concludendo con un sorriso rivolto a lei, iniziò a sorseggiare il caffè.

Una piccola scintilla. Da qualche parte nel petto di lei, si era accesa.

Non capiva come poteva sentirsi così, quasi serena, solo per il fatto che Sherlock era li con lei.

L’aveva scordato, ma tutte le volte che Sherlock era a pochi metri da lei, lei....stava bene.

Prese la torta, che era davvero ancora tiepida e assaporandone il dolce profumo, iniziò a mangiarla.

Sherlock attese pazientemente che Molly finisse di gustare la colazione. Era impossibile per lui non notare le occhiaie e gli occhi ancora rossi, sul viso stanco di lei.

Quel ciuffo ribelle che le incorniciava il volto, sottolineando la sua delicata bellezza.

Come poteva, come era possibile per lui, immaginare la sua vita senza di lei?

Quando ebbe finito, Sherlock si alzò dalla sedia e stette ad aspettare Molly, che confusa, non capiva cosa volesse.

“Ti suggerirei di cambiarti Molly. Dove andremo il pigiama non è un abito consentito”

“Perchè? Dove andremo Sherlock?” quell’uomo aveva in serbo altre sorprese per lei, e questo la lasciava perplessa.

“Vorrei mantenere il segreto ancora per un pò, ma posso dirti con assoluta certezza, che sarai entusiasta” il tono soddisfatto era come una musica per lei.

Perchè sentirlo felice e sicuro la rendeva così?

Credeva di aver sepolto quello che lei provava per lui, da mesi.

Si concesse il tempo di una doccia veloce e scelse rapidamente i vestiti da indossare. Non aveva proprio idea di dove Sherlock volesse portarla, anche se conoscendolo, forse avrebbe passato un’altra giornata di indagini con lui. E questo non le dispiaceva,

Quando fu pronta, lo trovò seduto sul divano, mentre stava scrivendo un messaggio a qualcuno.

Fu rapido a  mettere il cellulare nella tasca e un sorriso, di nuovo, fece capolino sul suo volto.

La camicia bianca che indossava, sotto la giacca elegante, lo rendevano magnifico e bellissimo, ogni volta.
Come aveva potuto pensare di sperare di non essersi mai innamorata di lui, tanti anni prima?

“Bene, possiamo andare”.

Dopo aver chiamato un taxi, la fece salire per prima, prendendo posto accanto a lei.

Regnava il silenzio tra loro, interrotto solo dal suono di un messaggio, arrivato dalla tasca del cappotto di Sherlock. A cui lui non diede importanza.

Chissà chi è, si stava chiedendo Molly, mentre dal finestrino del taxi, osservava le strade che le passavano accanto, tentando di capire dove si stessero dirigendo.

Dopo circa 20 minuti il taxi accostò, e Sherlock pagò l’autista, ringraziandolo.

Quando Molly scese cercò di orientarsi ma non conosceva bene quella zona. E al primo sguardo non c’era nulla che sembrasse interessante. Probabilmente Sherlock doveva andare da un cliente per un caso.

“Seguimi Molly” le disse all’orecchio, mentre lui si incamminava verso un vicolo.

Quando lo raggiunse, tentò di capire cosa volesse fare ma non ci riusciva. Lui era immobile, con le mani dietro la schiena, in tipica posizione di attesa.

“Sherlock io non capisco, perchè siamo qui?”

In tutta risposta lui si mise a bussare ad una porta di servizio.

Dopo qualche secondo un rumore di catene che venivano sciolte e una serratura che girava, fece capire che qualcuno li attendeva.

“Signor Holmes, la ringrazio infinitamente per aver accettato il nostro invito. Prego, accomodatevi”

Un uomo, sulla cinquantina, distinto e ben vestito, li aveva accolti in un corridoio semibuio.

Sul suo volto si percepiva la gioia. Come aveva immaginato Molly, erano li per un caso.

“Signor Parrett, le presento la dottoressa Molly Hooper, la patologa di cui le ho parlato”

Il sorriso estasiato del signor Parrett faceva sembrare che fosse sul punto di urlare di gioia.

“Oh, quale immenso piacere! Sherlock mi ha parlato così bene di lei dottoressa Hooper, sono davvero felice che abbia accettato di venire. Prego seguitemi” e li precedette lungo il corridoio, che portava ad una stanza illuminata.

Sherlock le sorrise, prima di incamminarsi. Molly stupefatta, si stava domandando quale misterioso caso poteva richiedere la sua presenza, e rendere così entusiasta quell’uomo.

“Eccoci...come le ho detto al telefono signor Holmes, qui avrete a disposizione 15 corpi a cui abbiamo lavorato intensamente in questi ultimi mesi. Vorremmo sapere cosa ne pensate e dove dobbiamo migliorare per rendere tutto perfetto”

La stanza illuminata conteneva 15 corpi umani e alcune teche, che contenevano degli organi.

I corpi avevano diverse pose, alcuni seduti, altri in piedi, sdraiati, curvi...si vedevano i muscoli, le vene, le ossa…

Lo sguardo stupefatto di Molly Hooper era gioia per Sherlock Holmes. Era riuscito a sorprendela.

“Il signor Parrett ha ideato una mostra, decidendo di esporre dei veri corpi umani, per mostrare il funzionamento di questa macchina perfetta, che è l’uomo. I corpi ovviamente sono donazioni volontarie, e tutto è assolutamente in regola, se te lo stai chiedendo”, le spiegò Sherlock.

“Hanno fatto una mostra simile anche a Milano, dottoressa. E’ stata un grande successo e voglio ricreare qui a Londra la stessa...magia. Per questo ho chiesto aiuto al signor Holmes, e a lei, per avere un attento controllo e analisi di quanto realizzato, per far si che sia davvero credibile e affascinante, come l’ho visto a Milano”

Entrambi gli uomini guardavano Molly Hooper, in attesa di una sua risposta.

“Molly?” con una leggera preoccupazione Sherlock aspettava che dicesse qualcosa.

“Davvero….Sherlock, vuoi che lavoriamo insieme, per questa mostra?” gli occhi che le brillavano, nel porgli quella domanda.

“Il signor Holmes ha categoricamente escluso i 3 patologi che lavorano qui, dicendomi chiaramente che avrebbe accettato esclusivamente se avessi permesso a lei, dottoressa Hooper , di lavorare con lui, raccontandomi grandi cose sulla sua capacità lavorativa e deduttiva sul corpo umano.”

Un quasi imbarazzato Sherlock Holmes, che non si aspettava la rivelazione da parte del signor Parrett sulle sue clausole per accettare, guardò Molly affermando: “Sai che non lavoro con nessun altro sui corpi, a parte te”.

All’improvviso i mesi di distanza tra loro sembravano svaniti in un soffio.
Come dimenticati o mai esistiti,
Di certo, in quel momento, nel cuore di Molly, non c’era la benché minima traccia di Spencer.

Il signor Parrett li lasciò da soli, permettendo loro di cominciare ad esaminare corpi e organi, annotando cosa non andasse bene e soffermandosi, ogni tanto, a guardarsi negli occhi, entusiasti, felici di essersi ritrovati.

Le ore volarono, fin quando il custode venne loro ad avvertirli che doveva chiudere.

Erano le 21. Non avevano pranzato o cenato, talmente presi dallo studiare e analizzare quei corpi, che sotto i loro occhi, erano meravigliose opere d’arte.

Il loro lavoro era stato intenso, portando a migliorare quanto di già fatto in precedenza.

Erano stanchi ma sui loro volti c’erano sorrisi.

Era da tanto, troppo tempo, che non si sentivano così bene e così felici, l’uno accanto all’altra.

“Dottoressa Hooper...lei si è meritata la cena migliore di Londra”, affermò Sherlock, mentre erano nel vicolo, diretti a raggiungere un taxi.

Il piccolo furgone di Fish & Chips era a pochi isolati da Baker Street.

Mark, il proprietario, conosceva bene Sherlock e gli aveva riservato le migliori attenzioni, non appena questi lo aveva avvisato del suo arrivo, tramite messaggio.

Aveva posizionato due sgabelli vicino al fungo che riscaldava l’aria fredda di Londra, per permettere che ne Sherlock, ne la sua amica, avessero freddo, durante la loro cena.

“Fish&Chips...ricordo che me lo avevi proposto in passato”, una sorridente Molly guardava Sherlock.

“Bhe, dovevo farti assaggiare il meglio dottoressa Hooper, dopo questa intensa giornata di lavoro. Se non era successo quel giorno, ciò non implica che non dovesse accadere in un altro momento” rispose con tono soddisfatto lui.

“Grazie Sherlock, davvero...sono stata bene...anzi, direi che per assurdo, questa è stata in assoluto la giornata più bella della mia vita”, una timida Molly parlava mentre giocherellava con una patatina.

Il sorriso sul volto di lui era la risposta migliore che in quel momento potesse dare.

L’aria era ancora più fredda, mentre camminavano a piedi, in silenzio.

Una volta arrivati al portoncino di ingresso della casa di Molly, si fermarono, cercando entrambi le parole per concludere quella giornata così speciale.

“E’ tutto il giorno che mi ripeto, ma davvero, Sherlock, grazie, per quello che hai fatto per me. Non credevo di essere importante per te” parlava, mentre guardava a terra, impossibile per lei guardarlo negli occhi e mentirsi, mentre si diceva che non provava più niente per lui.

“Non è vero Molly…” ancora quel tono di voce dispiaciuto in lui.

“Lo sai che sei molto importante per me. Ho molto da farmi perdonare e questo, è solo l’inizio. Non voglio che tu soffra Molly, e aver capito quanto dolore io ti abbia causato, mi ha distrutto. Non voglio più ferirti Molly…”

Sapeva, lei sapeva che stava parlando della telefonata fatta mesi prima.

Quella terribile e perversa telefonata, in cui entrambi si erano scambiati parole d’amore, ma che erano vere solo per lei.

Una fitta, una piccola e breve fitta al cuore, le riportò alla mente quei giorni.

Aveva capito che Spencer era una conseguenza di ciò che lei aveva provato verso Sherlock, perchè lei doveva andare avanti.

Erano così vicini, eppure così lontani…

Una magnifica giornata, con l’ombra di un dolore che non voleva andarsene.

Lui fermo davanti a lei, immobile, mentre attorno a loro, la città si muoveva.

Sherlock fece un piccolo passo avanti, accorciando la distanza, mentre si abbassava leggermente, avvicinando il suo volto a quello di lei.

Un fremito, un sospiro, e un passo indietro.

Molly si allontanò da Sherlock, rendendo vano il bisogno di lui di darle un bacio sulla guancia, e sentire il suo profumo.

“Mi dispiace...io...non è il momento Sherlock” e concludendo la frase, lo lasciò per entrare nel suo piccolo appartamento.

Con lo sguardo ancora bloccato a mezz’aria, dove prima c’era il volto di Molly, Sherlock respirava quasi a fatica.

Non capiva dove avesse sbagliato, quale parola era stata usata male, quale non detta…

La sensazione di benessere che aveva provato in quella inusuale giornata, era svanita all’improvviso, nel momento in cui lei si era allontanata da lui.

 

Dopo qualche secondo si girò e riprese la strada percorsa qualche minuto prima.

 

Un bip lo avvisava di un messaggio.

 

Aveva sperato fosse Molly, ma leggere il testo gli diede comunque gioia.

 
  • Operazione Caterpillar avvenuta con successo. Sicuro che non fosse troppo anche per lui? MH -

 

Un sorriso di soddisfazione si fece largo, mentre si dirigeva verso Baker Street.

 
  • Sicuramente meno doloroso di quello che avrei potuto fargli personalmente. SH -

 

Un altro bip.

 
  • Diamine Sherlock. Sei davvero innamorato di lei. MH -

   
 
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